Aprile, 2014 Archive

Il Video della Settimana: Verily So – “To Behold”

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“To Behold” è il primo estratto da Islands nuovo disco dei Verily So in uscita il 3 Giugno sotto etichetta V4V Records e W//M. Dalle sonorità più compatte e Shoegaze, arriva al termine di un periodo che ha visto i singoli membri della band dedicarsi a progetti paralleli (Luca ha dato vita a Barrens, Simone a Small Giant e Marialaura ha scritto canzoni per un progetto di prossima pubblicazione) e l’ingresso nella formazione di Antonio Laudazi (Orhorho) alla batteria. Il concept, non cercato, è quello dell’incomunicabilità: da qui Islands, sinonimo lampante di lembi di terra alla deriva, ognuno per sè. Islands è il primo disco dei Verily So scritto ed arrangiato interamente dalla band al completo ed il suono è il frutto delle lunghe sessioni in sala prove: più distorto, Wave, Shoegaze, un panorama che sacrifica all’altare del feedback l’aspetto più Folk del progetto.

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Max Navarro in studio per il nuovo album.

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Max Navarro è pronto a tornare con un nuovo album. A darne notizia è stato lo stesso rocker italo-canadese con un messaggio ai fans lasciato sul suo profilo facebook. Nove nuove tracce che andranno a confluire nel suo quarto album ufficiale di cui ancora non si conosce il titolo, e che vedrà la luce verso la fine dell’anno o ad inizio 2015 per l’etichetta Cherry Lips Records. Molti i cambiamenti a livello di line-up rispetto al passato con l’uscita dalla band del batterista Simone Morettin – passato agli Elvenking – e del bassista Jack Novell, rimpiazzati rispettivamente da Alex Parpinel e Danny Pollìci. Al fianco di Navarro sono invece rimasti il chitarrista John Paul Bellucci e il produttore Nick Mayer.

Abbiamo ultimato la pre-produzione lo scorso gennaio, ma ci siamo presi un paio di mesi per lasciar sedimentare alcune idee – commenta Navarro -. Sarà un album meno ruvido rispetto al precedente “Hard Times”, ma non per questo meno rock. Quello era un disco arrabbiato, questo lo definirei più distaccato: non che il mondo negli ultimi due anni sia cambiato in meglio, anzi; forse sono semplicemente io che cerco di guardarlo con maggiore serenità”.

Per le registrazioni Navarro ha scelto l’Italia, affidandosi all’Angel’s Wings Studio di Nico Odorico: “In Italia ci sono ottimi professionisti, e non è necessario guardare per forza all’estero. Con Nico c’è grande sintonia. Avevamo lavorato assieme anche negli ultimi due album, ma solo per i mixaggi. Ora invece ho deciso di affidargli interamente le chiavi del disco. Un motivo in più per aspettarsi grandi cose”.

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The Chromosomes, il nuovo video!

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Amanti del Punk Rock! Ecco una sorpresa per voi, il nuovo video dei Chromosomes “Siesta Forever” (realizzato da Diego Caldari). Estratto dall’album Yes Trespassing (Inconsapevole / Waterslide Records 2013). E allora buona visione!

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Gasparazzo, un live per la Resistenza

Written by Live Report

Sabato 12 aprile 2014 presso il Teatro Nuovo di Teramo si è esibita la band emiliana dei Gasparazzo. Si tratta, in realtà, di un ritorno a casa per due dei membri della band, Generoso Pierascenzi (chitarra) e Alessandro Caporossi (voce) in quanto originari del capoluogo, e in generale per il sodalizio emiliano-abruzzese, che si esibisce con una certa frequenza nella provincia teramana. I Gasparazzo si sono presentati al pubblico con un nuovo disco prossimamente in uscita, (“Mò Mò”) e una band rinnovata rispetto alla formazione del precedente lavoro; cambio di bassista con il contrabbassista pescarese Roberto Salario (che sostituisce Marco Tirelli) ed entrata in pianta stabile di una vecchia conoscenza per il gruppo: il fisarmonicista reggio-salernitano Giancarlo Corcillo; è stata confermata, inoltre, la presenza del batterista emiliano Lorenzo Lusvardi, una certezza imprescindibile per la band.

