Silvio Don Pizzica Author

Era così tanto un bravo ragazzo. Poi ha conosciuto la trap.

Ecco le nuove uscite più attese del 2014!!! Prendete carta e penna…

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Evitando di farci prendere da facili entusiasmi, dai nostri desideri e di farci trascinare nel vortice delle “voci di corridoio”, cerchiamo di fare il punto su quelle che saranno solo alcune delle uscite più interessanti previste per il 2014, sia album che singoli ed Ep.  Dopo due anni o poco meno tornano i Maximo Park con il nuovo album Too Much Information in uscita a febbraio, insieme ai Tinariwen con Emmaar, a The Notwist e a St. Vincent. Ci sarà da aspettare molto meno invece per Metallica e il loro film documentario Through the Never e il nuovo full length Pontiak, INNOCENCE (28 gennaio), cosi come per il grande Mike Oldfield che dopo il non entusiasmante remix del suo capolavoro torna con Man on the Rocks (27 gennaio). Tra le tante raccolte che ci accompagneranno, da non perdere Original Album Series (24 gennaio) di Kevin Ayers e The Beatles con The U.S. Albums (21 gennaio).

Ci attende una svolta stilistica non indifferente e che non vogliamo anticiparvi, nel nuovo Alcest mentre segnatevi da qualche parte la data del 21 gennaio perché in uscita c’è il nuovo Ep di Glenn Branca, Lesson No. 1. Ci sarà non troppo da aspettare anche per vedere e leggere la recensione di Rave Tapes dei Mogwai mentre gli amanti dell’Idm si preparino al nuovo singolo targato Moderat cosi come i fanatici Ambient non dovranno aspettare molto per ascoltare  bvdub, già uscito nel 2013 (in coppia con Loscil) e prontissimo con un nuovo lavoro. Poche aspettative (eppure siamo molto curiosi) per il nuovo dei folli giapponesi Polysics, Action!!! (15 gennaio) mentre molte di più sono quelle per i Sunn O))) (che usciranno, quest’anno anche con Terrestrials, insieme agli Ulver) LA Reh 012 (13 gennaio). Per i fan più accaniti, annunciamo anche l’imminente uscita di Bruce Springsteen con High Hopes (10 gennaio) mentre proprio da due giorni è disponibile uno dei lavori più attesi, da noi amanti del Neo-Gaze, Cannibal singolo dei Silversun Pickups. Quasi dimenticavo anche l’ex Pavement, Stephen Malkmus & The Jicks con l’album Wig Out at Jagbags e poi Present Tense dei Wild Beasts.

Lasciamo per un attimo il panorama internazionale e guardiamo che succederà in casa nostra. Dente con Almanacco del Giorno Prima è pronto per gennaio. Con lui anche i Farglow, Meteor Remotes e gli Hysterical Sublime con Colours Ep. Tornano i Linea77 e speriamo che C’Eravamo Tanto Armati ne possa risollevare almeno un po’ le sorti. Quasi certa la prossima uscita per la ristampa di Da Qui dei Massimo Volume. Tra i lavori italiani più attesi non può mancare L’Amore Finché Dura, dei Non Voglio Che Clara mentre penso che si potrà fare a meno di ascoltare Omar Pedrini e il suo ultimo Che ci Vado a Fare a Londra, anche se un minuto di attenzione non si nega a nessuno. Paolo Fresu è in uscita con Vino Dentro mentre farà parlare, sparlare e litigare Canzoni Contro la Natura degli Zen Circus cosi come Brunori Sas e il suo Vol.3, Il Cammino di Santiago in Taxi. Nel frattempo ho già iniziato l’ascolto di Uno Bianca, il concept album di Bologna Violenta, in uscita il prossimo 24 febbraio.

Mettiamo da parte le uscite certe per questi primi mesi dell’anno e diamo ora uno sguardo più lontano nel tempo. Pare che Damon Albarn, leader di Blur e Gorillaz sia pronto per un album solista ma molto più atteso, almeno per quanto mi riguarda, è il nuovo album degli Have a Nice Life. Poi sarà certamente l’anno del nuovo U2, dei Foo Fighters e di Lana del Ray. Sale l’attesa per il nuovo di Beck, la cui uscita sembra quasi certa per il finire di febbraio, mentre ancora tutto da chiarire per quanto riguarda le nuove fatiche di Tool, Pharrell, Frank Ocean, Mastodon, Burial, Giorgio Moroder, Brody Dalle, Cloud Nothings, Flying Lotus, Grimes e The Kills.

Io mi segno almeno una decina di nomi, per gli altri vedremo. Nel frattempo speriamo che il 2014 ci regali qualche sorpresa in più rispetto a queste anticipazioni perché i nomi, nel complesso, non lasciano certo sperare in un’annata da ricordare. Comunque, ci sono sempre gli esordienti, magari ancora sconosciuti, da tenere in considerazione. Saranno loro a farci sognare, non ne dubito.

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ESCE PER LA BLACK VAGINA RECORDS LO SPLIT TOP HAT SISTERS/BLUE DEAN CARCIONE

Written by Senza categoria

“La Black Vagina Records ha deciso di regalare ai propri affezionati discepoli una succulenta anticipazione del graziosissimo split che vede protagoniste le belle ed autorevoli Top Hat Sisters, gruppo creolo formato da Annette e Francine (ukulele e washboard) e l’eroe del mondo rurale Blue Dean Carcione, reincarnazione di Jeremiah P. Cochran, ricco magnate delle ferrovie originario dell’Oklahoma.

Trattasi della prima produzione in vinile (45 giri) presentata il 21 dicembre in un’elegante confezione ricavata da buste del pane, non certo per mancanza di fondi ma perché il rustico quest’anno va molto, così dicono. Lo split Top Hat Sister/Carcione, presente sin da ora in formato digitale, rigorosamente in free streaming e free download su Bandcamp (a questo link) nasce da affinità elettive venute alla luce durante una gara di bevute tenutasi nel porto di Coatzacoalcos. Avendo guadagnato il podio, scatenando così le ire dei cartelli della droga messicani che li davano perdenti, i nostri sono costretti a cercare rifugio nella stiva di una nave merci diretta verso l’Italia.

È durante questo viaggio clandestino che nascono i pezzi “Il Cilindro e la Valigia” e “Lose Control”, registrati presso gli HD Mobile Studios di Perugia. I due brani, scritti rispettivamente da Top Hat Sisters e da Carcione, narrano con punti di vista opposti le difficoltà coniugali di una tipica coppia medio-borghese: lui grigio impiegato del catasto, privo di aspirazioni e interessato solo alla tutela del suo riposo notturno; lei casalinga con aspirazioni da starlette, insoddisfatta, musicista dilettante contro il volere del marito – del quale, per l’appunto, minaccia costantemente il riposo. Risulta evidente l’ispirazione ai drammi di Ibsen e alla letteratura mitteleuropea del primo scorcio del ‘900, anche se la gravità dei temi è stemperata dalle note lievi di ukulele e fisarmonica, dal saltellante accompagnamento della washboard, e dalle voci memori di una tradizione americana che va dal ragtime e il tin-pan-alley, attraversando Blues, Soul e Rockabilly, fino agli anni 60.”

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Beppe Malizia e I Ritagli Acustici

Written by Interviste

Il Rap italiano non è quello che vedete su Mtv; su strade più o meno battute camminano artisti capaci, dopo tanti anni dalla genesi del genere, di riscoprirne alcuni dei valori fondamentali, musicisti in grado di ridare al Rap la dignità che merita, scavando nella sua essenza. Signore e signori, Beppe Malizia e I Ritagli Acustici.

Ciao ragazzi, come state?
Ics!

Mi permetto di iniziare con una domanda banalissima ma non posso non farvela. Beppe Malizia posso capirlo, ma I Ritagli Acustici che diavolo di nome è?
I ritagli acustici sono la prerogativa di questo progetto, perché in tutti i brani ci sono collaborazioni con musicisti differenti che hanno partecipato alla stesura musicale cantando o suonando strumenti diversi sui campioni assemblati da Beppe e prestando il loro operato, a loro volta come veri e propri “campioni”, al libero arrangiamento della produzione; ognuno di loro é stato uno dei ritagli acustici del progetto. In poche parole “ritagli acustici” é stata un’ esigenza di produzione e vuole diventare l’attitudine del gruppo. Poi suonava bene!

Da dove viene questo progetto (possiamo chiamarlo cosi?), quale è la sua storia, la sua genesi e dove pensa di poter arrivare?
Questo progetto (fai bene a chiamarlo così) è figlio di una collaborazione nata nel 2010 fra Beppe Malizia e il produttore Andrea Narratore, nello studio di quest’ultimo, il Bunker Café, studio dove fino a poco tempo prima Beppe ha registrato tutta la sua produzione musicale, antecedente quella dei Ritagli Acustici, fin dal 2002, sotto lo pseudonimo di Matiz Mc e, per il momento, la meta è sempre il disco a divenire.

