Settembre, 2015 Archive

Gli Stearica annunciano il nuovo tour europeo di Fertile

Written by Senza categoria

Dopo la partecipazione ad alcuni dei più prestigiosi festival estivi italiani (A Night Like This Festival, Vasto Siren Fest) gli Stearica annunciano il loro nuovo Tour Europeo di Fertile che, a partire dal mese di ottobre, partirà dal Belgio ed arriverà fino in Spagna, a Barcellona, dove il trio torinese si esibirà presso il prestigioso AMFest, festival di culto per gli amanti delle migliori band strumentali da tutto il mondo. Molte altre le date in arrivo, qui di seguito trovate quelle fino ad oggi confermate:

24/10 Gent (BE) @ Achterban
25/10 Liège (BE) @ Cercle du Laveu
26/10 Darmstadt (DE) @ Oetinger Villa
29/10 Berlin (DE) @ Urban Spree
30/10 Chemnitz (DE) @ Club Atomino
04/11 Madrid (ES) @ Wurlitzer Ballroom
05/11 Tolosa (ES) @ Bonberenea
06/11 Barcelona (ES) @ La 2 – AMFest w. And So I Watch You From Afar, Maserati, El Ten Eleven
and many more…

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La Band della Settimana: Any Other

Written by Novità

Adele, Erica, Marco. E adesso cosa faccio, smetto di suonare? Questo si dev’essere chiesta un po’ spaesata la ventunenne Adele Nigro un anno fa, provando a mettere insieme il puzzle di un passato prossimo appena imploso con le Lovecats e un futuro tutto da scrivere. E invece, come nelle storie che vanno a finire bene, Adele non smette di suonare, alza la posta in gioco e comincia a trovarsi delle date da sola, portandosi in giro la chitarra acustica e alcuni pezzi nuovi che le giravano in testa. Nasce così il progetto Any Other: parte dal rimettersi in gioco, dal piazzare al centro le proprie canzoni ritrovandosi un anno dopo con un disco, Silently. Quietly. Going Away. Dieci brani che raccontano chi è Adele, cosa le succede, cosa le piace e cosa no, cosa ascolta e cosa sa fare con una chitarra in mano. Così l’iniziale “Something” diventa il ponte ideale tra quello che era e quello che è adesso, da cui partire per entrare in un mondo fatto di chitarre e piccola poesia, un indierock che sfiora il college delle origini – quello caro ai Modest Mouse, ai Built To Spill, a Waxahatchee – cantato con la sfacciata sicurezza che ricorda la giovane Alanis Morrissette. Un disco che scorre con assoluto piacere per quaranta minuti, con la voce di Adele a dipingere storie dalle tonalità diversissime, che parlano di distacchi difficili (“Gladly Farewell”), o di paesaggi immaginifici suscitati dallo studio della poesia di Coleridge (“Blue Moon”). Perché Adele ha talento, sensibilità ed una incredibile solidità per i suoi ventuno anni appena compiuti: doni preziosissimi, che permettono di cominciare a vedere il mondo per quello che è davvero ma di non farsi comunque prendere troppo male: così canzoni come “His Era” o “365 Days”, pur percorse da un filo di malinconia, non perdono mai la loro freschezza. E lo stesso vale per le chiacchiere con la propria parte razionale (“Roger Roger, Commander”), anche nei momenti più complicati (“I will try to keep the guilt separated from my temptation of blaming it all on me” in “5.47 p.m.”). Ma qui non c’è solo Adele: canzone dopo canzone, arrangiamento dopo arrangiamento, i giovanissimi Erica Lonardi (non ancora ventenne) e Marco Giudici sono diventati parte imprescindibile degli Any Other, ormai un trio a tutti gli effetti, capace di offrire soluzioni diverse andando oltre il classico pattern chitarra-basso-batteria (come in “Teenage”, in cui Marco suona anche il synth), o dando respiro a ogni dinamica e a ogni tema, compresa l’unica canzone d’amore dell’album, “Sonnet #4”. Si finisce con “To The Kino, Again”, appoggiata su una base di basso e batteria molto serrata che di colpo rallenta, si calma, per poi crescere ancora sul mantra finale, lo stesso che dà il titolo a questo esordio. Due giorni intensi per registrare tutto, a Ravenna, un po’ di tempo in più per mixare il disco a Milano e poi il master di Andrea Suriani (I Cani, Capra, My Awesome Mixtape): il risultato è qui e ha dell’incredibile, se si pensa alla loro giovane età e alla grande autonomia con cui i ragazzi hanno realizzato il disco, a dimostrazione che aver continuato a suonare alla fine è stata una scelta felice. Così felice da essere avvallata dalla nuovissima Bello Records che ha pubblicato Silently. Quietly. Going Away.

