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Dai, vieni a suonare in Puglia!

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A proposito della crisi Albert Einstein affermava che: ”La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. (…) La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. (…) Lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla”.

Sono parole di impatto, che danno però una visione diversa, meno angosciante e più positiva, del periodo che stiamo vivendo. Verrebbe da chiedersi perché bisogna attendere sempre un periodo di crisi prima di poter attuare un processo di progresso, ma questo quesito non troverà risposta in questo articolo. Già da qualche anno la Regione Puglia, scossa probabilmente dalle parole di Einstein, ha deciso di affrontare la questione crisi avviando una serie di Politiche Giovanili con lo scopo di seminare i germi di un nuovo modello d’impresa: quella culturale. Nascono così una serie di programmi, tra cui vale la pena menzionare Puglia Sounds e Bollenti Spiriti. Il programma Puglia Sounds  vanta un complesso di azioni rivolte a tutte le componenti artistiche, professionali, imprenditoriali e istituzionali che concorrono alla produzione, distribuzione e promozione musicale del territorio. Attraverso l’erogazione di finanziamenti regolati da avvisi pubblici e finanziati dall’Unione Europea, il progetto ha lo scopo non solo di sostenere il sistema musicale regionale, ma di incrementarlo favorendo in questo modo lo sviluppo culturale, turistico ed economico del territorio.

Bollenti Spiriti, il programma della Regione Puglia per le Politiche Giovanili,  ospita al suo interno anche il progetto Laboratori Urbani, dove 151 immobili dismessi di proprietà dei comuni pugliesi come scuole in disuso, siti industriali abbandonati, ex monasteri, mattatoi, mercati e caserme vengono recuperati per diventare nuovi spazi pubblici per i giovani. I vari laboratori si occupano di diverse attività che vanno dall’arte allo spettacolo, dall’artigianato alla sperimentazione di nuove tecnologie, dal’ambiente a servizi per la formazione sul lavoro e l’imprenditorialità giovanile. La musica, ovviamente, non è esclusa.  Recentemente inoltre, all’interno del circuito dei Laboratori Urbani a trazione musicale, sta venendo alla luce anche ReMP, la Rete della Musica Pugliese, che nasce con l’intento di condividere le diverse risorse e competenze per ottimizzare la produzione e promozione culturale della musica made in Puglia. ReMP sarà presentata ufficialmente al Medimex (Mediterranean Music Expo), la fiera mercato della musica, che ha luogo sempre in Puglia, a Bari. Un intreccio di saperi e risorse per creare una solida rete culturale, economica e sociale attraverso un unico canale, quello della musica, per superare ogni forma di distanza fisica e non, perché da soli si va più veloce, ma insieme si va più lontano (proverbio africano).

Per maggiori info:

http://bollentispiriti.regione.puglia.it/

http://www.pugliasounds.it/index.php

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“Diamanti Vintage” Portishead – Dummy

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Il Trip-Hop con Dummy dei Portoshead ha il suo regno assoluto, lo scettro e la corona di un ragguaglio indistruttibile, la sua pietra miliare che, insieme ai Massive Attack e Tricky, non sarà – a tutt’ora – mai rimossa da nessun altro, e la Bristol caliginosa di nebbia e basse frequenze si innalzerà nei Novanta a capitale mondiale del genere.

Un disco cinematico, di talento e visioni atmosferiche letterarie, le pellicole degli anni Sessanta che tornano a srotolarsi per una nuova vita lungo gli strascichi di un Pop vellutato, invisibile e colorato al neon, digressioni sonore dal Soul al Bossanova, raffinatezze e sincronizzazioni che suggestionano l’ascolto come si fosse dentro una bolla d’aria, e poi quel divino decadentismo che si evolve e striscia esistenzialista come una foglia alla fine del suo ciclo vitale; Beth Gibbons voce, Adrian Utley chitarra/basso/theremin e Geoff Barrow alla produzione svelano il lato oscuro dell’anima inglese, apportano quella dolcezza amara e ovattata che ibridata dagli effetti sintetici a loop,  lo scretch mutuato dall’Hip-Hope quella melodia trasversale al French touch, diventa una formula sognante e trippy che ha lasciato segni indelebili in una generazione notturna, al limite del buio.

Undici brani preziosi, teneri e minimalisti, idonei per percorrere costellazioni oniriche e stati di grazia virtuali, la sensualità impalpabile della Gibbons è alle stelle, le impronte Jazz “Strangers”, “Pedestal”,  il soul rarefatto “Roads”, il Dream Pop di “Sour Times”, o la liquidosità eterea di “I Could Be Sweet” producono una serie di vibrazioni quasi estatiche, registri che si allungano e accorciano a seconda della struttura ipnotica o meno che il brano certifica, stop & go “Wandering Star” che vanno ad interpretare il pulse di tempie dilatate e vene a scorrimento aperto; definita la Billie Holyday dello spazio, la Gibbon insieme al sodale Utley firmano un disco che è una vera opera d’arte cosmique, quelle istantanee molecolari che una volta messe in moto sconvolgono con la dolcezza amara qualsiasi secondo della durata del disco e dove la parola “perfezione” trova finalmente e definitivamente collocazioni nella musica degli umani “umanoidi”

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Pills nädal kakskümmend kolm (consigli per gli ascolti)

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“Le Pills rappresentano il piacere che la mente umana prova quando gode senza essere conscia di godere.”

 

Silvio Don Pizzica
Surfer Blood – Pythons    (Usa 2013)   Power Pop, Alt Rock     3/5
Un disco freschissimo, estivo e con melodie eccezionali. Perfetto per accompagnarvi per i prossimi tre mesi. Pop in salsa Smiths, Vampire Weekend e Strokes ma nessuna idea che possa dirsi minimamente nuova.
Human Thurman – Bye Bye Umani   (Ita 2013)   Alt Rock    3,5/5
Un disco che può sembrare confusionario per la moltitudine di influenze e diverse scelte stilistiche utilizzate ma che, con gli ascolti, rivelerà essere proprio questa sua diversità di spirito il punto di forza.

