Novembre, 2014 Archive

Stato Brado, ecco il video “Vecchio Diavolo”

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“Vecchio Diavolo” è il nuovo singolo tratto dall’ultimo omonimo album degli Stato Brado. Il videoclip, ripreso e montato da Saiara Pedrazzi, è stato girato nel quartiere “Pontino” e presso il locale “La Sentina” della loro Livorno. I protagonisti sono gli attori Francesco Ceccarini ed il “vecchio diavolo” Bruno Carlesi, ispiratore della canzone stessa: infatti il brano, così come il video, parla di incontri spontanei, di passato e presente, di incertezze e di vite e storie di due generazioni lontane raccontate in un bar davanti ad una bottiglia di vino, come ai vecchi tempi.

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…Una Sera con Lucio, l’album di Alberto Radius e Ricky Portera

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Esce …Una Sera con Lucio, il nuovo album di Alberto Radius e Ricky Portera, un tributo a due grandi della musica italiana: Lucio Dalla e Lucio Battisti. Radius e Ricky, storici collaboratori dei due grandi artisti, ripercorrono il repertorio rivisitando i brani, personalizzandoli e avvalendosi di due ospiti: Clara Moroni (corista di Vasco Rossi) e Roberta Coppone in duetto con Ricky in “Vita”. L’album racchiude anche “La Sera dei Miracoli”, che contiene la voce originale registrata da Lucio Dalla. Il disco, uscito con l’etichetta Videoradio di Beppe Aleo, è stato prodotto e registrato da Ugo Poddighe agli UP Studios di Milano ed è distribuito da Self.

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Pierpaolo Capovilla in Obtorto Collo Tour

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Torna il Party Ridens, il grande evento che l’etichetta discografica Ridens Records, organizza e che propone artisti di grande spessore all’interno del panorama indipendente. L’evento che si terrà venerdì 28 novembre, è in collaborazione con il Venerdì di Voodoo Ray, questa volta sul palco del Tipografia di Pescara salirà Pierpaolo Capovilla, per il suo tour unica data in Abruzzo.

Cantante, bassista, leader e fondatore di due dei gruppi che più hanno segnato la storia della musica indipendente degli ultimi 10 anni, è stato protagonista, oltre che con One Dimensional Man Il Teatro degli Orrori (l’ultimo disco “Il mondo nuovo” è del 2012), anche nel recente ciclo di letture tratte dal romanzo di Matteo De Simone “Denti guasti”, e nel reading “La Religione del Mio Tempo”, interamente dedicato a Pier Paolo Pasolini. Un ritorno live tra i più attesi per una delle voci più profonde ed affascinanti del panorama italiano. Un lungo percorso che oggi vede Pierpaolo per la prima volta impegnato in un progetto solista. Il Nuovo album “Obtorto Collo” è uscito il 27 maggio 2014 su etichetta Universal Music / La Tempesta.

Pierpaolo sarà accompagnato per l’occasione da una band d’eccezione per riproporre l’album dal vivo con uno spettacolo intenso e unico: Stefano Giust (batteria), Francesco Lobina (basso), Alberto Turra (chitarra), Kole Laca (tastiere) e Guglielmo Pagnozzi (sax).

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“Vladimiro (È Sotto Shock!)”, il nuovo video di Sergio Zafarana

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Il videoclip del singolo “Vladimiro (È sotto shock!)” tratto dall’EP Zafarà, primo progetto solista del siciliano Sergio Zafarana, co-prodotto dall’etichetta indipendente Muddy Waters Musica e registrato ed arrangiato da Aldo Giordano presso il Rec-Studio. Sergio Zafarana è siciliano e scrive musica da che ne ha memoria. È chitarrista e lead vocalist in diversi progetti. Zafarà è il suo esordio da solista. Ha collaborato, tra gli altri, con Cesare Basile e Daniele Coluzzi (Io non sono Bogte). Tra molte esperienze artistiche, di alcune va particolarmente fiero: il premio “Città di Milano” nella rassegna Rock Targato Italia, con Deaprimavera; il premio della critica al festival Risonando De André, con i Trifase; l’EP Storie all’Ombra dei Grattacieli, il brano “A Sara non Piace Viaggiare”, registrato presso il Metropolis studio di Lucio Fabbri. Il suo stile è fortemente influenzato da bevitori dalla voce roca (Tom Waits, Vinicio Capossela), da poeti estinti (Fabrizio De André, Giorgio Gaber), da milanesi capelloni (Afterhours, Paolo Benvegnù), da incalliti sperimentatori (Radiohead).

