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Le Porte Non Aperte – Golem

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Le Porte Non Aperte sono un progetto musicale nato nel 2010 ma che si ispira al Rock Progressivo  italiano e inglese degli anni settanta Emerson Lake & Palmer e Premiata Forneria Marconi in primis. Dopo lo strumentale “Preludio al Sogno” che dura poco più di due minuti “Golem” prende vita con “Il Re del Niente” in cui una voce aggressiva e ribelle tipo Piero Pelù o Demetrio Stratos fa da padrone sovrastando i compagni di viaggio. “La Città delle Terrazze” ha un inizio inquietante che ricorda un po’ i primi Diaframma, un po’ i Jethro Tull  di Aqualung ma man mano le chitarre e le tastiere fanno capire l’essenzialità del loro operato nella struttura generale del brano.

Questo concept album comunque tocca il picco più alto con “Binario 8” che meglio esprime la capacità di sperimentare e spingersi oltre un confine sonoro che resta visibile come l’orizzonte ma mai raggiungibile. Una intro di batteria in puro stile John Bonham vi introdurrà ne “Il Vicolo dei Miracoli” brano che forse non passerà alla storia del genere ma che può essere tranquillamente ascoltato (anche se è l’unico momento in cui la tentazione di mandare avanti è forte e c’è sino alla fine). “Rigattiere dei Sogni” sembra essere uscita direttamente dalla penna di Ian Anderson, segno che la band fiorentina sa in fondo il fatto suo in merito agli arrangiamenti sempre meticolosamente curati.
“Nemesi” è un breve esperimento sonoro pianistico il cui compito è solo quello di introdurre a “Oceano – Nel Canto della Sirena”. La fine sembra vicina ma in realtà ci sono ancora oltre venti minuti distribuiti in soli tre brani (anche se “Animale del Deserto Pt.1 – La Rivolta della Tartaruga Elsie – Animale del Deserto Pt.2” è una sorta di suite divisa in due parti) . Sandro Parrinello (voce), Marco Brenzini (flauto), Jacopo Fallai (chitarra), Daniele Cancellara (basso) Filippo Mattioli (tastiere) e Giulio Sieni (batteria) sono insomma un gruppo ben assemblato che merita la fiducia di un ascolto attento da parte anche dei fans più incalliti di Osanna e Van Der Graaf Generator.
Sarei curioso di ascoltarli dal vivo per vedere se riescono a mantenere alti gli standard di questo disco intriso di suoni vintage ma mai antiquati.

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Cockoo – Buongiorno

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Dopo il buon esordio con “La Teoria degli Atomi” che fu prodotto artisticamente nel lontano ottobre 2009  da Max Zanotti (Deasonika, Rezophonic) tornano finalmente gli astigiani Cockoo, che tanto devono a gruppi quali Bluvertigo e Subsonica. L’Elettronica è infatti il filo conduttore di Buongiorno, racconto di un risveglio, il risveglio di una persona che scopre un nuovo modo di vedere e percepire il mondo, non solo come una realtà esterna, ma anche come dimensione interiore di emozioni, intuizioni, sogni e anche un po’ di magia. L’episodio migliore rimane certamente il singolo estratto dall’album, “Baby” (bellissimi i versi “Sai l’amore è una cosa che si impara”)ma anche “Nel Bianco dei Tuoi Occhi” in cui ci sono persino echi dei primi Depeche Mode e della più pura New Wave anni Ottanta.

I tempi scanditi alla perfezione in “La Leggenda Personale” ricordano all’ascoltatore che per sentire musica di questo genere non è necessario sconfinare (in fondo l’Italia musicale ha ancora tanto da dire). La melodica “Il Mio Corpo” potrebbe quasi essere considerata una sorta di spartiacque con la sua diversità che introduce alla durezza del basso e della batteria di “Supernova”. La successiva “Kafka” ha il sapore intellettuale ma anche quello alternativo degli americani Deftones e Korn e in essa il gruppo fa capire di essere maturato tantissimo a livello di arrangiamenti. Insomma nel complesso un lavoro fatto di suoni raffinati e batterie impetuose, di basse vertiginose e dimensioni oniriche, di beat elettrici, di viaggi elettronici e sensazioni acustiche (che troverete tutte nella title track) e di un Pop smaliziato e gradevole che non scade mai nel banale.

