Violet Cold – Noir Kid

Written by Recensioni

Electropop, shoegaze e black metal insieme? Si può fare!
[ 01.03.2020 | autoprodotto | blackgaze ]

A un primo ascolto vi potranno sembrare come la versione un po’ sfigata degli Alcest, ma in fondo c’è qualcosa in più in questa sconosciuta band dell’Azerbaijan, o almeno qualcosa di diverso dai colleghi transalpini.

Stessa materia prima, quindi shoegaze qui ancor più oscuro, tanta attenzione alle parti strumentali, in questo caso meno vicine al metal, melodie tendenti all’ambient che nei francesi sfocia anche nel dream pop ma con i Violet Cold si mantiene su un più grezzo atmospheric black metal.

Differenze minime, certo, eppure importantissime. Una band con una carriera molo fruttuosa alle spalle che non è mai riuscita a sfondare davvero se non nel cuore dei più incalliti appassionati di suoni su questi standard. Con Noir Kid, ci provano ancora, facendo un passo avanti, chissà quanto per scelta artistica o nel disperato tentativo di attecchire oltre la nicchia e i confini nazionali.

Spazio notevole quindi all’elettronica e alle melodie pop, al post-rock rassicurante e malinconico ma nessuna svendita: i Violet Cold continuano nella strada del blackgaze con le voci maschile e femminile che urlano e si lanciano in danze antitetiche di canto quasi lirico o pop e scream/growl a ricordare, in parte, anche altri francesi usciti quest’anno col nuovo disco, gli Igorrr. Il risultato è qualcosa di stravagante ma non in quella maniera forzata che annoia; una stravaganza che affascina, che rende strani i passaggi più pop alternati a quelli più aggressivi o depressi ma non sempre il fascino si traduce con qualcosa di concretamente allettante.

Non siamo ai livelli degli Alcest, ma gli azeri sembrano avere qualcosa da dire e un nuovo modo di dirlo nonostante le reiterazioni sulle tematiche legate alle sofferenze della vita; un qualcosa da dire che si traduce in una sorta di assurda speranza come se dopo tutto ci fosse sempre qualcosa per cui continuare e andare avanti anche affogando nei propri tormenti.

Il grosso punto a sfavore di questo disco è anche la cosa più particolare in esso contenuta: proprio quei passaggi pop ed electropop che se ripuliti dalle esplosioni post black somiglierebbero a brani carini da ascoltare a bordo piscina in estate, finiscono per allentare troppo la tensione e suonare quasi ridicoli come in Synergy dove la voce sembra presa a prestito dai Chipmunks – o come diavolo si chiamano Alvin e i suoi fratelli.

Un disco che può certamente affermarsi come una delle migliori uscite blackgaze dell’anno a livello mondiale e cui non mi sento di sottolineare gli errori e i punti deboli perché fatti in buona fede per eccessivo coraggio e soprattutto danno l’idea di poter essere un ottimo punto di partenza per qualcosa di ancor più convincente in futuro.

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Last modified: 23 Settembre 2020