Max Sannella
Soul Asylum – Hang Time   (Usa 1988)   Rock  4/5
La favola di 4 adolescenti di Minneapolis che trovano l’asse personale sulla via degli Husker Du.
Soul Coughing – Ruby Vroom   (Usa 1994)   Ibrid Rock   4/5
Background dalle forti tinte off, un art rock accattivante quanto sperimentale. Seminali.
The Style Council –  Cape Bleu   (Usa  1984)    Pop Wave   3/5
Spregiudicatezza e nuovi sodalizi stilistici per una band retrospettiva e dal grigio doc.

Maria Petracca
The Muse – Showbiz   (Uk/Usa 1999)  Alternative Rock   4,5/5
Le origini. Il primo album in studio. Quando le chitarre distorte di Matthew Bellamy arrivavano come lance appuntite al petto, e là rimanevano, immobili. Sospese tra stupore e dolore.

Lorenzo Cetrangolo
Brunori Sas – Vol. Uno   (Ita 2009)   Cantautorato, Pop   4/5
Vincitore della Targa Tenco come miglior esordio, il Volume Uno (autobiografico, per la maggior parte) del cosentino Dario Brunori ha fissato su disco lo standard cantautorale “vintage” di questi anni: canzoni semplici, arrangiamenti retrò, recording lo-fi. Da suonare sulla spiaggia.
Transplants – Transplants   (Usa 2002)   Rapcore, Hip Hop   4/5
Piccolo gioiello a metà strada tra punk e hip hop, una creatura ibrida (un “trapianto”) che vede Travis Barker di Blink-iana memoria alle pelli e un caleidoscopico Tim Armstrong (dai Rancid) a quasi tutto il resto. Il disco scivola che è un piacere tra beat californiani, ironia sopra le righe e durezza da ghetto.
AFI – Sing The Sorrow   (Usa 2003)   Alternative Rock, Post-Hardcore   3,5/5
Gioiellino da quella scena americana di punk preciso, melodico, pettinato, un po’ plastificato. Alcune idee ingolosiscono (“Death of Seasons”), altre ci lasciano un po’ interdetti. Se siete rocker (o punx) duri&puri, girate alla larga.

Marialuisa Ferraro
Foals – Holy Fire   (Uk 2013)   Alternative   5/5
Praticamente da sola la tripletta Inhaler, My Number e Bad Habit fa la forza di quest’album. Suggestioni diverse per genere, ispirazioni, contenuti letterari, sensazioni.
Queens of The Stone Age – …Like Clockwork    (Usa 2013)   Stoner Rock    2/5
Ssssse. A me loro non fanno impazzire e ok, sarò partita prevenuta, ma questo disco pretende di essere ruffiano per piacere un po’ a tutti e finisce per non piacere a nessuno, per di più mi trasmette davvero molto poco…

Ulderico Liberatore
Gary Wrong – Knights of Misery   (Usa 2013)   Total Punk   4/5
Stufi delle solite canzonette Pop Punk?! Ecco una band singolare che potrà resuscitare in voi lo spirito
lo spirito antagonista e anarcoide distrutto dai Green Day.

Diana Marinelli
Genesis – Foxtrot   (Uk 1972)   Rock Progressivo   5/5
Bellissimo Rock targato Genesis per un album emblema degli anni settanta. Oltre che a consigliarne l’ascolto mi permetto di consigliare anche di ascoltarlo su vinile.
Myranoir – Ely è Leggiera   (Ita 2013)   Dark Psichedelico, Ambient   3/5
Myranoir nella realtà è Valentina Falcone, musicista che scrive musica dall’età di quattordici anni. Una musica Cantautorale, Psichedelica, con una puntina di Dark e soprattutto coraggiosa nell’affrontare temi importanti come l’anoressia.

Simona Ventrella
Fine Before You Came – Come Fare a Non Tornare   (Ita 2013)   Post Rock    4/5
Dopo una pausa di circa un anno e mezzo il quintetto milanese ritorna con un mini-album. Cinque brani che svelano una nuova veste del gruppo, più matura, cruda e ricca. Il disco è scaricabile gratuitamente dal loro sito, un motivo in più per ascoltarlo.
Omosumo –  Ci Proveremo a Non Farci Male   (Ita 2013)   Elettro Rock   3,5/5
Progetto b-side per Dimartino, Roberto Cammarata e Angelo Sicurella, che si cimentano in questo EP con attitudini e sonorità distanti dalle forma canzone ai quali siamo abituati. Elettronica , synth, chitarre indiavolate e ritmiche da dancefloor, e un bellissimo video del brano omonimo, tutto direttamente da Palermo.

Marco Lavagno
Goo Goo Dolls – Magnetic   (Usa 2013)   Pop Rock   2,5/5
Più ottimista e diretto del precedente “Something For The Rest of us”, ma anche più gommoso e molle. La formula spesso vincente questa volta si infrange in uno scontato sorriso. L’onestà per fortuna rimane intatta.
Lucio Dalla – Canzoni   (Ita 1996)   Pop, Cantautorato   3,5/5
Anche nei momenti meno ispirati Dalla tira fuori interpretazioni come “Ayrton” (pezzo scritto da Paolo Montevecchi). E con estrema naturalezza il pilota ora vola in cielo e persino il suo bolide prende corpo. Una di quelle canzoni per cui vale la pena comprare un album.

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Le Superclassifiche di Rockambula: Top Ten anni Sessanta

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Anni  60, quanti ricordi. Ad essere sinceri nessuno, perché in quel decennio anche mio padre era, al massimo, solo un adolescente. Eppure ogni cosa che ha riguardato la nostra vita, un disco, un film, un vestito, un pensiero, ha a che vedere con i Sixties. Erano gli anni della guerra fredda di Usa e Urss e di Cuba, del terremoto in Cile, di Martin Luther King e  Jurij Gagarin, del muro di Berlino, dell’avvento dei Beatles, dei Rolling Stones e del Papa buono. Gli ultimi anni di Marylin, Malcom X e John Fitzgerald Kennedy. Gli anni di Chruščёv e della minigonna, del Vietnam e della Olivetti, di Mao e del Che, della primavera di Praga e dei Patti di Varsavia, di Reagan e degli hippy, del pacifismo e dell’anarchia felice. Gli anni dei fascisti e dei comunisti, della British Invasion e di Mina, di Kubrick, della Vespa, della 500, di Carosello e di Celentano. Gli anni della contestazione studentesca e dell’uomo sulla luna, gli anni di Woodstock, delle droghe, della psichedelia e gli anni del Rock perché quegli anni sono le fondamenta solide su cui poggia tutta la musica (o quasi) che ascoltate oggi.