Fantastica poi la traccia che chiude il tutto, “Lady G” in cui le chitarre e le tastiere viaggiano di pari passo a braccetto senza mai lasciarsi. Se con la loro prima prova discografica i Cockoo avevano saputo far parlare di sé tanto da aggiudicarsi la “Targa Giovani 2010” al M.E.I. 2011 e il “Premio Testi Opera Prima” al Festival Internazionale della Poesia di Genova sezione Musica c’è da scommettere ora che potrebbero essere la sorpresa di questo autunno musicale.

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The Knife – Shaking the Habitual

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Un gioco di percussioni e vocalismi in “A Tooth for an Eye” apre Shaking the Habitual, il quarto disco dei The Knife. Ritmi alla Talking Heads che appaiono forse un po’ datati, ma al contempo proiettati negli anni 2000, in un perfetto caos e disordine sonoro che però non è disprezzabile e che ritroveremo più avanti soprattutto in “Without You my Life Would be Boring”. Annunciato già nel 2011 sul sito della band e nel 2012 con un breve teaser su Youtube, l’album venne dato alle stampe nei primi mesi del 2013 tra curiosità e soddisfazione / insoddisfazione dello zoccolo duro dei fans.

Certamente la performance vocale appare ancora una delle più intriganti della scandinavia (potrebbe contendere lo scettro alla celebre Bjork), ma dal precedente Silent Shout sono passati ben sette anni e quindi forse ci si attendeva un po’ di più da un gruppo dall’indubbio talento e spessore come il duo svedese. Elettronica allo stato puro (sempre e comunque) che soffre tuttavia di una durata esageratamente lunga (oltre settanta minuti sono davvero troppi da digerire persino per le orecchie più forti) e una scrematura dei brani avrebbe forse giovato ad apprezzare di più questo lavoro che appare a tratti intrigante, a tratti noioso.

Il coltello scandinavo è tornato quindi a colpire, ma lo fa con timidezza, senza osare mai troppo, senza spingersi oltre quei confini che da sempre lo contraddistingueva, mentre passava da una musica House a un Synth Pop post moderno senza eguali. Durante “A Cherry on Top” sembra infatti di stare ascoltando un disco solista di Thurston Moore o di Lee Ranaldo dei Sonic Youth (ma i loro sono sempre lavori geniali) e se non fosse per l’incantevole voce (che arriva però dopo cinque minuti!) verrebbe voglia quasi di passare alla traccia successiva.

Meno male che a rialzare la media ci pensano capolavori sonori quali “Raging Lung” o “Fracking Fluid Injection” in cui il duo osa davvero tanto ed ammalia l’ascoltatore e nella finale “Ready to Lose”. Insomma un disco che non passerà di certo alla storia e che quasi sicuramente dividerà i fans del gruppo.

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EVIL – EVIL

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EVIL: questo il nome del progetto nato a Sulmona (Aq) nell’Ottobre 2012 da un’ idea del chitarrista Alessandro La Civita che chiama a far parte della band da subito Marco Di Ianni (basso e synth) e Giovanni D’Ambrosio (batteria). Dalle loro menti nascono le prime bozze acustiche da cui viene estratto e arrangiato il materiale definitivo di questo ep, pubblicato ad Agosto 2013, che si avvale anche della collaborazione di Maurizio Tavani (En Declin, Droning Maud) che offre una performance vocale pressoché perfetta. Lo stile di quest’ultimo ricorda da vicino infatti quello del più malinconico ed intimo Eddie Vedder dei Pearl Jam e si incunea nelle melodie ben tessute dai suoi tre compagni di gruppo.

Il nome della band tradotto in italiano vuol dire “male”; anni fa i Sonic Youth ci scherzarono sopra sulla parola intitolando un loro disco Evol, anagramma di love (Amore) e distorsione di evil appunto. Ed effettivamente di cattivo la band ha ben poco, in quanto le quattro tracce contenute in questo ep sono molto pacate e malinconiche. La venatura pop e il taglio stilistico appaiono ben chiari sin dall’opening “Meaningless” (poco più di quattro minuti di assoluto piacere sonoro) e dalla successiva “Winter Thoughts” in cui graffianti chitarre riecheggiano le atmosfere dei Radiohead di “Creep” e di “High and dry”.