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Muse – Drones

Written by Recensioni

Quando uscì The 2nd Law, penultimo album degli inglesi Muse, le recensioni e i commenti dei fan non furono generosi. “Si sente troppo l’influenza dei Queen”, “statico e pacchiano”, “perché i riferimenti alla dubstep?”, “si sono allontanati troppo da quello che erano”. Sì, forse non era un album del tutto a fuoco, ma c’è qualcosa di peggio per una grande band del provare ad evolversi e non fare immediatamente centro: ripetere la versione standard di sé stessi per tentare di riacquistare punti agli occhi degli ammiratori mediocri. Drones non è un album brutto – d’altronde non potrebbe esserlo del tutto essendo i Muse a suonare-, ma non è un album che può farli stimare di più di prima, anzi. “Dead Inside”, “Mercy”, o “Defector” sono pezzi molto prevedibili per i Muse, ben confezionati ed eccellentemente suonati, percarità, ma di cui si possono trovare omologhi anche di miglior fattura nei primi album della band. Musicalmente il fil rouge dell’album, che ancora una volta è un concept su disumanizzazione, indottrinamento da parte del sistema e conseguente ribellione, è la potenza del suono, tiratissimo in pezzi come “The Handler”, e il ritorno alle chitarre. Con risultati alterni però: se “Reapers” rappresenta il pezzo migliore dell’album nonostante gli eccessi barocchi e virtuosistici, “Revolt” coi suoi riff potrebbe figurare anche in un album di Bon Jovi. Nell’ultima parte l’album rallenta un po’, lasciando spazio ad “Aftermath”, che suonerà come il perfetto inno da concerto in uno stadio (quando i Muse torneranno a farne), oppure “Drones”, unica traccia esclusivamente vocale ma soprattutto versione riarrangiata di Sanctus et Benedictus del rinascimentale Giovanni Pierluigi da Palestrina. Anche questo riferimento ad un periodo musicale tanto definito non è una novità nelle composizioni dei Muse. Sulla buona fede del progetto e del ritorno al Rock inteso in maniera più classica da parte della band non ci sono dubbi ma insomma, riassumendo, in Drones troviamo: il falsetto di Matthew Bellamy, suoni epici e piacevolmente tirati, riferimenti alla musica rinascimentale e barocca, strumenti suonati magistralmente, numerosi cambi di tempo e di tono, testi che invitano alla ribellione contro il sistema. Un settimo album che è un bignami dei Muse. Ma non un bignami della loro creatività, bensì di ciò che ci si può aspettare mediamente da loro.

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Streetambula Music Festival 2015

Written by Live Report

Streetambula festeggia tre anni di vita con una splendida metamorfosi. Nata nel cuore dell’Abruzzo con l’intento di promuovere progetti musicali emergenti e fornire un’alternativa alle tendenze che affliggono l’entertainment della provincia italiana a base di pub e balli latino americani, l’associazione con sede a Pratola Peligna si occupa da sempre di creare contatti tra band e gestori dei locali in zona. L’appuntamento fisso di fine agosto, un contest in cui si fronteggiavano otto formazioni provenienti da tutta Italia, diventa quest’anno una rassegna, in cui alle band emergenti si aggiunge un nome ormai tutt’altro che sconosciuto, i romani Thegiornalisti.
Cambia la foggia ma non le intenzioni. Senza lo stress della competizione e con una garanzia di visibilità data dalla presenza degli headliner, Streetambula continua ad essere una realtà pensata per poter offrire un’opportunità ai talenti nascosti tra le pieghe del mondo indipendente.
Il fatto che Rockambula Webzine sia intimamente connessa a Streetambula viaggia di pari passo con morbosità con cui la sottoscritta si impegna a presenziare alle grandi kermesse musicali internazionali. Se l’evento messo in piedi da Streetambula avanza la pretesa di chiamarsi festival, nonostante il mio coinvolgimento, pratico e sentimentale, sarà inevitabile confrontarlo con altri ben più noti e consolidati, di certo con le dovute proporzioni tra i metri di giudizio.

