Tiger! Shit! Tiger! Tiger! – Bloom

Written by Recensioni

Dall’indie rock a bassa fedeltà alla nuova deriva gaze, per un sound caldo che suona sempre come casa.
[ 23.02.2024 | To Lose La Track / Coypu Records | shoegaze, grunge ]

Era un’estate torrida di qualche anno fa, e stavo davanti alla tv a ciondolare tra i canali in quel dormiveglia pomeridiano che può trasformarsi nella più grande dormita della tua vita (e, di conseguenza, in un mal di testa fuori scala).

Click, click, click. Le mie dita premono sui pulsanti nella speranza che succeda qualcosa, che il mio interesse venga rapito da qualcosa o qualcuno. Click. Una coppia famosa che non conosco sorride in uno studio gremito di figuranti. Click. Una partita di uno sport che non seguo. Click. Una signora gioviale sta preparando quello che sembra il miglior panino con la porchetta di tutt’Italia. Siamo in Umbria, pare, e Chef Rubio addenta questo panino come se non mangiasse da dieci giorni. Ha la bocca ancora piena quando la signora, con questo accento incredibile, gli dice che deve andare a Foligno a consegnare delle bistecche ad un suo cliente. Ora, immaginatemi sul divano come Leonardo DiCaprio in quella scena di C’era Una Volta a Hollywood poi diventata meme, che indico lo schermo ed esclamo al mio riflesso: “Foligno? È il paese dei Tiger! Shit! Tiger! Tiger!”.

La mia conoscenza della geografia è assolutamente superiore alla media, anche se non so riconoscere la bandiera del Botswana, ma si regge su un sistema di reference per cui ad ogni paese, città, stato, devo collegare qualcosa: una squadra di calcio, una band, la frase di una canzone. I Tiger! Shit! Tiger! Tiger! mi parlano di Foligno e dell’Umbria come fa la loro etichetta To Lose La Track con Umbertide, e allo stesso modo mi restituiscono quell’insieme di valori riassumibile con la parola “integrità”. Lavora sodo, non svendere quello che sei, i risultati arriveranno e saranno anche merito di queste scelte.

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Come me, penso che anche i TSTT siano abbastanza ferrati in geografia, non fosse altro che la loro carriera li ha portati a girare Italia, Europa e USA e a confrontarsi con artisti del calibro di Mogwai, Iceage, Slits e Kim Gordon.
Bloom è il quarto album della band, che arriva a sette anni dal precedente Corners e segna un inspessimento a livello di attitudine, mantenendo come propria stella polare quell’indie rock americano anni Novanta che ne ha da sempre scandito la carriera. Quello che è stato lasciato alle spalle sono la bassa fedeltà e le ritmiche più veloci e smaccatamente punk, sostituite da atmosfere in bilico tra lo shoegaze e lo stoner, cadenzate e inesorabili nel loro incedere. Basterebbe l’apertura di Memory, basata tutta su un riff tanto semplice quanto ipnotico, per far crollare le difese di ogni amante dei Nineties e dell’indie rock di scuola a stelle e strisce in generale, mentre Dark Age / Dark Thoughts ammicca anche al grunge, le cui sonorità vedono le proprie azioni aumentare di valore di anno in anno.

Le coordinate sonore stanno nella linea di intersezione tra The Jesus And Mary Chain, Green River, Kyuss e gli onnipresenti Sonic Youth, il tutto annegato in distorsioni gaze limacciose che mitigano l’impatto punk dei precedenti lavori (Hands Down e Afterwards suonano come i Nirvana intrappolati nelle sabbie mobili, ed è bellissimo). La produzione più curata fa brillare queste canzoni di una luce nuova, ma si tratta comunque di un album “per appassionati” che rischia di non lasciare il segno ad un ascoltatore distratto, soprattutto per chi è vittima della bulimia musicale di questi anni. Fortunatamente ci sono sempre le performance live a fare da contraltare all’ascolto passivo, e Bloom promette di fiorire come una bellissima rosa sotto le luci dei palchi di tutto il mondo.

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Quando Chef Rubio arriva a Foligno e consegna il pacco di bistecche a questo energumeno che lo sfida a cucinare il piccione, ho cambiato canale. Ma sono abbastanza sicuro di essermi alzato dal divano, aver preso il mio vinile di Forever Young dei Tiger! Shit! Tiger! Tiger! e avergli dato un meritato ascolto. Non vedo l’ora di sapere cosa mi riporterà su Bloom in futuro. A volte basta un piccolo trigger nel nostro cervello per ritornare dove siamo stati bene, e questa musica suona sempre come casa.

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Last modified: 16 Marzo 2024