Nagasaki mon amour || Dieci artisti giapponesi che dovreste conoscere

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Non sono certo uno di quei nippo maniaci per cui ogni follia partorita dal Sol Levante sia da elevarsi ad agnello d’oro eppure ho una certa malsana attrazione per il loro modo sottilmente perverso di esprimersi nelle discipline più disparate. Ciò che affascina è soprattutto quella miscela, in concreto impossibile da ritrovare in qualsiasi altra regione del mondo, di unire una profonda tradizione manieristica e formale a una certa spiritualità dai confini indefiniti e uno stile di vita concretamente formale. Parlando di musica, adoro non solo la lingua ma soprattutto quella ricerca ostentata della diversità che spesso è forzata imitazione dell’occidente con però il pregio di trovare un discreto riscontro di pubblico in patria. La storia del J-Rock inizia intorno agli anni Sessanta e si sviluppa fino a partorire artisti di fama internazionale, icone entrate nel mito e nella leggenda e anche vere e proprie correnti stilistiche difformi da quello che potevamo osservare nel resto del mondo. Non è questo il luogo per addentrarci in questi discorsi ma, se per troppo tempo vi siete tenuti lontani dalla musica giapponese identificandola con ignoranza con qualche stereotipo visto in Tv, ora è il caso di rimediare e, per questo, vi consigliamo dieci artisti (lasciando fuori nomi grossi come Ryuichi Sakamoto giacché probabilmente a voi già noti e, almeno per ora, le cose troppo di nicchia) con i quali non farete fatica a innamorarvi di una nazione che è molto di più che sushi, samurai e karaoke.

  1. Boredoms (album consigliato: Vision Creation Newsum – genere: Experimental Noise, Psych Rock)

In attività dal lontano 1986 e ancora sulle scene, la band di Osaka che ruota intorno al leader Yamataka Eye, già con i Naked City di John Zorn, è il nome più importante da prendere in considerazione per chi voglia cimentarsi con il lato più sperimentale della musica nipponica. La loro è una miscela fuori da ogni schema di Noise e Psych/Space Rock con attenzione anche al lato Electronic. L’album che vi consigliamo è del 1999 e si piazza a metà del percorso artistico della band, il momento notevolmente più ispirato e completato dal precedente Super æ. Vision Creation Newsum, la cui tracklist già lascia intravedere lo spirito folle che racchiude con titoli fatti di cuori e simboli, allarga lo stile anche al Krautrock in un’opera senza precedenti.

  1. Boris (album consigliato: Flood – genere: Experimental, Drone, Ambient)

Probabilmente l’album più New Age della formazione di Tokio e quello che si discosta maggiormente dalle consuete produzioni Drone, Metal, Noise e Stoner è comunque tra le migliori tre opere mai realizzate dal trio (solo dal 1992 al 1996 si aggiunge Nagata). Settanta minuti di una traccia unica divisa in quattro parti, sempre di stampo Drone ma molto più sperimentali e minimali, quasi Ambient, rispetto alle altre produzioni. Uscito nel 2000, sarà l’inarrivabile vetta per i Boris nonostante siano ancora attivi dal lontano 1992.

  1. Fishmans (album consigliato: Long Season – genere: Dream Pop, Prog, Dub)

Non è solo pura stravaganza, il sottobosco della musica nipponica di qualità meno conosciuta e a dimostrarlo ecco i Fishmans che impiegano sei album e nove anni per arrivare a questo Long Season, capolavoro assoluto di stampo Dream Pop, con sfaccettature diverse di psichedelia e la solita vena Dub. Un album che definire semplicemente raffinato non può bastare a racchiudere l’infinità di luci celestiali che sprigiona.

  1. Flower Travellin’ Band (album consigliato: Satori – genere: Heavy Psych)

Certamente tra gli album giapponesi che più amo, non si può tuttavia affermare che sia solo il mio gusto a decretarne la grandezza. Siamo negli anni Settanta quando la più grande Heavy Band della nazione mette insieme il suo secondo album e uno dei capisaldi mondiali del genere. Satori si divide in cinque parti e mentre all’inizio è forte l’influenza occidentale e il paragone obbligato con i Black Sabbath diventa quasi uno scomodo appiglio, in seguito l’estetica orientale prenderà il sopravvento, ammutolendo chiunque ancora sia incapace di cogliere l’essenza di una band e un album ai limiti del mito.

  1. The Sealtbeats (album consigliato: Cowboy Bebop – genere: Jazz Blues)

Resi celebri per aver realizzato la colonna sonora dell’anime Cowboy Bebop, i musicisti che ruotano intorno a Yoko Kanno, hanno una non troppo vasta produzione alle spalle, iniziata nella seconda metà degli anni Novanta e culminata nella realizzazione della soundtrack per il videogioco ispirato allo stesso fumetto. Per lo più di origine strumentale, la loro musica miscela Jazz, Rock’n Roll, Bebop ovviamente, Blues e Pop. Resi celebri dall’album del 1998, non sono stati capaci di andare troppo oltre ma l’ascolto almeno della versione originale di oltre cinquantatré minuti è obbligatorio.