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Native, l’album d’esordio di Elephants Above Crocodiles

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Uscirà il 15 dicembre 2014 in Cd e digitale per Upupa Produzione, Native, album d’esordio del quartetto Emo/Post-Rock Elephants Above Crocodiles. Elephants Above Crocodiles nasce nell’estate del 2013 a Finale Emilia (MO). La band si presenta da subito nella scena modenese grazie alla sua amalgama di Post-Rock, Punk melodico e Emo dalle chiare coordinate nineties (The Van Pelt, Karate); ritornelli gravi e carichi, a volte quasi disperati. Aprono nomi italiani ed esteri (Rue Royale, Coilguns, Grand Parc). Dalla formazione della band, nasce un forte legame di amicizia, che li porta a comporre in grande sintonia, credendo fortemente nel progetto, nella loro musica e nel caratteristico modo semplice di essere. Una forte delusione accende carica emotiva all’interno della band, che ultimate e perfezionate le ultime canzoni, decidono di incidere il loro primo disco, registrato e mixato dalle giovani mani di Lorenzo Borgatti (Redline Season) e pubblicato da Upupa Produzioni.

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“Kiwi”, il nuovo videoclip dei Codeina

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Traendo ispirazione dalla pellicola di Corman (“I Vivi e i Morti”, già rielaborazione del racconto “La caduta della casa Usher” di E.A. Poe), il video mette in scena due schiere, due facce della stessa medaglia che convivono nel nostro paese. Da un lato i morti, vestiti di nero, allegoria del ristagno artistico e culturale in generis che “infesta” da generazioni, come nel film, quest’Italia recente (e reticente) che non riusciamo più a riconoscere con fierezza e con appartenenza. Dall’altro i vivi, colorati e sorridenti, occupati e perseveranti nella mondanità, non vedono e non vogliono vedere il degrado e l’allarme, sempre pronti ad affogare in un brindisi (cosa ci sarà tanto da festeggiare poi?) ogni tipo di preoccupazione o responsabilità. Il cuore vero, quello che batte per un ideale, per un cambiamento o semplicemente per qualcuno. E’ diventato una mera maschera da indossare, spaventosa e orrorifica, un velo sopra il solito narcisismo ed egocentrismo mal celato. Il contatto con un veicolo che possa agire da collirio, annullando la cecità (la zingara attraverso i kiwi), provoca uno spavento soltanto (e purtroppo) momentaneo, un avvertimento di pericolo forse più eco lontana di un senso di colpa che realizzazione e presa di posizione della situazione in atto. La spensieratezza del brindisi ritorna sempre come unica ancora di salvezza, ma nel finale compare e ci si augura un ribaltamento: saranno i morti a brindare per ultimi e i vivi a cadere.

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Fast Animals and Slow Kids 15/11/2014

Written by Live Report

Al solo pronunciare la parola “Alaska”, la mia immaginazione produce visioni che hanno a che fare con paesaggi glaciali ed ameni, terre brulle e vette alte, freddo, ghiaccio, ma anche silenzio e luoghi di quiete. L’Alaska dei Fast Animals and Slow Kids, nella sua versione live, è invece tutta un’altra storia. Sarà anche ghiaccio quello che esce dalle loro chitarre, ma è ghiaccio che scotta, e ben lo confermano i cuori incendiati che se la sono data di santa ragione sotto il palco scatenando il delirio. Merito di chitarre, batteria, percussioni aggiuntive, basso, e del frontman Aimone Romizi, instancabile campione di salto sul pubblico.

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Sono state due ore di mani e piedi in aria, di individui volanti, capitati sul palco per caso ed arrivati chissà da dove, improvvisatori di salto sul pubblico anche loro, mentre i FASK continuavano la loro performance, aggiungendo casino al casino e suonando, oltre ad  Alaska, alcuni pezzi tratti da  Hybris (“A Cosa ci Serve”, “Maria Antonietta”, “Troia”) e Cavalli (“Copernico”).

