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Edda – Stavolta Come Mi Ammazzerai?

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“Ma che voce ha Edda?!”: ti ascolti “Coniglio Rosa” e già lì senti lo spessore, la tecnica e il timbro, il tiro, il fuoco. Ho visto Edda dal vivo una sola volta, e non era nemmeno un suo concerto intero. Immediatamente ammaliato, nonostante io non avessi mai seguito i Ritmo Tribale per motivi anagrafici e i suoi altri dischi solisti, Semper Biot e Odio I Vivi, non mi avessero affascinato abbastanza da andarci a scavare. Poi arriva questo Stavolta Come Mi Ammazzerai?, e l’effetto è deflagrante, esplosivo. Edda inanella ben diciassette (brevi) episodi di Rock ritmico e stranamente accessibile, con un cantato da manuale, indomito, selvaggio, sfrenato, e testi che più che taglienti sono sferzanti, crudeli, sboccati fino all’esagerazione (“Lo sai o non lo sai / la mia ragazza fa l’attrice porno / è una succhiacazzi / ma quello che io voglio / fammela venire / con le sue facce da troia…”).

Edda è un animale, Edda non è rappresentazione ma solo realtà, con la schiettezza e la sincerità che ti fanno mettere la A maiuscola alla parola Artista, quel coraggio di essere “sempre nudi”, non importa quanto sporco ci sia, quante ombre ci spaventino. E lui canta, alto, con quel suo modo tipico, tirato, con le consonanti smangiate, a pezzi, frammentate, la gola che vibra tra un acuto e un ringhio, ed è una di quelle rare volte in cui un disco ti può prendere alla pancia, stritolarti le viscere, anche solo per simpatia, anche solo perché noti in quelle vibrazioni una qualche verità, che per questa volta è riuscita ad arrivarti addosso nonostante le interferenze e le distorsioni del mondo imperfetto che sta attorno, cornice limitata e limitante. Stavolta Come Mi Ammazzerai? è un disco molto Rock, senza compromessi, che spinge e tira, si appoggia e risale, lasciando nel frattempo il giusto spazio a questo mix di vocalità, personalità e poesia brutale, lurida, che è il personaggio Edda. Difetti? L’istrionismo, si sa, o trasporta o irrita. Ed è difficile entrare in questo piccolo mondo sporco, perché è il mondo di Edda, e per starci comodi bisognerebbe essere lui, e non si può: possiamo solo infilare la testa per un po’, fare capolino, e goderci il trambusto finché possiamo, finché riusciamo.

Il mio consiglio è: provatelo. Lasciatevi aperti all’ignoto e buttatevi in questa lordura, non scandalizzatevi e cercate quel punto dentro di voi dove c’è ancora uno spazio per riconoscere qualcosa di forte, qualcosa di importante, seppur immerso in un’apparente e sconvolta follia. Potreste rimanere sorpresi, e scoprire che questo personaggio strano, questo cinquantenne malandato che sembra avere la sindrome di Tourette e qualche altro paio di disturbi di personalità, sotto sotto racconta qualcosa anche a voi.

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Gianluca De Rubertis – Autoritratti con Oggetti

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Il problema è sempre lo stesso, fare album mediocri cercando di alzare il tiro buttandoci dentro collaborazioni importanti (Dell’Era e D’Erasmo degli Afterhours, Enrico Gabrielli, Lorenzo Corti, Andrea Rizzo, Pete Ross, Matilde De Rubertis, Lucia Manca e una sfilza infinita di altri) e fare leva su quello scritto e suonato in passato pensando di avere sempre il coltello dalla parte del manico. Gianluca De Rubertis ex Studio Davoli e famoso alla massa per il duo Il Genio (chi non conosce Pop Porno?) decide di farsi un disco tutto suo editando per Niegazowana l’esordio da solista Autoritratti con Oggetti. Si capisce subito  che l’ascolto non sarà dei più semplici, vorrei fosse facile ma purtroppo non lo è quasi mai. Attenzione, i testi che girano attorno al mondo delle donne sono interessanti, si scherza con l’amaro in bocca ma tutto pesa troppo sulla mia giornata appena iniziata. Voglio tornare ad essere spensieratamente felice.

Autoritratti con Oggetti guarda verso quel cantautorato italiano della metà degli anni sessanta cercando di diventare personale in maniera fallimentare, un disco che si piazza con una scarpa nella scena indipendente e l’altra nella musica d’autore. Tanto per cercare consensi ovunque sia possibile farlo. I brani sono sempre curati e non vogliono mai apparire scialbi di soluzioni alle orecchie di chi ascolta, fiati, violini e chitarre si mescolano meticolosamente, la classe (e quella non manca) di Gianluca De Rubertis fanno il resto. Un disco musicalmente corretto ma senza sensazione, forse era meglio continuare a volare nei propri soffitti, noi abituati a Pop Porno ci sentiamo completamente spiazzati da qualcosa che vorrebbe sembrare più grande di quello che realmente è, la prima mossa è stata giocata frettolosamente male. Aspettiamo di vedere una reazione convincente da parte di chi ha aiutato e non poco a dare notorietà alla musica indipendente italiana. Per ora affronto De Rubertis a muso duro.

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