A scadenze non prefissate, Rockambula vi proporrà la sua Top Ten di determinate categorie e questa di seguito è proprio la Top Ten stilata dalla redazione in merito agli album più belli, strabilianti, influenti e memorabili usciti nel mondo nei mitici, impareggiabili anni 60. Nei commenti, diteci la vostra Top Ten!

1)      The Velvet Underground – The Velvet Underground & Nico

2)      Jimy Hendrix –   Are You Experienced

3)      The Beatles – Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band

4)      The Doors – The Doors

5)      Led Zeppelin – Led Zeppelin II

6)      Pink Floyd – The Piper at the Gates of Dawn

7)      Bob Dylan –   The Freewheelin’ Bob Dylan

8)      Led Zeppelin – Led Zeppelin

9)      David Bowie – David Bowie (Space Oddity)

10)   The Stooges – The Stooges

Vincono Cale, Reed e Nico con la loro banana gialla disegnata da Andy Warhol ma la presenza di Hendrix e The Stooges in Top Ten la dice lunga su quanto, a noi di Rockambula, piacciano le ruvide e sperimentali distorsioni dei mitici Sixties. Ovviamente non potevano mancare The Beatles, i re del Pop di quegli anni, presenti con uno dei loro capolavori assoluti, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, mentre la scena Psych Rock, formidabile nei Sessanta, è rappresentata degnamente grazie all’esordio dei Pink Floyd con Syd Barrett ancora in grado di esserne l’anima e l’omonimo The Doors. Chiudono la lista uno dei più grandi cantautori mai esistiti con The Freewheelin’ Bob Dylan, il re del Glam Rock David Bowie e l’unica band capace di piazzare nei primi dieci posti ben due album, ovvero i Led Zeppelin.

Esclusi eccellenti, anche se citati dai nostri redattori, i Beach Boys con Pet Sounds, Frank Zappa, Captain Beefheart e, udite udite, i Rolling Stones.

Ora potete iniziare a urlare le vostre Top Ten!

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“Diamanti Vintage” The Prodigy – Music For The Jilted Generation

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Rivoluzione mastodontica in campotechno, gli inglesi The Prodigy fanno tracimare e conoscere nel mondo la controcultura rave, il clangore fulminante dell’elettronica, il mega big beat che, con i Chemical Brothers, The Crystal Method e Fatboy Slim, riempirà le tempie di più di una moderna generazione. Nel 1994  il dj Liam Howlett e soci danno alle stampe “Music For The Jalted Generation”, e nulla fu come prima, un disco che scoperchiò per sempre la teoria che l’ingegno creativo era cosa da invasati, drogati del mega sound.

Distorsioni sonore e vocali, intelligenze artificiali e tappeti di samplers a tutto volume, ritmi, Jungle, Dance-Punk, Techno e Break Beat, Alternative Dance con accelerazioni repentine, sterzate energiche ed organiche di disturbi sensoriali; poi una volta miscelati a dovere si danno ai livelli volumetrici del suono che, sparato a decibel assurdi, diventano la meccanizzazione alternative della goduria ottundente. Un disco che si è guadagnato in poco tempo la posizione di chiave di volta della techno di massa, la variazione e lo sciame dei suoni di nuova generazione e che va a scalare vertiginosamente hit parade e chart di mezzo mondo con la forza della sua ragione “contro”.

Regno di Drum & Bass e di una stupenda mescolanza d’inserti Hip-Hop e Metal a profusione, le tredici tracce che costituiscono l’ossatura al tungsteno del disco sono un potenziale mostruoso di hooks-hit che faranno la fortuna di palinsesti radiofonici, e porteranno la band alle più alte vetta di notorietà, simbolo e dannazione di milioni di ravers in cerca di jump-lives per abbandonarsi alle frenetiche onde di altrettanti mega sound-system armati di tonnellate di watt e watt; questo era il primo passo della formazione britannica alla notorietà di base, poi col successivo The Fat Of The Land tutto prenderà ancor più fuoco e suggellerà definitivamente la storia del quartetto. Brani come “Voodoo People”, “Poison”, “Their Low” – traccia quest’ultima che portò terribili tensioni con i Cypress Hill per via di certe assonanze molto vicine – a loro detta – al plagio di un brano proprio dei CH – e la sarcastica risata che rimbomba dietro il ritmo convulsivo di “Clautrophobic Sting”, sono pezzi di storia che ancora girano a mille, che ancora sono profezie cui molte giovani formazioni chiedono consiglio.

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Pills dudek du semajno (consigli per gli ascolti)

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“Ascoltando Pills calme e malinconiche, quando, nell’isolamento di una malattia, il nostro passato si riduce a pura materia di contemplazione, siamo come trasportati in un senso dell’esistenza alto e rarefatto. E nelle Pills è qualcosa di una giustizia austera e tuttavia compassionevole, che toglie ogni cruccio al ricordo delle nostre sconfitte, e amorosamente ci distacca dai nostri stessi desideri..”

