Vincenzo Scillia Tag Archive

Eudaimony – Futile

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È capitata nel periodo giusto l’uscita di questo disco d’esordio degli Eudaimony, band formatasi a Luglio 2007 da membri già noti nella scena Black Metal svedese e teutonica: Marcus E. Norman chitarrista dei Nalgfar, Matthias Jell ex vocalist dei Dark Fortress, Jorg “Thelemnar” Heemann batterista dei Secrets of the Moon e Peter Honsalek che in serbo ha il progetto Nachtreich. Parlavamo del periodo d’ uscita di Futile, il disco che ha lanciato gli Eudaimony; un inverno freddo, proprio come la musica da loro proposta. È stato fatto un coroso preambolo per questa band e questo lavoro a dir poco disdicevole, si sono create false illusioni gettando solo tanto fumo negli occhi. Futile è un disco che si fa ascoltare senza troppi inceppi, gira liscio indubbiamente ma non è il capolavoro che molti dicevano.

A esser pignoli questo è un platter che sa di poco, che non sai mai se accostare al Black o al Gothic Metal, rivelandosi semplicemente come una via di mezzo tra i due generi, un Symphonic Black Metal che però, con molta onestà non riesco a catalogare neanche in tal modo con esattezza visto che strizza un po’ l’occhio anche al Doom. Cantato per la maggiore in Black, atmosfere Gothic e stordenti riff che farebbero torcere il naso a band come Taake, Mayhem e Celtic Frost, quella degli Edaimony è un proposta trita e ritrita che, se vogliamo, oltretutto potremmo dire eseguita con più efficacia da altre band, come gli October Tide ad  esempio. Nel disco, le tracce che bene o male risaltano rispetto alle altre sono“Mute” con il suo alone sinistro, la title track, la successiva “Portraits” che cambia decisamente i toni rispetto alle altre partendo dal cantato per costruire la melodia e infine c’è “Godforskaen”, una traccia strumentale in  cui le tastiere padroneggiano per buona parte. Insomma Futile non è nulla di eclatante; si lascia ascoltare ma la voglia di farlo girare ancora nello stereo è pochissima.

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Lili Refrain – Kawax

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Non c’è nulla da fare, se componi un certo tipo di musica a base di sinistre atmosfere, curiose melodie e riff sgargianti vuol dire che con la testa viaggi e sei veramente alla ricerca di qualcosa di nuovo e se viaggi e fai viaggiare vuol dire che sei un artista a trecentosessanta gradi e forse anche un po’ visionario. Lili Refrain lo ha dimostrato; la polistrumentista romana attiva dal 2007 è riuscita attraverso la sua voce, la chitarra e qualche loop a creare un disco che suscita mille emozioni. Kawax, questo il titolo dell’ album che tanto ha fatto impazzire il sottoscritto è un lavoro inspirato, a tratti angoscioso capace di emanare passione e trepidazione. Il disco ha suscitato sentimenti positivi fin dal primo ascolto, come si trattasse di un colpo di fulmine, immediato e contro il quale nulla si può fare. La capacità di Lili Refrain di miscelare Ambient, Gothic, Blues e teatralità è un qualcosa di eccezionale; la giovane artista è riuscita nell’intento di creare un album introspettivo e riflessivo allo stesso tempo. Kawax è un viaggio mentale, dal primo all’ultimo pezzo; il bello del disco anzi è proprio il lieve mutamento che subisce traccia dopo traccia, il tutto senza farci accorgere di nulla.

Venendo proprio alle canzoni, quelle che si fanno notare da subito sono “Kowox”  che ha un fascino e uno sprint tutto suo con dei suoni elettronici a dir poco fenomenali; la successiva “Goya” con i suoi arpeggi di chitarra, i suoi cori e la cupa atmosfera che trasmette un senso d’inquietudine fuori da ogni canone; un’altra traccia da segnalare è “Nature Boy”, padroneggiata da un clima che si addice a un film horror grazie anche alle grida di sottofondo che fanno il loro effetto. Non sono da meno “Echoes” e la conclusiva “Sycomore’s Flame”. La prima citata lascia un senso di quiete, è rilassante, il pezzo giusto da dedicare al famoso Caronte, il traghettatore di anime; “Sycomore’s Flame” è molto probabilmente la canzone più melodica del platter, una chiusura in bellezza se si considera il suono degli effetti e della chitarra.

Kawax  è una perla di disco e il 2013 non poteva concludersi meglio che con un uscita del genere. Parlando invece di Lili Refrain, non possiamo fare altro che elogiare questa giovane artista dotata di coraggio e altruismo; la sua vena artistica è di quelle introvabili e, detto sinceramente, penso che sarebbe capace di creare una colonna sonora per i film di Dario Argento sulle streghe; insomma, “La Terza Madre” del noto regista avrebbe avuto un altro colorito con il tocco di Lili Refrain.

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Le Top 3 italiane del 2013 dei singoli redattori!

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Silvio “Don” Pizzica
InSonar/Nichelodeon – L’Enfant et le Ménure / Bath Salts
Due creature distinte, una neonata, InSonar, l’altra vecchia conoscenza dell’Avant Prog, Nichelodeon, ruotano entrambe attorno alla figura di Claudio Milano. Uno split composto di quattro cd per due parti. I primi due firmati InSonar sono avvolti in un booklet contenente alcune opere di Marcello Bellina (in arte Berlikete) e quindi mosaici di Arend Wanderlust. Il progetto di Claudio Milano e Marco Tuppo vede la partecipazione di sessantadue musicisti da tutti i continenti. Il terzo e quarto cd, a firma Nichelodeon, vedono un booklet che contiene i dipinti e le poesie visive di Effe Luciani e le foto di Andrea Corbellini. La musica che è contenuta è un tripudio di Rock Sperimentale, Jazz, Progressive, Pop, Cantautorato, Ambient, Psychedelia e tanto altro. Difficile spiegarlo in poche parole.
Deadburger Factory – La Fisica delle Nuvole
Il collettivo work in progress, definito in questa circostanza “factory”, confeziona tre dischi sensazionali, ognuno vivo di una propria essenza, eppure capace di collimare nell’altro con efficacia. Musica sperimentale per gente normale.
Twomonkeys – Psychobabe
I due fratelli bresciani affermano il loro ruolo nel panorama elettronico italiano, rivelandosi come l’alternativa tricolore agli Animal Collective. Il loro è un album che deve tanto alla psichedelia di Panda Bear e soci ma disdegna incursioni nel mondo Indie e Garage Revival e nella sperimentazione matmosiana.