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Thegiornalisti | photo credits: Alessandro Baroni

Gli aspetti che distinguono una rassegna musicale da un semplice concerto dal vivo sono pochi ma essenziali: un luogo gradevole in cui intrattenersi a trascorrere l’intera giornata e poter assistere alle performance non necessariamente stipati sotto a un palco, uno o più artisti collaudati che invoglino il pubblico a prender parte, varietà nella proposta musicale collaterale che predisponga alle sorprese.
Il grande palco allestito in Piazza Garibaldi crea l’atmosfera giusta. Stand per cibo, alcolici e merchandise fronteggiano lo stage. Gli appassionati si palesano sin dalle prime ore del pomeriggio, per non perdersi neanche i sound-check. Quando il sole tramonta la piazza è già piena, tra i supporter delle band, i musicisti locali, le groupie di Tommaso Paradiso e i curiosi laici di ogni età.
Una scaletta rigorosamente studiata per ovviare ai classici problemi di orario con cui bisogna fare i conti quando la location è un centro storico viene stravolta in tempi record. Il lungo check dei Thegiornalisti sposta l’inizio delle performance, previsto per le 17.30, di quasi un paio d’ore. Gli ospiti d’onore si defilano poco dopo aver sbrigato le incombenze tecniche per ricomparire in piazza soltanto in tarda serata. Il dispiacere per l’assenza dei romani durante le performance dei sei gruppi che si esibiranno prima di loro diventerà vero e proprio disappunto quando scopriremo che anche a Streetambula avverrà ciò che spesso accade nei festival di ben altre dimensioni: nel corso di una serata all’insegna della qualità musicale la nota dolente finiranno per essere i nomi scritti in alto sul cartellone.

Rock in quantità e in molteplici declinazioni, dall’old school alla psichedelia, con un filo conduttore a base di New Wave a cui molte delle band che si succedono sul palco si dimostrano devote. Il risultato è una serata senza cali di tensione sostanziali, nonostante i minuti tagliati a ognuna di loro per ovviare al ritardo con cui viaggia il programma.

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The Last Project | photo credits: Alessandro Baroni

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Cento | photo credits: Paolo Antomarchi

Aperitivo a base di Alt Rock con The Last Project, formazione pavese che sfodera un sound decisamente internazionale con cantato in lingua inglese. In procinto di pubblicare un nuovo lavoro in studio, i quattro non sfuggono alle tentazioni del Pop, creando un piacevole impasto e buone premesse per l’intera serata. Segue la performance dei Cento che suona in perfetta linea con i colleghi. Altro quartetto, direttamente da Firenze, freschi di esordio, sfoderano percussioni decise e una propensione al Metal ma senza mai calcare troppo la mano. Giocano in casa gli A L’Aube Fluorescent, capitanati da Jacopo Santilli, voce e chitarra di una formazione incline alle trame sonore avvolgenti e raffinate. In versione live il timbro femmineo di Jacopo incide significativamente nel creare uno show energico e seducente. Concludono la scaletta ospitando sul palco Dr.Quentin, vecchia conoscenza di Streetambula Music Contest, che con la consueta disinvoltura coinvolge tutti i presenti.

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A l’aube fluorescente | photo credits: Paolo Antomarchi

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The Old School | photo credits: Paolo Antomarchi

Altri veterani a Streetambula, The Old School tornano con una line-up nuova e la consueta formula a base di Classic Rock, forse troppo cauta per una serata che è già decollata. Con i teramani I.Muri si torna al cantato in lingua madre, su un sound che deve molto all’Alternative italiana di fine anni 90 e che scivola spesso (e volentieri) in territori Psych. Menzione d’onore ai We Are Waves, torinesi con un paio di dischi all’attivo e la devozione per Robert Smith e soci, dichiarata esplicitamente con una cover di “A Forest” incastonata alla perfezione tra i brani del repertorio.

