Soviet Malpensa – Sembrava La Fine

Written by Recensioni

Più che una fine, un punto di partenza: una sferzata d’aria fresca, nuova e carica di speranza sul panorama musicale italiano.
[ 12.01.2024 | Costello’s | synthpop, indie ]

Il 2024 è già iniziato da diversi giorni, eppure pare sia ancora moltissima la musica scritta e composta durante il lungo periodo della pandemia che continua ad affiorare nell’immenso mare delle novità italiane ed internazionali. Sembrava La Fine è il concept che dà il titolo al nuovo disco dei Soviet Malpensa, formazione nata fra le province di Milano e Varese, già all’attivo con alcuni lavori autoprodotti e l’album Astroecology pubblicato nel 2018.

Un titolo che rievoca inequivocabilmente il contesto in cui i pezzi sono stati arrangiati e registrati: una band che approfitta dell’isolamento e del tempo a disposizione per fare e disfare i propri progetti, che decide di ribaltare tutto e ricominciare quasi da zero, rispecchiandosi in un mondo la cui fine sembrava ogni giorno più vicina e tangibile. Un disco dalla genesi travagliata, che prende la sua forma definitiva grazie alla collaborazione di Andrea “Sollo” Sologni (Gazebo Penguins) e Lorenzo Borgatti (Prebellic), addetti a produzione, mixaggio e mastering.

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Per farvi un’idea, vi basti soltanto premere play e partire con la traccia d’apertura Ghost Town, con quei suoi synth così profondi, quei suoni che sembrano quasi rubati al post-rock più etereo. Quante volte, nei mesi più difficili di ormai quattro anni fa, ci è capitato di uscire di casa e non riconoscere più le vie desolate, deserte, abbandonate delle nostre “città fantasma” assopite nel surreale silenzio di un lockdown?

Circumnavigando generi e stili, improntato su un synthpop ibrido e mutevole in cui emergono elementi post-rock, shoegaze, indie, trip hop, l’album – breve, fugace ed incredibilmente intenso – conta solo otto tracce per ventitré minuti complessivi di durata. Atmosfere studiate con attenzione, in cui morbidi sogni sintetici si alternano ad episodi più elettrici e stratificati, sempre con un minimo comune denominatore: un deliberato intento di scavare nel profondo.

I testi di Claudio Turco non si accontentano mai di sfiorare semplicemente la superficie, ma puntano a lasciare dei solchi nelle pieghe più remote e sensibili dell’anima, indugiando su ferite mai richiuse. C’è una rassegnazione quasi dolorosa in Isole (“ogni scelta che faccio non è quella giusta”), una debole scintilla di speranza in M (“ricorda, è solo un momento che passerà”), un desiderio di rivincita e riscatto più ardente che mai nella conclusiva La Musica Non Basta (“e adesso voglio scegliere solamente il meglio per me”). Le parole sono semplici, il loro fine è enorme: sono parole che vogliono risuonare come un’eco, risvegliare sentimenti che potremmo aver deciso di nascondere, consolarci e dirci “va tutto bene, quello che provi tu l’ho provato anch’io”.

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Sembrava La Fine è un manifesto di positività in una realtà che sembra essere irrimediabilmente andata a rotoli. Una scintilla di speranza a cui tutti possiamo attingere nei momenti in cui ne avvertiamo il bisogno, in cui possiamo trovare empatia e conforto; senza troppe pretese, con la giusta dose di leggerezza. Come il ricordo di uno dei nostri momenti più oscuri, che nella memoria si depura e riacquista la giusta luce per tornare a riscaldarci durante gli inverni più rigidi.

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Last modified: 14 Gennaio 2024