Musicalmente siete molto vicini agli artisti che avete affiancato sui palchi italiani, da Frankie Hi Nrg a 99 Posse, da Mondo Marcio a Brusco. Eppure suonate comunque tanto diversi. Quanto Rap c’è nella vostra musica e cosa vi distingue dagli altri?
Il Rap é il comun denominatore di tutti i brani, per quanto riguarda questo progetto, e si distingue dagli “altri” per le caratteristiche capacità di adattamento ai diversi arrangiamenti musicali, un po’ come hanno fatto i Movits! in Danimarca.

Nello specifico, come descrivereste la vostra musica, quale ne è il suo processo creativo?
Ricollegandoci alla domanda precedente il rap nella nostra musica è proprio un processo creativo e, nonostante l’uso di musicisti, il workflow produttivo si discosta molto da quello di una band.

Oltre a I Ritagli Acustici, Beppe Malizia si fonde con The Acousticutz. Chi sono costoro?
The Acousticutz è stata una band nata circa tre anni fa, dall’esigenza di poter suonare live questo disco, anche all’infuori dei soliti spazi dedicati al Rap, di cui sopra. Questa formazione, cambiata ed evolutasi nel tempo, è ora la base dei Ritagli Acustici.

Quale ruolo avete occupato nel panorama indipendente italiano? Riuscite a vivere solo di musica?
Non viviamo di ruoli e non moriamo di musica. Lavoriamo per mantenerci e manteniamo la nostra musica. Stiamo investendo su noi stessi e non è detto che smetteremo mai di farlo.

Oggi sembra che le band emergenti possano imporsi solo attraverso le esibizioni dal vivo eppure, in alcune realtà, suonare live è diventato quasi impossibile. Locali minuscoli e non strutturati per la musica, impongono spesso situazioni fuori dalla consuetudine della band (come unplugged) a cachet ridottissimi, magari pretendendo anche che sia la band a fare promozione. Come uscire da questo tunnel?
Se parliamo di soldi, parliamo di commercio e quindi non più di musica fine a se stessa. Dunque a domanda segue risposta e di conseguenza molti gruppi dovrebbero suonare in spazi creati più per fare musica che per vendere aperitivi. Se non si porta un servizio non è giusto essere pagati. Quindi, per quanto riguarda gli spazi culturali, dovrebbero essere di più e meglio sostenuti, e chi vi suona essere ripagato anche dalla possibilità d’esprimersi in determinati contesti mentre, per quanto riguarda gli spazi commerciali, questi seguono la domanda ragion per cui il musicista che vuole camparci deve fare in modo di essere l’offerta, promozione compresa.

Tuttavia credo che sia anche giusto che la band si renda capace di crearsi un seguito; perché un locale dovrebbe spendere mille euro per un artista se poi non viene nessuno a vederlo? Come riuscite voi a crearvi un pubblico?
Da questo tunnel non se ne esce se non evitando d’entrarci. La band che non porta trecento persone non deve prendere mille euro, indipendentemente dalle capacità tecniche. Noi solitamente ne portiamo molte meno e infatti veniamo pagati molto meno. Quando non ne portiamo suoniamo anche gratis e, per suonare in un bel posto pieno di gente che non abbiamo portato noi, siamo disposti anche a pagare. Basta mettersi d’accordo prima del tunnel.

Molti collegano questo problema alla crescente presenza sulla scena di pseudo Dj e Tribute Band, capaci di riempire i locali senza troppi sforzi. Quanta colpa hanno loro? Veramente alla gente non frega nulla della Musica (con la M)?
Dj e cover band han solo la colpa di vendere il prodotto giusto e, credo, non con pochi sforzi e pochi investimenti. Chi invece dedica studio e creatività alla composizione della Musica (con la M maiuscola), non dovrebbe farlo per soldi.

Altra questione da affrontare è quella dei Talent Show. Non voglio mettere in dubbio il loro valore nella creazione di spettacolo e monetizzazione (le case discografiche hanno trovato la loro gallina dalle uova d’oro) ma piuttosto mi chiedo. Come fare per evitare che lo show venga confuso con la Musica? Come far capire ad un diciottenne pieno di talento che per arrivare in alto, la strada migliore non è quella di X Factor, che anzi può rovinarti per sempre?
Sia nel caso dei Talent Show che in quello della musica tradizionale o indipendente, la ricerca del successo comporta gli stessi rischi o le stesse scorciatoie; ciò che cambia è solo la rapidità con cui il processo si svolge. Un diciottenne PIENO di Talento non ha di questi problemi. Più talenti ai Talents.

Tornando a voi e parlando di talento. Cosa significa questa parola? Pensate che abbiate più talento o più cose da dire o i due concetti sono legati tra loro?
Il talento é una particolare predisposizione a fare una determinata cosa quindi, finché avremo qualcosa da dire ci toccherà farlo.

Perché in Italia sappiamo fare cosi bene Musica Leggera ma siamo quasi incapaci a fare Pop?
Ormai non crediamo più che sia così.

Che strada avete scelto per promuovere la vostra musica, trovare date, vendere cd, ecc…?
Dal digitale al territorio passando per Facebook, Twitter, Myspace, Souncloud, iTunes, Youtube, website, web radio, radio, riviste, webzine, associazioni, circoli, comuni, festival e rassegne. Ci manca solo l’agenzia ma stiamo valutando.

Di cosa parlano le vostre canzoni? E pensate che nel Rap come nella musica cantautorale i testi abbiano o debbano avere un ruolo più pesante che in altri generi, ovviamente non strumentali? La musica non dovrebbe parlare prima attraverso le note che le parole?
Le nostre canzoni parlano di bianco e di nero, di vita e di morte, di schiavi e di padroni, di odio e di amore. L’equilibrio della bilancia fra parole e musica per noi non ha regole. Balla di qua è di la.

Cosa vi distingue dalla nuova ondata di rapper per ragazzine, Emis Killa e tutti gli altri?
Ci distingue da questa ondata il fatto di non farne parte, per età innanzitutto e poi per tutto ciò che per età ne consegue.

Chi vive per la musica deve veramente inseguire il successo?
La nostra esigenza è quella di costruire la cosa migliore per le nostre capacità e rispetto ai nostri canoni e gusti, se sarà di successo tanto meglio, forse.

Nella scena Rap Underground di nomi ce ne sono tanti, alcuni validissimi come gli Uochi Toki, altri meno. Fate qualche nome, escluso quello di Beppe Malizia.
Non facciamo parte della scena Rap underground, ci escludiamo a priori, escluderei tanto più i Uochi Toki da qualsiasi etichettatura. Potremmo suggerire Kaos e Colle der Fomento, se si possono ancora considerare underground.

Fatevi un po’ di promozione. Un nuovo album dopo Bianco e Dal Cilindro, tanti  video e che altro in programma?
Un altro nuovo album, altri nuovi video e un nuovo sound, il tutto anticipato da un singolo rimasto nel cassetto con tanto di video ad illustrazioni.

A proposito, so che i tanti video non sono frutto del caso. C’è un filo conduttore che li lega. Spiegateci di che si tratta. E poi, come siete riusciti a far patrocinare i video di un rapper dal comune di Acqui Terme?
Abbiamo la fortuna di poter girare i video noi stessi avendo a disposizione il team bunker@work in casa. Il filo che li lega poi non è così spesso. In realtà sono legati gli uni agli altri da tante piccole scelte prese a priori: colore bianco e nero, location, personaggi del territorio, oggetti di scena e comparse dovevano ricorrere in più video. In più, invece che girare e montare ogni singolo video come al solito, prima li abbiamo girati tutti (ci son voluti 6 mesi) dopo di che siamo passati al montaggio.
Riguardo al patrocinio, beh, è bastato mostrare il nostro progetto e chiedere…

Ditemi quello che avrei dovuto chiedervi e non vi ho chiesto. Poi, se volete rispondetemi.
Vi ritenete più musicisti, cantautori, rapper o altro?
Risposta: ALTRO!

Ringraziamo Silvio Pizzica e tutta la redazione di Rockambula.

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No Love Lost

Written by Interviste

Come ci piace fare spesso, Rockambula è stato media partner dell’evento organizzato questo dicembre a Sulmona (AQ) denominato Soundwave Christmas Nights, festival dedicato alla musica originale indipendente. Pur non trattandosi espressamente di un contest, Rockambula ha voluto comunque istituire un piccolo premio che consiste in un mini pacchetto promozionale comprensivo di recensione e/o intervista più banner pubblicitario sul nostro sito per circa un mese. La band che abbiamo scelto in quanto protagonista con il progetto più interessante e originale anche solo in ottica potenziale è stata quella denominata No Love Lost. In questa intervista cerchiamo di capire meglio di che progetto si tratta, quale possa esserne il futuro e cercheremo anche di ragionare su alcune tematiche care sopprattutto alle scene di provincia.