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I.Muri | photo credits: Alessandro Baroni

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We Are Waves | photo credits: Alessandro Baroni

Manca poco all’una di notte quando il Thefurgone torna in Piazza Garibaldi. I Thegiornalisti sono quel che ci vuole per chiudere l’estate, col loro Pop dal sapore demodè che ci ha scaldati a suon di tormentoni. Col tasso alcolico ormai raggiunto saltelliamo allegramente e accogliamo Tommaso Paradiso in un abbraccio collettivo quando scende dal palco per cantare “Promiscuità” in mezzo al pubblico come un novello Matt Berninger (parecchie tette sudate in circolazione, e scommetto anche più di una mano sul culo). Il repertorio fa presa anche sui più insospettabili, i profani apprezzano visibilmente, le orecchie più esigenti restano un po’ perplesse davanti a un massiccio utilizzo di basi ma partecipano ugualmente alla festa.

L’edizione si chiude con visibile soddisfazione di pubblico e organizzazione, ma con una punta di amaro in bocca davanti alla scarsa partecipazione degli special guests, sul palco, durante la serata, sul web. La loro presenza alle esibizioni che li hanno preceduti, se non scontata, era quantomeno auspicabile, in primis dai giovani colleghi ai primi passi di quello che è stato in fondo il loro stesso percorso. C’è da dire che una giovane realtà come Streetambula, che vive di passaparola e condivisione, avrebbe beneficiato notevolmente di una menzione sui social network della band romana, che nonostante l’assiduità nel pubblicare notizie in diretta dai palchi di tutta Italia ha saltato a piè pari la data di Pratola Peligna.
Nonostante tutto, il rodaggio è fatto. Aspettatevi grandi cose dalla nuova Streetambula.

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Thegiornalisti | photo credits: Alessandro Baroni

 

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Thomas Silver: tour in Italia e Francia a ottobre

Written by Senza categoria

Dopo il successo della data perugina dello scorso luglio, School Of Rock Milano è lieta di annunciare il ritorno di Thomas Silver per promuovere il suo primo full length album di prossima uscita con 5 date in Italia e 4 tappe anche in territorio francese (in collaborazione con Torpedo Production).

Italia
Mercoledì 14 ottobre @ Traffic Club, Roma
Giovedì 15 ottobre @ Alchemica, Bologna
Venerdì 16 ottobre @ Grindhouse, Padova
Sabato 17 ottobre @ Elyon, Rozzano (MI)
Domenica 18 ottobre t.b.a.
Francia
Giovedì 22 ottobre @ Mondo Bizarro, Rennes
Venerdì 23 ottobre @ Le Zebre, Paris
Sabato 24 ottobre @ Pinky Bar, Nommay
Domenica 25 ottobre @ La Marquise, Lyon
 

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“Dovresti Alzare il Volume” è il singolo di esordio di Sara Loreni

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“Dovresti Alzare il Volume” è il singolo di esordio di Sara Loreni ed anticipa l’uscita imminente di Mentha (Maciste Dischi, 14 Settembre 2015). La produzione artistica del brano, così come di tutto l’album, è a cura di Martino Cuman (Non Voglio che Clara) e si presenta come una perla synth pop, pur strizzando l’occhio in maniera sapiente all’alternative rock di St. Vincent e Tune Yards. La regia del videoclip è stata affidata a Stefano Poletti (Baustelle, Tre Allegri Ragazzi Morti, Tricarico…).

