Intervista a Giovanni Cantelmi alias KTM

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Il silenzio dell’intelligenza di un ragazzo speciale tra il frastuono della stupidità contemporanea.

Nonostante non sia cosa abituale per Rockambula trattare qualcosa che non riguardi la musica, non è la prima volta che decidiamo di dedicarci all’arte visiva. Artisti che non solo ci hanno profondamente colpito ma emergenti su cui non facciamo altro che scommettere; e soprattutto creatori le cui opere sono in qualche modo legate alla musica stessa.

Oggi abbiamo virtualmente incontrato Giovanni Cantelmi alias KTM, giovanissimo che ha scoperto la sua passione per la pittura e soprattutto talento fuori dal comune. Un ragazzo speciale che vive profondi contrasti col presente, ma che è in grado di esternare le sue pulsioni interiori attraverso opere che, vedrete, danno da subito l’idea di aver quel qualcosa in più difficile da scovare altrove.

Ciao Giovanni. Iniziamo parlando di te e della tua passione. Chi è Giovanni Cantelmi e chi è il suo alias KTM?

Giovanni è di Sulmona, una città che mi sta stretta in verità; ho frequentato, diplomandomi, il liceo linguistico, parlo bene l’inglese ed ho diversi amici sul web con cui mi confronto sui temi che mi stanno più a cuore: politica, sociale, ma soprattutto musica. Non posso che ritenermi un conoscitore del rock, che amo grazie a mio padre “Nosmo”.

Abbiamo parlato della tua arte come di qualcosa scoperto recentemente. In realtà, quando ti sei appassionato alla pittura? C’è una qualche formazione dietro o tutto è frutto del “caso”?

Fin da piccolo ho cercato di “rappresentare” il mondo così come lo vedo io. Inizialmente ricostruivo città di cui ero appassionato con ogni tipo di oggetti (scatole, pezzi legno, sugheri, regoli, boccette di vario tipo, bottiglie) posizionandoli sul pavimento, secondo le piante urbane. Le disegnavo anche, cercando di riprodurre qualsiasi particolare e dettaglio. Ho sempre continuato a disegnare in maniera autodidatta, con matite e penne, seguendo esclusivamente il mio istinto. Ho studiato comunque storia dell’arte, rimanendo affascinato da alcuni artisti come Leonardo, Michelangelo, Matisse, Picasso, Haring. Successivamente ho disegnato personaggi e pupazzetti di videogiochi e film. È certo che disegnare mi ha aiutato tantissimo a superare diverse difficoltà che un “ragazzo speciale” come me ha dovuto affrontare.

Torniamo al tuo nome d’arte. Perchè KTM? Cosa significa?

Tutto ha inizio quando qualcuno mi consigliò di assumere un nome d’arte: pensandoci su, ho scelto appunto KTM, usato per indicare un certo tipo di motore per la motocicletta anche se altri possono usarlo per significati diversi. KTM è usato da me come una specie di “acronimo” per il mio cognome, che sarebbe appunto Cantelmi, ma anche come qualcosa di misterioso.

Parliamo della tua generazione e dei tanti contrasti che incarna. Che rapporto hai con i tuoi contemporanei e quanto questo rapporto ha influenzato il tuo approccio all’arte?

Il 90% della mia generazione si può classificare come “perduta” (per non parlare dei giovani della mia città, under 2002-04): ne temo soprattutto l’ignoranza e la superficialità, di cui ho spesso subito le conseguenze in prima persona (tipo essere spesso preso in giro, dileggiato, solo perché avrei voluto parlare di cose belle ed interessanti, mostrando chi sono davvero… ma lasciamo perdere!): non fanno altro che bere alcol, picchiarsi per futili motivi. Sono stufo!

Questa categoria è tossicodipendente di una pubblicità che ci vuole schiavi, forzati a svolgere lavori che non vorremo fare, ad ascoltare “musica” spazzatura (trap, reggaeton, pop commerciale) che fanno finta di amare, ma che odiano, a votare partiti che non ci rappresentano, a comprare oggetti che in fin dei conti non ci servono, oppure legarci con altri gruppi con i quali non andiamo d’accordo d’accordo, finendo per credere che il nuovo sia “pericoloso” o “nocivo” e che il marcio, il già visto, sia “buono” e “conveniente”.