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Il concerto ha avuto luogo in un ambiente molto raccolto, impreziosito da immagini tratte da grandi film del passato e da una scenografia minimale: numeroso e caldo il pubblico che vi ha partecipato. Lo spettacolo ha avuto un carattere per lo più acustico componendosi di soli contrabbasso, chitarra acustica, batteria e fisarmonica, oltre al kazoo e a percussioni varie, nel quale i cinque hanno dato sfoggio per l’ennesima volta della loro grande versatilità e padronanza tecnica. Nella prima parte i Gasparazzo hanno ripercorso il loro grande impegno civile ed artistico vicino alle istanze della Resistenza, quasi epiche ormai, attraverso canzoni come “Campazzo”, “Le Staffette”, “Rosso Albero” e un superba versione di “Villa Emma”, dove emergono, come rocce millenarie dal terreno, storie di eroismo quotidiano che hanno avuto come scenario l’Appennino e la pianura emiliana, e come sottofondo esistenziale ideali di fratellanza e tensioni utopiche.

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Nella seconda parte invece si è preferito dare largo spazio ad alcuni brani del nuovo disco (“Centopelle”, “Michelazzo” e “La Tromba di Eustachio”) con l’inframezzo di un rapido excursus nel recente passato (“Obiettivo Sensibile”) e un deciso tuffo nel primo album (“Siesta”, “El Loco”, “Mesci ddo Tazze e Rulla nu Truzz”, “La Margherita dell’Amor”, “Lu Lupe”, “Solami”), nel grande entusiasmo generale. Il concerto e il nuovo lavoro sono un chiaro cambio di atmosfera e di direzione rispetto a quanto fatto precedentemente e manifestano un deciso ritorno al passato, verso le sonorità Folk Rock e i testi più densi di “Tiro di Classe”. Un consiglio: se vi capita, non perdetevi la perfomance della band, decisamente di grande spessore e sicuramente la dimensione nella quale i Gasparazzo danno il meglio di loro stessi.

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L’evoluzione storico/tecnica del Record Producer. Sesta Parte.

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Management del Dolore Post Operatorio (+ Borghese) 28/03/2014

Written by Live Report

A noi abruzzesi piace molto vantarci del fatto che abbiamo mare e montagna a pochissima distanza l’uno dall’altra. Salvo poi dover arrivare nel giro di mezz’ora da L’Aquila alle estreme propaggini settentrionali del teramano, che saranno anche poche decine di chilometri ma il percorso da affrontare è una specie di videogame, con tunnel che squarciano il Gran Sasso, pieni di uscite di sicurezza di quelle belle grandi da cui da un momento all’altro spunterà il mostro da sconfiggere per passare al livello successivo, e poi curve a gomito, buche, segnaletica vaga e traditrice. Come se non bastasse, sprezzanti di ogni pericolo io e la Bionda (noto personaggio del circuito underground della provincia di Pescara, la chiameremo così per tutelarne la privacy) decidiamo di partire senza l’ausilio di quelle piccole grandi tecnologie che sono oggi alla portata di tutti. Leggasi navigatore satellitare. Prima però che mi immaginiate come una specie di Indiana Jones coi tacchi alti a bordo di una Panda, taglio corto e confesso che il mio smartphone era completamente scarico, perché delle due io sono quella sfigata, mentre lei ha impiegato l’intero tragitto a capire come usare il suo, perché lei è quella bionda e il cliché vuole sia quella scema.

