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Il Rebus – A Cosa Stai Pensando?

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Le lente chitarre di “Gerontocomi” aprono A Cosa Stai Pensando? disco dei comaschi Il Rebus. Rimane da chiedersi invece a cosa pensasse il gruppo mentre ne scriveva e componeva i brani contenuti in esso. La risposta è quasi ignota, quasi… un rebus (perdonatemi il gioco di parole). Il risultato? Ottimale certamente, ma forse un po’ troppo variegato nello stile e negli arrangiamenti. Un esempio? In “Quello che non Dico” si gioca a fare un po’ gli U2, mentre in “Avere Trent’Anni” si torna alla classica ballad un po’ più veloce alla Bon Jovi. Sia chiaro: Il Rebus non ha nulla da invidiare ai colleghi stranieri, ma il sospetto è che il genere proposto possa prestarsi più a mercati esteri che a quello italiano. In “Roma Brucia” sono molto gradevoli sia la parte iniziale di drumming (perfetto l’uso dei piatti) sia il cantato, un po’ meno il testo. “La Notte Urla” è dal canto suo molto migliore a livello lirico, ma il top del disco arriva con “Nei Ghetti d’Italia”, tanto malinconica quanto affascinante in un cantato recitato che ricorda i nostrani Offlaga Disco Pax e i Massimo Volume. “Vuoti a Rendere” lo vedrei ottimamente nella dimensione di singolo per le radio grazie a un ritornello che entra subito in testa. Nella più orchestrale “Questo è un Uomo” torna il recitato / cantato ma per fortuna il Rock puro si rifà vivo già con la successiva “Scie” che mostra una grande maturità nel songwriting. “Equità” e “Brava Sara” concludono un lavoro tanto variegato quanto affascinante. Una nota di lode va al produttore Max Zanotti, cantante e frontman dei Deasonika (attualmente in pausa di meditazione dal lontano gennaio 2010) e oggi apprezzato solista. Del resto lo avevamo potuto apprezzare in queste vesti anche con i Cockoo ed in altri lavori quali il disco solista di Eva Poles, voce storica dei Prozac +. Di lui voglio ricordare inoltre le sue collaborazioni al fianco dei Magazzini Della Comunicazione e dei Rezophonic e quelle con artisti più mainstream quali Valerio Scanu e Giusy Ferreri. Non so a voi, ma a me questo strano gioco di alternanze fra cantautorato e Rock ha entusiasmato ed intrigato non poco. Il problema è vedere come questo disco verrà accolto dal pubblico, io sono pronto a puntare su di loro, e voi?

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Rekkiabilly – Banana Split

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Dal tacco d’Italia i ritmi impomatati, ribelli e travolgenti dei Rekkiabilly ritornano con tutti i loro carichi mutanti ed eclettici a sonorizzare questa estate “coloniale”, e arrivano a bordo del secondo lavoro discografico, “Banana Split”, un dieci tracce di inediti e due splendide rivisitazioni di Mike PedicinBurn toast and black coffe” qui ribattezzata in italiano “Toast e caffè arrosto” e “Six by six” di Earl Van Dykeche, che una volta messe su di uno stereo esplodono in una festa scatenata, un’incontrollata isteria di gusto che si slurpa swing, jazz, black-brio Motown, country e rockabilly in un tempaggio che sembra non aver mai fine, che non conosce stanca o piegamenti.

Un bell’universo questo del combo pugliese, una caliente dimostrazione che senza inventare niente, senza arrancare su innovazioni stilistiche o far finta di essere pionieri di un qualcosa si possono “fabbricare dischi” che non hanno nulla da invidiare a cosa, loro riesumando anni post-guerra, balere per only-nigger, idiomi shouters, e ska-tenamenti a go-go fanno trame soniche sussultorie straordinarie per corpi dinoccolati e respiri affannati, e la forza di cotanta energia sta anche nel riverbero onnipresente di una verve caustica che scorre nella tracklist come una linfa di out-poetry; difficile non innamorarsene al primo giro, il disco – con gli spiritelli di Buscaglione e Paolo Belli che sghignazzano dietro le quinte – offre multiformi declinazioni per altrettanti piaceri sonori, tutto per tutti, nessuno escluso, tracce libere dalle pastoie commerciali, mood immarcescenti e rapsodie che sembrano uscire da una lontana Radio Geloso in bachelite di un allora “domenica da salotto buono”.