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A chiusura di tutto, sono queste le serate che danno risposta agli enormi quesiti che ci attanagliano nel corso della nostra esistenza. E la risposta è che non esiste una risposta. Le cose accadono e basta, il perché sono tutte cazzate. Le cose accadono e ci siamo noi, piccoli o grandi a seconda dei giorni, a doverle affrontare. A volte ne usciamo campioni, a volte ne usciamo presi a calci in culo. Tutto sta nel come affrontare tutto. E se dovesse capitarti l’assurda domanda: “qual è il senso di tutto”, stai tranquillo che non esiste un senso. Esistono però momenti, o giorni (a seconda della botta di culo che ti capita), in cui qualcosa dentro di te si muove, qualcosa ai limiti della rabbia e a confine con la gioia. Che sia odio o che sia amore chi se ne frega. Se qualcosa si muove vuol dire che sei vivo, e finché sei vivo sei sempre in tempo a cambiare musica. Nessuna esistenza è sprecata se hai ascoltato la musica giusta.

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Dr. Irdi – Radio

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Dopo l’EP d’esordio ironicamente titolato 2 tornano col full lenght i Dr. Irdi, e no, non si chiama 1. Radio (questo il titolo) è composto da dieci pezzi elettronici che si dipanano tra synth e campioni, voci distanti e citazioni, giocosità combinatoria ed emotività trascinante. L’ho ascoltato in stato di semi-incoscienza, prima e dopo il sonno, e mi ha regalato sguardi su mondi lontani, dalle oscillazioni di “Trapano” alle scalinate a spirale di sintetizzatori e tastiere in “Temporale”, dal Pop sbilenco e altalenante di “Airone” (meticciato di scuola Blur) allo spazio aperto dell’Ambient meditativo in “Euridice”. Potrei anche andare avanti, tra gli scratch Electro Funk di “George Clinton”, il pianoforte saltellante e caleidoscopico di “Weltschmerz” o la sporcizia distorta di “Scimmia”… ok, l’ho fatto, scusate. Quello che volevo dire è che il punto di forza del lavoro è certo il suo saper essere eclettico, e trascinarti per mano intorno al globo, sotto i mari, nello spazio e dentro la tua testa, senza mai fermarsi. Si fa ancora fatica a sentire un’identità precisa nei Dr. Irdi, ma ora è chiaro che questa sia una loro caratteristica peculiare, l’altra faccia della medaglia della libertà di poter andare ovunque, essere chiunque. Radio scivola via tranquillo, dieci pezzi per trentanove minuti, un ottimo condensato di Elettronica casereccia e Pop nel senso più alto del termine, psichico quanto basta per non essere musica da ascensore ma comodo abbastanza per goderselo senza intellettualismi. Unico neo l’utilizzo della voce, nel timbro, nella ritmica, nella cadenza. Tendeva a riportarmi coi piedi per terra, mentre volavo alto nella mia testa e mi sembrava di essere chissà dove. Tutto sommato un disco da riascoltare più volte, per scavarci dentro.

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Ravenscry – The Attraction Of Opposites

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Tornano alla riscossa i lombardi Ravenscry e lo fanno con stile, rilasciando la loro ultima fatica The Attraction Of Opposites, secondo atto della loro discografia. Pubblicano il platter a distanza di tre anni dal precedente e discreto One Way Out. E’ il caso di dire che Giulia e soci questa volta hanno nettamente centrato il bersaglio, registrando qualcosa di esageratamente vistoso. Con il precedente lavoro la band ha cominciato ad appiccare i primi “incendi” mentre adesso soltanto conferme del loro talento. The Attraction Of Opposites riesce ad amalgamare quiete ed aggressività, frastuono e melodia. Molta qualità e uno smisurato talento sono le armi invincibili dei Ravenscry. Parliamo di un disco genuino, dall’ascolto facile che riesce ad accontentare amanti del Goth e del Melodic Death Metal. Nel supporto ci sono tredici tracce che sprizzano adrenalina da ogni poro, una particolarità per ogni brano, che sia il cantato dell’energica Giulia Stefani o i massicci riff eseguiti da Paul e Mauro. Noterete il talento dei cinque ragazzi soprattutto ascoltando “Missing Words”, canzone che meglio li rappresenta. “The Witness” e “Ink” esaltano le chitarre, mentre con “Cynic” e “Noire Desire” si accentua la vena Goth che più di qualche volta fa riferimento agli Evanescence ed ai Within Temptation. I Ravenscry con molto agio stanno riuscendo a farsi strada, si stanno dando la possibilità di essere tra le attenzioni di molti, stanno mostrando audacia e intraprendenza. La cosa migliore da fare è procurarsi questo disco, vero e proprio concentrato di emozioni. Una piccola attenzione vorrei dedicarla anche all’artwork in cui vediamo dei colori che, ironia della sorte, sono quelli che trasmettono con le emozioni i Ravenscry. Resta solo una cosa da fare: spararsi The Attraction Of Opposites a tutto volume!