Iniziamo da una domanda ovvia. Il vostro nome richiama alla mente la grande band capitanata da Ian Curtis e voi avete iniziato la vostra avventura proprio come cover band dei Joy Division. Aver fatto cover è più utile a scrivere e proporre pezzi propri o più un ostacolo dovuto al rischio “imitazione”?
Aver iniziato come cover band dei Joy Division ha sicuramente contribuito a creare amalgama e affiatamento nel gruppo. Il rischio imitazione volontaria non c’è mai stato perché in fase compositiva seguiamo le nostre idee e l’istinto del momento senza doverci preoccupare di imitare qualcuno o assomigliargli. Se ci sono delle affinità con altre band non sono volute e cercate ma sono solo frutto dei nostri ascolti e gusti giovanili. Quando abbiamo deciso di cominciare a proporre un nostro repertorio abbiamo iniziato come nuovi No Love Lost e non come costola della cover band che eravamo prima.

Perché avete scelto di iniziare con le cover e perché avete scelto di passare a proporre pezzi vostri? Suonate ancora brani dei Joy Division dal vivo?
Il gruppo inizialmente è nato come una sfida a proporre una band poco conosciuta ai più e comunque poco coverizzata. L’idea era di fare alcune esibizioni in pubblico e divertirci a suonare una musica che aveva sempre esercitato un certo fascino su di noi. Abbiamo deciso di cominciare a proporre brani nostri perché da sempre noi tutti abbiamo avuto un approccio compositivo alla musica, ci viene naturale. Ognuno di noi tre normalmente compone in proprio e a maggior ragione trovandoci tutte e tre insieme, idee vecchie e nuove si sono accumulate con una certa rapidità dandoci la possibilità di scegliere tra un materiale numericamente consistente ancora in fase di definizione e composizione. In eventuali serate dal vivo in cui avremo la possibilità di suonare per più di un’ora sicuramente riproporremo dei brani dei Joy Division.

La vostra formazione attuale non prevede batteria, o meglio batterista. Il suo ruolo è affidato all’elettronica. Quanto la batteria elettronica può essere un vantaggio (Albini ci ha costruito una carriera, passatemi il termine, con una certa Roland) e quanto un limite per la vostra proposta? E perché avete fatto questa scelta?
La batteria elettronica (ma le basi in generale) per noi e per il nostro sound è un vantaggio in quanto la nostra musica necessita di ritmi definiti e ben schematizzati; ci da la possibilità di far lavorare il basso in modalità non usuali (uso di ottave alte quando lavora in contemporanea con un basso synth) mantenendo una certa corposità del suono e avendo virtualmente una sorta di seconda chitarra. Inoltre la batteria elettronica permette al basso di esprimersi liberamente con riff definiti e di effetto e permette al cantante/tastierista di dedicarsi totalmente al canto. Attualmente non vediamo svantaggi nell’utilizzarla e non escludiamo neanche il ritorno di una batteria acustica in futuro quando e se necessario.

Vi ho ascoltato dal vivo durante l’esibizione a Sulmona (AQ) al Soundwave, un piccolo Festival di cui Rockambula è stato media partner (ndr I No Love Lost hanno vinto qui il premio Rockambula). Perché avete scelto di parteciparvi? È questa la strada migliore per la musica emergente? Cosa non vi è piaciuto?
Abbiamo scelto di partecipare al Soundwave Christmas Night per avere una vetrina e far sentire i nostri brani inediti a un vasto pubblico. Per i gruppi della scena Indie la via migliore per farsi conoscere è comunque soprattutto quella di partecipare a manifestazioni ad hoc come questa e ovviamente utilizzare la rete nei suoi numerosi canali e avere tanta voglia di mettersi in gioco credendo a quello che si fa. Più di quello che non ci è piaciuto, preferiremmo invece mettere in rilievo il fatto che questa manifestazione non era un concorso ma appunto una rassegna. È stata un’ottima idea in quanto nei concorsi è molto facile che a vincere sia la band raccomandata o che porta più pubblico; diverso è stato invece creare un premio per il progetto e l’idea espressa da una band come ha previsto il Soundwave con Rockambula.

Una cosa che, ad esempio, mi pare di aver notato è che, specie nelle piccole realtà cittadine, mancano vere e proprie scene e ognuno tenda a fare musica inseguendo, spesso scimmiottando, i propri idoli, senza alcuna voglia di sperimentare, osare, innovare. Uscire da questo tunnel credete sia possibile? Come?
Uscire dal tunnel delle imitazioni è possibile ma richiede apertura mentale, un discreto background culturale, creatività e voglia di mettersi in gioco. Il problema principale è che si tende, soprattutto nelle nostre realtà, a giudicare l’operato di un musicista solo ed esclusivamente dal punto di vista tecnico senza mettere in rilievo che la creatività costituisce un elemento fondamentale per chi fa musica.

Una delle soluzioni potrebbe essere una certa apertura (date, concerti, festival, contest) alle band, anche poco note, che vengano da fuori (vedi il Progetto Streetambula di cui siamo co/organizzatori). Ma il pubblico dei piccoli centri è pronto a questa sorta di “rivoluzione”? Sembra piuttosto disposto ad ascoltare solo i propri amici, di là dell’interesse ridotto verso la musica.
Finché i piccoli centri ragioneranno con la logica bigotta e culturalmente ristretta, non ci sarà alcuna rivoluzione. La rivoluzione va stimolata e secondo noi, molti in questa valle (Valle Peligna, provincia de L’Aquila ndr), a partire da chi organizza eventi musicali e si occupa di band emergenti come voi di Rockambula, stanno lavorando bene per creare un circolo virtuoso in tal senso.

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Cambiamo discorso ma non troppo. Perché i musicisti vanno con tanta fatica ad ascoltare i colleghi?
Molti musicisti (non tutti), disertano le serate dei loro colleghi, semplicemente per mancanza di umiltà, attenzione, informazione e forse anche invidia. È una costante fra colleghi, Morrisey ci ha scritto anche una canzone.

Passiamo a voi. La vostra musica è fortemente influenzata dal Post Punk dei Joy Division. Quali altre influenze vi si possono ascoltare?
La nostra musica è influenzata da diversi artisti del passato e del presente. Sicuramente i Joy Division hanno avuto un’influenza importante ma non principale. Prima di loro vorremmo citare Gary Numan, Depeche Mode, New Order, Asylum Party, Pj Harvey e Massive Attack senza dimenticare le forti influenze Punk che arrivano dalla nostra chitarrista Francesca Orsini e in particolare in brani come “Closer”, “Torture” e “The Party’s Over” che speriamo avrete presto la possibilità di ascoltare su disco.

Che progetti avete per scoprire il vostro peculiare sound e renderlo più moderno?
Premesso che oggi parlare di suono vecchio e nuovo risulta un po’ difficile in ambito Indie, vista la varietà e le molteplici combinazioni sonore tra i vari decenni e tra i vari generi, stiamo valutando di “svecchiare” il suono cercando, in fase di registrazione, di applicare con astuzia quelle caratteristiche sonore che possono far risultare il prodotto più moderno e muovendoci all’interno di questo impianto sonoro per mantenere il nostro suono volutamente vintage.

Oltre al limite dovuto dall’ovvia somiglianza con i padri del genere, ho notato che, dal vivo, c’è ancora qualche imprecisione soprattutto in chiave vocale e andrebbe attuata anche una più attenta ricerca melodica. Come pensate di muovervi in tal senso? Credete di dover lavorare ancora anche sulle canzoni ormai già ascoltate live?
Per ciò che riguarda la voce stiamo lavorando continuamente per perfezionare quanto già ascoltato dal vivo. Sicuramente un paio di brani richiedono una maggiore attenzione melodica e rivisitazione da parte nostra, per molti pensiamo che la soluzione attuale sia soddisfacente ma sappiamo che un gruppo deve essere sempre alla ricerca di novità’ e aperto a rivedere le soluzioni già date per stabili se necessario e se rispondono a una reale esigenza dei compositori. Pertanto anche le versioni live che avete ascoltato sono suscettibili di qualche cambiamento in fase di registrazione.

Uno dei modi migliori per superare i propri limiti è distruggere quelli mentali che ci portano ad ascoltare sempre le stesse cose. Per questo credo che per tutti, e ancor più per i musicisti, sia importante ascoltare tanta musica, vecchia e nuova, e sempre molto diversa. Qual è il vostro modo di approcciare alle nuove sonorità, alle nuove band? Chi vi piace tra le nuove proposte italiane e straniere e consigliateci un paio di dischi di questo ormai andato 2013?
È essenziale uscire dagli schemi mentali acquisiti, pertanto ci poniamo sempre con grande interesse all’ascolto di quanto di nuovo viene proposto dal mercato discografico soprattutto indipendente. Del 2013 ci sono piaciuti il nuovo dei Soviet Soviet e degli Arcade Fire senza dimenticare The National ma anche in ambito Pop ci sono molte produzioni di valore.