C’è spazio per lo slogamento rockabilly dalla cicca che penzola dall’angolo della bocca “L’astronauta”, il clubbin-swing di “Banana split”, le atmosfere free-scat che colorano in bianco e nero “Notte, notte, notte” o l’ubriacatura western “Il compare”, e tanto altro da sintonizzare in un ascolto godurioso e degno di un soundtrack per un film di Woody Allen, un disco che gira e fa girare la testa con complicità e strizzate d’occhio.

Un Banana Split fa sempre piacere, specie se fresco e aromatico, se poi ci si mette sotto questo cromatico sentire, ogni tentazione a restare fermi va a farsi letteralmente a friggere.

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I Cosi – Canti bellicosi

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Quando Morgan li presentò con questo nickname I cosi erano già molto bravi, ma col tempo hanno saputo anche migliorarsi nello stile e negli arrangiamenti.
Dentro il disco certo ci sono ancora richiami ai Bluvertigo e ai Lunapop, ma se lo ascoltate con attenzione troverete anche riferimenti alla new wave anni ottanta e al rock all’italiana.
Già dal primo riff di chitarra e batteria della title track è evidente che questo progetto sonoro sta acquistando sempre più valenza e che si affaccia anche alla psichedelia anni sessanta con “Dentro me”.

“Universo” è una canzone davvero molto romantica dalle liriche molto incisive e chiare (“saprò darti un bacio lungo quanto tutto l’universo”) durante il quale gli assoli di chitarra si sovrappongono al cantato.
“Settimana enigmistica” forse è meno complessa delle altre tracce ma il moog e il vocoder di Megaerz danno quel tocco magico che la rendono a mio parere l’episodio migliore del disco (provate a sentire come finisce…).
“Romanticamore” è la prova di quanto scritto nelle note interne, ovvero che “la musica è frutto di una ricerca di equilibrio tra il tributo ai grandi autori del passato e il desiderio di novità”.

E così continuando a citarle con “L’assedio” si entra nella seconda parte dei Canti Bellicosi, con riferimenti al mai troppo poco compianto Piero Ciampi.
“Le ragioni degli altri” sembra essere uscito dalla penna di Alex Kapranos dei Franz Ferdinand, ma cantata pure in italiano assumeun gusto davvero intenso.
Ascoltando “Se non” invece vi sembrerà di essere in un sogno con l’uomo o la donna che amate, e la tromba e il flicorno di Giovanni Satta lo renderanno ancora più seducente.
“Fotografia” è interamente cantata e suonata da Marco Carusino ed appare come una sequenza di ricordi di una storia d’amore passata.

Conclude il disco “Quello che so” la cui linea di basso ricorda un po’ quella di “Breathe” dei Pink Floyd.
Consigliatissimo a tutti, soprattutto a chi non ama seguire le mode del momento ma che ama i grandi classici del passato immerso in melodie soffuse grazie all’apporto di vari strumenti analogici, in un perfetto incontro fra musica e poesia.
E citando il ritornello della title track: “Canti bellicosi è tutto quello che sento quando rimane il silenzio dentro di me”…

 

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Dola J. Chaplin – To The Tremendous Road

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Cosa succede quando il folk rock americano alla Bob Dylan incontra la musica cantautoriale britannica alla Badly Drawn Boy?
La risposta (se davvero la volete) la potete cercare nel disco di esordio di Dola J. Chaplin, “To The Tremendous Road”, che già dalla opener “Go wild” scandisce le qualità di un lavoro davvero egregio nella registrazione, nell’esecuzione e negli arrangiamenti.