In “Trapped” invece la batteria inizia ad acquisire un peso sempre maggiore (essendo stata finora un po’ in disparte) scandendo chiaramente un tempo che raramente subisce variazioni (ma ne è proprio questa la bellezza; ricordate una certa Moe Tucker che con i Velvet Undeground faceva tanto con pochi pezzi del suo strumento? Ebbene, il tocco di D’Ambrosio non sarà forse così minimalista, ma di certo neanche troverete in esso virtuosismi alla Terry Bozzio o alla Mike Portnoy, ex Dream Theater). Conclude il tutto in bellezza “Mae” che inizia con una serie di armonici alla chitarra per poi proseguire in un Pop raffinato. I testi di tutte e quattro le canzoni sono stati scritti da Susanna Camerlengo. Poco più di quindici minuti che offrono alla band un ottimo bigliettino da visita che sicuramente sarà utilissimo per trovare date dal vivo.

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Christian Fennesz, Stephan Mathieu e David Sylvian. The Kilowatt Hour.

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The Kilowatt Hour

Quando tre geni assoluti della musica ed in particolare di quella elettronica quali Christian Fennesz, Stephan Mathieu e David Sylvian incrociano le proprie strade per dar vita a un progetto ambizioso quale The Kilowatt Hour, il risultato è ovviamente scontato: un capolavoro multimediale formato da immagini che scorrono dietro i tre artisti mentre sono impegnati ad incantare il pubblico accorso.  Cinque lunghe suite strumentali senza interruzioni sono la crema dello spettacolo proposto nell’ambito del progetto The Kilowatt Hour.

Questo il succo dell’evento a cui hanno assistito i fortunati spettatori presenti al Teatro Massimo di Pescara sabato 21 settembre. La data nel capoluogo adriatico è stata la terza di un tour di sole cinque in Italia che è stato anticipato da un’apparizione in Norvegia nell’ambito del Punkt festival a Kristiansand. Probabilmente Christian Fennesz, Stephan Mathieu e David Sylvian hanno dato vita a un qualcosa davvero di irripetibile per il tenore culturale a cui è abituato l’Abruzzo. E chi c’era l’ha riconosciuto a fine concerto quando gli applausi del pubblico accorso sono stati sinceri ed onesti.

Proiezioni video montate in maniera affascinante scorrevano lentamente in perfetta sincronia con i suoni dei tre musicisti e con il narrato dello scrittore Franz Wright, unico interlocutore dello spettacolo se si esclude il breve frammento sonoro di “Only The Lonely” dell’indimenticato The Voice, al secolo Frank Sinatra. Tante le emozioni provate nell’ascoltare le note che il trio suonava magistralmente, le “positive vibrations” (come direbbero i Beach Boys) erano percettibili nell’aria e gli occhi del pubblico non si staccavano mai dal palco illuminato da una luce soffusa. Un viaggio in musica durato circa settanta minuti di puro godimento sonoro che lasciano sperare anche in un’eventuale pubblicazione su  cd o in una riproposizione in formato dvd / blu ray.

Lo stesso Sylvian ha dichiarato: “Mi sento molto fortunato ad essere in compagnia di due musicisti di cui ho grande rispetto e la cui generosità e compagnia hanno arricchito la mia vita personale e lavorativa.Stiamo per intraprendere una breve escursione insieme per vedere dove potrebbe portare.Non c’è nessun compiacimento, né scorciatoie intraprese. Stiamo cercando di creare qualcosa di unico ed emozionante per noi e una nuova esperienza per coloro che saranno presenti alle nostre performances “. L’input per l’intero progetto è stato sicuramente Wandermüde, lavoro pubblicato a gennaio di quest’anno dai soli Sylvian e Mathieu (autore di tutte le musiche) che hanno voluto poi coinvolgere anche l’amico Fennesz, vero genio della manipolazione chitarristica.