Sul palco si nota una certa spensieratezza alle chitarre (basso incluso) mentre Fabrizio D’Azzena (voce) mantiene un’aria seriosa, tesa, quasi preoccupata e ansiosa. Studiate attentamente le vostre performance, anche per quanto riguarda l’immagine oppure suonate cosi, come viene?
Sinceramente abbiamo ancora forse poca attenzione per l’immagine globale del gruppo ma ciò’ deriva principalmente dal fatto che per ora non è la priorità e pensiamo che sia la nostra musica a dover trasmettere sensazioni emotive a chi ci ascolta. Indubbiamente il nostro cantante è tipo ansioso ma la sua espressione seriosa è risultato di forte concentrazione e passione.

Per ora non avete nessun album pronto. Tra le varie motivazioni che ci hanno spinto a dare a voi il premio Rockambula c’è: “una delle band di cui ascolteremmo molto volentieri il prossimo disco”.  Ce n’è uno in cantiere?
Attualmente stiamo per entrare in studio per registrare il nostro primo cd; vi diamo qualche anticipazione, si chiamerà Lust e sarà composto di otto o nove brani, sette li avete già ascoltati live e due che stiamo selezionando tra il corposo materiale a nostra a disposizione.

Vi faccio il nostro “in bocca al lupo”.

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Happy Birthday Grace (Streetambula Winter Session) 21/12/2013

Written by Live Report

Ho aspettato molto prima di buttare giù queste due righe su Happy Birthday Grace (Streetambula Winter Session) e, a essere sincero, non avrei mai voluto essere io a scriverne. Non è mai facile, forse neanche troppo simpatico parlare (e con amore, perché questo è il caso) di un evento del quale si è anche co-organizzatori eppure alla fine mi sono deciso ma con la promessa, che spero possiate confermarmi mantenuta, di non lasciarmi trasportare dalle mille emozioni che hanno scaldato le pareti di Caffè Palazzo il 21 dicembre a Pratola Peligna (AQ). Ormai sapete tutti che Streetambula è il braccio di Rockambula, quello che organizza festival, contest ed eventi e mette le band in contatto con tutte le realtà interessate dal panorama indipendente, etichette, studi di registrazione, uffici stampa, pubblico, locali, webzine. La storia di questa Winter Session nasce qualche mese fa, quando Lorenzo Cetrangolo, nostro fidato redattore e proprietario degli studi milanesi dalla QB Music (da poco anche etichetta), ci propose di partecipare attivamente a un contest intitolato appunto al ventennale di Grace, storico album di Jeff Buckley.

Ovviamente la risposta di Rockambula è stata positiva ma è andata anche oltre. “Perché non lasciare un posto per la compilation tributo che realizzerete il prossimo anno a una band di Streetambula”? Questa è stata la mia domanda e la Qb Music si è presto dimostrata entusiasta della cosa. Vi spiego subito di che si tratta. Il prossimo agosto Grace compirà vent’anni. La Qb Music darà la possibilità a tante band quante sono le canzoni del disco di registrare un brano dell’album, pezzo che andrà poi a finire nella compilation tributo prodotta e distribuita dalla stessa QB Music. Da quel momento è iniziata la discesa che ci ha portati al contest invernale di cui sto per parlarvi, Happy Birthday Grace (Streetambula Winter Session). Come anche ad agosto, ci sono state delle preselezioni e per la finale sono stati scelti quattro protagonisti che hanno confermato sul campo il loro valore, dando all’evento un valore aggiunto e alzando l’asticella della qualità molto in alto, mediamente anche più di quello che tutti si aspettavano.

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Giunti alla serata fatidica, Caffè Palazzo è stato addobbato a festa, con striscioni, stand, maglie, spille, gadget e quant’altro e soprattutto, ricoperto di musica. La finale vera e propria sarebbe iniziata solo intorno alle 21:00, anche mezz’ora più tardi, ma già all’aperitivo ci aspettava una graditissima sorpresa. Basandosi su un testo scritto da me (lo trovate a fine articolo, per chi fosse interessato), Paride Sticca e Jacopo Santilli de À L’Aube Fluorescente hanno iniziato un racconto musicato che partendo da “Gloom”, un loro singolo di prossima uscita, ha attraversato tutte le mitiche canzoni di Grace, con un mix di note, cantato, teatralità, poesia e Spoken Word. Circa quaranta minuti da sogno, per uno dei momenti più toccanti di tutta la serata. Lasciata alle spalle questa fantastica introduzione, ci si andava avviando verso la gara vera e propria, mentre sullo schermo scorrevano le immagini della serata del 31 agosto, prima edizione di Streetambula Music Contest. La giuria schierata confusamente per evitare l’effetto esame di Stato era pronta. Oltre a me, in qualità di caporedattore di questa webzine e redattore di Ondarock, c’era Margherita Di Fiore, collaboratrice di RockIt, Luca Di Pillo, musicista, Salvatore Carducci, tecnico del suono, fonico, collaboratore di Rockambula e gestore di negozio di strumenti, Duilia Del Gizzi, rappresentante di Nuove Frontiere (organizzatrice dell’evento con Rockambula), Jacopo Santilli, musicista e poi c’era anche per il pubblico la possibilità di votare, per circa il 15% del verdetto finale.

Primi a esibirsi, dalla provincia di Teramo, i Two Fates, coppia anche nella vita che ha proposto un Indietronic coinvolgente e travolgente, carico di melodia ma anche di teatralità, fatto di note orecchiabili e improvvise sferzate avanguardistiche. Bellissima la voce di lei e superbo l’utilizzo di Ableton Live (ribattezzato, Two Fates Machine), strumento abusato nel campo dell’elettronica ma che nel Rock non ha forse mai trovato in Italia un impiego tanto funzionale, pratico eppure artistico. Nessuna imperfezione, i Two Fates sanno come proporsi e sanno come interagire col pubblico, hanno carattere e talento e per tutti il verdetto sembra già scritto, se non fosse per quella cover di Buckley, forse non all’altezza del resto. Poi però sale sul palco un certo Dr. Quentin, tutto solo con la sua follia che odora di gioia. Mette allegria, mette una carica pazzesca, i suoi testi traballano in un inglese claudicante ma tutto sommato comprensibile. Sembra il fratello pazzo dei Two Gallants. Il suo è un misto di Folk Rock, Folk Punk e Alt-Country che mette i brividi e quando intona Hallelujah, a modo suo, mette la pelle d’oca. Certamente la migliore della cover proposte in tutta la serata.

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Superato il Dr. Quentin, entra in scena il Rock dei Droning Maud da Rieti. Il loro sound è potenza pura, ma non di quella esplosiva quanto un big Bang, quanto piuttosto quella di un buco nero, sfuggevole e misterioso. Certamente gli unici che abbiano veramente travolto il pubblico, i più maturi, anche se magari senza stupire troppo. Ascoltarli a due passi è stato come essere investiti da un tornado di note. A chiudere la gara, i liguri Caligo. Ragazzi di una disponibilità unica, una simpatia e un amore per la musica da far invidia. Avrebbero meritato di vincere solo per questo eppure, c’era che dell’altro, nella loro esibizione. Il loro Pop/Rock è puntuale e si mette tutto al servizio della voce e dei movimenti di Marco Ferroggiaro, vocalist e leader della formazione di Chiavari. Melodie e canzoni, di quelle belle, di quelle che si possono cantare anche solo dopo averle ascoltate una volta. I Caligo erano proprio quello che mancava alla serata. Ora è proprio tutto. È ora di scegliere un vincitore.

Il pubblico ha già deciso. Per loro a vincere è il Dr. Quentin. Ma lui, è l’unico che gioca in casa e a Streetambula ci teniamo a fare le cose nella maniera più obiettiva possibile. Il pubblico conta solo per il 15% e come vedrete, non basterà. A vincere infatti non sarà il Dr. Quentin, nonostante tutti abbiano apprezzato la sua cover, nonostante quasi tutti ne riconoscano la voce stridula ma perfetta. Nonostante io stesso abbia affermato che il dottore “scrive canzoni, melodie, come pochi sanno fare”. Non sarà lui a vincere perché tutti ne sottolineeranno i limiti. Suonare Folk Rock, in inglese, solo chitarra e voce e farlo senza stancare dopo venti minuti è difficile e, infatti, anche in questo caso la giuria lo farà notare. A vincere non saranno i Droning Maud, nonostante l’apprezzamento incondizionato di tutta la giuria che ha rilevato solo l’uso eccessivo di una precisa effettistica sulla voce in sostanza per tutta l’esibizione. Non vinceranno non per i problemini tecnici dovuti all’audio e la resa nel piccolo locale ma perché è vero che c’era da fare una sola cover di Jeff Buckley, ma a lui era intitolata la serata e quindi, quella cover, avrebbe avuto un certo peso. Non è piaciuto che quel riarrangiamento sia stato fatto con un paio di minuti di ritardo perché il testo non era stato imparato a memoria e il foglio dove era stato scritto non si ritrovava. Inoltre non è piaciuto molto il riarrangiamento. Dispiace, perché i pezzi originali targati Droning Maud si sono dimostrati una bomba, e forse questo conta più del verdetto finale. Non hanno vinto neanche i Caligo, forse troppo emozionati, certamente stanchi per i 500 Km percorsi per arrivare dalla Liguria in Abruzzo, qualche errore di troppo in fase esecutiva e uno stile troppo magro, asciutto, con poca personalità esclusa la voce di Marco Ferroggiaro, per poter arrivare davanti ai colleghi, i Two Fates.