  1. MONO (album consigliato: Walking Cloud and Deep Red Sky, Flag Fluttered and the Sun Shined – genere: Post Rock)

La più considerevole formazione Post Rock giapponese del terzo millennio, inizia la sua ascesa grazie alla tenacia di Takaakira “Taka” Goto che forma un quartetto capace, in brevissimo tempo, di farsi notare, prima addirittura da John Zorn, la cui etichetta produrrà le prime cose e poi da Steve Albini, con il quale collaboreranno per la realizzazione del loro capolavoro sopra consigliato. Mai appagati dalle loro produzioni, i quattro di Tokio continueranno a sfornare discrete produzioni fino al 2014 e, a oggi, la loro fine è tutt’altro che vicina.

  1. Far Out (album consigliato: Far Out – genere: Psych Prog)

Nati intorno al 1973 come supergruppo composto dal meglio della scena underground nipponica il tutto ruotante intorno a Fumio Miyashita, la band Psych Prog ha realizzato compiutamente una sola opera, che nelle sue diverse edizioni diventa l’omonimo oppure Nihonjin. Due brani, il primo di quasi diciotto, il secondo di quasi venti minuti, in cui si fondono la drammaticità del Post Rock teso alle ambientazioni orientali e alla potenza marziale delle sperimentazioni continentali. Se cercate altre produzioni della band, dovrete rifugiarvi nel loro seguito, a nome Far East Family Band.

  1. Yellow Magic Orchestra (album consigliato: Solid State Survivor – genere: Synthpop)

Nell’introduzione vi avevo detto che avrei tenuto fuori Ryuichi Sakamoto ma posso comunque, anzi devo, dire due parole sulla sua creatura forse meno nota ai meno appassionati del genere. Sono in sostanza obbligato perché è dagli Yellow Magic Orchestra che la musica Elettronica nipponica inizia a svilupparsi in tutte le sue forme e, probabilmente, gli stessi furono d’ispirazione anche di gran parte dei gruppi Pop e Rock dell’isola. Difficile fare un’affermazione simile ma non è improbabile che questa sia la più influente formazione che il Sol Levante abbia mai conosciuto. La loro nascita avviene a Tokio nel 1978, dunque non troppo presto, nonostante le premesse, ma l’opera più importante è dell’anno successivo. Nonostante l’evidente importanza per la storia della musica, non possiamo dire che la produzione degli YMO sia colma di opere eccelse ma quella consigliata saprà certamente appagare anche i palati più esigenti.

  1. Envy (album consigliato: All the Footprints You’ve Ever Left and the Fear Expecting Ahead – genere: Post Hardcore)

Tra i tanti gruppi menzionati, gli Envy sono i più moderni, se vogliamo, non solo per nascita ma anche per il sound che miscela elementi Screamo/Emo Core al Post Hardcore più crudo; uno stile forse non troppo originale ma che ha portato la loro musica fuori dai naturali confini nazionali, sia in America sia in Europa dove pubblicano per la label gestita dai Mogwai. Tra gli album più interessanti, soprattutto i primi due del nuovo millennio, con il già citato All The Footprints perfetto per capire il loro stile infarcito di preziosità Post Rock. Per i più curiosi, consiglio l’ascolto del disco uscito solo lo scorso anno, in cui il suono diventa meno potente e, se vogliamo, più riflessivo, ovviamente alla loro maniera.

  1. Les Rallizes Dénudés (album consigliato: 67-69 Studio et Live – genere: Psych Noise)

Per comprendere quando il nome Les Rallizes Dénudés sia diventato leggenda, sarebbe opportune sapere qualcosa di più dell’uomo che ha fatto da centro di gravità al collettivo chiamato anche Hadaka No Rallizes. Mizutani Takashi è profondamente attirato dalla cultura francese tanto da averne studiato sociologia e letteratura all’università. Questa passione lo influenzerà anche nella vita di tutti i giorni, insieme con un’insana passione per l’estetica drammatica, e si legherà a un altro aspetto importante della sua vita, l’appartenenza all’Armata Rossa giapponese. Come lui, anche il bassista Mariyasu Wakabayashi è coinvolto con l’Armata Rossa e sarà lui a essere accusato di aver partecipato a un dirottamento aereo nel 1970. Questo evento renderà il compagno Mizutani, un ricercato e la cosa influenzerà, non solo lo stile cupo, visionario e folle della band, ma anche la sua produzione che si limiterà a pochissime cose in studi, una serie innumerevole di reinterpretazioni e tante registrazioni live ai limiti dell’ascoltabilità. Lo stile è una miscela di Noise e Psichedelia mortifera, deprimente, ossessiva e claustrofobica e, per i motivi suddetti, è quasi impossibile ridurre la loro esistenza all’ascolto di un solo album. Quello citato è forse il più facile da recuperare ma vi consigliamo di fare di tutto per avere tra le mani ogni cosa prodotta o “rubata” a questa band mitologica.

Last modified: 20 Febbraio 2019

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