Marco Lavagno

Albedo – Lezioni di Anatomia
Un disco geniale. Ogni brano è un organo del nostro corpo. Indie rock che suona fresco, dinamico, melodico, forte come una voce che risuona nella nostra cassa toracica. Un lento viaggio emotivo dalla testa ai piedi.
Nadar Solo – Diversamente Come?
Potenza e testi generazionali. Il suono della band torinese è senza fronzoli, incredibilmente moderno. Canzoni per sognatori che si schiantano a terra ma non perdono mai il coraggio di sognare ancora. Nulla di più necessario al giorno d’oggi.
Perturbazione – Musica X
E’ stato etichettato, ancora prima di uscire, come il disco “elettronico” di un gruppo che ha sempre integrato le corde (non solo quelle della chitarra) al suo tratto somatico. Max Casacci entra prepotentemente nel sound e lo “perturba” senza snaturare la sua semplicità. Un applauso al coraggio e alle grandi canzoni che questi ragazzi riescono ancora a scrivere dopo 25 anni.

Diana Marinelli
Carmilla e il Segreto dei Ciliegi – Anche Se Altrove
La musica come essenza di infiniti mondi mentali. Anche se Altrove è una porta, un varco che se attraversato porta ad un’esistenza parallela fondamentale per ricominciare un nuovo viaggio, sulle vie e sulle emozioni di una vita già vissuta, forse da cui prendere esempio. Un lavoro molto interessante, studiato e soprattutto vissuto nel tempo.
ILA & The Happy Trees – Believe it
Roba da donne. E se questo significa bel timbro, bella musicalità e bell’intonazione, sia in italiano che in inglese, allora sì, è roba da donne. Tante persone, tanti colori e tante esperienze che si incontrano per un album per certi versi solare, dove protagonisti siamo tutti noi con la voglia di fare tanto e di lavorare per cambiare ciò che ci sta stretto. Una musica che lascia addosso belle sensazioni e belle emozioni.
Bruno Bavota Ensemble – La Casa sulla Luna
Il fascino di una melodia malinconica e di un pianoforte senza tempo, che però il tempo ce l’ha eccome e non solo uno preciso di metronomo ma un tempo di un determinato momento storico musicale, quello minimale/contemporaneo. Un lavoro che impone tanti interrogativi ma che ho rivalutato nel corso del tempo grazie alle sensazioni che lascia addosso. Sensazioni sincere.

Simona Ventrella
Fast Animals and Slow Kids – Hybris
I ragazzacci perugini hanno confezionato un secondo album esplosivo nel quale non mancano talento, energia e passione a tutto gas. Probabilmente quest’album rappresenta per loro un vero salto di qualità, che li ha portati in giro per l’Italia con un lungo tour e li ha fatti conoscere e apprezzare ad un pubblico maggiore.
Appino – Il Testamento
Primo lavoro solista del frontman degli Zen Circus da dieci più, testi profondi e mai banali, cantautorali al punto giusto conditi da un sound deciso, cupo e decisamente Rock.
Green Like July – Build a Fire
Terzo album per il gruppo milanese  che ci offre un lavoro ricco e variegato impreziosito dagli arrangiamenti di Enrico Gabrielli. Una tavolozza di colori e atmosfere che ti catapultano in altrettanti mondi sonori. Il cambiamento rappresenta per questo lavoro il leitmotiv che giuda le nove tracce verso un Pop fresco e moderno.

Riccardo Merolli
Soviet Soviet – Fate
Fate è ipnotico, avvolgente, straniante, di quei dischi in cui perfino le imprecisioni ti sembrano messe ad arte. I Soviet Soviet dimostrano appieno di aver digerito la lezione New Wave e Punk.
Cosmo – Disordine
Immaginate Lucio Battisti catapultato negli anni dieci sopra una DeLorean con tutte le diavolerie tecnologiche di questo periodo storico e l’intenzione di incidere Anima Latina, il risultato sarà un disco terribilmente Elettro Pop.
Albedo – Lezioni di Anatomia
Disco bomba. Arriva dritto dentro lo stomaco, Post Rock emozionale e testi bellissimi. Meritano veramente tanto gli Albedo.

Marco Vittoria
Appino – Il Testamento
Difficile staccarsi dal cordone ombelicale, soprattutto se “la mamma” in questione è un’entità chiamata Zen Circus formata da tre validi musicisti che insieme formano un vero e proprio treno sonoro… Tuttavia Appino esprime a pieno la sua creatività artistica in questo lavoro, suo esordio da solista, non rinnegando il passato ma gettando anche le basi per un nuovo futuro… Mi chiedo quindi… Come suoneranno i nuovi Zen Circus nel 2014?
Gazebo Penguins – Raudo
Il trio emiliano torna ad imporsi come una delle realtà sonore migliori italiane a soli due anni di distanza dal precedente lavoro, “Legna” con una potenza e una grinta senza eguali che si distinguono sin dalla prima traccia “Finito il caffè”, pubblicato anche come singolo in contemporanea all’album. Messaggio per le generazioni di oggi: lasciate perdere gli artisti che emergono dai talent in tv e ascoltatevi un prodotto genuino e vero dell’underground.
Lolaplay – La Città del Niente
Loro ironicamente dicono in una canzone del disco: “non comprate questo disco e non ascoltate i Lolaplay o ucciderete anche voi la buona musica!”. La buona musica è invece tutta qui, sempre in bilico fra il Noise dei Marlene Kuntz, la New Wave anni ottanta e il Rock dei Dandy Warhols… Interessante vero?

Lorenzo Cetrangolo
Ministri – Per un Passato Migliore
Il Rock popolare italiano come dovrebbe essere oggi. Spigoloso e orecchiabile, potente e sentimentale. Una produzione ruvida per un disco da consumare.
Selton – Saudade
Brasiliani trapiantati a Milano, i Selton creano un disco veramente pop, nel senso più alto del termine. Non c’è una nota fuori posto, tutto scorre liscio e comodo, ma senza banalizzare nulla. Una delle migliori band in circolazione.
In Zaire – White Sun Black Sun
L’underground italiano, quello che spacca tutto. Tribali, energici, psichedelici. Un disco strumentale che ti rivolta il cervello come un calzino.