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Già, proprio loro. I Two Fates. Per una volta hanno vinto quelli che tutti si aspettavano che avrebbero vinto; la band più completa, che ha fatto meno errori, che ha arrangiato con cura il brano di Jeff Buckley (una curiosità, Giuliano Torelli mi ha confidato di essere uno dei mille ad aver visto Buckley dal vivo in Italia), che ha messo sul piano le composizioni più curate, più interessanti e, anche in ottica futura, dalle prospettive più rosee. Senza ombra di dubbio, hanno vinto i migliori ma tutti gli altri si sono dimostrati non solo all’altezza ma certamente capaci di ritagliarsi un gran bello spazio nel mondo della musica. Basta capire quale spazio.

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Di seguito trovate il testo suonato e recitato dagli À L’Aube Fluorescente e scritto da me, nel caso qualcuno voglia leggerlo. Alla fine trovate invece il trailer realizzato per la serata da Andrea Puglielli.

Per i ragazzi di Streetambula, scegliere Jeff Buckley e il suo unico album compiuto Grace, il suo capolavoro che tra qualche mese compirà vent’anni, come cuore del Contest invernale non è stata certo scelta agevole. Ogni canzone di quel disco racchiude una magia che solo pochi capolavori possono vantare e anche le cover interpretate da Jeff hanno acquisito un’aura singolare, un abissale senso di eternità e spiritualità. Avete capito bene, quell’opera d’arte contiene ben tre cover. “Lilac Wine” di Nina Simone, “Corpus Christi Carol” di Benjamin Britten e “Hallelujah” di Leonard Cohen. Tre riarrangiamenti che hanno dato in dono a quei brani l’immortalità che meritano palesando come un artista possa adagiare la sua essenza anche in brani di altri, quando si suona con sentimento. Quello che speriamo possano fare stasera i Droning Maud da Rieti, il Dr. Quentin, pratolano Doc, i Caligo da Chiavari in Liguria e i Two Fates di Colonnella. Fare musica col cuore, per farci sognare il suo volto ancora una volta. Sognare la sua vita.

Una vita che per Jeff non doveva essere stata facile. Il 17 novembre del 1966 nasceva il figlio di Tim Buckley. Il padre di Jeff era proprio quel Tim Buckley che qualcuno sta fantasticando ora. Una delle voci più strabilianti che si ricordino e uno dei più eccelsi sperimentatori vocali e del Folk. Musicista mirabile, non proprio come nel suo ruolo di genitore. Non si consacrò molto al piccolo Jeff, prediligendo cercare buona sorte nella Grande Mela; più in là i due si sarebbero rincontrati ma quest’abbandono non fece altro che appesantire, col tempo, la grandezza di Tim sulle fragili spalle del figlio.

Jeffrey Scott Buckley, “Scotty” per chi lo amava, perse il padre che in fondo non aveva mai veramente avuto, a Santa Monica il 29 giugno 1975; Tim fu schiacciato dal peso di alcol, eroina e da una vita impossibile da sopportare. Tim entrava nella leggenda e Jeff era ancora un bambino. Poche volte “Scotty” ebbe la possibilità di stare con lui ma fu proprio durante una serata in omaggio al padre, nell’aprile del 1991 a New York, che per la prima volta le sue sorprendenti abilità canore furono alla portata di un pubblico di un certo spessore.

Da quel giorno Jeff Buckley ha inseguito il modello del padre, talvolta superandolo e diventando a sua volta un mito, nella sua fragilità una specie di divinità carnale fatta di sogni, illusioni, angosce e dei suoi molteplici amori; si dice che amò tante donne, forse anche Courtney Love con la quale di certo fu fotografato a teatro; di sicuro Joan Wasser (qualcuno tra voi la conoscerà come Joan As Police Woman) ma anche Elizabeth Fraser, splendida voce dei Cocteau Twins. Jeff presto sarebbe diventato una leggenda però consapevole della vacuità della sua vita, che, come in una premonizione, sembrava sapere che non sarebbe stata molto più duratura di quella del padre. Jeff inizia a suonare come tanti di noi hanno fatto, come io stesso ho fatto, con piccole band, con i Group Therapy; quindi incide le Babylon Dungeon Sessions e poi lavora con Gary Lucas e con i Gods And Monsters fino a giungere al colosso Columbia.  Nascono una moltitudine di tracce, tanto materiale spesso ancora inedito che finirà soprattutto per alimentarne il mito, nella sua sfuggevolezza.

Jeff non dimentica mai da dove viene. Forse non sa ancora dove vuole andare . Sapete a chi è intitolato uno dei suoi primi Ep? Al Sin-è. Il locale nella parte orientale di New York dove giovanissimo si guadagnava il pane come sguattero e poi incominciò a esibirsi. Da lì e da allora ha iniziato una corsa frenetica che l’ha portato a Grace, uno degli album più importanti e struggenti di tutti i tempi. Dopo Grace, in un’inquietante analogia con le vicende emotive del padre, Jeff, che certo non era uno scrittore maniacale, si dimostra impossibilitato a reggere i ritmi del mercato e soprattutto a sottostare alle sue pressioni. Sketches For My Sweetheart The Drunk, l’album seguente, uscirà postumo e incompleto; Jeff non riusciva a produrre tanto e velocemente quanto il sistema richiedeva.

Ma chi era veramente Jeff Buckley? Un musicista stravagante e anticonformista, non sempre attento agli aspetti tecnici della sua arte, un uomo capace di non prendersi sempre sul serio, anche quando si trattava di spiegare il senso delle sue parole. Anche un uomo che si sentiva solo, ma non aveva paura della sua solitudine. Sapete, una volta iniziò un tour, otto date, in posti sperduti d’America, con un falso nome, sempre diverso. Spesso suonò solitario, in quel Phantom Tour, senza pubblico. Avete capito bene. Cercava nel suo isolamento di ritrovare se stesso, la tranquillità dell’essere “uno qualunque”, l’unico modo per capire chi sei è forse non essere nessuno, agli occhi degli altri.

Come il padre, Jeff aveva però tanti problemi, con l’alcol, con la droga e con se stesso anche se in maniera meno romantica (aperte e chiuse le virgolette) e meno meravigliosa. Nonostante questo però non sarebbe mai arrivato al punto di morire per sua intenzione. C’era un disco in cantiere sotto l’ala protettrice di Tom Verlaine, leader dei Television; quindi il trasferimento a Memphis. Il padre era morto ventidue anni prima, “Scotty” ne aveva trenta all’epoca. Il suo talento era ancora tutto da scoprire e quello che resta delle sue incisioni racconta di un uomo che non si sentiva certo arrivato, anzi aveva voglia di vedere fin dove la sua mente, la sua arte poteva spingersi.

Era il 29 maggio 1997 quando Jeff e il suo autista si stavano dirigendo verso gli studi di registrazione. Si fermarono, Jeff voleva fare un bagno nelle acque del Wolf River. Si tuffò vestito, cantando “Whole Lotta Love” degli Zeppelin. Non era drogato, non era ubriaco. Non aveva deciso che quello sarebbe stato il momento di lasciarci. Qualcun altro, forse, lo aveva deciso, se ci credete, forse Dio. O forse il destino, il caso, chiamatelo come volete. Fatto sta che in quelle acque fresche di un affluente del Mississippi Jeff, “Scotty” per chi lo ama ancora, ci lasciò facendo quello che più amava, cantando.

Di lui restano poche canzoni ma per chi lo chiama ancora “Scotty” nelle sue preghiere, ha lasciato molto di più. Resta il rimpianto per quello che sarebbe potuto essere e soprattutto resta un album inarrivabile come Grace, al di là del mito.

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Il vincitore del premio Rockambula al Festival Soundwave

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Ieri si è concluso il Festival Soundwave a Sulmona (AQ). Rockambula, come sapete, ha messo in palio un pacchetto promozionale che prevede intervista e/o recensione più banner pubblicitario per un mese, non alla band migliore in quanto a esibizione ma al progetto più interessante, dalle più ampie prospettive, più originale, anche solo in ottica potenziale.

Tra le tantissime formazioni presenti, la scelta del vincitore del premio Rockambula era da farsi, a nostro avviso, dentro un cerchio che comprendeva i Meticci di Razza Bastarda, i Remains in a View, gli Only Ten Left, gli Allcost, Stephanie e i No Love Lost. La prima band, Rap Hardcore, ci è piaciuta tantissimo ma ha pagato la quasi impossibilità a comprenderne i testi (“rappati” in italiano). Grande carica quella dei giovani punkers Only Ten Left anche se troppo “standard” per il premio. Stessa cosa per i Remains in a View. Gli Allcost hanno provato a fare un Pop insolito ma in fase esecutiva sono parsi un po’ spogli e poco coinvolti. Perfetta Stephanie con Fabio Rosato alla chitarra che pagano solo il fatto che la loro musica sia troppo convenzionale per il nostro premio. Forse con tutta la band ad accompagnarla sarebbe stato diverso.