Stasera si gioca in casa. Palco abruzzese, artisti abruzzesi. La Bionda è molisana ma non stona, ‘che tanto al nord sono ancora convinti che siamo un’unica regione. Parlare di irriverenza per descrivere l’evento è quasi un eufemismo. Gli headliner sono una band che per l’artwork del proprio ultimo album ha scelto un’opera di un artista che raffigura Mao Tse Tung truccato da Ronald McDonald. Come se non bastasse, l’opening act è affidato a un cantautore che ha rivisitato in chiave grottesca ma tristemente attuale l’inno partigiano per eccellenza. Eccolo McMao, in bella vista sullo stage del Dejavù. Artisti e realtà live di Marche e Abruzzo sono in crescita costante e proporzionale. Insomma, da queste parti vale sempre la pena affrontare un paio di chicane se alla fine del circuito vi aspetta un live show. Il pubblico è in trepidante attesa dei MaDeDoPo ma Borghese, per l’occasione con un set minimalelectro, cattura l’interesse con i brani del suo esordio, L’Educazione delle Rockstar. Su una insolita versione Elettro Rock di “Ma che Freddo Fa” le ragazze iniziano persino a ballare. Una di loro accanto a me dopo un minuto di ascolto esclama entusiasta rivolta all’amica “Aaahh sì! Quella dei Modà!”, ma questa è un’altra (triste) storia. “Bella Ciao” in chiusura genera le reazioni contrastanti già manifestatesi tra i commenti su Repubblica XL dopo l’uscita del videoclip in anteprima un paio di mesi fa: chi ne coglie l’amara ironia al primo ascolto già intona il ritornello, mentre un tipo grida indignato i versi dell’originale. Ironico che un fraintendimento tanto reazionario nasca in difesa del movimento partigiano.

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Un rapido cambio e sul palco arrivano i Management. L’euforia con cui li accolgono la dice lunga su quanto ormai siano indubbiamente una delle più grosse novità del panorama musicale nostrano. Merito di questo secondo disco (McMao) o della trovata di Luca Romagnoli di tirarsi giù i pantaloni in mondovisione a una manciata di minuti a piedi da Città del Vaticano? Per stasera mi tengo il beneficio del dubbio e mentre ci penso mi godo lo show di un tipo che sembra nato per essere un frontman, qualunque sia la cosa che gli sta alle spalle. Un timbro vocale che poco ha a che vedere con l’intensità del cantautorato italiano, ma che traina il pubblico come un performer di quelli con un paio di greatest hits all’attivo: qui si poga già dal primo pezzo (“Il Cinematografo”, anche gli astuti MaDeDoPo sulla scia del clamore dell’Oscar a Sorrentino), e cantano proprio tutti. Il che non è così scontato. Ai concerti di Vasco Brondi cantano solo le donne, per dire. I quattro proseguono a ritmo serrato intervallando brani di Auff!! ai nuovi, “Marilyn Monroe” e poi “Hanno Ucciso un Drogato”, introdotta da una invettiva contro le forze dell’ordine – molto più probabile che Romagnoli li abbia chiamati sbirri – che quanto pare è una tematica ricorrente (anche in Auff avevano un paio di cose da dire ad un “Signor Poliziotto”) e i presenti sembrano condividere appieno e lo dimostrano prendendosi a spallate più convinte.

La realtà è che ad essere convincente è l’intero progetto MaDeDoPo. Strampalati ad ogni costo, si beffano della normalità, o per meglio dire della presunta tale, bocciano ogni forma di futuro prossimo e anteriore e lo gridano forte, ma l’astuzia sta nel farlo con un sound easy e immediato. Miscelalo con una sezione ritmica martellante, aggiungi testi sfrontati, non scontati e ben mirati a ficcarsi nelle teste dei più, avvolgi il tutto con quell’aria goliardica da Punk pagliacci vestiti da hipster, ed ecco che hai messo tutti d’accordo. Sì, un paio di punti li conquista per loro il batterista con la sua felpa rossa con motivo paisley: il mio obiettivo nella vita da domani sarà averne una uguale. La dimensione live è senza dubbio quella in cui i Management danno il meglio. Quando parte “Sei Tutto il Porno di cui Ho Bisogno”, l’anthem è un boato unanime, ma anche brani di McMao come “La Pasticca Blu” e “James Douglas Morrison” sono già celebri tra i seguaci. Il Deja Vu è così pieno che scoppia, la zona mixer è praticamente sotto assedio, ed ecco che l’impianto salta. Un vero frontman sa che non bisogna concedersi tempi morti, ed ecco che Luca coglie l’attimo di silenzio per lanciarsi in aria in uno stage diving che neanche Iggy Pop nella sua forma migliore, e dico in aria perché il palco è in realtà una pedana di venti centimetri e a Iggy non sarebbe mai venuto in mente.