Silvio Don Pizzica
Sigur Rós – Kveikur    (Isl 2013)   Post-Rock, Dream Pop     3,5/5
Un tre e mezzo che domani sarà un quattro. Gli islandesi riescono a reinventarsi senza distruggere la loro natura. Un disco fremente come lo era Takk ma meno furbo di Takk, capace di suscitare atmosfere belliche con sonorità industrial per poi sfociare in paesaggi di Ambient delicatissimo. Una sorpresa, visto che non è proprio il loro esordio
These New Puritans – Field of Reeds   (Uk 2013)   Art Rock, Post-Rock   4,5/5
Dopo un esordio non brillante e un’ottima seconda prova, la band britannica sembra giunta al capolavoro di una carriera. Devo ascoltare ancora tante volte, prima di dare un giudizio definitivo ma quelle contenute in Field of Reeds più che canzoni suonano come opere d’arte. Disco dell’anno?
BeMyDelay – Hazy Lights   (Ita 2013)   Folk Rock   3/5
Per l’italianissima Marcella Riccardi un lavoro difficile da inquadrare, tra rimandi al Folk, al Blues e alla psichedelia, evidentemente sincero e pieno di sè che però  non riesce a trovare una propria dimensione compiuta, lasciandoci in un limbo privo di emozioni

Max Sannella
Ritmo Tribale – Psycorsonica   (Ita 1995)   Rock   5/5
Da Milano la risposta alle allucinazioni americane, un pezzo di storia rock italiano fondamentale degli anni 90
La Crus – La Crus   (Ita 1995)   Rock Cantautorale   4/5
Forte accento di cose importanti nella nuova canzone italiana, Giovanardi marca stretto poesia ed intimità d’autore
Mau Mau –  Soma La Macia   (Ita 1992)    Etno-Rock   4/5
Il circus fantasmagorico di Morino, tra calienti tracciati e ritmi world la rivoluzione meticciata per nuove frontiere sonore

Maria Petracca
A Toys Orchestra – Technicolor Dreams   (Ita 2007)   Alternative Rock   4/5
Ci sono sogni sonori di tutti i tipi in questo disco: tranquilli, malinconici, movimentati, aggressivi, macabri ed infine incubi che provocano veri e propri attacchi di panico. Tante tonalità emotive, in perfetto stile Technicolor
The Cure – Wish   (Uk 1992)   Rock, Dark   4,5/5
Quando la musica ha un carattere schivo ed introverso al quale si alternano momenti di euforia. Quando “To Whish Impossible Things” ti sbatte in faccia la triste verità: i tuoi desideri sono rimasti semplicemente tali. Quando lanceresti le gambe al vento gridando al mondo “Friday I’m in Love”

Lorenzo Cetrangolo
In Zaire – White Sun Black Sun    (Ita 2013)   Psichedelica, Rock    4/5
Disco concettuale e per gran parte strumentale per una band capace di portarti in viaggio lungo sentieri poco battuti ma molto interessanti. Da trip
Mamuthones – S/t   (Ita 2011)   Etnica, Ambient, Drone   3,5/5
Riti tribali e atmosfere inquietanti. Un disco da non ascoltare nella solitudine della notte. Tornate uomini primitivi tra le ondate ritmiche e ossessive di questi sette brani indefinibili
Ehécatl – S/t   (Fra 2011)   Stoner Doom, Psichedelica    3,5/5
La sezione ritmica dell’apprezzatissimo trio stoner francese Blaak Heat Shujaa sforna un disco di “stoner doom precolombiano”. Ascoltare per credere

Marco Lavagno
Linkin Park – Minutes to Midnight    (Usa 2007)   Rock, Crossover   3,5/5
Rick Rubin mette le mani su una miniera d’oro ma dal cuore di plastica. Plasma da dentro e dona linfa e personalità a vene sintentiche. I Linkin Park finalmente escono dalla triste omologazione del mainstream americano
Jovanotti – Ora   (Ita 2011)   Pop, Elettronica   5/5
Questa elettronica è calda, fuoco puro. Un’artista che trapassa i decenni e le mode con il suo immortale sorriso

Ulderico Liberatore
Christine Plays Viola – Innocent Awareness    (Ita 2008)   Darkwave   4/5
Uno modo originale di essere. I CPV hanno portato avanti un genere in cui in Italia non avrebbe scommesso nessuno ma loro ce l’hanno fatta ad uscire dal bel paese e presentarsi sui palchi europei con grande stile

Diana Marinelli
Carnicelli Martelli – Chitarra Pianoforte    (Ita 2012)   Musica Classica    5/5
Due importanti concerti di musica classica, eseguiti dal chitarrista siciliano Marco Vinicio Carnicelli e la pianista bolognese Alice Martelli. J. Rodrigo e Mario Castelnuovo Tedesco per una tecnica classica impeccabile.

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Live Music Is Not Dead! Si può ancora proporre musica dal vivo in Italia senza ricorrere a Cover Band o Dj? Parte seconda. Intervista ad Aldo Minosse del Pin Up.

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Nella prima parte del mio articolo Live Music Is Not Dead! mi sono chiesto quale potessere essere il problema della musica dal vivo in Italia e quali le principali difficoltà che devono affrontare le band per proporsi in esibizioni live. Ho cercato di inquadrare tutti i punti di vista dei diversi soggetti interessati ma la soluzione sembra più complessa del previsto.Per questo, ho deciso di intervistare Aldo Minosse del Pinup, giovanissimo locale che propone musica dal vivo di altissima qualità e che si sta prepotentemente ritagliando un ruolo notevole nella scena del centro Italia. Cerchiamo di capire con lui se si può e come si può dare ancora spazio alla musica “da palco”.

Ciao Aldo. Per prima cosa, come stai?
Bene grazie, ti volevo ringraziare per l’opportunità che la tua zine ci da.

Racconta ai nostri lettori chi è Aldo Minosse.
Io sono stato sempre un appassionato di musica, negli anni 80 organizzavo concerti metal, poi dal 1998 per quattro anni ho curato la direzione artistica dell’Indhastria, rock club di Giulianova dove sono passati nomi importantissimi della scena musicale italiana e straniera a memoria: Afterhours, Subsonica, Andy White, La Crus, Max Gazze, Daniele Silvestri, Bonnie Prince Billy, Sophia, Bandabardò, 24 Grana, Sud Sound System, Massimo Volume, Extrema, Linea 77, Fuck, Six by Seven, Toshack Highway, esordirono da noi i Perturbazione e poi tantissimi gruppi underground. Poi ho continuato a coltivare la passione dell’ascolto e ad andare ai concerti, e da quest’anno sono ripartito con questa nuova impresa.

Raccontaci come e quando è nato il PinUp. Quanti siete a gestirlo e quanti dipendenti avete?
Il Pinup è un progetto che risale ad paio di anni fa, ma che sì è materializzato il 15 dicembre 2112, c’è una proprietà e nelle varie attività siamo circa quindici le persone impegnate.