A vincere sono i No Love Lost, un Post-Punk vecchio stile, batteria elettronica e con un eccelso Marco Di Ianni al basso. Da migliorare le linee melodiche vocali e anche l’impostazione di D’Azzena, cosi come la presenza sul palco ma certamente, in ottica futura, può essere la formazione che, a nostro avviso, potrà sviluppare discorsi sonori più interessanti, magari rinnovando le sonorità adattandole ai tempi.

Il vincitore del premio Rockambula al Soundwave è:

NO LOVE LOST.

Grazie da Rockambula a tutte le band partecipanti, al comune di Sulmona, agli organizzatori e in particolare a Silvio Mancinelli e Antonio Ranalli.

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Le classifiche di fine anno di Silvio “Don” Pizzica

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2013

Doverosa premessa. Tutti gli album citati sono stati ascoltati almeno una volta per intero. Ovviamente ci saranno certamente album più affascinanti o più disgustosi di quelli citati ma purtroppo o per fortuna non li ho ancora ascoltati. Inoltre è doveroso avvertirvi che ogni classifica, per quanto possa, come nel mio caso, cercare di utilizzare parametri di valutazione più oggettivi possibile sarà sempre legata alla soggettività di chi la scrive. Dunque, prendete l’articolo non molto più che come un gioco e al massimo anche come un modo per scoprire qualche disco interessante che magari non vi è ancora passato tra le mani. Eccovi la Top 30, la Flop 10 e qualche speciale “award”.

Top 30

  1. InSonar / Nichelodeon – L’Enfant et Le Ménure / Bath Salts  (Avantgarde)
  2. These New Puritans – Field of Reeds  (Art Rock)
  3. Arcade Fire – Reflektor  (Alternative Dance/Rock)
  4. Fuck Buttons – Slow Focus  (Electronic, Neo Psychedelia)
  5. Bvdub & Loscil – Erebus  (Ambient)
  6. Everything Everything – Arc  (Art Pop)
  7. Tripwires – Spacehopper  (Brit Pop, Shoegaze)
  8. KK Null, Israel Martinez, Lumen Lab – Incognita  (Noise Drone)
  9. Stara Rzeka – Cień Chmury Nad Ukrytym Polem  (Drone)
  10. Tim Hecker – Virgins  (Ambient Drone)
  11. Julia Holter – Loud City Song  (Art Pop)
  12. Eluvium – Nightmare Ending  (Modern Classical)
  13. The Knife – Shaking the Habitual  (Electronic)
  14. Ventura – Ultima Necat  (Post Hardcore)
  15. Dennis Johnson – November (R. Andrew Lee)  (Minimalism)
  16. Oblivians – Desperation  (Garage Punk)
  17. Sigur Rós – Kveikur  (Post Rock)
  18. Vampire Weekend – Modern Vampires of the City  (Alt Pop)
  19. My Bloody Valentine – m b v  (Shoegaze)
  20. The Drones – I See Seaweed  (Punk Blues)
  21. Anna Calvi – One Breath  (Art Rock)
  22. Deadburger Factory – La Fisica delle Nuvole  (Avantgarde)
  23. Live Footage – Doyers  (Dream Pop)
  24. Vàli – Skogslandskap  (Dark Folk)
  25. Twomonkeys – Psychobabe  (Electronic)
  26. Autechre – Exai  (IDM)
  27. Mark Kozelek & Jimmy LaValle – Perils From the Sea  (Slowcore)
  28. The National – Trouble Will Find Me  (Alt Rock)
  29. Powerdove – Do You Burn?  (Experimental Rock)
  30. Trupa Trupa – ++  (Alt Rock)

Flop 10

  1. La Tosse Grassa – Tg3
  2. The Blood Arm – Infinite Nights
  3. L’Officina Della Camomilla – Senontipiacefalostesso
  4. Inigo & Grigiolimpido – Controindicazioni
  5. I Cani – Glamour
  6. Reveille – Broken Machines
  7. Blevin Blectum – Emblem Album
  8. Midas Fall – Fluorescent Lights
  9. Fates Warning – Darkness in a Different Light
  10. Macelleria Mobile Di Mezzanotte – Black Lake Confidence

Top 10 Italia

  1. InSonar / Nichelodeon – L’Enfant et Le Ménure / Bath Salts
  2. Deadburger Factory – La Fisica delle Nuvole
  3. Twomonkeys – Psycho Babe
  4. OvO – Abisso
  5. Massimo Volume – Aspettando i Barbari
  6. Electric Sarajevo – Madrigals
  7. Borghese – L’Educazione delle Rockstar
  8. Aedi – Ha Ta Ka Pa
  9. Faz Waltz – Back On Mondo
  10. NaNa Bang! – NaNa Bang!

Miglior artista maschile

Brock Van Wey (bvdud)
Kazuyuki Kishino (KK Null)
K. [Jakub Ziołek aka Kuba Ziołek] (Stara Rzeka)

Miglior artista femminile

Julia Holter
Anna Calvi
Alela Diane

Migliore Ristampa

The Colla – Ad Ovest di Paperino
Monuments – Age
Pavlov’s Dog – Pampered Menial

Miglior Album Pop/Rock, Shoegaze, Dream Pop e simili

Arcade Fire – Reflektor
Everything Everything – Arc
Tripwires – Spacehopper

Miglior Album Garage, Noise Rock, Punk e simili

Ventura – Ultima Necat
Oblivians – Desperation
The Drones – I See Seawed

Miglior Album Sperimentale, Art Rock, Avantgarde, Ambient e simili

InSonar / Nichelodeon – L’Enfant et Le Ménure / Bath Salts
These New Puritans – Field of Reeds
Bvdub & Loscil – Erebus

Miglior Album Elettronica, Synth Pop, House, Dance, Dubstep, ecc…

Fuck Buttons – Slow Focus
The Knife – Shaking the Habitual
Twomonkeys – Psycho Babe

Miglior Esordio

Tripwires – Spacehopper
Stara Rzeka – Cień Chmury Nad Ukrytym Polem
Twomonkeys – Psycho Babe

Miglior Album Straniero (non britannico)

KK Null, Israel Martinez, Lumen Lab – Incognita   Giappone/Messico
Stara Rzeka – Cień Chmury Nad Ukrytym Polem   Polonia
Ventura – Ultima Necat  Svizzera

Miglior Album Live

Mount Eerie – Live in Bloomington, September 30th, 2011

Migliore Raccolta

Subterfuge – Reflect < < Rewind

Migliore Album Remix

Father Murphy – Anyway, Your Children Will Deny It (Remix Series)

Miglior Compilation

DJ Sprinkles – Queerifications & Ruins

Miglior Compilation Aa. Vv.

Aa. Vv. – Tutto da Rifare, un Omaggio ai Fluxus

POLLICE VERSO (GIU’) Delusione non implica brutto disco ma solo sotto le mie aspettative

Le delusioni italiane

Macelleria Mobile Di Mezzanotte – Black Lake Confidence
Diaframma – Preso nel Vortice
Bachi da Pietra – Quintale

Le delusioni straniere

AGF – Source Voice
Murcof & Philippe Petit – First Chapter
Tomahawk– Oddfellows

Buone feste a tutti!!!

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Afformance – The Place

Written by Recensioni

Già dalle note che spalancano questo nuovo Ep targato Afformance è manifesto come la loro musica riesca a suonare rigorosamente senza tempo. Nelle peculiarità nostalgiche di un piano che produce una vibrazione svogliata sullo sfondo di rumoristiche ambientazioni lisergiche oscure, quasi extraterrestri, è facile scorgere le pieghe del tempo che svelano una necessità d’immediatezza, di contemporaneità connaturata alla natura umana. Le arie che aprono “Dough Claws” paiono la commistione di suoni che affollano la stanza che ospita lo stargate aperto su un mondo antico, dal quale la musica scivola via come per scappare.

Solo con l’incedere cadenzato di “Stride” e poi con “Covered in Scales” entra in scena un Rock concreto, strumentale, vagamente cosmico e psichedelico, dalla struttura più precisamente tracciata, che richiama gli stilemi e i cliché del Post Rock più classico, evitando le esemplarità matematiche eccedenti degli Slint, prediligendo strade eteree come quelle battute dai Mogwai nei momenti più Film Score. La sperimentazione è ridotta all’osso tanto che la musica si dondola teneramente tra Ambient, sogno e l’asprezza di qualche accelerata nebulosamente metallica. Nel finale si mostra un ponte che ricorda un brano dei ben meno noti ma non per questo meno talentuosi Suricates, somiglianza che si ferma quasi compiutamente alla parte iniziale del pezzo e che fa sorridere per quanto probabilmente solo frutto della coincidenza ma che avrebbe provocato scalpore se notata in due band più mainstream. Il brano, per quanto ripetitivo e poco articolato, è anche il più interessante, il più trascinante; la musica cresce in maniera impetuosa, le chitarre si accavallano in modo maniacale, ora rallentando ora accelerando evocando un’esplosione sonica che mai finisce per compiersi.