Vincenzo Scillia
Sophia Baccini’s Aradia – Big Red Dragon
Un disco proposto da un artista dalle mille sfaccettature. Particolare su ogni fronte, una ventata di freschezza ed un cavallo di battaglia dell’ etichetta.
Corde Oblique – Per le Strade Ripetute
La musica di Riccardo Prencipe è ormai un manifesto del Sud, di Napoli, dei Campi Flegrei. Questo un lavoro ispirato e sviluppato con tanta passione. Tutto ciò non fa altro che assegnare punti ai Corde Oblique oramai una certezza.
Lili Refrain – Kawax
Kawax di Lili Refrain è un disco sperimentale, atmosferico. E’ un irrefrenabile viaggio mentale accompagnato da colori neri come l’ oscurità, rosso come la passione ed un sinistro verde scuro. Insomma una perla di questo 2013.

Giulia Mariani
Luminal – Amatoriale Italia
Distorti, veloci ed incazzati, con Amatoriale Italia i Luminal hanno fotografato e descritto al meglio lo scempio di quest’Italia marcia, corrotta, bigotta e intrappolata tra luoghi comuni inutili e finti alternativi contornati d’oro. Una botta di adrenalina pura!
Ekat Bork – Veramellious
Di origine russe ma stabilita nella svizzera italiana da una vita, Ekat Bork crea atmosfere elettroniche ispirate ad ambienti naturali come boschi e fiumi, condendo infine il tutto con una voce alla Florence Welch. Un album unico, che si contraddistingue per un’innegabile ricerca sonora, cura dei dettagli ed arrangiamenti complessi che rendono Veramellious un’esperienza d’ascolto dentro e verso un’altro mondo, un mondo fantastico ed etereo.
Miranda – Asylum: Brain Check After Dinner
Il trio fiorentino ritorna dopo quattro anni sfornando un concept album per reclusi e disadattati, tra grida di rivolta, suoni sintetizzati ripetitivi, attitudine punk, e chaos organizzato. Non so, sara’ perchè mi piacciono i piu’ internazionali Atari Teenage Riot, ma il fatto che Asylum: Brain Check After Dinner mi spacchi la testa ogni volta che lo ascolto mi fa impazzire!

Maria Petracca
Umberto Maria Giardini – Ognuno di Noi è un po’ Anticristo
Un viaggio psichedelico all’interno di sé stessi, sottoforma di EP. Severamente vietato a chi ha paura di guardarsi dentro fino in fondo, a chi non ha il coraggio di scoprire che non siamo né Santi né Eroi, come amiamo dipingerci. Perché c’è del bello e del brutto in ognuno di noi. In fondo, “Ognuno di Noi è un po’ Anticristo.
Dimartino – Non Vengo più Mamma
Anche in questo caso di EP si tratta. Chi aveva ancora dubbi sulle capacità cantautorati di Dimartino, con questo disco vedrà svanire ogni forma d’ incertezza. In più avrà modo di stupirsi di fronte ad un lavoro ricco di sperimentazioni: elettronica e cantautorato che vanno a braccetto per strada. A mio parere un esperimento riuscito. Fortunato chi ha potuto goderselo anche in versione live.
Perturbazione – Musica X
Ancora un sound più elettronico rispetto a quello dei dischi precedenti, ancora un esperimento riuscito per chi, da anni, propone una forma di Pop Rock d’autore capace di affrontare in modo leggero, ma mai banale, le varie tematiche legate alla vita quotidiana (e allo scazzo che irrimediabilmente ne deriva) e non solo. Nel 2014 avremo modo di ascoltarli anche a Sanremo.

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Deathless Legacy

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Horror ed Heavy Metal, questo il connubio che portano avanti i Deathless Legacy un gruppo con alle spalle un vagone di date  live ma da poco alle prese con un disco d’esordio intitolato Rise from the Grave. A parlarci del gruppo c’è la carismatica frontwoman della band Eleonora “Steva” Vaiana, nota non solo per le sue qualità canore ma anche per la teatralità. Non resta che gustarsi quest’intervista.

Ciao Steva e benvenuta su Rockambula. Tanto per cominciare perché non presenti i Deathless Legacy al nostro pubblico?
Ciao Vincenzo, grazie mille per questa opportunità che ci hai dato. I Deathless Legacy sono una band Horror Metal, attiva dal 2006 come tribute band dei Death SS prima, che man mano è andata a crearsi il proprio mondo e ha lavorato per dar vita al primo disco di inediti: Rise from the Grave.
Fin dagli esordi abbiamo sempre puntato molto oltre che sulla componente musicale, su quella scenica, entrambe improntate su tematiche horror, gore e splatter: la teatralità, nei nostri spettacoli, va così a fondersi con le cupe atmosfere evocate dalla nostra musica, e il tutto è arricchito dalle splendide performance di un membro fondamentale della nostra band, la Red Witch.

A breve uscirà il vostro primo full lenght, Rise from the Grave, a cosa vi siete inspirati per comporlo e quali tematiche toccate nel disco?
Ci siamo ispirati ai nostri demoni interiori, a quegli elementi nati dalla repressione del proprio sé quotidiana, ai mostri che amiamo tanto dei film horror. Le tematiche affrontate dal disco sono una sorta di traduzione della comunicazione tra le nostre menti e le nostre coscienze e ci auguriamo che abbiano lo stesso valore per tutti coloro che lo ascolteranno: le paure vanno affrontate, la disposizione dei brani nel disco è una sorta di cammino iniziatico, che porterà a un salto nel vuoto della conoscenza di sé e del proprio universo interiore. Il nostro album dovrebbe essere una specie di esorcismo di tutto ciò che temiamo perché ignoto, compresa la propria interiorità, solo che anziché usare formule in latino e croci, abbiamo scelto di optare per un Heavy Metal denso e circondato di lapidi.

Il disco è stato registrato e mixato negli Inner Enclave Studios; che tipo  di lavoro avete svolto, come sono andate avanti le diverse fasi di lavorazione del platter?
Le registrazioni sono state precedute da una serie di pre-produzioni che ci sono state molto utili per capire e formare il nostro sound: alcuni dei pezzi presenti in tracklist risalgono a qualche anno fa, ma per tutti i cambi di line-up che ci sono stati all’interno del nostro piccolo mondo, siamo stati costretti a rimandare le registrazioni dell’album fino al 2012. Con l’entrata nella band del nostro Cal’aver, ci siamo messi a lavoro per creare il nostro piccolo mostro musicale e agli inizi del 2013 abbiamo concluso i lavori di registrazione.

Ho notato che vi siete dati da fare anche per la promozione attraverso video promo e foto. Anche qui come vi siete mossi?
Anche la promozione attraverso video promo e foto è un’estensione della nostra teatralità: cerchiamo di fare tutto il possibile, con le nostre disponibilità e forze, rendendo omaggio in qualche modo al mondo dell’horror non solo musicalmente, ma anche visibilmente e con tutti i media possibili! Per promuovere i nostri live abbiamo proposto più di una volta veri e propri cortometraggi, principalmente perché ci divertiamo a girarli!