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The Soft Moon – Deeper

Written by Recensioni

Decidere di fare i conti con i propri demoni non è mai un lavoro facile; se poi scegli di passare questo tempo di pura introspezione tra la nebbia dei canali di una Venezia spettrale e misteriosa, fra anonime maschere e freddi stucchi è probabile che la tua anima nera e buia si amplifichi e si dilati tanto da farti cadere lentamente in un percorso buio e tortuoso di esplorazione e solitudine. Questo viaggio, espressione di una profonda interrogazione di sé, lo racconta The Soft Moon aka Luis Vasquez nel suo terzo album Deeper. Un disco introspettivo, nero, claustrofobico, che eredita molto dai precedenti lavori, ma che al tempo stesso fa un enorme balzo in avanti in termini di sperimentazione e innovazione. Post Punk ed Elettronica continuano a essere l’humus di base, al quale però si aggiungono brani che contengono vere e proprie melodie e un cantato d’ispirazione Pop. La Dark Wave, gli anni 80, i Depeche Mode, i Kraftwerk, i Nine Inch Nails, il Kraut Rock, Minimal Man e l’Industrial e qualcosa dei Tear For Fears non sono altro che fili nelle mani di un esperto burattinaio, che con maestria confeziona undici tracce intese, catartiche, ansiogene, a tratti rabbiose, spesso sospese e rarefatte. L’atmosfera generale è dark, opprimente, seriale, il ritmo è uno degli elementi decisivi, cuore e veicolo di tutti i brani, martellante e sincopato in “Black”, modulato, esotico e primordiale nelle percussioni di “Deeper”, elettronico, ricco di bassi e danzereccio in “Feel”. Il tutto è sapientemente condito da synth distorti, incursioni martellanti di ronzii e sirene, suoni robotici, voci effettate, echi e riverberi. Tra gli undici brani le tracce più sperimentali sono “Try” dal sapore vagamente decadente e distante,  “Without” dove per la prima volta il piano e la melodia sono protagonisti e “Wasting”, che riesce a trasmettere il senso di solitudine e distacco di una base strumentale con un cantato delicato. Il gran finale, la risalita dopo la caduta, è affidato a “Being”, che ci lascia con un’ineluttabile verità e un nastro, che nel suo continuo riavvolgersi, ripete in maniera ossessiva “I can se my face”. Luis Vasquez ha realizzato un album inteso e coinvolgente, estremamente autobiografico e per questo maledettamente vero.

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Lady Rose: l’album di debutto del chitarrista bresciano Red Morris

Written by Senza categoria

Uscirà il 28 Settembre 2015 Lady Rose, il debut album del chitarrista bresciano Red Morris. Affidiamo la descrizione del disco alle parole del leader Maurizio Parisi (a.k.a. Red Morris): “Lady Rose è un album che affonda le sue radici in un clima Rock dalle sonorità Progressive degli anni ’80; le tracce interamente strumentali di questo CD lasciano spazio alle esecuzioni e ai virtuosismi dei singoli componenti che hanno collaborato all’arrangiamento dei brani. Il progetto nasce da idee strumentali maturate in me già in età giovanile, dove i mezzi e le disponibilità di allora non permettevano la realizzazione di un disco. La perseveranza di voler produrre un album di alta qualità strumentale rimase dentro di me fino al 2014, anno in cui incisi delle tracce demo di alcuni brani inediti di mia composizione che attirarono l’attenzione anche del mio amico batterista Claudio Amadori, il quale fin da subito credette nel progetto. Claudio si mise alla ricerca degli altri strumentisti per completare la line-up. Il primo a venire coinvolto fu Renato Mombelli, bassista, il quale espose il progetto all’amico tastierista Beppe Premi

Tracklist:
1. Golden Angel
2. Lady Rose
3. Mystery
4. Independence
5. Black’s Eyes
6. Celtica
7. My Life Blues (Go Go)
8. My Sea’s Echoes

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Yours, Dreamily: l’Album di debutto dei The Arcs

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L’album di debutto di The Arcs Yours, Dreamily è uscito venerdì 4 settembre su etichetta Nonesuch Records. The Arcs sono Dan Auerbach, Leon Michels, Richard Swift, Homer Steinweiss e Nick Movshon. Nell’album sono presenti anche Kenny Vaughan e Mariachi Flor de Toloache.
Come ha spiegato lo stesso Auerbach, non sarebbe giusto considerarlo un progetto solista perché “non sono stato solo io a renderlo speciale. Quando ci troviamo insieme con gli altri c’è un’ alchimia speciale. Nel corso degli ultimi 5 anni abbiamo scritto 50 o 60 pezzi, perché per me funziona così, ho sempre amato suonare con altri musicisti, fin dall’inizio dei Black Keys, e ho sempre creato musica con altre persone”.
Il risultato finale sono i 14 brani di Yours, Dreamily, dove i musicisti hanno ricoperto diversi ruoli sia a livello strumentale che vocale. Co-prodotto da Auerbach e Michels, l’album è stato registrato in due settimane circa di sessioni spontanee e informali attraverso gli USA al Sound Factory di Los Angeles, al Diamond Mine nel Queens, agli Easy Eye Sound di Auerbach a Nashville e in una lounge room all’Electric Lady di Manhattan. Tchad Blake ha mixato l’album nella sua fattoria in Galles. La voce e la chitarra di Auerbach sono sempre riconoscibili in un album ricco di sonorità diverse, ma perfettamente omogenee nell’insieme.