Una delle tante cose che mi hanno colpito è l’organizzazione praticamente perfetta. C’è un preciso organigramma che vi permette di svolgere ognuno il suo compito? Come vi organizzate?
Si, le attività sono divise per reparto, ci sono delle riunioni settimanali e si pianificano gli impegni successivi.

Il locale è in un vecchio capannone. Splendido esempio di recupero industriale il vostro. Cosa c’era in quel posto prima di voi? La sua riconversione ha migliorato l’identità produttiva intellettuale/culturale ed economica della zona?
Fino a cinque anni fa c’era un mobilificio, Per quanto riguarda la seconda parte della domanda dobbiamo aspettare ancora un po’, si tratta di una zona industriale, con molti capannoni. Sicuramente ci sono quindici persone che guadagnano qualcosa in un Iuogo che prima non produceva nessun tipo di ricchezza.

Perché avete scelto di aprire un locale che promuova la musica dal vivo? Non avete avuto paura di fallire, vista la difficoltà di tali locali specie in Abruzzo oppure di dover scendere a scomodi compromessi?
Abbiano fatto questa scelta perché innanzitutto siamo delle persone che amano la musica ed i concerti, abbiano sempre creduto che dalle nostre parti mancasse un luogo che potesse ospitare dei live organizzati in modo professionale e dove l’artista avesse a disposizione una struttura progettata appositamente per i concerti, palco otto metri per sei, impianto Meier residente, mixer sala e palco analogici o digitali come da richiesta da parte degli artisti. Con zona scarico strumenti dietro il palco e camerini con tutti i comfort. A questa passione per la musica dal vivo si è unita quella per la birra, a quel punto abbiamo deciso di metterle insieme. Alla base di questa scelta c’è una forte motivazione a investire sulla musica dal vivo, chiaramente quando si intraprende un’attività in un periodo di crisi come questo si ha sempre paura. Ovviamente non si è trattato di un salto nel buio, è stata fatta un’ analisi di fattibilità dalla quale è emersa la mancanza di un club di grandi dimensioni nel centro sud.

Che rapporto c’è tra la vostra struttura e la gente e le istituzioni del posto? Quanto vi hanno aiutato?
Siamo situati un una zona industriale, quindi intorno abbiamo delle fabbriche che quando noi lavoriamo, il sabato di notte sono deserte, quindi diciamo che non c’è una grande interazione, la cosa comunque è stata voluta proprio per evitare di andare incontro a problemi di rumore che si incontrano nei centri abitati. Le istituzioni sono coscienti delle difficoltà che ci sono nel mondo del lavoro, e quindi hanno colto l’occasione di poter riqualificare una struttura in disuso.

Quale è stato l’episodio più bello capitato in questi ultimi mesi? E quello che vorreste dimenticare il prima possibile?
Non ci sono episodi particolarmente negativi, belli tanti. Da fan la possibilità di incontrare J Mascis che chiede una bici per fare un giro e quindi…panico… nessuno di noi aveva una bici a portata di mano, alla fine abbiamo recuperato una vecchissima mountain bike di mio padre e lui “That’s cool”. Personalmente le espressioni di contentezza di tutti i ragazzi e ragazze davanti ai loro musicisti preferiti.

Ora che ci siete di nuovo dentro, avete capito perché la musica dal vivo è in forte declino in Italia? Colpa del pubblico, colpa vostra o colpa degli artisti? Perché artisti come Zamboni o Basile a Pescara, a ingresso gratuito, hanno fatto un pubblico di 10/20 persone?
La musica dal vivo a nostro avviso non è in forte declino, altrimenti non avremmo fatto questa scelta. Bisogna analizzare caso per caso, ci sono in effetti artisti che non riscuotono il successo che meriterebbero e le motivazioni, a mio avviso, sono molteplici e lunghe da illustrare.

Cosa ti senti di consigliare a un ragazzo che ama la musica e decida di aprire un locale?
In questo momento sinceramente dovrebbe guardarsi bene intorno e se dalle sue parti non esistono proprio situazioni che organizzano, trovare altre persone e cooperare per creare qualcosa di nuovo, altrimenti se esistono già delle situazioni, prima di tutto collaborare e imparare dalle strutture esistenti.

Da voi sono venuti artisti come Ministri, Ferretti o Dinosaur Jr. Scusa la domanda. Non sei obbligato a rispondere. Quanto vi costa il cachet di un artista di quel calibro? Riuscite a ripagarlo con consumazioni e ticket?
I cachet variano da musicista a musicista. Unitamente alla promozione effettuata dal loro ufficio stampa, noi pubblicizziamo al massimo l’evento sul nostro territorio. Quest’anno la risposta del pubblico, nel complesso, e’ stata positiva. In qualche caso   la serata è andata particolarmente bene, in altri abbiamo coperto le spese, in altri, per fortuna pochissimi, l’incasso e’ stato inferiore rispetto alle spese.

Come valuti l’esperienza del Pin Up fino ad oggi? Come ti è parsa la risposta del pubblico?
Si tratta di una esperienza bellissima e il pubblico, in questa prima stagione, ha risposto con grande entusiasmo.

 I Dinosaur Jr non hanno fatto il tutto esaurito. Vi aspettavate di più?
I Dinosaur Jr hanno fatto 3 date in Italia, Torino, Mosciano e Roma. Il numero di presenti e’ stato all’incirca lo stesso nelle 3 città, e questo per noi è stato motivo di grande soddisfazione. Le nostre aspettative sono state soddisfatte, essendo i Dino un pezzo importante della storia della musica alternative statunitense, ma non conosciuto dai giovanissimi.

In cosa dovrete migliorare?
Gli aspetti da migliorare ci sono sempre. La priorità della nostra agenda va al perfezionamento dell’acustica del locale.

Con i Dinosaur Jr il Pin Up va in pausa estiva. Cosa state organizzando per l’estate?
Per questa estate stiamo lavorando su qualche sorpresa, ma non possiamo al momento dare anticipazioni. Vi faremo sapere a breve.

Cosa ci sarà nel futuro del Pin Up?
Tanta musica dal vivo e artisti di valore, sia nazionali che internazionali.  Grazie!