Chiaramente i Deathless Legacy non campano di musica, cosa fate oltre che i musicisti, come sopravvivete?
Siamo non morti, quindi mangiamo poco e ci muoviamo il giusto, altrimenti perderemmo pezzi per strada! Quando le giornate sono buone e non sentiamo il peso di tutti questi anni da non-vivi, io, la Red Witch ed El Cal’aver siamo studenti universitari, gli altri si sono infiltrati alla perfezione nel mondo del lavoro e svolgono mansioni da vivi per i vivi!

Mi ha incuriosito l’entrata nel gruppo di The Red Witch, la vostra dancer e performer. Come è nata l’idea e la collaborazione?
I nostri spettacoli sono fatti al 50 % di musica e al 50% di scena: lo show che offriamo presenta una componente teatrale di spessore, nel senso che da sempre ci muoviamo per far sì che i nostri spettatori possano trovarsi immersi a 360° in quello che stiamo facendo e in quello che vorremmo trasmettere. La nostra Red Witch non è solo la nostra performer, ma è un membro pilastro nella band: partecipa regolarmente alle prove settimanali, durante le quali prendiamo decisioni che interessano le nostre sorti e quelle degli show imminenti. È la nostra  sorella non-morta, senza la quale i Deathless Legacy non potrebbero essere quello che sono oggi e non potrebbero lavorare a quello che vorrebbero essere domani.

I Deathless Legacy hanno  alle spalle una sfilza d’interessanti concerti, uno di questi  mi ha incuriosito molto ovvero quello con Steve Sylvester, Halloween 2011. Che effetto vi ha fatto esibirvi con lui?
In occasione di Halloween 2011 ci siamo esibiti al Jump Rock Club di Montelupo (FI), dove in seguito al nostro live, Steve Sylvester avrebbe tenuto un dj set. Posso solamente dire che vedere il vampiro salire sul palco dopo “Vampire” e il battesimo di sangue che proponevamo e proponiamo tutt’ora su “Bow to the Porcelain Altar”, come performance, è una cosa che non dimenticherò mai.

Come è stato accolto Rise from the Grave dal pubblico e come dalla critica?
Ancora è abbastanza presto per poterlo dire, dato che l’uscita ufficiale è prevista per il prossimo 3 gennaio 2014. Possiamo per ora sperare per il meglio, dato che abbiamo avuto pareri molto positivi da parte di personaggi di un certo spessore nel panorama musicale del metal, e riscontri eccellenti anche oltreoceano!

Adesso una piccola curiosità: a quale festival ti piacerebbe suonare con il tuo gruppo e affianco a quale band di prestigio?
Parlando a nome di tutti, senza dubbio sarebbe un vero piacere poter aprire ai Death SS, i nostri padri spirituali e musicali che ci hanno sempre ispirato durante il nostro cammino. Anzi, se non fosse stato per loro, probabilmente i Deathless Legacy non sarebbero esistiti!
Magari una bella data con Death SS, King Diamond e Ghost sarebbe un bel traguardo, ecco!
Come festival, l’Interiora Horror Festival si è rivelata una splendida esperienza che ci ha dato modo di conoscere il calore e il pit che solo a Roma ci hanno saputo regalare: ci piacerebbe sicuramente poter replicare una delle esperienze più belle che abbiamo potuto vivere!

Bene Steva l’intervista si chiude qui concludi come meglio ti pare…
Ti ringrazio di nuovo per la bella intervista, è stato un vero piacere per me! Che dire, che l’orrore sia con tutti voi e preparatevi: i non-morti stanno uscendo dalle loro tombe e vi porteranno incubi, vermi e putrefazione!

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Deathless Legacy – Rise From the Grave

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Un po’ di  tempo fa gironzolavo sui social network in cerca di qualche gruppo nuovo, ne trovai abbastanza, tutti di generi diversi ma chi mi suscitò una forte curiosità furono i Deathless Legacy, una band nata inizialmente come tribute dei Death SS. Comunque, caso vuole che mi metto ad ascoltare il loro disco d’ esordio, Rise From the Grave, un lavoro che miscela Gothic, Black ed Heavy Metal con l’ influenza di Steve Sylvester sempre presente non solo musicalmente ma anche per quanto riguarda i costumi e il gusto per l’ orrido. La musica proposta è un concentrato di aggressività ma con un pathos oscuro, sinistro, dovuto anche alle doti canore della singer; innegabile inoltre una certa similitudine con i Necrodeath nonostante la voce femminile.

Rise From the Grave si fa ascoltare con molto piacere, scorre in maniera limpida senza stancare un minuto, anzi, la voglia di sentirlo una seconda, terza e quarta volta è tanta. Parliamo di un disco fatto con voglia e passione da una band che, nel bene o nel male, di esperienza ne ha, soprattutto se contiamo i molti show dal 2008 ad oggi. Guarda caso in uno di questi, precisamente l’ esibizione di Halloween a Firenze del 2011, hanno come special guest proprio il già citato Steve Sylvester. Viene da porsi un quesito: perché un’icona di questo calibro dovrebbe disturbarsi per un gruppo underground del genere? Probabilmente anche il noto rocker deve averci visto del buono e considerando che comunque è stato palesemente d’ ispirazione per il grintoso sestetto, ecco prendere due piccioni con una fava.

In Rise From the Grave le tracce che subito si fanno ascoltare sono in primis: “Will or the Wisp”, la successiva “Queen of Necrophilia” e “Death Challenge”, quelle che subito attirano l’ attenzione per motivi diversi. Andando per ordine, nella prima citata c’è l’ ottima prova di Steva a fare da scheletro, nella seconda troviamo un botta e risposta tra chitarre e batteria eccezionale, mentre nella terza sono le tastiere a creare l’ atmosfera e fare da padrone. Non sono da sottovalutare “Flamenco de la Muerte” e la successiva “Spiders”, anche queste aggressive e dalla tinta cupa. Insomma i Deathless Legacy sono da tener in considerazione e se queste sono le premesse dinanzi a loro c’è solo un futuro roseo, potremmo considerarli una promessa per la musica estrema.