Yours, Dreamily, track list:
1.Once We Begin (Intro)
2.Outta My Mind
3.Put a Flower in Your Pocket
4.Pistol Made of Bones
5.Everything You Do (You Do for You)
6.Stay in My Corner
7.Cold Companion
8.The Arc
9.Nature’s Child
10.Velvet Ditch
11.Chains of Love
12.Come & Go
13.Rosie (Ooh La La)
14.Searching the Blue

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Il Boom – Così Come ci Viene

Written by Recensioni

Progetto discografico nato dalla collaborazione tra il compositore e musicista Raffaele Rinciari e il poeta e autore Eugenio Ciuccetti, Il Boom esordisce con dieci tracce di una canzone d’autore da Easy Listening leggerissimo e Jazz, tra batterie spazzolate, inserti di sax e synth non invadenti, contrabbassi groovy e pianoforti ballerini. Sorprende (in negativo) l’impalpabilità dei brani a livello lirico. I testi suonano scolastici e superficiali (anche quando tentano di sembrare più impegnati, per esempio in “Umani”: “è già stato un gran casino con le bombe nucleari / con le guerre calde e fredde / le conquiste coloniali / poi il benessere è arrivato / con la democrazia / l’ottimismo del progresso / e della fantasia”. Versi che giudicare pressapochisti è un complimento).

Riescono meglio quando si lasciano andare alla leggerezza giocosa, ironica, senza pretese, quasi favolistica (“Il Destino non Esiste”, “La Vita È Fatta Così”, “Parco Sempione”) ma anche lì, purtroppo, pochissime scintille. È insomma quella musica (piacevole quanto si vuole, senza dubbio composta e suonata con tutta la professionalità e la competenza del caso) che si fa ascoltare, ma non lascia granché. Un plauso agli arrangiamenti, molto ben calibrati per il genere, ma la comodità d’ascolto non basta: Così Come Ci Viene è un disco che si sforza troppo d’essere simpatico a tutti i costi e dopo un po’ mi risulta stucchevole, senz’anima. In ogni caso, come cantano in “Punti di Vista”: “Ciò che fa grande un artista / sono soltanto opinioni / banali punti di vista”.

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Il Video della Settimana: Paolo Tocco – “Da Questo Tempo che Passa”

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Delicato quanto intimo, dai sapori francesi che restituiscono alla mente quel retrogusto di chitarre di Pierre Bensusan, rivestendo di gustosi dettagli che solo il dialogo armonico tra una chitarra classica 7 corde e una fisarmonica sa come restituire. Si intitola “Da Questo Tempo che Passa” ed è il quarto video estratto dal nuovo disco del cantautore abruzzese Paolo Tocco dal titolo Il Mio Modo di Ballare. Questa volta un brano decisamente inserito nello scenario della classica canzone d’autore italiana, niente radio e brani dagli incisi forti che si fanno ricordare. Un piccolo scrigno in cui custodire l’intima esperienza di una malattia, quella di un padre come quella di tanti, i suoi pensieri a volte scomodi a volte romantici, a volte ironici a volte drammatici, quelli utili da fare per lasciar passare il tempo che tanto va bene lo stesso e quelli pronti ad esorcizzare una condizione con cui è difficile convivere. Il quarto video per continuare a tener alta l’attenzione verso un disco davvero ben accolto dalla critica di settore e non solo. A breve anche le prime date live. Sul palco una piccola sezione acustica e nuovi arrangiamenti per un disco prodotto stando attenti a curare ogni minimo particolare.


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Daniel Norgren, in Italia a Febbraio per due date

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Daniel Norgren, cantautore svedese, originario di Borås, annuncia il suo arrivo in Italia con The Green Stone. Preannunciato dal singolo “I Waited For You”, il nuovo lavoro, in uscita il 16 Ottobre per Superpuma Records, arriva a soli 6 mesi di distanza da Alabursy.
The Green Stone è un disco molto personale che evoca le immagini familiari di Norgen: la sua casa, le persone che ama e di cui sente la mancanza.

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