Marzo, 2016 Archive

Con un deca non si può andar via | Piccola guida ai Festival estivi italiani

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Morgengruss – Morgengruss

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Morgengruss è il nome dietro al quale si cela il progetto solista del genovese Marco Paddeu (Demetra Sine Die e Sepvlcrvm) che per questa nuova avventura si presenta con un disco, registrato da Emiliano Cioncoloni per Taxi Driver Records, che è un viaggio meditativo e minimale all’interno di sé; l’album, dal cuore Folk Drone, ed all’interno del quale non mancheranno componenti Doom e Kosmic, sarà sorretto da abbondanti dosi di psichedelia.
Morgengruss è anche il titolo di un brano dei Popol Vuh post Hosianna Mantra (dei quali non sarà difficile trovare sentori tra questi solchi), quelli del periodo che lega il loro nome a quello del regista Werner Herzog, il brano è presente nel disco Aguirre colonna sonora del film “Aguirre, Furore di Dio”, nel quale una spedizione spagnola alla ricerca della mitica terra di Eldorado verrà sterminata anche a causa del suo (autoproclamatosi) comandante interpretato dallo straordinario Klaus Kinski, pellicola girata in Perù tra la foresta amazzonica ed alcuni affluenti del Rio delle Amazzoni e capace di emanare una forte connessione spirito/natura, connessione che anche in questo lavoro di Paddeu non verrà a mancare.

Il disco mostrerà i suoi modi già dall’iniziale e suggestiva “Father Sun”, un Folk Drone ancestrale, etereo ed ipnotico, nel quale la chitarra di Paddeu ricamerà, come in buona parte del disco, trame che pur avendo un respiro più ampio rimanderanno agli Earth come agli House of Low Culture, il brano sembrerà cullarci accompagnandoci tra le braccia del sole per poi abbandonarci in un vortice apparentemente freddo ma in realtà dal cuore caldissimo. Più scura e desolante sarà “To an Isle in the Water”, nella quale troveremo la partecipazione di Roberto Nappi Calcagno alla tromba che donerà al brano un tono morriconiano, toni che diverranno più psichedelici, ma non meno cinematici, nelle successive “River’s Call” (buonissimo lavoro alla chitarra ed ai fiati) e “Apparent Motion”, fino a giungere al culmine psichedelico di “Like Waves Under the Skin”, pezzo nel quale pare si incontrino Six Organs of Admittance e The Brian Jonestown Massacre, ma che paradossalmente suona come il brano meno riuscito del lotto.
Troveremo il meglio del disco nei due pezzi conclusivi: “Vena” ci porterà in territori Dark Jazz grazie all’ottimo lavoro di Sara Twinn al sax, mentre la chitarra di Paddeu tesserà essenziali trame di psichedelia oscura, e mentre la voce sembrerà arrivare dall’oltretomba ricordando un certo Michael Gira, non risulterà difficile sentirsi in territori lynchiani, per lo meno fino all’arrivo nel finale di un vortice dronico; nella conclusiva “Hope” troveremo due ospiti (Enrico Tauraso, diapason ed effetti, ed Emiliano Cioncoloni, pianoforte e percussioni), che si adegueranno perfettamente al suono lento e distante che Paddeu desiderava per questo lavoro, tutto suonerà infatti in modo talmente minimale e perfettamente bilanciato da renderlo il brano più rarefatto e ricco di pathos del disco, qui i Popol Vuh del periodo sopra citato saranno più che percepibili per un brano ricco di tensione onirica esaltato da voci e suoni eterei e da un breve ed intenso spoken di Paddeu.

Morgengruss è un album sospeso ma denso, terapeutico ed iconologico, che raccoglie le emozioni, le paure, le nostalgie e le speranze che ci plasmano e che facendoci toccare la notte con mano riesce ad evidenziare i suoi come i nostri spiragli di luce e colore, non sarà l’Eldorado ma questo chiaroscuro è la ricchezza che a fine ascolto (sotto lo sguardo d’aria, acqua, fuoco e terra della natura) potrà sicuramente farci sentire più fortunati e consapevoli di Aguirre e dei suoi compagni di spedizione.
Disco che difficilmente avrà la fortuna che meriterebbe e che per questo, ancor di più, consiglio agli amanti del genere di non farsi sfuggire, non sarà l’Eldorado ma è sicuramente terra che merita di essere scoperta.