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Devil – Gather The Sinners

Written by Recensioni

Pian piano i Devil si fanno strada, crescono progressivamente perfezionando il loro stile e superandosi. Gather the Sinners ne è la prova e parliamo di un altro centro fatto dalla magistrale Soulseller Records. Stoner, Psichedelia, Southern, ci trovate tutto in maniera compatta e amalgamata, aggiungeteci  le sinistre melodie che sfornano Eric Old e Murdock con le loro chitarre e avrete un prodotto di altissimo livello. Ancora una volta i Black Sabbath e i Witchfinder General lasciano la loro pesante influenza, evidente soprattutto e chiaramente per quanto riguarda i primi. Ciò non toglie comunque che i Devil siano riusciti ad  indirizzare questa influenza sulla retta via facendola propria in modo originale. Riff taglienti e baritonali, questa la principale caratteristica di Gather the Sinners, un lavoro che mostra le capacità di Jimmy e soci. Il disco in questione acquista  charme soprattutto in una stanza buia, diventa il Caronte di un viaggio mentale, queste almeno le modeste considerazioni del sottoscritto. Insomma i Devil hanno fatto centro, hanno sfornato un disco di qualità in cui i cavalli di battaglia sono l’opener ovvero “Southern Sun”, “They Pale” e “Darkest Day”. Questo disco vanta di un’ottima registrazione e di un eccellente mixaggio, insomma è stato lavorato ad hoc senza tralasciare nulla; da un po’ l’effetto del Rock anni 70 ma con  attrezzature moderne. Gather The Sinners è un disco che va ascoltato assolutamente, non deluderà affatto, anzi.

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Alteria

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Finalmente sulle pagine di Rockambula torna Alteria, nota rocker che ultimamente sta dando tantissimo all’ Hard ‘n’ Heavy nostrano, anche grazie al programma che conduce su Rock TV e Rock’n’Roll Radio. Alteria è giunta al suo disco da solista, Encore e con grande onore abbiamo il piacere di intervistarla e scambiare quattro chiacchiere con lei.

Ciao Alteria e bentornata su Rockambula. Cominciamo l’intervista col botto; come mai hai scelto di proseguire da solista e non di creare un altro gruppo?
Ciao Vincenzo e ciao a tutti i lettori di Rockambula. Questo progetto viene proposto a mio nome e quindi come solista anche se insieme a me, dall’esperienza precedente (Nomorespeech) sono rimasti bassista e batterista. Continuo a sentire forte ed importante la band anche in questa nuova avventura, i miei musicisti sono parte integrante del progetto. Avevo voglia di riniziare dopo un annetto di pausa e di rimettermi in gioco, cosi ho deciso di lavorare su di me, sul mio percorso sia come cantante, che come autrice che come persona. In questo disco c’è un bel concentrato della mio “essere”.

Encore è appunto il tuo disco d’esordio da solista; a cosa ti sei inspirata per comporlo?
Per quanto riguarda i testi, sono sempre tanti gli eventi che nella vita ti danno da pensare. In particolare ho vissuto un periodo denso di emozioni, alcune belle altre brutte che ho deciso di trasformare in canzoni per poterle vedere e capire. Inoltre grazie al lavoro che faccio mi relaziono tanto con le persone e alcune storie, alcuni racconti diventano input utili per iniziare a ricamarci attorno un testo. Per quanto riguarda la musica, ogni canzone è stata composta da Nando de Luca, bassista con il quale suono da oltre dieci anni. Non abbiamo bisogno di spiegarci le cose, l’alchimia musicale è spontanea.

Per quanto riguarda le fasi di registrazione e mixaggio cosa ci dici, dove e come si sono svolte?
Il disco è stato interamente prodotto da me e Nando de Luca, registrato e mixato allo Zeta Factory di Carpi (MO) da Giuseppe Dualized Rossi, nello studio del mio amico Rusty, voce dei Klogr (con i quali ho collaborato per un loro brano). Il mastering invece è stato fatto da Alessandro Vanara. I giorni di studio sono stati rilassati: mentre tutti erano in ferie (agosto) noi eravamo rintanati nel bunker.

Invece del gruppo che ti supporta cosa ci dici, perchè non ci presenti gli altri ragazzi?
Come già ti anticipavo, la sezione ritmica suona con me da anni: Nando de Luca al basso e Roberto Fabiani alla batteria, entrambi ex NMS, sono una sicurezza per me , suonare con loro è la cosa più naturale del mondo. Alla chitarra c’è Pietro Quilichini, un gran manico, tecnico ma allo stesso tempo anche pieno di estro. Per me è importante poter cantare ad occhi chiusi e con loro è cosi. Apprezzo moltissimo il lavoro che è stato fatto specialmente da batteria e chitarra che non hanno partecipato alla       composizione del disco ma che al momento della registrazione hanno fatto propri i brani e li hanno suonati con l’intenzione e il pathos che immaginavamo io e Nando. Unione di sound ed intenti che percepisco anche ora che siamo partiti con le prime date live.

 Adesso oltre a condurre il programma su Rock TV, fare da DJ su Rock’n’Roll Radio e suonare con i Rezophonic, devi dedicarti anche a questa tua carriera da solista. Sono veramente tante cose che fai, come riuscirai a dividerti i compiti?
Ho le giornate super impegnate davvero! Inizio al mattino in radio, passo a Rock Tv, faccio i live e qualche volta metto qualche disco rock per far pogare la gente nei locali. Non mi piace stare ferma e soprattutto adoro vivere la musica sotto diverse sfacettature. Mi piace intervistare altre band su Rock Tv, adoro scoprire come gli altri musicisti vivono la loro passione, cosi come mi piace tenere compagnia alla gente con il mio programma in radio, chiacchero un sacco e passo della musica che difficilmente si può sentire in Fm. Ma ho iniziato a sedici anni con la mia prima band Rock a fare concerti in giro e continuo a cantare: questa è la prima e la più forte passione che porto avanti, ciò che sento più mio e in cui mi riconosco davvero.