Non sò se voi avete le idee più chiare ma io certamente ho capito una cosa. La prima cosa che conta è comunque l’amore vero (non a parole) e incondizionato per la musica che spesso manca agli addetti ai lavori (gestori ma anche musicisti) e c’è una risposta di Aldo in particolare che lo dimostra. Indovinate quale?

 

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“Diamanti Vintage” Christian Death – Only Theatre Of Pain

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Capolavoro del Gotich Rock statunitense e fonte di apprensione per benpensanti parrucconi, il debutto sulle scene dei Christian Death capeggiati dalla figura destabilizzante del diciannovenne  Rozz Williams è una stilettata tra le costole a quanti pensavano che fosse solo un innocuo passatempo di ragazzi squinternati con la mania per le messe nere. Only Theatre Of  Pain è una asfissia sonora che condensa rabbia, ribellione alla religione imposta, al vivere alla luce del sole e tutto il kit modern-wampiresco che si poteva racimolare in quei contesti, ma più di tutto era la forma scenica e teatrale che i CD allestivano nei live, quelle architetture darky e ossesse che disegnavano decadenze, disillusioni e una forte fetta di masochismo fisico/mentale.

Spoken-word e dolore, albe sfatte e poesie sanguinanti, punk di risulta e fantasia contorta sempre e comunque versata nelle tenebre, fanno la cifra stilistica di questa formazione, una confezione pesante, epica da atmosfere raggelanti quanto isolazionisti, una continua costernazione contro la società e l’individuo visto come pedina del potere, e allora è meglio annullarsi nel buio e urlare la propria “merda” in faccia a tutti, con i veli della commiserazione; dieci tracce che graffiano la cute come un ferro infuocato, visioni distorte e occultismi plumbei spaccano cuori e fegati, l’orientaleggiante “Figurative Theatre”, la funerea escalationi chitarristica “Mysterium Inquitatis” e la lacerante rincorsa di “Dream Of Mother”sono le chiavi d’entrata in questo eccellente incubo registrato, di questo pezzo di storia gotica.

Frutto della passione per tutto quello che è destrutturazione e nichilismo, i CD furono immediatamente odiati e boicottati per le liriche dichiaratamente sataniste, occulte, malefiche con tanto di manifestazioni da parte di cattolici integralisti davanti ai luoghi dove la band si esibiva, ma loro – i stupendi blasfemi – andavano avanti con le loro invettive ed i loro tormenti interiori, e brani come la corrosiva strigliata punkyes “Spiritual Cramp”, il caos luciferino che echeggia sadico in “Prayer” e la convulsiva attestazione di odio “Romeo’s Distress” ancora disturbano menti e spiriti di chi li ha amati fino in fondo; ora loro non ci sono più ma prima di andarsene hanno strappato tanti di quei cuori da sotto la gabbia toracica che i nazisti in confronto hanno fatto meno danni. Un Mito Nero!

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Pills שבוע עשרים ואחת (consigli per gli ascolti)

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“Amo le Pills sopra tutte le arti. Esse cominciano dove la parola finisce: è la lingua universale di tutti i cuori che amano.”

Silvio Don Pizzica
Merchandise – Total Nite   (Usa 2013)   Post-Punk, Shoegaze     3,5/5
Con lo sguardo al passato, i Merchandise confezionano cinque perle piene di ottime idee. Forse troppe. Resta un disco che tra Post-Punk, Shoegaze, Dream Pop, Ambient, Noise e attitudine Pop suona un po’ troppo confusionario
Big Black – Atomizer    (Usa 1986)   Noise Rock, Post-Hardcore   4,5/5
Non me ne vogliano i fan degli Shellac ma questa è la prima e la meglio riuscita creatura partirita dal genio di Steve Albini. Uno dei dischi più potenti e cattivi per sonorità, più deviati e malefici che la storia del Rock ricordi.

Max Sannella
The Sisters Of  Mercy – Floodland    (Uk 1987)   Dark   4/5
Velvet , Stooges e Bauhaus concentrati in un sottopelle da brivido, anche se per poco, ma da brivido.
Small Faces – From The Beginning   (Uk 1967)   Beat Progressive  4/5
La rabbia e la grinta nei live ed il beat in studio, formazione e disco seminali per il rockerama a venire
Social Distortion – Prison Bound   (Usa 1988)    Punk-Rock   4/5
Un grande esempio di punk energy al servizio di un brusco rock’n’roll.

Giulia Di Simone
Spiritual Front – Armageddon Gigolo’    (Ita 2006)   Neo Folk    3,5/5
Gesù è morto a Las Vegas bevendo whisky, mutilando corpi e assaggiando il frutto del peccato bestemmiando, e questo disco è il suono della sua marcia funebre.
CCCP Fedeli Alla Linea – Affinità – Divergenze Fra il Compagno Togliatti e Noi   (Ita 1986)   Punk   5/5
Capolavoro indiscusso partorito dalla mente malata di Giovanni Lindo Ferretti, paranoia allo stato puro.

Marialuisa Ferraro
Turin Brakes – Outbursts   (Uk 2010)   Alternative    4/5
Nel disco si esalta la linea melodica vocale, sorretta per lo più da sonorità in equilibrio fra elettrico ed acustico, in atmosfere placide, cantautorali a tratti e particolarmente suggestive, come nella title track.

Diana Marinelli
Atoms For Pease – Amok   (Uk 2013)  Rock Sperimentale, Elettronica    4/5
Un super gruppo nato probabilmente dalla voglia di suonare e di mescolare se stessi. Qualcuno in giro per il web si chiede quando finirà questa moda ma intanto il risultato e la miscela di Rock Sperimentale ed Elettronica potrebbe essere interessante.

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Live Music Is Not Dead! Si può ancora proporre musica dal vivo in Italia senza ricorrere a Cover Band o Dj? Parte prima.

