Partendo dalla lezione dei black midi, l’EP di debutto del quartetto di Belfast è immerso in un suono violento e dissonante, ossessivo e bizzarro.
[23.05.2025 | autoprodotto | noise rock, art rock, post-hardcore]
Nel parlare di BMNRcore – quella nebulosa di band emergenti britanniche che oscillano tra chitarrismi nervosi, esplosioni jazz e liriche più o meno ansiogene – si finisce quasi sempre per tirare in ballo i Black Country, New Road. Sono loro il riferimento più riconoscibile: i crescendo, i fiati ed i violini, il pathos teatrale.
I black midi vengono invece sempre nominati con un religioso rispetto, trattati come una sorta di mostro sacro irraggiungibile, come dei King Crimson moderni.
Ecco perché l’EP omonimo degli Stratford Rise suona come una piccola scossa tellurica. La band guidata – una volta – da Geordie Greep qui non è solo un’ombra lontana, bensì il punto di partenza, la scintilla.
Non dobbiamo però pensare ad un semplice omaggio. Il gruppo nordirlandese ne riprende l’irrequietezza e la scompone in qualcosa di ancora più fisico e viscerale, affondando nelle melma industrial, brutalizzando – come se già non bastasse – il noise rock con un’urgenza sonora che non fa sconti; alcuni passaggi, per impatto e aggressività, superano persino quello dei midi.

In rotta di collisione.
Viene spontaneo l’unico confronto possibile, cioè quello con i Cowboyy, anch’essi in parte figli della defunta band londinese. Il loro Epic The Movie è un EP brillante, ma più leggero: un math pop giocoso, ironico, che si muove con intelligenza ma senza la stessa profondità degli Stratford Rise che, al contrario, sembrano voler entrare in collisione con tutto: le strutture, il suono, l’universo.
Gunshow apre le danze con un impasto di alternative rock novantiano e un sapore nu metal su cui si innesta una voce che sembra uscita direttamente dalla gola di Geordie Greep. La violenza è sincopata, spigolosa e mette subito in chiaro che l’influenza dei midi non è solo un’eco, ma il concepimento della loro anima. Prone è un industrial marziale, metallurgico, meccanizzato, mentre la successiva Snowsports, ossessiva e bizzarra, marcia su un controtempo nervoso e gioca con l’assurdo come farebbero i migliori Primus.
Con Machine to Water il discorso si amplia: il brano è un episodio post-hardcore nevrotico e rumoroso che nasconde un’indole funkeggiante, un groove sghembo e minaccioso che richiama da vicino i The Jesus Lizard (con i quali, guarda caso, il quartetto di Belfast ha condiviso il palco in un paio di concerti ad inizio anno) fino a esplodere in un wall of sound che accosta shoegaze, ethereal pop e persino suggestioni a-là Vangelis.
Una scena viva.
Quello in corso sembra essere davvero un anno di svolta per il BMNRcore, che inizia a produrre realtà melodiche ma sperimentali sempre più solide come The Orchestra (For Now), Glasshouse Red Spider Mite, Boardsheets. E poi c’è chi, come Man/Woman/Chainsaw e Van Zon, sta invece facendo una stonata e decisa inversione a U rispetto ai propri esordi, virando verso un pop barocco figlio di English Teacher e The Last Dinner Party.
La scena è viva, pulsante, e soprattutto ancora urgente. Gli Stratford Rise, con questo primo EP, sembrano essere una di quelle novità che non possono passare inosservate.
LINK
SEGUICI
Web • Facebook • Instagram • Spotify • YouTube • Telegram • TikTok
Art Rock Belfast black midi EP 2025 noise rock Post-Hardcore Stratford Rise UK
Last modified: 26 Maggio 2025