Come dico spesso, il Post-Rock, passatemi la definizione come genere nonostante la vaghezza, è un modo di fare Rock tanto passato quanto affascinante, che, se fatto con cura distoglie l’attenzione dall’eccessiva riproposizione di se stesso. Questo è esattamente il caso di un Ep Post-Rock creato con dedizione, che non suona remoto pur proponendo qualcosa di vecchissimo, ormai superato. I pezzi, specie “Narcoleptic”, avrebbero potuto essere di più se si fosse lavorato con maggior attenzione a fornire loro una densità costitutiva diversa dal solito. La scelta della band greca è stata invece quella di lasciare i lavori secchi, scheletrici e il risultato è un buon Ep Post-Rock, di quelli che magari non riascolteremo mai più, anche se ora, proprio ora, ci ha fatto più che piacere origliare.

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Niton – Niton

Written by Recensioni

Ci ho provato in tutti i modi, ho messo su le cuffie, l’ho piazzato nello stereo dell’auto gironzolando di notte per le strade che fiancheggiano le campagne, l’ho fatto scorrere tra le pareti della mia stanza mentre mi distraevo con un romanzo sulla Colonia medioevale, l’ho usato come sottofondo per un momento di riposo e testa vuota. Ho cercato in tutti i modi di far smuovere le mie emozioni da questo omonimo dei Niton ma poco è successo, poco più del normale defluire della mia vita. Eppure il fragore che ha dato il via a tutto pareva potermi spostare da un certo assopimento emotivo nel quale mi sento rovinare negli ultimi tempi ma niente di ciò che auspicavo è poi capitato. Andiamo con ordine.  Niton è la testimonianza di un confronto fra tre musicisti che suonano congiuntamente lasciandosi sopraffare dagli accadimenti, una sorta di jam session d’avanguardia non inquinata da alcun tipo di elaborazione di post produzione. Il risultato di questa commistione di stili personali, d’improvvisazione, di estemporaneità e naturalezza, di archi classici che volteggiano in incubi sonici con tastiere digitali e arnesi che divengono musica è un agglomerato di Ambient, Noise ed Electronic Music sperimentale.

Le menti genialoidi (?!) che stanno dietro a questo progetto sono di Xelius ed El Txyque. La materia della loro proposta è chiamata Drone Nights. Si tratta di ostentazioni dal vivo di musica intuitiva che si dipanano in luoghi sempre differenti. Il pubblico compartecipa con ascetismo, contemplazione quasi religiosa e abbandono pungolando il trio alla creazione attraverso flussi di energia. La scelta della strumentazione è libera e varia di volta in volta interessando artisti ospiti. Nell’occasione del 3 ottobre 2013 (da cui quest’album) presso le Officine Creative di Barasso (Varese) l’ invitato è stato Zeno Gabaglio, sistematosi tra Xelius ed El Toxyque senza alcun accordo schematico, planning o consultazione a proposito della musica che si sarebbe andati a scandire. Tutto deve essere partorito come frutto imprevedibile dell’interazione ricettiva di ciascuno, spettatori compresi. Come potete immaginare il risultato è un mix di droni e rumori di sottofondo (palese l’influenza di Cage), senza alcuna struttura precisa e una strumentazione più tradizionale che prova soltanto a dare una parvenza di classicismo alla musica che in realtà galleggia in una ricercata deformità sostanziale. Innegabilmente s’intuisce che la partecipazione attiva/passiva come pubblico a uno spettacolo del genere debba rivelarsi esperienza unica, quasi mistica e capace di rivelare una profondità dell’arte per eccellenza altrimenti impossibile da scovare nelle sue forme più banali. È anche vero però che, se il risultato è inciso su un supporto fisso, la possibilità di rendere pienamente l’idea di viaggio nel silenzio, nel se, nella meditazione, è ridotta. E, infatti, accade solo parzialmente, perché per gran parte dei quasi trentanove minuti di Niton, l’orecchio tende a tediarsi, distrarsi o lasciar scivolare le note lungo la sua pelle impenetrabile.

Tre artisti eccelsi, un progetto validissimo con enormi potenzialità, un’idea sostanziale assolutamente affascinante ed entusiasmante e uno spettacolo che non mi vorrei perdere per nessun motivo al mondo. Questo c’è dietro il self titled dei Niton. Quello che ascoltate nelle casse mentre gira il cd è solo un’immagine sgranata di quello che deve essere, solo una foto scattata con un pessimo cellulare di un paesaggio che immagino essere paradisiaco, celestiale come un sogno.

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Happy Birthday Grace (Streetambula Winter Session), 21 DICEMBRE 2013

Written by Senza categoria

Dopo la splendida riuscita del contest/festival estivo Streetambula Rock Contest, i ragazzi di Nuove Frontiere e noi di Rockambula Webzine siamo orgogliosi di presentarvi la versione invernale dedicata a Grace, mitico album di Jeff Buckley. Si inizierà sabato 21 dicembre alle ore 19:00 circa presso Caffé Palazzo a Pratola Peligna (Aq) e la competizione, che come ripetiamo sempre è una gara nella quale tutti devono sentirsi vincitori, vedrà la partecipazione di 4 band selezionate da tutta Italia, oltre alla presenza degli A’ L’aube Fluorescente che ci hanno preparato una sorpresa proprio in apertura. Dall’Abruzzo il duo Two Fates ci delizierà con una performance Electroacoustic sensazionale mentre gioca in casa il Dr. Quentin, chitarra, voce, cuore e anima. Arrivano invece da Rieti i Droning Maud, che porteranno una ventata di sano Rock mentre dalla Liguria, da Chiavari, arrivano i Caligo.

I 4 si alterneranno nelle loro performance semi-acustiche, proponendo sia pezzi originali e sia alcuni riarrangiamenti di brani di Jeff Buckley tratti dall’album Grace. Perchè è proprio questo disco il pretesto per questa fantastica Winter Session. Gli Studi milanesi della Qb Music infatti, in collaborazione con la nostra webzine Rockambula, hanno pensato di realizzare per il prossimo anno un tributo in occasione del ventennale dello stesso Grace. Al tributo parteciperanno diverse band da tutta Italia, le quali potranno registrare il brano proprio negli studi della Qb Music. Il pezzo sarà poi inserito nell’album promosso dalla stessa Qb. Una delle band partecipanti sarà proprio la vincitrice di Happy Birthday Grace (Streetambula Winter Session). Al premio si aggiunge un rimborso spese offerto da Streetambula.

HBG

Il vincitore sarà deciso da una giuria competente che valuterà sulla base di criteri quali l’esecuzione, la composizione dei pezzi originali, il riarrangiamento della cover e la validità della proposta artistica. Inoltre, uno dei membri della giuria sarà lo stesso pubblico, attraverso modalità che vi sveleremo solo durante la serata. Non vogliamo aggiungere altro. Solo, non mancate perché sarà una serata magica.

Per arrivare a Pratola, sulla A25, uscita Pratola Peligna/Sulmona

Ecco programma, locandina, copertina e trailer.
Questo il sito ufficiale per scoprire tutto su Streetambula, che non è solo contest ma anche organizzazione eventi
Questa la pagina Facebook
Evento Facebook
Sito QB Music
Caffé Palazzo

Trailer

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She Owl – She Owl

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Come nella migliore tradizione Neo Folk occidentale (non poteva essere altrimenti) nell’esordio della polistrumentista e cantastorie Jolanda Moletta con la band She Owl e il loro disco omonimo, tanto spazio è lasciato al simbolismo, al mistero della natura, al romanticismo e all’occultismo. Già nel nome scelto, l’indicazione di un animale come il gufo non fa altro che gonfiare di allegorie la sua opera. Animale enigmatico e dalla simbologia ambigua, il gufo è stato considerato negli anni emblema di oscurità, malaugurio e morte ma allo stesso tempo di chiaroveggenza e comprensione. Nel simbolismo celtico la dea della natura Gyffes aveva la sua forma ma il gufo connoterebbe anche il passaggio dalla vita alla morte, in altre parole una guida per gli uomini nei periodi di cambiamento oltre a essere depositaria di molta e antica saggezza. Nell’opera è la stessa Jolanda Moletta a prendere le sembianze della creatura, generando un legame simbiotico con la natura, gli alberi e tutti gli esseri viventi che affollano il bosco e instaurando con essa un dialogo pieno di magia. Per rendere al meglio questa necessità compositiva, la band si è affidata a diversi musicisti della Bay Area (Jolanda Moletta vive e lavora tra l’Europa e San Francisco) oltre che a Dave Mihaly, batterista della songwriter texana Jolie Holland e il risultato è una tracklist di dieci pezzi che suonano splendidamente come il rumore che accompagna una fiaba che scivola nel vento tra le fronde.