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Come vi sarete resi conto, se da un lato è sempre più facile proporre la propria musica grazie a facebook, youtube, soundcloud, spotify e tutte le diavolerie del web a costo (quasi) zero, l’aumentata concorrenza sembra ridurre le possibilità per gli addetti ai lavori di riuscire a organizzare eventi e concerti di medio-alta qualità e interesse guadagnandoci anche qualcosa. Il pubblico è sempre meno interessato ai live e si limita o ai grandissimi nomi da stadio o alle cover band di paese, poco impegnative sia per chi paga (band o biglietto) sia per chi ascolta. Chi fa musica propria e non ha ancora la fortuna di essere stato invitato al Circolo fatica anche a chiedere 200/300 euro per percorrere 800 chilometri e dormire in furgone (questa cosa è comunque utile per evitare che si freghino tutto; vedi gli ultimi Fast Animals And Slow Kids). Di solito la risposta tipo è: “Vi diamo da mangiare e una birra a testa prima di iniziare; poi se la serata va bene, possiamo aggiungere un’altra birra a testa e se la serata dovesse andare molto bene (come consumazioni, chiaramente!) allora si possono aggiungere altri cinquanta euro”.

Di chi è la colpa se ci sono sempre più cover band e sempre meno artisti veri? Se suonare sul serio è diventato impossibile sempre che non ci si voglia rimettere? Di chi è la colpa se sono sempre meno i locali che danno spazio alla musica (che non siano cover band o Dj)?
C’è chi se la prende col pubblico e non a torto. Ormai sono in pochi gli appassionati veri, quelli che ancora amano cercare, scavare, provare, sperimentare. Gli altri sono esattamente com’erano i loro tanto criticati genitori. La musica è solo quella che ascoltavano a vent’anni e lì sono rimasti. Vanno felici con le loro t-shirt ancora sporche di sudore adolescenziale ai concerti dei vecchi dinosauri e si divertono a parlare male delle band emergenti che neanche conoscono. Oppure sono totalmente in balia dei media, Mtv su tutti, e vivono la musica come un continuo intervallarsi di jingle pubblicitari.

Ma poi è anche colpa di chi suona in queste cover band. Spesso, gente dalla tecnica mediocre che a furia di ripetere lo stesso pezzo di Vasco per anni ha dimenticato anche quelle poche cose che sapeva sulla chitarra. Perché lo fanno? Per amore verso un artista? Per vanità? Perché è l’unico modo per farsi pagare un cachet decente?
Altro grande accusato è “il gestore del locale”. Strana bestia. Spesso di musica non capisce nulla ma ha un locale “Rock”. Per una band emergente, fatta di persone capaci, che hanno sudato tanto e messo l’anima nei loro pezzi, può offrire un pasto e le consumazioni ma per una cover band o un fake/new Dj (sono questa nuova specie di Dj che in realtà si limita a far girare casualmente pezzi presi da cd masterizzati o direttamente dal proprio Hard Disk. Siamo anche tu ed io, in fondo) che spesso (ma non sempre, siamo sinceri) hanno cultura musicale inadeguata e scarsa voglia di reale ricerca, ne hanno di soldi da spendere. Colpa loro? Anche loro “tengono famiglia” e sono Dj e Cover/Tribute band che gli riempiono il locale.

In realtà, forse è anche colpa di chi suona pezzi propri da due giorni e chiede duecento euro quando io a vent’anni avrei pagato per suonare.
Alla fine ti accorgi che sembra colpa di tutti e quindi non è colpa di nessuno. Ognuno di questi punti meriterebbe una serie di considerazioni a sé ma…

…ma poi capita che ti ritrovi in un paesino d’Abruzzo chiamato Mosciano Sant’Angelo in provincia di Teramo e t’imbatti in un locale (il Pin Up) spettacolare, nuovo ma dallo stile vintage. Grande tanto quanto il Circolo degli Artisti. Perfetto esempio di recupero industriale. Gestito alla perfezione e capace di portare in terre tendenzialmente dimenticate dai grandi nomi artisti come Giovanni Lindo Ferretti o Dinosaur Jr. E allora mi chiedo. È ancora possibile credere alla musica, quella vera? Perché un locale come il Pin Up ci riesce e gli altri no? C’è ancora chi va ai concerti e non solo a quelli strapubblicizzati. Si può fare…allora!

Invece che sparare cazzate l’ho chiesto direttamente ad Aldo Minosse, uno dei gestori del Pin Up. Nella seconda parte dell’articolo, che sarà pubblicata la prossima settimana, troverete l’intervista.

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“Diamanti Vintage” Nine Inch Nails – The Downward Spiral

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E’ sicuramente il parto più incazzato e deviante che l’eccelsa mente ossessa di Trent Reznor dei Nine Inch Nails abbia mai esternato e ancor più sicuramente il suo più grande successo di carriera; The Downward Spiral è la più forte espressione psichica di follia urbana, rabbia e nevrosi che specchiano fortemente gli anni Novanta delle visceralità e queste quattordici tracce sono il sacrario fobico di un’arte a matassa, dove Screamo, Industrial e mille direttrici impazzite scavano a morte l’ascolto, anche il più intransigente.

Un capolavoro che abbandona ogni indugio di riappacificazione con un certo Rock, un monolite attraversato anche da momenti sparuti di dolcezza velenosa che non ammette regole o limiti, tutto è uno sconquasso devastante di chitarre, elettronica, ritmi sulfurei e ombre buie che si ammassano senza mai dileguarsi: dicevamo un lavoro che si identifica perfettamente con le illusioni claustrofobiche e malsane della società targata 90, di quelle brutalità espressive e fenomeniche di strade fosche che si abbattono ripetutamente e con vigore sull’orecchio, nonché una strabiliante metafora industrial sulle fonti maligne della non rigenerazione umana, del peggio che arriva a incrementare il peggio. Con alle manipolazioni del suono tipi come Alan e Flood Moulder e guest di prim’ordine quali Adrian Belew (King Crimson) e Stephen Perkins (Jane’s Addiction), il disco è un atto pratico di violenza e poesia maledetta, una sinistra evocazione che prevede e consta climi di instabilità e algide incursioni in pads ipnotici “Piggy”, “Closer” che occhieggia alla Minneapolis di Prince, si trasforma in voli screziati e illimitati “A Warm Place” o nelle ansie al rallenty “Hurt”, il resto è pura ed iconoclasta follia schizofrenica “Heresy”, “Ruiner”, “Eraser” per citarne alcune.