Laptop, chitarre e pianoforte si incontrano senza mai scavalcarsi in un perfetto connubio sonoro. La new wave degli anni ottanta e dei Japan per Sylvian è oramai un lontano ricordo… Benvenuti negli anni 2000 e nella nuova era della musica elettronica!

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Dimartino + Stazioni Lunari + The Electric Flashbacks

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Note Sulle Ali di Farfalla @Teramo (Villa Comunale) 07/09/2013

La mente era lì che viaggiava verso il paradiso, pensando a Federica Moscardelli e Serena Scipione (due studentesse tragicamente decedute nel terremoto dell’Aquila nel 2009), per molti degli accorsi a questa manifestazione che, giunta alla sua quinta edizione, ha saputo fidelizzare il suo pubblico e creare anche un po’ di turismo culturale in una regione come l’Abruzzo. Per loro, e anche gli altri presenti, l’evento aveva quindi un sapore diverso rispetto al classico concerto Rock o al solito festival Indie.

Sembrava quasi, per citare parole alla Battiato “un rapimento mistico e sensuale” quello che sono riusciti a creare gli artisti che vi hanno partecipato. La sera del 7 settembre finalmente lo spettacolo “Stazioni Lunari” ideato da Francesco Magnelli (membro fondatore di BeauGeste, C.S.I. e PGR ed in passato collaboratore dei Litfiba) è approdato in terra abruzzese in occasione della quinta edizione di “Note Sulle Ali di Farfalla – Notte per Federica e Serena”, manifestazione di solidarietà che ha ospitato precedentemente artisti quali Afterhours, Marlene Kuntz, Bandabardò, Brunori Sas, Calibro 35, Offlaga Disco Pax, Bugo, I Cani e Pan Del Diavolo e che si svolge ogni anno a Teramo in ricordo delle due studentesse Federica Moscardelli e Serena Scipione, tragicamente decedute nel terremoto dell’Aquila.

scaletta dimartino

scaletta Dimartino

La cornice dell’evento è stata la Villa Comunale nel quale erano presenti anche stand alimentari, una mostra fotografica curata da Dante Marcos Spurio, un mercatino musicale, un’esposizione artistica di Massimo Zazzara, una di moda a cura di Joele, giovane stilista teramano, con i suoi figurini ideati appositamente per l’occasione e persino una di Alessandro Paolone con le sue creazioni astratte su cotone egiziano. La serata è stata aperta da Dimartino, gruppo musicale indie pop italiano originario di Palermo che prende il nome direttamente dal suo leader, il cantante e bassista Antonio Di Martino.

Qualcuno dei presenti probabilmente lo aveva già visto anche in occasione del Soundlabs Festival a Castelbasso (Te) essendo il target del pubblico lo stesso ma riascoltarlo dal vivo seppure per un breve set di dieci canzoni è stata un’emozione non da poco. La sua scaletta infatti includeva tutte le canzoni più conosciute del gruppo, da “Venga il Tuo Regno” a “Non Siamo gli Alberi” passando per “Poster di Famiglia” e “Maledetto Autunno”.

Dopo circa trentacinque minuti di spettacolo è stata poi la volta dell’attesissimo progetto Stazioni Lunari che in passato ha ospitato artisti del calibro di Bugo, Teresa De Sio, Piero Pelù (Litfiba) e  Daniele Sepe (per citarne solo alcuni) e che per l’occasione ha riunito oltre ai soliti Francesco Magnelli e Ginevra Di Marco, Cisco (ex Modena City Ramblers), Cristina Donà e Cristiano Godano (voce, chitarra e anima dei Marlene Kuntz). Il format è lo stesso di sempre, Ginevra di Marco a fare gli onori di casa, padrona in movimento da una stazione all’altra che determina successioni, movimenti e favorisce commistioni fra i diversi mondi musicali degli ospiti che sono disposte su tre pedane disposte su un palco con una scenografia tanto minimalista ed essenziale quanto attraente.

scaletta stazioni lunari

scaletta stazioni lunari

Lo spettacolo è aperto da “Del Mondo”, proveniente dal repertorio dei C.S.I. che recentemente hanno deciso di riunirsi senza il loro cantante Giovanni Lindo Ferretti per un breve tour che porterà Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli, Giorgio Canali e Massimo Zamboni in giro per l’Italia fino a dicembre accompagnati alla voce dalla carismatica Angela Baraldi.

