Cap’n Hector’s Crew – Who The Hector Is The Crew?

Written by Recensioni

[ 16.06.2018 | Seahorse Recordings | blues rock, alt pop ]

Musicista egiziano in circolazione da oltre dieci anni, cantante, cantautore e chitarrista, George Aboutar sceglie la lingua inglese per l’album Who the Hector is the Crew? (uscito in formato digitale lo scorso anno e in uscita in formato fisico questo mese per Seahorse) che parla del problema della corruzione, ma non solo, nel suo paese.

Un disco che spazia con naturalezza nel vasto mondo blues e folk, con attitudine pop, accenni di funky, reggae, ska e acid jazz e leggeri ammiccamenti alla musica popolare, o meglio a certi suoni propri del suo paese natale. Il risultato è un album che non si vergogna di palesare i suoi riferimenti tradizionali, dall’eclettismo melodico dei Beatles, alla follia dei Pink Floyd, dalle stramberie dei Kinks fino all’introspezione agrodolce dei Love, dalla poetica acustica di Bob Dylan alla calma sentimentale di Neil Young, il tutto confezionato in una voce calda e avvolgente e una padronanza strumentale di altissimo livello oltre che con una carica lontana da una certa malinconia propria di alcuni degli artisti citati ma raggiante e briosa come il più brillante Ben Harper.

Un disco allegro ma tutt’altro che spensierato, felice nei suoni tanto quanto impegnato nella parte lirica, con una varietà stilistica, cui abbiamo accennato, che, se da un lato potrebbe confondere ad ascolto disattento e frettoloso, finisce invece per rappresentare una peculiarità potenzialmente molto interessante per l’artista magrebino evidentemente a suo agio con le più multiformi materie prime. Il suo è uno stile coraggioso, di chi non ha paura di suonare quello che vuole ma senza farlo con l’avventatezza pericolosa della gioventù, segno di una maturità artistica arrivata con largo anticipo.

In conclusione, Who The Hector Is The Crew? è un album con profonde radici nel passato ma perfettamente inserito nel contesto attuale, che sceglie un linguaggio occidentale per trascinarci nelle ambiguità del medioriente; un disco che sembra urlare “non avete ancora sentito niente, ragazzi”.

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Last modified: 4 Novembre 2019