These New Puritans – Field Of Reeds

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Field of Reeds più che un album è un rito di passaggio. Ma non un viaggio che porta da qualche altra parte o a una diversa condizione d’essere. Più che altro è un’esperienza sonora che si tuffa nei generi più disparati anche di quella classica tanto lontana che qui viene concepita in altri modi.

Tutto questo parte con la soffusa, delicata e molto bjorkiana “This Guy’s in Love With You” che dopo tre minuti circa si trasforma in “FragmentTwo” molto simile a una romanza sperduta in un paesaggio vulcanico animato poi da un terzetto d’archi e dalla batteria sincopata. Un’armonia complessa è ”The LightIn Your Name” che con la seconda voce femminile arricchisce quell’aura sospesa dagli accordi dissonanti come in “V” che nel suo libero svolgimento disorienta l’ascoltatore che se necessita può tornare indietro per trovare appagamento. “Spiral” invece si perde nel vuoto di una melodia soffusamente ansimante con un ritmo semplice e quasi mentale che viene spezzato da “Organ Eternal” e il suo ostinato che si trasforma lentamente con l’aggiunta di piccole parti vocali, versi, suoni, archi e fiati come qualcuno ha definito, maestosi. Un assolo di tromba apre “Nothing Else” che prosegue con uno svolgimento lento tra archi e due voci che si incastonano perfettamente. Ma la perfezione non manca nemmeno in “Dream” che procede simile a una lunga poesia quasi declamata ad occhi chiusi, e nemmeno nella title track dell’album che con i suoi cori gregoriani e una voce stanca giunge alla fine.

La fine di questa musica talvolta concepita quasi su due diversi piani sonori mescolati perfettamente in modo soffuso e malinconico che solca l’anima con sprazzi dissonanti e martellate sonore angoscianti ed incisive sul sottofondo di un mondo orchestrale che vive seppellito dalla frenesia di emozioni ormai perdute. I These New Puritans creano tutto questo e lo racchiudono nel terzo album Field of Reeds nel quale hanno lavorato una schiera di musicisti: il leader Jack Barnett, il batterista George Barnett, la cantante jazz Elisa Rodrigues, il bassista Adrian Peacock, ma anche sei solisti, strumentisti da camera e un grande coro. Insomma un album che merita attenzione e un ascolto attento. Un album che va oltre e che ci riesce. Un album in cui bisogna immergersi soprattutto ad occhi chiusi.

Last modified: 4 Aprile 2019