SPRINTS – Letter to Self

Written by Recensioni

Esplosivo ed incendiario, il debutto della band irlandese esorcizza il disagio interiore attraverso una manciata di irresistibili inni garage punk.
[ 05.01.2024 | City Slang | garage punk, post-punk ]

Debuttare su lunga distanza dopo un pugno di singoli ed EP interessanti è sempre un passo delicato. Farlo poi ai primi di gennaio, quando i musicofili di ogni dove sono ancora intenti a digerire la miriade di classifiche di fine anno uscite poco prima, probabilmente aggiunge ulteriore pathos al tutto.

Del resto, agli SPRINTS non manca certo il coraggio, né la voglia di mettersi seriamente in gioco. La band irlandese (che, a dirla tutta, è una nostra vecchia conoscenza, dato che ne avevamo già scritto qui e anche qui) è arrivata all’esordio su LP con un carico di aspettative non indifferente, ma la cosa non sembra averla scalfita più del dovuto.

Affidato alle sapienti mani dell’instancabile Daniel Fox (Gilla Band), Letter to Self prosegue sulla falsariga dei due EP precedenti, palesando però un certo occhio di riguardo nei confronti della componente garage punk in seno al quartetto di Dublino (a scapito invece di quella più squisitamente post-punk).
Un lavoro che, per stessa ammissione della cantante e chitarrista Karla Chubb, si presenta estremamente personale ed autobiografico – se non addirittura catartico, nei suoi momenti più intensi.

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Dovessi indicare un pezzo che introduca l’album nel modo più puntuale possibile, con ogni probabilità opterei per Heavy, un brano al tempo stesso orecchiabile e funambolico in cui le ruggenti Savages tornano in mente in più di un passaggio.
Per di più, l’ansiogena domanda ripetuta nel ritornello (“Do you ever feel like the room is heavy?”) è una rappresentazione quando mai fedele dell’irrequietezza e del disagio interiore che hanno fatto da terreno di coltura per l’intero lavoro. Un brano heavy in tutti i sensi.

A proposito di garage (e punk), Cathedral è una scheggia nervosa ed urgente, impreziosita da un basso opportunamente penetrante: un banger immediato su cui pogare fino a farsi del male.
E non sono certo da meno Adore Adore Adore, contraddistinta da un ritornello esplosivo che ricorda White Lung e Mannequin Pussy, e l’opener Ticking, che si immerge in un’atmosfera piena di suspense prima di debordare in un’esplosione sonora davvero terremotante.
La voce di Karla si erge spesso sugli scudi ed è foriera di un’urgenza espressiva che di tanto in tanto la avvicina a quella di Dana Margolin dei Porridge Radio (e vagamente anche a quella di Courtney Love, ma questo lo diciamo sottovoce), e il connubio con le incendiarie chitarre plasma un sound a dir poco infuocato.

La parte centrale dell’album diminuisce i giri del motore, allentando una tensione che si stava facendo sempre più palpabile. È una fase transitoria ma assolutamente non di stanca, ottima per riprendere fiato, con il gruppo che esplora la sua vena meno caotica e più alternativa (Shaking Their Hands, Can’t Get Enough of It, Literary Mind).

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Ad ogni modo, gli SPRINTS tendono a farsi preferire nei loro momenti più urgenti ed energici, che sono anche quelli in cui sentimenti, debolezze e frustrazioni sembrano venire fuori nella maniera più sincera e convincente possibile.
In questo senso, impossibile non soffermarsi sulla ruggente e roboante Shadow of a Doubt: l’alternanza tra strofe ricche di pathos e ritornelli schiacciasassi raggiunge la definitiva sublimazione, e l’urlo a pieni polmoni di Karla Chubb sa di sfida senza appello ai propri demoni interiori. Un pezzo che suona come una richiesta di aiuto quanto mai disperata (“Would you stop the siren call? Can you help me stop the screams?”), per uno dei momenti emotivamente più intensi dell’intero lavoro.

Il colpo di coda finale con la veemente Up and Comer è il sigillo in ceralacca su un album estremamente denso e vitale, i cui ingredienti principali – voce urgente, chitarre vorticose, sezione ritmica poderosa – concorrono a forgiare un suono diretto e senza fronzoli.

Energico ed esplosivo, incendiario e roboante, urgente ed espressivo. E, soprattutto, punk.
Letter to Self non rappresenterà forse il disco più complesso e variegato in cui vi imbatterete in questo 2024, ma risulterà senz’altro uno dei più riusciti nell’esorcizzare il disagio interiore attraverso tanti, irresistibili inni garage punk.

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Last modified: 12 Gennaio 2024