Mi sento di vivere in una società che mistifica tutto, in cui non mi ritrovo, ma nella quale posso utilizzare la mia arte e la musica per tirare fuori il meglio da me e dagli altri. Potrei aggiungere che, Covid-19 o no, la solitudine è la mia più grande sofferenza, vorrei avere degli amici di cui fidarmi, che mi capissero, con i quali condividere tante cose; inoltre adoro viaggiare e mi piacerebbe poterlo fare il prima possibile.

Parliamo del tuo rapporto con la musica. Sappiamo che tanto ti ha formato un padre dj e speaker radiofonico. Come sappiamo che fatichi ad apprezzare la musica che sembra spopolare tra i tuoi coetanei. C’è un legame tra questa alienazione col contemporaneo e la tua necessità di esprimerti attraverso il disegno o si tratta di questioni completamente slegate tra loro?

In qualche modo sì, potrebbero essere legate le due cose, perché disegnare ed ascoltare musica sono due modi di manifestare la propria sensibilità in maniera istintiva e immediata; inoltre entrambe le cose mi fanno stare bene, non potrei sentirmi “OK” ascoltando musica spazzatura come i generi menzionati prima, perché in questi regna la monotonia, l’ipersessualità (termini come “loco”, “damelo”, “bi##h!” o “twerk” hanno davvero superato il limite), la depressione, l’idolatria verso il “dio denaro” e persino il nichilismo; i ragazzi, vittime del vuoto, pensano che essere nichilisti li renda speciali, che l’unica soluzione sia il suicidio, ma naturalmente non è così.

Parliamo di due delle entità più importanti nella formazione di un ragazzo. Famiglia e scuola. Quanto sono stati utili, importanti e capaci di stimolarti e dare linfa alle tue inclinazioni, da un lato la scuola, i professori, i tuoi compagni e dall’altro i tuoi genitori?

Beh, la scuola mi ha dato ben poco riguardo la spinta artistica, fatta eccezione per la mia insegnante d’arte delle scuole medie che mi ha sempre apprezzato ed incoraggiato; fuori dalla scuola devo ringraziare due persone: il mio amico Yari, con il quale ho iniziato a dipingere seguendo la tecnica del gesto libero, e Marco di DalVeroLab, un’esperienza di disegno dal vero che pratico da 3 anni, anch’essa all’insegna della libera espressività. Dei miei amici moltissimi sono rimasti sopresi ed entusiasti per come disegno. Mio padre e mia madre mi hanno sempre incoraggiato e sostenuto in questa mia inclinazione e credono molto nel fatto che attraverso la forma artistica io possa raggiungere traguardi importanti.

Passiamo alle tue opere. Raccontacele sia sotto l’aspetto tecnico, sia sotto l’aspetto emotivo.

Dopo aver disegnato per anni le mie amate città, sono passato a studiare la figura umana, dedicandomi ai ritratti. La mia tecnica consiste nel disegno a pennarello che poi coloro con le tempere; mi piace ritrarre i volti dei miei amici e di persone che mi chiedono di rappresentarle. Spesso sono tutti molto soddisfatti di come “li vedo” e li ritraggo e ne sono felice: questa cosa mi sta aiutando a far conoscere il vero Giovanni, che magari ha avuto tante difficoltà a venir fuori. Ho partecipato a qualche mostra collettiva e pubblico i miei ritratti sia su Instagram e sia su un mio blog. Sono molto felice quando mi dicono che nel mio stile c’è qualcosa di Schiele o di Picasso.

Una delle figure più presenti è quella femminile. Che rapporto hai con le donne e quanto tale rapporto finisce per ripercuotersi su quello che crei?

Beh, ho sempre avuto dei buoni rapporti con le donne, osservandone bene non solo i lineamenti, ma anche i tratti dell’animo che cerco di cogliere soprattutto nello sguardo. Devo dire che dipingerle mi aiuta ad aumentare l’autostima e a rinsaldare l’amicizia. In effetti prediligo la figura femminile, non solo perché rispecchia la forma e l’armonia estetica, ma mostra anche il suo lato interiore, che è quello che per me conta di più.