Pur essendo presente una strumentazione variegata (nel live la stessa artista suona tastiere, chitarra, autoharp, kalimba e percussioni) le canzoni scivolano via con naturalezza, attraverso una spina dorsale nervosa fatta di piano e voce. Quest’ultima non spicca per qualità, intensità, e neanche per una timbrica particolarmente originale eppure riesce a vibrare perfetta dentro le note, nella sua cupezza, nei suoi sospiri e negli acuti intensi. La sezione ritmica è essenziale, martellante ma non specificatamente marziale e si limita a esaltare la portata emotiva della voce. Discorso simile per il piano che però alterna momenti più enfatici con altri d’atmosfera. Tutto questo genera una proposta precisa eppure variegata e differenziata con cura, tra Vocal Jazz in stile Ella Fitzgerald o Nina Simone (“Hide and Seek”) però con uno spirito da Patti Smith, rimandi quasi gotici di memoria Siouxie e un Pop da camera degno del Michael Andrews di Donnie Darko (“December”). Una sorta di Nico (“Nightingale”) in chiave più vitale e moderna, tra l’Art Pop etereo di Bat For Lashes (“Fisherman Queen”) e il Dark Cabaret dei Dresden Dolls (“Over The Bones”, “December”, “Belong”) anche per una certa similitudine vocale con Amanda Palmer.

Un disco denso di ottime canzoni, con un obiettivo preciso, un’inequivocabile necessità espressiva che forse pecca, non tanto (o non soltanto) per la scarsissima originalità ma piuttosto per una certa piattezza sonora. Questo sia nella parte strumentale (del resto penso che sia lecito aspettarsi di più da artisti che suonino tastiere, chitarre, autoharp, kalimba e percussioni) e sia nella vocalità, che, in quanto a timbro non eccelle anzi pare arrancare forse per l’eccessiva necessità di toccare le note più evocative che la musica richieda; ma anche in quanto a composizione pura che si dimostra poco coraggiosa e convenzionalmente sempre a metà tra la vivacità, la gioia, la spensieratezza e l’angoscia, la tristezza, la decadenza. She-Owl è stato un ottimo modo per passare qualche ora del mio tempo ma difficilmente andrà a custodirsi in uno dei cassetti della mia memoria.

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Rockambula manda in studio gli Alaf.

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Vi farei la promessa di non ripetervi più cosa sia Streetambula ma non posso. Posso però farla più breve possibile. Semplicemente si tratta del braccio di Rockambula, quello che muove le sue pedine sul territorio, organizza eventi, contest, aiuta le band emergenti a sfruttare tutte le occasioni che potrebbero presentarsi, le sostiene cercando di tenerle nel cuore della scena e mettendo tutti in relazioni, i soggetti interessati a una nuova rinascita culturale musicale del paese, dalle terre nelle quali Rockambula ha sede. Un modo per mettere insieme tante realtà che operano tutte per lo stesso scopo. Come dice Davide Rosati, che tra pochissimo conoscerete bene, “Streetambula è l’evoluzione naturale di un percorso fatto in più di dieci anni dall’underground della nostra zona”.

Lo scorso 31 agosto si è tenuto il primo grande contest/festival a marchio Streetambula e a vincere (anche se, come rileva lo stesso Rosati, “Al di là della competizione in quella serata ha vinto la Musica”) sono stati i De Rapage, i quali hanno scelto come primo premio un servizio fotografico offerto da Giuseppe Zaccardi. In realtà, anche se tutti i premi in palio (otto per otto band) sono stati scelti per essere d’aiuto alle formazioni in gara, come dice Francesco Bernabei degli Alaf: “A caval donato non si guarda in bocca…tutti i premi erano validi, anzi validissimi. Una registrazione di un brano poi, è il massimo!”), il premio principale era quello offerto da Streetambula e dagli Studi Acme Recordings di Raiano (AQ). Molto semplicemente, lo stesso consiste nella registrazione di un singolo presso gli stessi studi e comprende alloggio e un’attenta e costante partecipazione di Davide Rosati (la mente degli studi) alla realizzazione del prodotto, dal primo momento in cui la band avrebbe messo piede nelle stanze dell’Acme, fino a quando sarebbe andata via, col singolo in mano. E forse anche oltre.

Ad aggiudicarsi quello che era il premio più ambito per ogni band desiderosa di crescere e ricca di ambizione sono stati i ragazzi de À L’Aube Fluorescente e noi tutti ne siamo felicissimi perché dopo aver regalato una performance da brividi sul palco di Streetambula, hanno visto sfuggire il primo premio solo per un cavillo del regolamento che li ha visti secondi nonostante il pari merito sostanziale nel punteggio. Felice doppiamente anche Davide Rosati: “Vedi, sono tanti anni che metto a disposizione un po’ del mio tempo in studio a favore di concorsi più o meno grandi, l’idea di “catturare” nuove band attraverso questo metodo mi ha sempre stimolato e portato buoni risultati stavolta però, a vincere è stata una band con la quale avevo già lavorato e questa nuova esperienza insieme ha fatto si che si consolidassero i legami e si aprissero nuovi orizzonti”.

A distanza di qualche mese è giunta l’ora per Paride, Jacopo, Francesco e Alberto di entrare in studio e noi di Rockambula non potevano non andare a vedere quello che hanno combinato. Ad accoglierci c’è una struttura non solo attrezzatissima ma che trasuda musica e speranza da ogni poro, da ogni demo appoggiato alla scrivania, da ogni angolo del mixer. A farci entrare non è solo “uno che con la musica lavora” ma una persona che la Musica la ama e sa come aiutare i musicisti; questo rende gli studi Acme diversi dagli altri. “Collaboro con diverse Etichette indipendenti alle quali propongo tutti i progetti interessanti che mi passano in Studio, spesso sono loro ad affidarmi la produzione artistica delle loro Band, forse questo è quello che mi contraddistingue dagli studi dove si fa semplicemente “Play/Rec” (ndr v’invito a visitare il sito per avere maggiori dettagli www.acmerecording.it)”.

Tutto questo non è mancato neanche nella registrazione del singolo con À L’Aube Fluorescente: “Quando mi piace un progetto (e gli À L’Aube Fluorescente sono molto interessanti) cerco di fondermi con gli elementi della band; i ragazzi sono arrivati con le idee chiare in studio ma a me non piace limitarmi ad avere l’ultima parola sulla scelta dei suoni e degli strumenti ma anche e sopratutto sugli arrangiamenti finali; con loro è stato così al nostro primo incontro, una demo registrata qualche mese fa’ e stavolta non è stato diverso. Devo dire che io e Jacopo Santilli in questa sessione ci siamo davvero sbizzarriti con le voci”. E del resto non solo il sound della band è tra i più interessanti del panorama alternativo emergente locale ma spettacolare è anche la vocalità del frontman, Jacopo Santilli, difficile da accostare a grandi nomi del passato proprio perché gonfia di una personalità straripante. Un sound che si rifà alla scena underground statunitense anni 90 ma che non si pone limiti, come ci hanno dimostrato anche nell’ultima esibizione live (organizzata proprio da Streetambula) che li ha visti protagonisti di un concerto in acustico pieno di Spoken Word che ha rivelato l’anima artistica della loro musica. Ovviamente anche la band si è dimostrata soddisfatta: “Davide è un vero professionista, eravamo già stati nel suo studio a maggio 2013 per registrare il nostro primo demo “Soar”. Siamo stati felici di esser “dovuti” tornare da lui, in quanto è nata da subito un’affinità. Il brano registrato è “Gloom”, una vera bomba! Lo ascolterete a breve. Davide, con la sua esperienza, riesce a far emergere la parte migliore di ogni band, sa dar vita a una forma che comunque è già ben definita, dire che è stato all’altezza è riduttivo”. E a proposito del brano, noi lo abbiamo ascoltato nella sua versione (quasi) definitiva e confermiamo che è proprio una bomba. E su questo ci giochiamo tutta la nostra credibilità. Quando ascolterete, magari scriveteci il contrario, se ne avete il coraggio.

Dove andrà Streetambula, dove andrà l’Acme e dove gli Alaf lo dirà solo il tempo. “Se i ragazzi di Streetambula saranno soddisfatti del mio lavoro, sarò felicissimo di accettare nuove e più ampie collaborazioni future. Con gli À L’Aube Fluorescente ci sarà sicuramente un futuro insieme, per ora non vorrei sbilanciarmi troppo ma, se avete capito come lavoro vi sarà chiaro che per questa band è solo l’inizio di un cammino che stiamo pianificando insieme, sono sicuro che il 2014 porterà tante novità”.

Non vi resta che lasciarvi con le parole dei protagonisti, che ci riempiono di orgoglio: ”Abbiamo creduto fin da subito nel progetto Streetambula, e continueremo a farlo.” Firmato À L’Aube Fluorescente.

Versione live @Streetambula del brano scelto per il singolo

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