Un mese a Natale – Intervista a Gianfranco Raimondo di Ypsigrock

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Uno dei direttori artistici ci racconta l’essenza del festival siciliano e ci dà qualche anticipazione sull’edizione 2023.

Manca un mese a Natale. Manca un mese ad Ypsigrock.
Per gli affezionati del festival, il parallelo tra la più familiare delle celebrazioni e l’evento di Castelbuono è un motivo ricorrente, volutamente esagerato, ma che nasconde quell’attesa vibrante che tutti sentono.
E se manca un mese a Natale, le prossime settimane avranno la stessa leggerezza dell’Avvento, il dolce sabato del villaggio di chi aspetta qualcosa per tanto tempo.

L’edizione numero ventisei di Ypsigrock avrà luogo dal 10 al 13 Agosto. La line up è quasi completa, mancano ancora gli ultimi ritocchi, e presenta nomi del calibro di Verdena, Slowdive, Young Fathers, The Comet is Coming e Panda Bear & Sonic Boom.

Per l’occasione abbiamo intervistato Gianfranco Raimondo, fondatore e direttore artistico di Ypsigrock insieme a Vincenzo Barreca.

Ciao Gianfranco, come spiegheresti il concetto di Natale-Ypsi a chi non lo conosce?

Penso che sia la conseguenza del fattore tempo, Ypsigrock è un festival storico con una comunità che è cresciuta con esso. Come le famiglie si riuniscono a Natale, la comunità si ritrova per quell’evento lì, dopo che magari questa gente non si è vista durante il resto dell’anno. È una cosa bella perché sulla costruzione della comunità noi abbiamo puntato tantissimo; noi stessi siamo parte di quella comunità, è uno scambio speculare.

Insomma, è un qualcosa di magico, familiare, affettivo, tutti aggettivi che identificano un ritrovarsi con persone che si vogliono bene. Capisco che da fuori il parallelo con il Natale può sembrare una esagerazione e molti rischiano di prendere un abbaglio. Alcune cose è difficile spiegarle se non le vivi. ll racconto però può essere talmente forte da farsi abbracciare e dire “ci voglio essere anche io”.

Il prossimo sarà l’Ypsigrock numero 26 e il festival è cambiato molto dalle origini ai giorni nostri. Qual è stato il turning point in cui hai percepito un cambio di rotta, da un festival di dimensione regionale/nazionale a quello che è invece Ypsigrock oggi?

A parte i primi tre anni, abbiamo cercato sempre di più di rimarcare l’approccio internazionale con line up che però non erano ricchissime.

Il cambio di rotta è avvenuto intorno al 2011, anche con l’operazione Mogwai. La stampa internazionale ha iniziato a seguirci in maniera crescente e di fatto è accaduto che da quell’anno in poi abbiamo cercato di aggiungere tutte le caratteristiche essenziali per definire un festival tale: dal multi palco a una distribuzione giornaliera più ampia. Da lì abbiamo iniziato anche a fare degli investimenti specifici, muovendoci fisicamente e intrecciando relazioni in contesti ufficiali come showcase e conference festival.

Quello di quest’anno sarà il secondo festival a pieno regime post Covid, non considerando l’edizione ridotta del 2021. Quali sono le maggiori differenze che riscontri nell’organizzazione rispetto all’era pre Covid?

L’edizione del 2021- ma anche quella dello scorso – ha imposto di ragionare con più attenzione circa le esigenze, paranoie o fobie del pubblico. Lasciando perdere le restrizioni imposte nel periodo dell’emergenza, abbiamo provato a sviluppare sistemi e soluzioni che fossero più rassicuranti nei confronti della comunità, essendo il nostro un festival che prevede anche il campeggio, per esempio.
A volte magari puoi raggiungere un risultato numerico più grosso con artisti che venderebbero più biglietti, ma forse è il caso di rallentare, in questo momento storico code e sovraffollamenti vengono vissuti con molto disagio.

Personalmente ho notato una preoccupazione maggiore tra il pubblico di Ypsi nella ricerca dell’alloggio in quel di Castelbuono. Credo che dopo il Covid ci sia meno gente propensa a scegliere l’opzione campeggio e molti che preferiscano invece il comfort di una casa, B&B o albergo. Ho visto che vi state muovendo per offrire accessibilità al festival anche per chi non trova alloggio in paese…

Quello che dici è vero, e il trend degli scorsi anni lo confermava. Quest’anno però il campeggio ha avuto una enorme crescita e a breve chiuderemo le prenotazioni. Stiamo pensando di fornire un servizio aggiuntivo per chi ha prenotato un alloggio fuori da Castelbuono; l’hub dovrebbe essere Cefalù e la gente si potrà muovere post-concerto: stiamo studiando la soluzione più ottimale per permettere tutto ciò.