Pur non essendo io esperto o critico d’arte ma solo un semplice appassionato, guardando i tuoi disegni ho intravisto qualcosa che raramente ho ritrovato in altri emergenti. Banalmente, l’ho chiamato talento. Tu cosa credi di avere di distintivo rispetto agli altri.

Ti ringrazio tantissimo per aver visto in me del talento: io penso di essere molto spontaneo, di aver sviluppato una tecnica, che a volte trascura dei particolari, ma altre evidenza dei dettagli che forse non tutti vedono e che sono contento di “scovare”. Io credo di vedere il mondo con occhi miei, in maniera del tutto naturale, cioè io lo vedo come lo disegno.

Torniamo al rapporto tra arte e musica. Perchè si fa sempre più fatica a distinguere la musica come arte, dalla musica come intrattenimento? Perchè lo stesso problema non sembra riguardare altre forme d’arte come la pittura, appunto? La musica era considerata, nell’antichità, la primaria forma artistica. Oggi sembra avere tutt’altro ruolo. Cosa è successo?

Purtroppo oggi c’è una tale mole di prodotti immessi dall’industria musicale nel mercato spesso non badando alla qualità, ma solo al denaro e all’immagine: spesso anziché essere musicisti, tanti sono solamente dei performer e il pubblico insegue le mode, non essendo più in grado di cercare, vedere e capire la qualità. Ad esempio questa strana “passione” per la trap o il reggaeton trasforma l’originalità in omologazione.

Impossibile non parlare del periodo attuale e della pandemia. Quanto sta influenzando la realizzazione delle tue opere, sia praticamente, sia a livello di ispirazione, la situazione catastrofica attuale?

Da un punto di vista tecnico non mi sta influenzando per niente, poiché continuo a lavorare in sedute trasmesse in collegamento via web o sulle foto.
Parlando invece dei rapporti sociali, credo che la situazione sia fortemente penalizzante: è inutile dire che il contatto e la possibilità di frequentarsi sia fondamentale per relazioni umane, figuriamoci per gli stimoli artistici. Devo dire però che questa situazione ci ha fatto apprezzare molto di più i rapporti reali e una quotidianità normale. Personalmente, non vedo l’ora che tutto questo finisca.

Credi che la sofferenza personale sia uno stimolo per ogni artista o un limite?

La sofferenza personale ed interiore in principio può essere forse un impedimento all’arte, specie se si resta chiusi in sé stessi; se invece si riesce a darle una dimensione corretta, la sofferenza può diventare qualcosa che esalta la propria sensibilità, e perciò la propria capacità artistica che aiuta ancora di più ad esprimersi. Bisogna trovare uno spazio emotivo positivo anche nella sofferenza.

Fatti pubblicità. Se qualcuno ora volesse scoprire qualcosa di più su di te e su quello che fai, cosa dovrebbe fare?

Semplice: dopo aver letto il tuo articolo fino in fondo (haha!), potrebbe andare sul mio blog, contattarmi e chiedermi un ritratto, e se gli/le piacciono può acquistarne uno!

In conclusione, hai già un’idea su come proseguire per far conoscere ciò che crei? Hai in mente i tuoi prossimi passi o vuoi aspettare che sia ancora il caso o il destino o chissà chi o cosa a forgiare il tuo futuro artistico?

Appena finirà la pandemia, il mio sogno sarebbe organizzare delle mostre personali nelle gallerie delle grandi città italiane ed europee; sarebbe inoltre bello accompagnare la mostra con la musica che piace a me. Spero di avere degli amici che mi aiuteranno a realizzare questo mio progetto.

Grazie e in bocca al lupo per il futuro. Consigliaci un brano che meglio rappresenta l’artista che sei oggi.

Il brano che consiglio, che in questo momento mi rappresenta è Fake Tales of San Francisco degli Arctic Monkeys. Grazie a te, Silvio, per la tua attenzione e per avermi ospitato nelle pagine di Rockambula e… LONG LIVE ROCK’N ROLL!

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Last modified: 31 Marzo 2021