Per Encore hai girato un video musicale sia per la canzone “Bad Trip” che per “Protection”. Perchè non ci parli di queste due canzoni e del tipo di lavoro svolto per i video?
“Bad Trip” e “Protection” sono due brani molto diversi tra loro, pur facendo parte dello stesso disco. L’eterogenità penso sia la prima caratteristica nonchè un punto di forza di questo album. Comunque …due brani diversi, con due video diversi. Il video di “Protection” nasce dall’idea del regista Luca Acerno che ha voluto omaggiare un dipinto di Gericault del 1818 dal titolo “La Zattera della Medusa”. Il dipinto ritrae un momento di un evento storico realmente accaduto: parla di alcuni sopravvisuti che dopo giorni come naufraghi in mezzo all’oceano, finalmente vengono salvati. E di tutte le polemiche e scandali venuti alla luce dopo il salvataggio. Il testo di “Protection” in qualche modo parla proprio della possibilità di salvarsi, di capire i propri errori, farne tesoro e riuscire a migliorarsi, quindi la proposta del regista mi ha subito convinta. La realizzazione non è stata affatto facile: in un teatro di posa abbiamo ricreato la zattera con travi e legni, c’è  stato ottimo lavoro da parte di chi si è occupato della scenografia. Ovviamente era nostro intento far capire che non eravamo in mare, ma che tutto era finto e volutamente fake. “Bad Trip” invece è  un brano più semplice, più d’impatto e anche il video è meno elaborato. Il regista Filippo Gasparini mi ha parlato di questo giovane artista emiliano, Psiko Patik che aveva in mente da tempo di realizzare un suo disegno su delle grosse lastre di vetro per poi distruggerle. Mi è sembrato perfetto! Nel video quindi al mio playback si intervalla il lavoro di Psiko Patik che poi con tanto di martello distrugge tanto (altro che Miles Cyrus)!

So che hai collaborato con i Klogr, come e quando è nata questa iniziativa tra  voi? E soprattutto ho notato che suonerai qualche data live con loro (tra cui quella di Napoli); immagino ci proporrete qualcosa insieme?
Quando Rusty  mi ha proposto un featuring non ho potuto dire di no: i Klogr sono una band Alternative Metal italiana davvero potente. Al di là della stima professionale ci lega un rapporto di amicizia. Insieme a loro sono andata allo Sweden Rock Festival quest’estate come guest sul palco ed è stata un’esperienza meravigliosa. Da quel live è stato fatto il video di “Vultures Feas” in uscita proprio in questi giorni! Da li è poi nata l’idea di registrare allo Zeta Factory (studio di Rusty) e anche la possibilità di fare qualche live con entrambe le nostre band ! (29 novembre al Sea Legend di Pozzuoli (NA) e il 30 Novembre al C-Lounge di Ascoli Piceno, oltre a qualche palco già condiviso quest’estate)

Una domanda che è probabilmente da un milione di dollari: con tutti questi impegni che hai, in generale Alteria a cosa aspira?
Non sono una dai facili entusiasmi e nemmeno disillusa. Diciamo che il mio obiettivo è quello di fare più concerti possibili: piccoli, medi e grandi..l’importante è suonare e portare in giro la mia musica. Conquistare le persone passo dopo passo, live dopo live e costruendo così il mio progetto. Di sicuro poi un altro obiettivo che mi sono posta è quello di portare enCORE anche fuori dall’Italia e ci stiamo già muovendo per questo.

Del tuo tour cosa ci dici, dove suonerai nei prossimi giorni?
Il tour enCORE inizia il 23 novembre con il Release Party all’Honky Tonky di Seregno(MI) per poi proseguire in diverse città di Italia (Napoli, Udine, Torino, Verona, Bergamo, Verbania, Padova, Firenze…) Speriamo di riempire il calendario il più possibile!!! La dimensione live è quella che preferisco in assoluto! Prima di questa tranche di tour abbiamo già fatto una decina di date in tutto il nord Italia tra locali e festival quest’estate.

Bene Alteria, l’intervista si chiude qui, concludi come meglio ti pare…
 Intanto vi ringrazio per l’attenzione che prestate a progetti alternativi, non mainstream. Grazie! E grazie per la recensione che avete fatto su enCORE!E poi…concludo sempre citando il grande Ronnie J.Dio: Long Live Rock’n’Roll !

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Heretic – Angelcunts & Devilcocks

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Ci hanno fatto divertire e ci hanno fatto danzare con un genere che loro stessi hanno catalogato come Black’n’Roll, con alle spalle tre dischi e svariate raccolte; ora gli Olandesi Heretic tornano con un quarto album intitolato Angelcunts & Devilcocks e il loro stile sempre pacchiano. Certo, per chi non lo sapesse, premetto che non si tratta di un gruppo che che ricordi Burzum, Taake, Celtic Frost o Immortal; qui parliamo di cinque loschi individui che sanno lavorare con la melodia ed hanno ritmiche dannate e piuttosto meticolose. Piuttosto potremmo accostarli agli ultimi Satyricon, anche se più sdolcinati, oppure ai polacchi Black River. Anche l’artwork del disco ha il suo simpatico colorito da un lato (forse potevano risparmiarsi il cartone animato), ma se è trattasi di scelta provocatoria, probabilmente è azzeccata. Ma veniamo ad Angelcunts & Devilcocks: il disco contiene dieci tracce, tutte molto catchy, e con un ritornello evidentissimo e canticchiabile; un lavoro che si rifà al Black, al Punk e al Rockabilly in stile Misfits. Le tracce da dover tenere in considerazione principalmente sono l’opener “Hail the Best”, la title track, “Sweet Little Sacrifice”, la successiva “Morbid Maniac” e “Let me Be your Altar”.

Tutto il disco segue un solo filo logico dato da un preciso sound e strutture delle canzoni che regalano un ascolto stabile e lineare che chiaramente sarà un arma a doppio taglio perché suscettibile di diverse e antitetiche valutazioni, questo soprattutto per quanto riguarda la proposta attuale degli Heretic. In quest’ottica, per il web ho notato diversi critici che hanno totalmente annientato la band e il loro Angelcunts & Devilcocks eppure io sono sempre del parere che la musica è come ciò che mangiamo e di deve tenere conto delle emozioni che ci fa provare. Questo lavoro non è affatto malvagio e vi invito a provare ad ascoltarlo; probabilmente qualcuno coglierà qualcosa di buono a lungo andare perché in fondo è un disco che non stanca nonostante la volgarità.

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Alteria – Encore

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Grinta e audacia, queste sono le principali caratteristiche di Alteria, una ragazza dalle mille risorse e da uno spirito Rock impareggiabile. C’è chi la conosce come conduttrice del programma Italians Do It Better su Rock TV, chi come speaker in Rock’n’Roll Radio e chi come membro dei Rezophonic e dei suoi ex NoMoreSpeech. Stefania Alteria Bianchi è una front woman molto in vista, quasi un riferimento come la nota Cristina Scabbia, è caparbia e determinata e questo suo modo di fare cosi altruista le ha permesso di raggiungere svariati traguardi. Adesso ci occuperemo di Encore, il suo disco da solista che a dirla tutta è una vera e propria ventata di freschezza.  Parliamo di un lavoro Rock all’avanguardia, come miscelare lo stile di Courtney Love con quello degli Exilia, solo che Alteria dispone di doti canore che riescono a esprimere a tratti rabbia e aggressività e altri dolcezza e sensualità.