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Le brevi interruzioni sono solo quelle tecniche, per il resto i ragazzi non si risparmiano. “La Rapina Collettiva”, “Auff” e anche “Fragole Buone Buone”, che è proprio quella di Luca Carboni, una insolita scelta coverizzata e inclusa in McMao a sottolineare il fatto che non bisogna pensare di aver capito di che pasta sono fatti i Management, arriverà sempre una mossa che non ti aspetti. Mentre navigo tra la folla verso il fondo della sala in cerca di una birra sulle note di “Norman”, mi sorprendo in una bizzarra connessione mentale e ricordo un aforisma di Nietzsche sull’espressione “prendere sul serio”. Tre parole correntemente messe in fila che così disposte veicolano un insano pregiudizio circa l’impossibilità di ridere e pensare contemporaneamente. Che speranza abbiamo di sopravvivere al quotidiano senza l’arma dell’ironia? Conquisto una 0.2 e resto in ascolto nelle retrovie. Questo Alt Rock impegnato nei temi e paraculo nei modi mi appare la lingua migliore che rimane alla generazione di quelli cresciuti con tutto, e con la convinzione che lo avrebbero avuto per sempre, per poi ritrovarsi adulti nell’epoca in cui ogni cosa è inevitabilmente a termine.

Lasciateci cantare il nostro scazzo esistenziale mentre ci divertiamo a saltellare sugli stilemi del Rock, conditi di elettronica ma neanche troppo, giusto quel tanto che ci faccia sentire europei. Possibilmente con della birra a portata di mano. E che Nietzsche mi perdoni per averlo tirato in ballo nel raccontarvi di un concerto in provincia di Teramo.

Pics by Ilaria | Jela photo | https://www.facebook.com/pages/Jela-photo/317280911635779?fref=ts

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Death SS – Resurrection

Written by Recensioni

C’è poco da fare, quando si parla di Steve Sylvester e dei suoi Death SS si spendono solo belle parole, questo perchè si va incontro alla garanzia e ci si imbatte in un marchio di fabbrica registrato. E’ vero che per la storica band tricolore gli ultimi anni sono stati poco positivi, non per questo sono reduci da una “sorta” di scioglimento e la reunion è avvenuta proprio grazie a Resurrection (la loro nuova fatica nonché oggetto principale della nostra recensione). Ogni opera dei Death SS ha sempre una singolare caratteristica che distingue il nuovo disco dal precedente; da sempre la loro bravura sta anche nel far differenza addirittura tra i pezzi stessi dell’album, ogni traccia rappresenta un’esperienza diversa, Resurrection ne è la prova. La proposta della band è la solita: Heavy Metal di alta qualità con riff, assoli, eleganti giri di chitarre e superlative atmosfere, nulla è messo da parte e i tanti anni d’ esperienza di Steve e soci hanno un peso specifico notevole. Come già detto in precedenza ogni pezzo ha un proprio punto di forza, una particolare caratteristica che rende particolarmente unica la produzione dei Death SS, una sorta di continua attrattiva verso ogni singola proposta del platter. “Revival”, ovvero la traccia d’apertura, è quella più elettronica dove l’ uso degli effetti e delle tastiere è davvero consistente, caratteristica presente anche in altri pezzi come “The Darkest Night” e “Star in Sight”.