Pubblicato per la VOLUME! Records e distribuito per Goodfellas questo disco si appresta ad essere una delle gemme più preziose del rock mondiale.
Non a caso il regista e sceneggiatore Enrico Bernard ha scelto questo artista per firmare la colonna sonora del suo ultimo lavoro cinematografico dal titolo “The Last Capitalist” tratto dalla sua commedia “Holy Money” con Martin Kushner, Ava Mihaljevic e Andre Vanmarteen.
Nei versi “I don’t care about money, money don’t care about me” della canzone “What I Care” c’è descritta tutta la sua umiltà di uomo che gli conferisce di diritto il titolo di “nuovo poeta contemporaneo”.
Nella title track c’è anche spazio per un riuscitissimo duetto con la cantante Emma Tricca (inglese ma di origini italiane).

Non lasciatevi sfuggire quindi questo piccolo capolavoro!
“To The Tremendous Road” è un disco che vi rilasserà, le sue dolci e a volte malinconiche note e armonie vi coinvolgeranno talmente tanto da trasportarvi in luoghi che prima d’ora la vostra mente non era riuscita neanche a immaginare.
E così sentendo la sua “Railway” vi sembrerà di essere davvero all’interno del locale alla periferia di Londra presso cui Dola J. Chaplin si è anche esibito.
Per cui accaparratevi una copia di “To The Tremendous Road”, attualmente in distribuzione in tutti i negozi di dischi e negli stores digitali.
E non siate troppo tristi quando il cd si concluderà con la versione reprise di “What I Care”…
In fondo basta riascoltarlo tutto dall’inizio per tornare ad esser felici!

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Michele Di Toro – Echolocation

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Recensire un disco strumentale e suonato interamente al piano potrebbe risultare a volte difficile.
Tuttavia qui la musica è talmente dolce e delicata che evoca il lento sorgere dell’alba, la leggera brezza mattutina che accarezza il volto, ma può far anche pensare al rumore delle foglie in un bosco.
Sembra già di intravedere l’erba ed i fiori che si adagiano e risorgono al leggero vento primaverile…
Una primavera imminente e una luce immensa che ci ricordano il lento ritmo che è talvolta interrotto da lunghe accelerazioni evocanti l’impassiva entrata di ricordi passati che caricano un animo sensibile (ma non per forza fragile) in attesa di un futuro di gioia e di felicità.

Quello di Di Toro è un talento naturale, che gli ha già fruttato molte soddisfazioni, come le esibizioni al prestigioso Blue Note di Milano e alla Settimana Mozartiana di Chieti e persino collaborazioni insolite quali quella con l’artista Maria Elena Carulli.
Nel disco non mancano tuttavia le sperimentazioni sonore, molto differenti da quelle effettuate negli anni ottanta da Steven Brown dei Tuxedomoon, ma altrettanto emozionanti, nonostante anche la diversità dei generi proposti dagli artisti.
Come scritto nel foglietto accluso al compact disc questo lavoro “è una somma di istinto e preparazione”, composto da tredici tracce totalmente arrangiate in sala prove e improvvisate al momento della registrazione avvenuta presso gli studi della Protosound il 4 aprile 2011 sotto l’orecchio sempre attento e tendente alla perfezione dell’ingegnere del suono Domenico Pulsinelli.
“Echolocation” è interamente prodotto da Paolo Tocco e Giulio Berghella (fondatori della Protosound Polyproject e della Volume! Records).
E’ ora che l’Abruzzo musicale emerga anche a livello nazionale, e perché no, anche mondiale, e questo disco può essere l’esatto punto di partenza verso mete inimmaginabili in passato.

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DOLA J CHAPLIN: ecco l’anteprima del disco d’esordio

Written by Senza categoria

Ecco il VIDEO teaser che presenta in anteprima. il disco d’esordio di Dola J Chaplin.
Firmato dalla VOLUME! Records, ad Aprile 2012 in tutti i negozi di dischi.

“Nothing To Say” – Official Video

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