Tornando invece alla serata del 7 dicembre c’è da dire che massiccia è stata la partecipazione del pubblico che si rivelerà sempre educato e composto (nessun tentativo di pogo, neanche durante i pezzi più animati). La scaletta in questo caso ha incluso invece pezzi provenienti dal repertorio dei singoli artisti (ad esempio “Lieve” e “Trasudamerica” dei Marlene Kuntz) e persino un sentito omaggio al genio musicale di Lucio Dalla (“Com’è Profondo il Mare”) e brani tradizionali della nostra penisola.

Gradita ed inaspettata sorpresa è stata la ricomparsa sul palco verso la fine del concerto di Antonio Di Martino che ha voluto lasciare così un suo ulteriore contributo alla serata che si è conclusa con l’esibizione al laghetto della Villa Comunale del nuovo progetto di  Tito, leader dei Tito & the Brainsuckers, The Electric Flashbacks e con un dj set a cura di VxVittoria C. & Marco Mattioli (COSEPOP). “Note su ali di farfalla – Notte per Federica e Serena” quest’anno ha supportato il centro antiviolenza “ La Fenice”, di cui è intervenuta anche una rappresentante che ha spiegato le attività che svolge durante una breve intervista.

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Hellterror League – For Satan We Ride

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Un rombo di motocicletta e una intro scritta ed eseguita da Jan Stoeckart (senza volontà di infrangere nessun copyright come recitano le note sul retro della copertina del cd) introducono nel mondo degli esordienti Hellterror league, gruppo nato nell’inverno 2012 dalle menti malate di LK NekroMorbid (chitarra e voce) e @ntony Rocky Horror (batteria e cori) cui si è aggiunto successivamente Christbeater (basso e voce) per completare la formazione.
Vero Black Metal che ricalca le orme e lo stile anni 80 di grandi gruppi quali Celtic Frost e Death (tante le influenze che si potrebbero citare che si ascoltano in questo lavoro).

Questo “In Satan we Ride” è il frutto di cinque mesi di duro lavoro in sala prove poi concretizzatisi nei mesi di giugno e di luglio negli Inferno Studios sotto le mani attente dello stesso Andrea “Christbeater” Moretti il quale ha provveduto alla registrazione, al mixaggio e al mastering del disco.
Certamente si ha fra le mani un buon prodotto, ben sopra le righe dei soliti demos dei vari “gruppetti” locali che infestano l’ambiente Metal italiano.
Peccato solo che cinque canzoni siano troppo poche per dare un giudizio davvero sincero e completo sul gruppo che comunque in poco più di quindici minuti dimostra di saperci fare davvero.
Il pezzo che porta il nome del gruppo è certamente il meglio riuscito del lavoro (anche se rimane da chiedersi cosa ci faccia la sigla della nota trasmissione televisiva sportiva “Novantesimo Minuto” messa come intro o se volete come spartiacque fra la opening track “Drunk ‘n Drive” e appunto “Hellterror League”).
Probabilmente (se fosse stato per chi scrive) avrei cambiato solo qualcosa nei suoni del basso (ricordano troppo quelli di Lemmy dei Motorhead e quindi a volte risultano fuori luogo) ed avrei evitato l’ultimo urlo nella terza traccia “Southern Attitude”.
Niente da criticare (semmai tanto da elogiare) per quanto riguarda le altre due tracce che compongono questo lavoro, “A Night at The Titty Twister” (che suppongo sia dedicata allo storico locale marchigiano) e “Burning Bethlehem”, che risultano essere sicuramente gli episodi più riusciti del lavoro.
Li attendo impaziente alla loro seconda prova, sperando magari in un full lenght record per poterli valutare meglio.

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Paul Mc Cartney

Written by Live Report

26 giugno 2013 @Arena di Verona

Paul è Paul!