Il contributo di Freddy Delirio è stato a dir poco fondamentale. “The Crimson Shrine” e “Dionysus” sono atmosferiche ballate che strizzano l’occhio al Gothic, anche in questo caso la band mostra chiaramente le mille sfaccettature di Resurrection, non tralasciando mai però le salde fondamenta dell’Heavy Metal. Un plauso speciale va alla coppia Freddy Delirio e Glenn Strange che, più di una volta, si rivelano parte fondamentale del disco, ascoltare la cupa e tendenzialmente horror “Ogre’s Lullaby” per rendersene conto. Passiamo ad un altro brano forte del disco di Steve Sylvester, si tratta di “Santa Muerte”, una song aggressiva che sfodera probabilmente i più bei riff dell’intero supporto. Resurrection è un lavoro dai mille volti, la genialità di Mr. Sylvester ne esce alla grande, è facile comprendere l’estro artistico di un artista dalle larghe vedute. Questi Death SS dopo tanti anni sono ancora in grado di sbalordire il pubblico, senza troppi giri di parole sono una vera e propria garanzia del genere in Italia.

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I Ravenscry presentano il nuovo video

Written by Senza categoria

I Ravenscry hanno scelto “Missing Words” come primo singolo per presentare il loro nuovo album The Attraction of Opposites, in uscita il 27 maggio. Il video è stato girato da Salvatore Perrone (DevilDriver, Fleshgod Apocalypse, Empyrios, Serenity) alla centrale idroelettrica Alessandro Taccani di Trezzo sull’Adda (MI).
Sul sito dei Ravenscry sono disponibili le prevendite del nuovo album The Attraction of Opposites, che tramite un codice daranno diritto a scaricare l’album in formato digitale a partire dal 27 maggio. Chi acquisterà la prevendita, avrà diritto a ricevere anche la copia fisica, senza costi aggiuntivi.

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“Il Mea Culpa Tour” di Clementino farà tappa domani al Club EmmE 20 di Collecorvino PE

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Clementino sarà in concerto al Club EmmE 20 di Collecorvino (Pe) il prossimo 24 aprile nell’ambito del suo “Mea Culpa Tour”: cambio di location e data dunque per l’evento inizialmente previsto a Castel di Sangro l’11 aprile. Dopo il primo live di Napoli lo scorso 28 febbraio che ha registrato un grandissimo successo di pubblico, Clementino sta girando l’Italia ed arriverà anche in Abruzzo per l’unica tappa in regione del suo tour. La scaletta del live è un mix fra le hit dell’ultimo album ed i brani più importanti tratti dai suoi precedenti lavori: sarà l’occasione per ascoltare “O’vient”, “Fratello”, “Amsterdam”, “Ci Rimani Male”, “Alto Livello”, “Rovine”, “La Luce”, “Beat Box”, “La Mia Musica”, “Harlem Shake”, “Il Re Lucertola”, “Toxico”, “Quei Bravi Ragazzi”, “Pianoforte a Vela” . Abile e virtuoso freestyler, artista versatile e talentuoso con quella attitudine a calcare il palco che meglio lo rappresenta, Clementino in pochi anni si è imposto come uno dei rapper più interessanti della scena Hip Hop contemporanea. Ottimo performer, nell’estate 2013 apre i concerti di Jovanotti negli stadi di Salerno e Palermo catalizzando l’attenzione delle migliaia di persone presenti. Il suo terzo album, “Mea Culpa”, uscito per Universal lo scorso 28 maggio 2013, è entrato al quarto posto della classifica FIMI. Il disco comprende al suo interno prestigiose collaborazioni con artisti del calibro di Fabri Fibra, Meg, Jovanotti, Negrita, Marracash, Rocco Hunt e Il Cile. “Mea Culpa” è stato anticipato dal primo singolo “O Vient”, diventato uno dei brani più trasmessi dalle radio nel 2013, sei milioni di views su YouTube, a cui ha fatto poi seguito il singolo e il video di “Fratello” con la straordinaria partecipazione di Jovanotti. Per l’occasione è stato realizzato anche un video, dove Clementino e Lorenzo si scambiano suoni e parole a distanza in scenari tra l’Italia e il Brasile: il contributo di Lorenzo è stato infatti realizzato da Rio de Janeiro durante il suo tour in Sudamerica. Il singolo e video attualmente in programmazione, “Buenos Aires / Napoli”, vede la presenza dei Negrita: prodotto da Shablo, contiene un campione del loro singolo di successo “Rotolando verso Sud”. “Mea Culpa” ha sonorità che guardano al grande pubblico, ma senza snaturare la matrice Hip Hop. Amore e sentimenti del mondo di oggi e della vita dell’artista i temi delle liriche, con Napoli sempre nel cuore. Clementino raggiunge in questo suo ultimo lavoro discografico il giusto compromesso fra underground e mainstream: si mostra rapper ma anche interprete di una musica più orecchiabile, riuscendo ad essere sempre credibile e fedele a se stesso.

