Slowness – Berths

Written by Recensioni

Un elogio della lentezza dalla frenetica California.

[ 07.06.2019 | Schoolkids Records | shoegaze, slowcore, space rock ]

Associare l’assolata ed eccitante San Francisco al concetto di “lentezza” – declinato nelle sue mille sfaccettature – è un qualcosa che probabilmente non verrebbe in mente a nessuno. Ma, si sa, a dare le cose per scontate spesso si finisce per cadere in errore, ed è quello che gli Slowness (scusateci per lo spoiler del moniker di poc’anzi) ci dimostrano con la loro proposta sonora.

Berths è il ritorno sulle scene dei californiani dopo ben cinque anni: un lasso di tempo non indifferente per una band, soprattutto nella scena musicale odierna, ma ehi, altrimenti che senso avrebbe avuto chiamarsi in quel modo?

The Fall apre le danze con l’intento di farci capire che certe sensazioni tendono a non svanire neanche a distanza di anni, ed il tentativo riesce in pieno: l’inizio ipnotico e circolare, a metà strada tra slowcore e post rock, è un inequivocabile preludio a ciò che ci aspetta mettendo su il disco. Ascoltandoli, si ha come l’impressione che non vogliano mai disturbare con la loro musica, come se lasciarsi andare ad impeti vigorosi potesse in qualche modo sconfessare la loro natura compassata, dimessa: in Rose ti aspetti da un momento all’altro un’esplosione di suoni che arrivi a squarciare un velo di Maya fatto di parole sussurrate e sentimenti appena accennati, e invece no, qui si è giurata eterna fedeltà all’atarassia sonora. E la coda strumentale rientra comunque nel concetto del viaggio emotivamente sottinteso di cui si è parlato finora.

Le fascinazioni space di Breathe arrivano a rincuorarci, facendoci fluttuare verso una dolce e sognante deriva dei sensi, mentre ad ascoltare Sand & Stone sembra quasi di trovarsi di fronte a dei Galaxie 500 meno pop e più diluiti. Asunder è un commiato melanconico, un’accettazione senza drammi del proprio inevitabile, inalienabile stato di perenne nostalgia.

Poco più di mezz’ora all’insegna di sensazioni sommesse ed emozioni mostrate in punta di piedi: il disco meno estivo che si possa immaginare, ma lo si è detto all’inizio, a ragionare per preconcetti si finisce per limitarsi e perdersi cose piacevolissime, proprio come questo Berths. E no, questo non ci piace proprio.

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Last modified: 12 Giugno 2019