Nel disco padroneggiano riff taglienti e rimbombanti, l’uso delle chitarre è  infatti accurato e lavorato nei minimi dettagli. Insomma quella di Alteria è pura classe e se ascoltate pezzi come “Bad Trip”, la titletrack e la successiva “Empty Land” capirete il motivo. Oltre queste citate sono da tenere in considerazione “Protection” ed “Angel-Love”; in quest’ultima si manifesta la sensualità dell’ artista. La passione per Alteria è tanta, i sacrifici ci sono e la volontà è a non finire, tutto questo ha portato la rocker a raggiungere importanti obbiettivi e un disco come Encore poteva essere sfornato solo da una mente determinata, che mira sempre oltre fronteggiando qualsiasi avversità. L’esperienza con i NoMoreSpeech è stata significativa oltre che complessa ma Alteria ci ha riprovato, in maniera diversa, non si è tirata indietro e il risultato è stato questo eccellente album. Un’Alteria che è anche una validissima artista oltre che una conduttrice e speaker degna di nota ma la questione fondamentale è questa: con la sua musica è riuscita a emozionare.

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Daemonia – Zombi/Dawn of the Dead

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I Daemonia del maestro Claudio Simonetti non hanno bisogno di presentazioni, né loro né tanto meno il memorabile tastierista (Mr. Simonetti appunto) fondatore di un gruppo che ha fatto la storia del Prog italiano, ovvero i leggendari Goblin. Aggiungete la lunga collaborazione con un professionista del Cinema Horror come Dario Argento e comprenderete, nelle colonne sonore create, l’importanza di questo sbalorditivo musicista il quale, con i Goblin, oltre che col già citato Argento ha lavorato con un certo George Romero. In questo disco dei Daemonia intitolato Zombi/Dawn of the Dead la band riprende alcuni classici dei Goblin nel loro omonimo datato 1978, arrangiando il tutto con attrezzatura di nuova generazione. Parliamo di un lavoro dal sound più limpido, pulito e senza sbavature, rinnovato riprendendo per l’appunto quelle canzoni che hanno accompagnato alcune pellicole ormai classici dell’orrore. All’interno troviamo l’oscura “L’Alba dei Morti Viventi”, la successiva “Zombi” che è un altro tormentone della band, la melodica “Oblio” padroneggiata da fantastiche chitarre; sulla stessa linea c’è “Zombi Sexy” e la conclusiva “Supermarket” dalla vaga vena Jazz. Zombi/Dawn Of The Dead è un lavoro ben riuscito, pieno di enfasi che nonostante tutto non tradisce le cupe e sinistre atmosfere delle vecchie versioni. È chiaro che un’opera del genere poteva essere promossa solo dalla Black Widow Records, un’etichetta che merita il massimo rispetto, una delle poche che suggerisce grandi classici oltre che sfornare gruppi di altissima qualità.

Claudio Simonetti è icona quanto Dario Argento, il connubio tra le due arti ha reso l’ operato di entrambi un simbolo di un certo cinema, equivalendosi sono come il Rum e il Sigaro Cubano oppure il Whiskey e una Marlboro. Ogni opera del maestro Simonetti è sempre e comunque una garanzia, questo vale per i Goblin ma anche per la nuova creatura Daemonia; i suoi lavori non stancano mai, neanche se ripresentati come in questo caso, soprattutto se dietro ci sono altri artisti di grande spessore come Titta Tani, Federico Amorosi e Giuseppe Previtali. Adesso l’unica cosa che resta da fare è procurarsi questo disco e ascoltarlo tutto a un fiato.

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Preti Pedofili

Written by Interviste

Questa volta Rockambula ospita i Preti Pedofili, un gruppo all’avanguardia che da poco ha sfornato il secondo disco, L’Age d’Or. Ai microfoni c’è Andrea che oltre a parlarci del gruppo ci chiarirà qualche dettaglio sul disco.

Salve ragazzi e benvenuti su Rockambula. Per cominciare l’intervista che ne direste di presentare il gruppo ai nostri lettori?
L’11 agosto 2012 ad Affile, un comune in provincia di Roma, è stato dedicato un monumento a Rodolfo Graziani, criminale di guerra, terrorista, responsabile di sistematici stermini durante l’imperialismo italiano in Etiopia. A Pietro Badoglio, altro criminale di guerra, è dedicato addirittura un museo. Entrambi, con il benestare del loro superiore Benito Mussolini, decisero l’utilizzo sistematico di armi chimiche per lo sterminio di donne, bambini e uomini. Il 3 ottobre 2013 sono morte in acque italiane quasi 200 persone, in parte provenienti da terre in cui l’Italia ha commesso efferati crimini in passato. Italia che è stata già condannata nel 2012 dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo per l’utilizzo della pratica barbara dei respingimenti in mare. Siamo un popolo di nazisti. I Preti Pedofili sono una rock band. Proviamo a rappresentare con la musica il disagio che viviamo oggigiorno.

Il nome del gruppo è un moniker forte, critico e molto accusatorio. Come mai avete deciso di chiamarvi cosi? Ma soprattutto vi siete procurati rogne dal 2011 ad oggi?
L’obiettivo del nome è quello di generare reazioni forti, di sdegno deciso o di abluzione indotta nei confronti dell’ascoltatore. Il prete pedofilo è considerato il massimo livello di degrado raggiunto dal genere umano nell’età contemporanea, la guida spirituale che si fa profanatrice dell’infanzia, il custode della fede che tradisce la propria comunità. Non ci sono particolari implicazioni anticlericali in questo moniker, a nostro modo di vedere. Il prete pedofilo è un uomo. E nell’osservarlo, inevitabilmente, si finisce per guardarsi allo specchio.

Per quanto riguarda il vostro stile di musica cosa ci dite, da chi sono influenzati i Preti Pedofili?
I nostri ascolti sono molto eterogenei e le influenze numerose. Si va dal Post Punk americano di Fugazi e Jesus Lizard, alla New Wave inglese, alla scena italiana degli anni 80 che ha visto nascere numerose band di spessore, sottovalutate sia dai contemporanei che dalla critica odierna. In più noi proviamo a metterci un gusto letterario nella stesura dei testi che sicuramente va in scia a quanto prodotto dai Bachi da Pietra e dai Massimo Volume, ma che evidentemente trae spunto da differenti letture. Fernando Pessoa è presente nel nostro ultimo lavoro in maniera esplicita, ma tra le righe è possibile leggere, in ordine sparso, anche Ciòran, Mordecai Richler, John Fante, Wu Ming, Lovecraft, Dino Campana, Vittorio Sereni e qualcos’altro che adesso non ricordo.