E’ questo il primo commento che viene da fare appena usciti dall’Arena di Verona a tutti…

In quasi tre ore di concerto Mc Cartney infatti ha dato fondo a tutte le sue energie per garantire ogni singolo secondo il migliore degli spettacoli, gradito da persone di tutte le età (c’erano giovanissimi ma anche sessantenni e persino qualche over 70!) e da alcuni vip avvistati tra il pubblico (si sono fatti i nomi di Paola Turci, Marco Mengoni, Elisa, Mario Venuti  e Cesare Cremonini che tra l’altro sedeva a poche file di distanza da chi scrive). Avrà superato i settanta, ma la grinta è ancora quella di un ragazzino, tanto da indurlo a provare diciannove delle quasi quaranta canzoni previste per lo spettacolo serale in un soundcheck segnato da un violento acquazzone. All’arrivo all’Arena nel medio pomeriggio è stato accolto da un centinaio di impavidi fans che lo attendevano già tempo sperando di potergli rubare un autografo o una foto in compagnia (sogno però spezzato dal fatto che si è fermato scortato dalle guardie del corpo giusto una manciata di secondi accennando appena un saluto). L’Out There Tour è approdato quindi ufficialmente in Italia per un unico concerto andato ovviamente tutto esaurito che è cominciato verso le 21:30 con un “Buona sera Verona, siete tutti matti?” per l’esecuzione di “Eightdays a Week“.

L’Arena di Verona solitamente sarebbe ad uso della musica lirica ma già negli scorsi anni mostri sacri della musica pop e contemporanea quali Deep Purple e Duran Duran vi si sono esibiti ottenendo grande successo di critica e pubblico. Molti sono stati durante la serata i pezzi attinti al repertorio dei Beatles, grandi classici quali “Let it be”,“Hey Jude”, “Day Tripper”, “Get Back”e“Yesterday” ma tralasciando anche “Penny Lane” o “Michelle”. Probabilmente quindi ci sarà stato anche chi come me si sarà lamentato di non avere sentito “Goodbye and Hello”, ma forse era davvero impossibile proseguire lo show dopo due ore e quaranta minuti davvero al top. Ogni tanto qualche dedica ai suoi ex compagni di gruppo, John Lennon (succede in occasione di “Here Today” che confessa essere il dialogo mai avuto con l’amico ucciso nel lontano 8 dicembre 1980 dal folle Mark Chapman) e George Harrison ed anche alla sua ex moglie Linda, indimenticato grande amore e musicista accanto a lui sin dai tempi dei Wings per la quale scrisse “My Valentine” eseguita in una toccante versione. C’è stato anche tempo per un breve tributo al più grande chitarrista della storia del rock, Jimi Hendrix (bellissima l’esecuzione strumentale di “Foxy Lady”) e per dei fuochi d’artificio durante “Live and Let Die”, colonna sonora del noto omonimo film di James Bond.

La chiusura è stata affidata (giustamente) a “The End”, ultimo brano di “Abbey Road” per un 25 giugno che difficilmente chi era lì dimenticherà mai! Tanti gli accorsi da fuori regione, molti persino dall’estero per il baronetto del rock che a cinquant’anni dal primo disco dei Beatles non smette di far sognare persino le ragazzine…

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PREMIO CINEMATOGRAFICO PALENA

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C’è anche Rockambula tra i media partner della sesta edizione del PREMIO CINEMATOGRAFICO  PALENA, che si svolgerà all’ombra del Castello Ducale Sordello di Goito, a Palena, nel meraviglioso scenario del Teatro Aventino intitolato a Ettore Maria Margadonna. Il premio è riservato ai cortometraggi e dedicato a Perry Como e allo stesso  Ettore Maria Margadonna.

Se volete sostenere la manifestazione, quest’anno il Premio Cinematografico Palena ha lanciato anche una campagna di crowdfunding sul sito www.ulule.com.