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Mad Pride è l’esordio solista di Lukasz Mrozinski

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Mad Pride segue l’EP Trust In Love To Be (2013 I DISCHI DEL MINOLLO/Believe) e rappresenta l’esordio da solista di Lukasz Mrozinski. Fondatore dei Theorema, del progetto noise aSzEs0, voce e chitarra dei Merçe Vivo, chitarra nella storica noise-band torinese Seminole, nei Toda e nel progetto di sonorizzazione Rebe. Supportato dalla collaborazione tra le etichette I DISCHI DEL MINOLLO, EDISONBOX e VITTEK RECORDS, dal movimento Torino Mad Pride, dal distributore Audioglobe e dalla partecipazione di numerosi artisti torinesi, tra i quali Matteo Castellano, Stefano Amen, Maurizio Suppo, Martha Helika Mrozinski, Gabriele Maggiorotto, Enrico Supertino, Linda Messerklinger, Eros Giuggia e il pittore visionario Cosimo Cavallo.

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Gli AINUR rendono omaggio a Lo Hobbit

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A 10 anni precisi dalla loro nascita gli AINUR decidono per la prima volta di rendere omaggio ad un’opera intramontabile di J.R.R.Tolkien: Lo Hobbit. Il nuovo singolo del gruppo, “There And Back Again”, è ispirato infatti al primo grande libro dello scrittore inglese, traendo però spunto anche dall’immenso lavoro cinematografico del regista Peter Jackson. “There And Back Again” sarà disponibile su tutti i digital store e piattaforme streaming il prossimo 2 Dicembre 2014.

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Vintage Violence – Senza Paura delle Rovine

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I Vintage Violence hanno il dono delle frasi ad effetto. Il loro ultimo disco, Senza Paura delle Rovine, ne è pieno: Anche gli ergastolani hanno paura di morire, chiosano in “Neopaganesimo”; e Fare musica in Italia è come abbronzarsi il culo / Se ne accorgono solo in pochi se non lo dai via nella traccia seguente, per l’appunto “Abbronzarsi il Culo”, giusto per fare due esempi. Sono incazzati neri, i Vintage Violence: si sente soprattutto nei testi, nelle ritmiche incessanti e nelle chitarre taglienti, anche se tutto poi vira verso un Punk Rock giocherellone, ironico, dove la voce vola alta e pulita in rime baciate e cadenze alla Zen Circus. Ma sono incazzati veramente, e ce l’hanno con tutti: con la musica italiana (“Abbronzarsi il Culo”), con la SIAE (“S.I.A.E.”), con le magagne del nostro presente, in questo caso specificamente lombardo (“Metereopatia”, “Vivere in un Bilocale”). Finiremo tutti in ospedale / Vince chi ci va con una storia originale. L’importante è dire tutto, raccontare storie, sputarle in faccia, Suonando canzoni per chi muore / Come una bomba fatta esplodere nel sole, senza aver paura, anzi, con l’intento palese di scandalizzare, di smuovere, di colpire forte, satireggiando ghignanti, senza far mancare, in sottofondo, una lucidità critica invidiabile. E forse non è un caso che tra i pilastri del disco si scovino le fondamenta della satira: politica, sesso, religione e morte, come diceva qualcuno…

Un’audacia encomiabile che però rimane a mezz’aria, legata all’aspetto di canzonette che qua e là hanno i brani del disco: sebbene suonati e prodotti con ogni crisma, mi hanno lasciato, alla fine, con la sensazione di aver bisogno, nel reparto musicale, di più graffi, più rabbia. Questione di gusti, comunque: nel frattempo mi riascolto “Capiscimi” senza smettere di sorridere a denti molto, molto, stretti. Stanotte ti voglio scopare / Davanti allo specchio con le luci accese / Anche i gatti confusi che guardano / Compariranno nelle riprese […] / Ma appena prima che il fuoco si estingua apri la bocca al mio segnale / Devo scriverti sotto la lingua un titolo adatto per il finale…

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