E’ una forza rituale di simbolismi e scarnificazioni di suono, una consacrazione estetica di dinamitarda bellezza che esplode, implode e riesplode in ogni istante della tracklist, una disperazione imbastita che si diffonderà come un herpes di cui non si conosce ancora di come guarirsi.

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Pills uge tyve (consigli per gli ascolti)

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“Leggere e ascoltare le Pills per me era diventato più importante dell’angoscia che stavo creando nelle persone che amavo di più.”

Silvio Don Pizzica
Macelleria Mobile Di Mezzanotte – Black Lake Confidence   (Ita 2013)   Crime Jazz     2,5/5
Atmosfere lynchiane e crime-jazz a tutto spiano per la band romana ormai al sesto full lenght. In realtà niente di troppo originale
Rick Redbeard – No Selfish Heart    (Uk 2013)   New Folk   3/5
Alti e bassi per l’esordio dell’artista britannico. Momenti di bellezza assoluta si alternano a vuoti preoccupanti e alla fine il giudizio non può che piazzarsi al centro
Teho Teardo & Blixa Bargeld – Still Smiling    (Ita/Ger 2013)   Experimental   3,5/5
Due nomi enormi che insieme regalano un album spettacolare esempio di miscela tra teatro e musica

Max Sannella
David Crosby – Oh Yes I Can  (Usa 1971)  Folk   4/5
La visione artistica di un poeta tra skyliner stordenti e odori di libertà
Terence Trent D’Arby  – Wildcard!   (Usa 2002)   Soul Pop    3/5
L’RNB in tutte le sue sfaccettaure, in tutte le sue vocalità contaminate
Miles Davis – Kind Of Blue   (Usa 1970)    Jazz Improvisations    5/5
Ogni aggettivo, ogni commento è superfluo

Giulia Di Simone
Tracy Chapman – Tracy Chapman    (Usa 1988)   Folk    5/5
Folk nero di strada, che dalla strada vuole liberarsi sfrecciando via dalle pene e dagli abusi. In quest’album si respira sofferenza e voglia di riscatto. Indimenticabile e indispensabile.
Archive – With us Until You’re Dead   (Uk 2012)   Trip Hop    4/5
Qui si spazia tra violini, synth massicci, voci calde e controtempi. Un album violento e complesso, cattivo e dolce allo stesso tempo, come il video del singolo Violently, dove una bambina dimostra quanto l’innocenza possa diventare inquietante.
SBTRKT – SBTRKT   (Uk 2011)   U.K. Garage,Chillstep    4/5
Suona con una maschera primitiva (che è anche la copertina del suo primo album) e la pronuncia del suo nome d’arte è Subtract. Nonostante la sua voglia di anonimato e mistero, il suo stile è inconfondibile. Un disco da avere in vinile, non ci sono storie.

Maria Petracca
Verdena – Il Suicidio dei Samurai   (Ita 2004)  Alternative Rock, Rock Psichedelico   4/5
Appresa la notizia del nuovo album in via di registrazione, mi accingo a ripercorrere la loro carriera musicale. Testi ermetici di molteplice interpretazione, chitarre disperate e distorte, psichedelia che a tratti si spinge verso la follia. Solo ora mi accorgo di quanto mi siano mancati i Verdena.

Diana Marinelli
Emily Remler – This is Me    (Usa 1990)    Jazz-Fusion    4/5
“Potrei sembrare una bella ragazza ebrea del New Jersey, ma dentro di me mi sento come un uomo cinquant’enne, nero e robusto con un grande pollice, come Wes Montgomery”. Questa frase spiega tutto della grande chitarrista americana che viveva di Jazz, la cui breve carriera fu stroncata dalla droga.
Jocelyn Pulsar – Aiuole Spartitraffico Coltivate a Grano   (Ita 2012)   Indie-Pop    3,5/5
Il cantautore forlivese Francesco Pizzinelli in arte Jocelyn Pulsar, che con la sua musica propone un’Indie-Pop-Acustico dalle tinte nostalgiche, romantiche e spesse volte semplici, come il guardare il mondo da una finestra.

Marco Lavagno
Airbourne – Black Dog Barking    (Australia 2013)   Hard Rock   3,5/5
Niente di nuovo, questa band non è cambiata di una virgola, sempre la copia spudorata degli AC/DC, sparati nella frenesia degli anni 2000. Nulla di più. Però se avete voglia di un bel sound ignorante e zarro per prepararvi al vostro esagerato sabato sera, questo è il disco giusto!
Creedence Clearwater Revival – Green River    (Usa 1969)   Country, Rock, Blues   5/5
Al terzo LP i CCR raggiungono la perfezione e la mantengono quasi fino alla fine della loro carriera. Country sporco di terra e le radici di un’America più vicina alla realtà che ai suoi sogni.

Ulderico Liberatore
Portishead – Dummy   (Uk 1994)   Trip Hop    5/5
Uno dei dischi più influenti degli anni novanta e non lo dico io, lo dicono tutti!!! Per me un album che non mi stancherò mai di ascoltare. Inoltre, i Portishead sono la migliore band che ho ascoltato dal vivo.

Marialuisa Ferraro
Woodkid  – The Golden Age   (Fra 2013)   Neofolk, Baroque Pop    4/5
Woodkid è un polistrumentista che dipinge quadri sonori in cui l’elemento elettronico e l’elemento acustico si fondono, come nella risoluzione fra l’eterna lotta fra macchina e uomo. Davvero molto interessante e tutto da scoprire!
The Postal Service – Give up  (Usa 2003)   Indie   3,5/5
A forza di fare colonne sonore per film adolescenziali o quasi, la band si è un po’ marchiata (o macchiata) con quest’aura da eterni bambinoni che si portano dietro fardelli e paure della crescita. Eppure riescono sempre a risultare gradevoli e freschi.

Riccardo Merolli
Ginevra Di Marco – Trama Tenue   (Ita 1999)  Pop Rock   3,5/5
Esordio solista di una delle più belle seconde voci della musica italiana, un disco maturo e sensibile che cerca di scrollarsi di dosso la pesante ombra dei CSI. Il risultato alla fine non delude, insegna.

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