Il concerto di Collecorvino è organizzato da Eventi e Concerti Live.
Prevendite negli abituali punti vendita Ticketone e Ciaotickets, costo del biglietto 17.00 € + d.p.
Inizio concerto: ore 22.30
Sono previsti bus navetta in occasione dell’evento da Chieti (tel. 327.5711243) e Pescara (tel. 328.3712302) .
Info: 360913394 – info@eventieconcertilive.it

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Dead Cat in a Bag – Late for a Song [STREAMING + FREE DOWNLOAD]

Written by Anteprime

I Dead Cat in a Bag si formano a Torino circa 7 anni fa. L’idea di base è quella di riattualizzare e personalizzare il cantautorato oscuro della vecchia scuola ibridandolo con la propensione al paesaggio sonoro, alla trasversalità degli arrangiamenti, alla sincerità della confessione, passando attraverso le influenze più disparate (oRSo, Calexico, John Cale, A Hawk and a Hacksaw, Pogues, HoweGelb, Jacques Brel, GyorgyKurtag).

Late for a Song è il  nuovo, secondo disco dei Dead Cat in a Bag che segue il primo album, Lost Bags. Agli strumenti tradizionali ed etnici come banjo, balalaika, mandolino, dobro, violino, contrabbasso, fisarmonica, tromba, sega musicale, ukulele, armonium e pumporgan si uniscono chitarre elettriche, un moog, strumenti autocostruiti, percussioni metalliche, campionamenti, un piano preparato e una vena di elettronica sfumata su suoni ambientali, per un viaggio che tocca Francia, America, Messico e Balcani, tra Blues da palude, Folk , Post Rock e musica kletzmer e fado, cantato con metrica, rime e teatralità nella lingua del Country.

Di seguito trovate la tracklist, lo streaming e il download gratuito

01 – Not Even More
02 – Nothing Sacred
03 – Ravens at My Window
04 – Zapóźnonapiosenkę
05 – Silence is not Pure
06 – The House of the Rising Sun
07 – Unanswered Letters
08 – Trop Tard pour une Chanson
09 – Old Shirt
10 – Wanderer’s Curse
11 – Once at Least
12 – Just Like Asbestos
13 – It’s a Pity
14 – Tarde
15 – All Those Things

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La Band della Settimana: Melissa Swam

Written by Novità

I Melissa Swam nascono a Siracusa nell’estate del 2012 da un’idea di Walter Nicastro e Alessandro Aglianò, rispettivamente batteria e chitarra acustica e presto la formazione si completa con l’arrivo di Lorenzo D’Antoni al basso, Salvatore Canto alla voce e infine Andrea Paganucci alla chitarra. Il 17 Dicembre 2013 è il giorno di debutto ufficiale di Rimozione Forzata nei maggiori digital stores (Amazon, Itunes, Spotify, Nokia Store, deezer, AOL). Il primo singolo estratto, “Cambio Forma, rilasciato il 14 Gennaio 2014, attira da subito l’attenzione di molte radio a livello Nazionale ed il gruppo riceve sin da subito l’apprezzamento di webmagazine e webtv. Il video di “Cambio Forma” viene eletto come “Videoclip della Settimana” su Rockambula.it.