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I Sine Frontera presentano “Mar dei Migranti”, il nuovo singolo

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Dimartino di nuovo in tour dall’11 marzo

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La Band della Settimana: Blindur

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Blindur è un duo nato nella primavera del 2014 da Massimo De Vita (cantautore, polistrumentista e produttore) e Michelangelo Bencivenga (polistrumentista). Il duo napoletano nei primi 18 mesi circa di attività ha già collezionato più di 100 concerti tra Italia, Belgio, Islanda, Francia e Irlanda (prendendo parte ad importanti festival internazionali come ad esempio il Body and Soul a Westmeath), prodotto un Ep dal vivo “Casa Lavica live session”, vinto l’edizione 2014 del premio Donida, il premio Muovi la Musica 2014, il premio Nuova Musica Italiana 2015, il premio Pierangelo Bertoli 2015; il premio Fabrizio De Andrè 2015. Blindur è tra i 40 convocati per l’edizione 2016 di Musicultura. Ha aperto i concerti di numerosi artisti del panorama indipendente italiano come Tre Allegri Ragazzi Morti, Dellera, Dimartino, Giorgio Canali e Rossofuoco, Cristiano Godano, Il Disordine delle Cose, Iosonouncane, Dente.
Blindur ha collaborato in ambito internazionale con artisti irlandesi come Johnny Rayge con il quale ha realizzato un mini tour di 11 date in Italia nel novembre 2014, ha condiviso il palco con il poeta e cantautore canadese Barzin nella data napoletana del suo ultimo tour europeo, ha inoltre lavorato con Birgir Birgisson, storico fonico e produttore di Sigur Ros e non solo.
Il sound del duo si ispira alle atmosfere del Folk e del Post Rock, con un piede a Dublino e l’altro a Reykjavík.
Per quanto riguarda i testi invece, il riferimento è sicuramente la tradizione e la poetica del cantautorato italiano.
Nonostante siano solo 2 i musicisti in scena, il suono è ricco e articolato e l’ampio set up (chitarre acustiche ed elettriche, banjo, glockenspiel, effettistica ed elettronica minimale, cassa, rullante e tamburello, il tutto rigorosamente a pedale) contribuisce a dare la sensazione di stare ascoltando una band al completo.
Vincitori, lo scorso 5 marzo, del Premio Buscaglione 2016 e del Premio Tempesta Dischi sempre per “Sotto il cielo di Fred”, sono la Band della Settimana di Rockambula.

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Francesco Gabbani – Eternamente Ora

Written by Recensioni

Lo ammetto: ho ascoltato in primis il cd Eternamente Ora di Francesco Gabbani con un po’ di pregiudizio in quanto prodotto uscito dal Festival di Sanremo, manifestazione a cui ammetto di non aver dato mai troppo peso. Personalmente non ho mai seguito più di tanto gli artisti che vi partecipano ma ho voluto provare ad ascoltare il giovane cantautore di Carrara spinto anche dalle polemiche susseguite alla sua sfida con Miele e al suo consecutivo ripescaggio che lo ha portato in seguito anche a trionfare nella categoria “Nuove Proposte” e ad ottenere il premio della critica “Mia Martini” e il premio “Sergio Bardotti” come miglior testo del Festival.  Tuttavia dopo aver riascoltato il disco diverse volte devo ammettere che il ragazzo ha delle qualità che speriamo possa mettere in risalto anche in futuro. Variegato negli stili, Francesco Gabbani fa uso esagerato dell’elettronica in bilico continuo fra gli anni Ottanta e la Dance anni duemila. Mi verrebbe quasi facile accostarlo ai prodotti più recenti dei New Order, ma tra il gruppo inglese e il giovane toscano ci sono ancora molte distanze da colmare. Ci sono infatti pezzi quali la title track che forse è più vicina al songwriting di Max Pezzali e dei suoi 883 e ciò non può giovare all’economia del disco. Nulla contro Pezzali, sia chiaro, ma forse sarebbe stato più logico rispettare un filo logico piuttosto che attingere da fonti differenti e cercare di personalizzare il tutto. Canzoni come “Amen” e “Software” sono certamente molto radiofoniche e conquistano facilmente il podio di migliori fra le otto presenti in scaletta scatenando un meritato ex aequo. Da segnalare una produzione pressoché perfetta ad opera di Patrizio “Pat” Simonini che mixa e masterizza il tutto al Kaneepa Studio di Milano. Lo stesso dà il suo grande supporto contribuendo anche in fase di composizione musicale su tre quarti dei brani presenti e in qualità di coautore del testo de “La Strada” insieme allo stesso Gabbani  e a Fabio Ilacqua, che invece firma e cofirma tutte le liriche tranne in “Il Vento s’Alzerà”.