L’Age D’Or è il vostro nuovo EP o sbaglio? Perché non ci parlate della sua realizzazione, dove e come si sono svolte le fasi di registrazione e mixaggio?
L’Age d’Or non è un EP ma un disco full lenght, quindi un LP. Il lavoro è completamente autoprodotto. Ci piace curare in prima persona tutti i passaggi della fase creativa, dalla composizione alla registrazione al mixaggio e mastering finale. Cerchiamo di proporre qualcosa di nostro, di originale e quindi affidarci a terzi potrebbe compromettere i nostri propositi, indirizzandoci su sentieri già ampiamente battuti.

Per quanto riguarda le tematiche cosa ci dite, di cosa parlate e qual è il messaggio che vorreste far passare?
Le tematiche di questo nuovo lavoro sono abbastanza intimiste e introspettive, narrano delle microstorie di degrado che provano a costruire un mosaico di totale sfiducia nelle sorti dell’umanità. Parole altisonanti. Forse sarebbe meglio rispondere a questa domanda con una bella supercazzola o dicendo che ci piacciono i videogame. Ci siamo resi conto che è in atto un costante processo di “rincretinimento” nel panorama della musica underground. Una sorta di controcultura fatta di assenza di contenuti, o di contenuti idioti, un’involuzione che ha anche un significato sociale oltre che antropologico. Della serie: studio fino a trent’anni, mi prendo 4 lauree e resto disoccupato, a sto punto faccio lo scemo anch’io, chissà che ne esce qualcosa. O semplicemente hanno dequalificato a tal punto l’istruzione pubblica che oggi un ignorante può anche laurearsi. In questo senso ci rendiamo conto che il nostro progetto è totalmente fuori contesto, forse anche anacronistico da un certo punto di vista.

Ebbi il piacere di recensire Faust, il lavoro che vi fece esordire, tempo fa. Lo trovai fresco, originale, di buona qualità insomma. A parer vostro quali sono le principali differenze tra Faust e L’Age D’Or?
Sono due lavori antitetici. Faust sviscera i suoi brani nella lentezza esasperante dei tempi e delle strutture, L’Age d’Or è fulminante, isterico nelle sue continue e inaspettate variazioni. Faust è un monolite Doom, compatto e coerente. L’Age d’Or invece è più eterogeneo, mischia sonorità completamente diverse tra loro anche nello stesso brano. La cosa incredibile è che nonostante la virata netta, nei nostri live i brani de L’Age d’Or si alternano alla perfezione con quelli di Faust. Stiamo mettendo in atto un processo identitario e siamo contenti di questo.

Ho notato sulla vostra pagina Facebook che c’è anche un tour di supporto al nuovo lavoro. Ho visto che le date toccano diverse città. Come siete riusciti a procurarvi  un tour cosi sostanzioso in  Italia, che tipo di lavoro avete svolto?
Le etichette che hanno co-prodotto il disco, Toten Schwan, Sinusite Record, Spettro su tutte, hanno fatto un ottimo lavoro per far girare la nostra musica il più possibile. Noi ci abbiamo messo del nostro fondando una Netlabel, L’Odio Dischi che di fatto gestisce il nostro booking. Per il resto abbiamo un repertorio di quasi due ore di musica e il nostro cachet è davvero basso, quindi c’è un buon rapporto qualità prezzo nella nostra proposta.

A cosa aspirano i Preti Pedofili?
Il nostro sogno è arrivare a San Remo. Chiaramente senza dover sborsare un solo euro. Sul palco dell’Ariston finalmente potremo realizzare la nostra maggior aspirazione: pestare a sangue Fabio Fazio.

Bene ragazzi l’ intervista si chiude qui, concludete come meglio vi pare…
Vogliamo semplicemente ricordare che L’Age d’Or è in streaming e download gratuito a questo indirizzo. Anche i nostri concerti sono tutti gratis, potete scegliere dove e quando venire a vederci consultando l’elenco delle date sulla nostra pagina facebook. Gratis il disco, gratis i concerti. A tal proposito sarebbe legittimo da parte vostra chiedervi come facciamo a campare. Avanti fammi quest’ultima domanda. Come fate a campare?

Come fate a campare?
Grazie all’8 per mille.

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Repuked – Up From The Sewers

Written by Recensioni

Gli anni di esperienza e di gavetta servono e i Repuked lo sanno benissimo, soprattutto perché sono perseveranti nella loro attività che non significa solo suonare in piccoli locali ma anche sfornare piccoli (capo)lavori. È vero che il quartetto svedese è giunto al secondo full lenght intitolato Up From The Sewers, ma alle spalle ha anche due demo ed un EP oltre, chiaramente, a Pervetopia, il disco d’ esordio. In questo secondo disco i quattro ragazzi si distaccano un po’ dal sound putrido degli inizi e questa volta sembra non ci tengano troppo al suono grezzo e sporco; è vero che i riff sono graffianti e rimbombanti ma l’ atmosfera da garage è andata un po’ perdendosi e cosi, il sound dei Repuked è più pulito, più elaborato. Certo, l’innovazione li ha intaccati ma non troppo ; le nuove tecnologie sono utili dal momento in cui si vuol creare una nuova proposta musicale, ma, detto con sincerità, il Death Metal è un genere che il suo fascino lo mantiene con le vecchie strumentazioni ed il vecchio marciume. Anche per questo, almeno per il sottoscritto, il disco d’ esordio o i primissimi album di un gruppo Death sono spesso i migliori in quanto basati su un sound grezzo e povero, quasi allo stato brado.

Up From The Sewers con molta probabilità, grazie ad una registrazione più vintage avrebbe reso meglio eppure il prodotto è discreto; come già detto prima, questo tipo di innovazioni è stata di poco ingombro, in fondo, e alla fine si tratta di un lavoro che i fan di colossi come Entombed, Possesed e Autopsy apprezzeranno senza ripensamenti. Questo platter ha tutti gli ingranaggi al posto giusto, dalla copertina ai testi, dai riff al cantato “vomitato” e tracce come “Fuck You, Fucking Whore”, “Hobo Holocaust” e “Stinkhol” ne danno la conferma. Venendo ai cavalli di battaglia di Up From The Sewers, vanno certamente citate  l’opener ovvero la titletrack e “Winter Puke Disease”, pezzi aggressivi, violenti che disegnano un quadro generale sui Repuked. Questo secondo disco dei quattro danesi è da ascoltare; gli amanti del genere non possono farselo scappare.

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