Tutte le informazioni sono disponibili qui: www.ulule.com/premiocinematograficopalena

Il concorso rimane invece anche quest’anno ad iscrizione gratuita ed il bando e la scheda di partecipazione sono scaricabili all’indirizzo: http://www.premiocinematograficopalena.com/pcp_iscrizione_al_premio.html

Per ulteriori informazioni potete inoltre rivolgervi ai seguenti indirizzi:

info@associazioneculturalepalenese.com e press.marcovittoria@premiocinematograficopalena.com

oppure

http://www.associazioneculturalepalenese.com/

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O – Il Vuoto Perfetto

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Gli O nacquero nel lontano 2010 a Biella con l’obiettivo di proporre musica influenzata dalle correnti più disparate quali Grindcore, Black, Noise, Black Metal e Hardcore.
Da allora hanno pubblicato precedentemente solo un singolo split 7” condiviso con la band Post-Grind italiana Hungry Like Rakovitz (che forse avrete potuto pure apprezzare nella sua edizione limitata in 100 sole copie) e fatto molti concerti di supporto anche a band di fama mondiale quali Napalm Death, Unsane, The Secret, Big Business e Forgotten Tomb.

Questo primo full-lenght registrato interamente agli Studio 73 di Ravenna (Extrema, The Secret, Ephel Duath… ), sotto la direzione di Riccardo “Paso” Pasini (in passato già al lavoro con Extrema, This is a Standoff, The Secret e At the Soundawn) mostra la naturale evoluzione sonora del gruppo che nel frattempo si è anche accostato ad altri generi quali il Noise e il New Metal.
Rimane quindi tanto difficile quanto impossibile una catalogazione per i cinque biellesi che appaiono comunque sempre molto feroci e violenti a livello sonoro.
Impossibile quindi dire anche se siano “nati” gli eredi degli storici Cripple Bastards che proprio quest’anno festeggiano i venticinque! anni di carriera (traguardo davvero inusuale per una band italiana).
Nove tracce che comunque ricalcano anche le atmosfere care agli inglesi Extreme Noise Terror e Carcass da cui i cinque traggono spesso ispirazione.
Testi mai banali e sempre urlatissimi in effetto spoken word cantati rigorosissimamente in lingua madre (scelta apprezzabile e davvero ben riuscita).
L’unico neo del disco è forse la troppa ripetitività che comunque non danneggia l’ascoltatore nel piacere e che è anche tipica del genere; tuttavia una maggiore selezione dei brani (magari rilasciando un ep al posto di un full-lenght album) avrebbe giovato di più.
Tante le idee espresse (nel maggiore dei casi anche bene) ma c’è ancora un po’ di acerbità negli arrangiamenti che andrebbero forse migliorati qua e là.
Insomma nel complesso un’ottima seconda prova discografica che lascia solo ben sperare per il futuro del Metal italiano.

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Pierpaolo Marino – Otto Brevi Racconti

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Il cantautore marsalese Pierpaolo Marino esordisce con questo bellissimo full lenght album, Otto Brevi Racconti dal titolo alquanto insolito in quanto ogni singola canzone dura almeno tre minuti risultando quindi in linea con lo standard dei suoi colleghi nazionali. Un disco dal sapore sempre intenso, che, come un buon vino di annata appassiona in ogni goccia un sommelier, riesce a conquistare l’ascoltatore in ogni singola nota. La voce dal timbro caldo di Pierpaolo Marino, che condivide solo il nome con l’omonimo dirigente di calcio (di cui se siete appassionati del settore ricorderete le gesta), non delude mai l’ascoltatore sempre ben incastonata in melodie sonore che gridano al miracolo (pur ricordando a volte quelle dei Tiromancino).

L’album è infatti un viaggio di otto tappe vissute  a osservare il mondo attorno, per poi ritrovare se stesso, rude quanto basta, mai complesso negli arrangiamenti ma sempre elegante nello stile e nella pennata chitarristica. Otto Brevi Racconti è stato interamente registrato e mixato da Fabio Gencopresso il Vicolo Recording (Nordgarden, Cloudsina Pocket, Black Eyed Dog, Bananalonga) ed è ancora più prezioso grazie alla presenza di  alcuni amici musicisti quali Carmelo Pipitonedei Marta Sui Tubi (che avete potuto ammirare sul palco dell’ultimo festival di Sanremo), Paolo Tedesco / Cloudsina Pocket e lo stesso Fabio Genco. Canzoni che esprimono libertà, senso di malinconia e felicità simultanee con versi che parlano di solitudinie amori, di drammied infanzie, di inquietudinie di dolcezza.