Gradevoli anche l’artwork generale a cura del graphic designer Sirio Fusani e le foto di Daniele Barraco che immergono Francesco Gabbani in un contesto naturalistico. Eternamente Ora mi ha insegnato che non sempre (forse) si può fare di tutta l’erba un fascio. Intanto lo inserisco nel mio lettore cd per l’ennesima volta, cercando di cogliere anche quelle piccole sfumature che mi sono sfuggite nel precedente ascolto.

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Björk in studio con Arca per il nuovo album

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Mom Blaster – “Mi Troverai Qui” [VIDEOCLIP]

Written by Anteprime

Dall’album Reset, pubblicato lo scorso 10 dicembre, “Mi Troverai Qui” è il secondo singolo estratto del lavoro della band abruzzese.

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Grandmother Safari – Grandmother Safari

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Vengono dalla Sardegna ma il loro meticciato si spinge molto più lontano. Sono i Grandmother Safari ed esordiscono con questo self titled che è un vagabondare espanso in terre così distanti tra loro che si fa il giro e ci si accorge di essere sempre stati sulla rotta giusta, nel profondo limaccioso e ancestrale delle radici e nelle rarefazioni siderali dello spirito, in un alto e un basso che si inseguono e si amano appassionatamente. Otto tracce per quasi un’ora di musica calda e accorata come lava incandescente, che non si raffredda mai tanto da solidificarsi ma rimane invece liquida, malleabile, sinuosa. Ritmi e canti africani si mischiano alla magia del piano Rhodes, a fiati torridi, a synth imprevedibili, a voci eteree e diradate, in spazi lenti e aperti che poi collassano nelle scintille di chitarre pungenti e nei rumori energici di bassi dritti, rullanti decisi, arpeggiatori incatenanti. La commistione di anime così diverse, tra ampi respiri Ambient, ciclicità Post Rock, suggestioni Jazz e lunghe e ipnotiche corse strumentali rende il lavoro avvolgente e piacevolmente lisergico, egualmente diviso tra esotismo colorato, rilassatezza da lounge e trip psichedelico d’altri tempi. Il tutto condito da una dignitosa abilità strumentale e da un impianto sonoro di tutto rispetto. Da gustare senza fretta e senza pensarci troppo.

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CAPVTO || digitali distorsioni dell’essere

Written by Interviste

Ascoltando questo nuovo e del tutto inaspettato disco di Valeria Caputo ci divertiamo a poter usare tanti aggettivi e saper sempre di non sbagliare.

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Il Video della Settimana || Frei – “Le Macchine” (feat. Dimartino)

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Byzantium Experimental Orchestra || Intervista a Bruno Dorella

Written by Interviste

Nel 2014 la città di Ravenna vede la nascita di un’orchestra speciale, la Byzantium Experimental Orchestra, un ensemble che unisce Rock, Avanguardia, Jazz e musica Classica. L’orchestra è diretta e condotta da Bruno Dorella (Ronin, OvO, Bachi da Pietra), che nella conduzione si avvale della collaborazione di Nicola Manzan (Bologna Violenta).

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