Noi però da soli questo discorso non riusciremo mai risolverlo del tutto. Abbiamo più volte chiesto alle istituzioni regionali di ovviare a questo problema istituendo maggiori servizi oltre quelli della SAIS. Abbiamo chiesto anche una sorta di osservatorio per evitare speculazioni. Non vogliamo indirizzare la gente al campeggio, vogliamo che tutti siano liberi di fare la scelta preferita, al prezzo giusto. Anche noi stessi abbiamo bisogno di tantissime case per sistemare la logistica e la produzione, è una spina nel fianco che ci trasciniamo da tanto tempo e lo capiamo. Mai come a Castelbuono prenotare con largo anticipo è importante o anche valutare soluzioni in paesi vicini come Isnello, Pollina, Finale, Sant’Ambrogio, ecc…

Invece come formula riconfermerete la soluzione dello scorso anno, con i live al Chiostro e in Piazza, o torneranno come un tempo anche gli acts all’interno del Castello e nella ex Chiesa del Crocifisso?

Posso anticipare che il live all’interno del Castello non ci sarà a causa di lavori in corso dentro la struttura. Per quanto riguarda la ex-Chiesa del Crocifisso non posso ancora scioglierti la riserva, stiamo valutando con una specifica produzione se attivarla o meno. Dipende da molti fattori e prenderemo presto una decisione. Il fattore Covid ha avuto un impatto su quella location, oltre al fatto che i posti sono chiaramente limitati.

Qualche giorno fa è uscito un articolo sul Guardian che includeva Ypsigrock tra gli otto migliori ”ethical music festivals” in Europa e nel Regno Unito. Quanto è stato importante per voi, oltre la rilevanza della testata, che vi abbia citato proprio tra i festival eticamente virtuosi?

[ leggi l’articolo qui ]

Ci ha fatto molto piacere. Dal 2017, parallelamente al festival, abbiamo avviato il progetto “Tutti Inclusi” con la specifica finalità di rendere i nostri eventi accessibili a tutti. Questa operazione, per una realtà piccola come la nostra, è estremamente faticosa sotto mille aspetti, anche per via degli spazi ridotti.

Ricevere un grosso apprezzamento per come abbiamo portato aventi questo tipo di organizzazione è stata linfa vitale. È la strada giusta per dare degli ottimi segnali. Tra l’altro il Guardian è una testata che ammiro per linea politica, posizioni culturali e temi trattati. L’Inghilterra è poi la patria dei festival, ed anche uno dei nostri tutori sul tema dell’accessibilità per persone con disabilità – ovvero “Attitude is Everything” – è inglese.

Recentemente c’è stata una molto discussa intervista ad Enrico Silvestrin in cui si parlava sia di mancanza di cultura musicale ma soprattutto di mancanza di guide che possano diffondere un certo tipo di musica. Nella scena tu vedi più un problema di cultura di base o una carenza di guide? E in caso, come Ypsigrock, vi sentite un po’ guide?

[ leggi l’intervista qui ]

I fenomeni diventano popolari se avvengono attraverso le maggiori casse di risonanza esistenti. Un tempo c’era la televisione, la radio e i giornali, adesso esistono i social che per quanto importanti siano, non sono al 100% efficaci per far diventare un fenomeno culturale di massa.
Per far passare la qualità, è necessario che essa prenda il sopravvento nei canali. In Italia non avviene, non è mai avvenuto se non in minima parte con un determinato cantautorato negli anni Novanta. Di fatto però soltanto programmi come X-Factor o Sanremo riescono a rendere famosi certi artisti.

Noi non siamo una guida, il nostro pubblico è già attrezzato di suo. Siamo un po’ come la programmazione di Radio 3, uno spaccato dallo share bassissimo ma dove parliamo tutti la stessa lingua.
Ecco, in Italia ci vorrebbe una grande operazione da parte di chi ha una enorme audience, dalla tv pubblica alla stampa, a certe radio, come dice lo stesso Silvestrin quando parla di Virgin Radio; immagina se Radio Deejay iniziasse a fare una una programmazione diversa…
L’unica cosa che non deve fare Ypsigrock è tradire la sua identità per ambire a numeri diversi e perdere così la sua genuinità.

Non ho appositamente parlato molto di line up ma di essenza del festival in generale, però ti provo a stuzzicare. A parte i big names, c’è qualche artista che vorresti sottolineare tra quelli meno conosciuti? So che che è come scegliere tra i tuoi figli…

È difficile perché la nostra politica è proprio quella di stare sull’orizzontale. Quello che suggerisco è sempre di concentrarsi sugli artisti che non si conoscono, saranno quelli che daranno maggiori soddisfazioni.

Chiudo con la stessa domanda che feci a Marcella Campo nell’intervista dello scorso anno. Nella storia di Ypsigrock quali sono stati i tre momenti che per te ne han più rappresentato lo spirito?

Su due piedi, dico per prima la pioggia durante gli Shout Out Louds nel 2013, con lo spirito festivaliero di chi non ha smesso di ballare. Poi direi il modo in cui il nostro pubblico ha reagito alla performance dei Fat White Family nel 2015 rimanendo impassibile e divertito, dimostrando maturità e di saper stare al gioco.
E poi ti direi Rejjie Snow (2017) o anche Loyle Carner (2016), momenti identificativi di come il pubblico sa interpretare il momento senza una preclusione di genere e con massimo rispetto per l’artista.

[ leggi l’intervista a Marcella Campo qui ]

Grazie mille a Gianfranco per il suo tempo e ci vediamo presto in quel di Castelbuono per aprire insieme i doni di questa strepitosa edizione.

Info e biglietti: www.ypsigrock.it

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Last modified: 9 Luglio 2023