“Croce Del Sud” è quel piccolo capolavoro che raramente ti aspetteresti da un esordiente, curatissima in ogni singolo dettaglio ed arrangiamento, come anche l’allegra e vivace “Due Merli”  tint a inizialmente dal sapore di old wild west e poi da note di gaberiana memoria. Otto racconti sonori, tutti diversi l’uno dall’altro insomma, sia liricamente sia musicalmente, ma legati indissolubilmente da un unico filo conduttore: la bravura di un nuovo talento che se saprà ripetersi nella seconda prova farà certamente molta strada. Personalmente sarei pronto a scommettere su di lui anche l’intero conto in banca, perché benché sia difficile superare in qualità un lavoro del genere, Pierpaolo Marino ha tutti i mezzi per poterci riuscire.

Avanti così!

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Ministri (+ Fast Animal And Slow Kids)

Written by Live Report

Sabato 18 Maggio @ PinUp Mosciano (TE)

Come era prevedibile, la serata di sabato 18 maggio al Pin Up di Mosciano Sant’Angelo si  è rivelata un appuntamento che ha attirato centinaia di appassionati di musica Indie da ogni parte d’Abruzzo e persino da fuori regione.

I Ministri sono ormai un nome conosciutissimo nell’ambiente, ma la vera sorpresa della serata sono stati i Fast Animals And Slow Kids, progetto nato nel 2007 a Perugia per mezzo di Aimone Romizi, Alessandro Guercini, Alessio Mingoli e Jacopo Gigliotti e che esordì per l’etichetta umbra To Lose La Track di Luca Benni con un fortunato ep.
Oggi anche questi ultimi hanno un loro folto pubblico, ma per me che non li conoscevo (se non di nome) sono stati davvero un elemento che ha impreziosito il valore dell’evento.

I quattro ragazzi sul palco hanno una presenza scenica davvero fantastica e in poco meno di un’ora hanno sfoderato tutte le loro hits, tra cui la mitica “Troia” che è compresa nel loro ultimo album Hybris (uscito anche in vinile) scatenando più volte un pogo che ha coinvolto gran parte dei presenti.
I Ministri si presentano sul palco invece nella consueta formazione a quattro (nonostante i membri del gruppo siano tre) e danno il meglio già dalle prime note della prima canzone, “Stare Dove Sono”.

Tuttavia con la granitica “Mammut”, che tra l’altro apre il loro ultimo cd, Per un Passato Migliore riescono persino a migliorarsi.
La setlist li ha visti impegnati in ben diciotto canzoni che continuo ad elencare qui di seguito: “Il Sole”, “I Nostri Uomini ti Vedono”, “Comunque”, “Mangio la Terra”, “Gli Alberi”, “La Pista Anarchica”, “Una Palude”, “Tempi Bui”, “Spingere”, “Diritto al Tetto”, “Non mi Conviene Puntare”, “Il Bel Canto” e poi in bis: “Mille Settimane”, “Giornata Che Tace”, “Noi Fuori” e “Abituarsi Alla Fine” che conclude una scaletta di tutto rispetto (nonostante alcune grandi assenze quali “La Faccia di Briatore”, grande hit dei Ministri contenuta nel cd Tempi Bui).

Il locale era davvero strapieno ed era formato sia da fans fedelissimi che cantavano a squarciagola sia da semplici curiosi che comunque di certo non sono rimasti delusi dalle esecuzioni curatissime in ogni singolo arrangiamento.
A fine concerto poi spazio anche per autografi e foto coni ragazzi della band che come sempre si dimostrano disponibili verso tutti anche per scambiare due chiacchiere e ciò forse li rende migliori rispetto a molti colleghi pur essendo “arrivati” anche loro.

Un’ultima raccomandazione: se capitate a una loro data non mancate di far visita al banchetto del merchandising perché è davvero fornitissimo avendo a disposizione oltre a tutta la loro discografia magliette, spillette, manifesti, adesivi e quant’altro.

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