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Disumana Res – Disumana Res

Written by Recensioni

Ho sentito parlare di una creatura mitologica in grado di risorgere dalle proprie ceneri. Ecco la mia primissima impressione: i Disumana Res sono come la fenice, solo un po’ più industriale. La band nasce fra Roma e Bologna circa un ventennio fa, proponendo due demo tape per un totale di nove titoli a contenuto puramente metallico: Worms e September 1996 datate ben 1996. Il disco oggetto di analisi è dunque un mero pezzo di antiquariato, scritto e lavorato nel lontano 1998. Mai pubblicato. Trascorrono sedici lunghi anni ed il trio si affida all’abile mano di Nicola Manzan (Bologna Violenta), che, attraverso un mastering ben pensato, spolvera il disco, evitando di stravolgerlo completamente. Ne risulta così un album piuttosto pulito, che ben mantiene la linea impostata sedici anni fa. Ed è grazie a questo enorme supporto che il 24 marzo 2014 viene ufficialmente pubblicato l’album di esordio dei Disumana Res. Titolo? Semplicemente Disumana Res. Di voce e programmazione se ne occupa AB, mentre alla chitarra e al basso troviamo rispettivamente MC e RS. Ma veniamo al contenuto vero e proprio del lavoro.

Il disco apre con “War On Bodies”, breve, potente e…banale. Il classico giro “cattivo”, che stacca in modo rigido per riproporsi un numero di volte sufficiente a far entrare in scena la dura voce di AB, sulla quale (a parer mio) vanno spese almeno un paio di parole. Non che io sia un esperto al riguardo, ma negli anni ho accumulato un po’ di esperienza, degustando le più svariate vene Metal. Sin dal primo ascolto, non ho potuto fare a meno di notare una voce incredibilmente forzata, sporca, che a tratti sembra funzionare, ma che nel complesso non calza come dovrebbe. Grave punto di debolezza, considerando lo strumentale ben pensato ed abbastanza riuscito. Con l’amaro in bocca, si passa così all’ascolto della traccia numero due “Still”, che, fatta eccezione per l’intro che scorre perfetta, propone nuovamente un sound già conosciuto e assaporato. Nulla di nuovo sotto il sole, dunque. Riff potenti, stacchi rigidi e voce sporca. Ed il gioco continua sino a naufragare e trovare appiglio in “Worms” (Track #5), che funge da muro separatore. Alle sue spalle troviamo la musica banale e statica, quanto pesante, di cui prima accennato, mentre al di là della quinta traccia si intravede uno spiraglio di speranza, che salva la band in calcio d’angolo. Finalmente, dunque, la mia testa inizia ad oscillare su e giù a seguire il ritmo pressante di una traccia che sembra sapere il fatto suo. La musica si elabora attraverso un utilizzo maggiormente sapiente della batteria elettronica, che sembrava appena considerata nella parte uno dell’album.  Seguono così a ruota due pezzi di notevole spessore, quali “Return to Nothingness”, nel quale AB inizia finalmente a sfruttare la propria voce attraverso sapienti giochi e passaggi di stile e “Beyond the Fall”, in cui la musica prende il sopravvento e finalmente ci propone  un sound degno di nota. Attraverso una “cassa”  che rimbalza costantemente, lunghi e lenti giri di chitarra e bassi molto ben distorti, i Disumana Res riescono ad allestire un’atmosfera cupa al punto giusto, donando al disco un finale che sa quasi di rigore.

L’ascolto del disco, indubbiamente, rispolvera vecchi ricordi, portando alla mia mente sound di fine anni ‘80 quali Fear Factory ed addirittura Sepultura, ma rimaniamo ancora ben lontani dal poterci permettere paragoni in senso stretto. In sostanza, resto molto deluso. Un’attesa così lunga per ritrovarsi con un pugno di mosche fra le mani. Se avessi dovuto esprimere la mia riguardo la sola prima metà dell’album, avrei buttato giù un testo che avrebbe trovato la sua estrema sintesi in un 3/10. Tuttavia non posso non tener conto del disco nel suo complesso ed ammetto che i Disumana Res hanno ben sfruttato il rigore, spiazzando il portiere e guadagnando un paio di punti extra. Fallisce però (ahimè) l’obiettivo di raggiungere la sufficienza.

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