Horse Lords – The Common Task

Written by Recensioni

Il disco giusto per scoprire che la musica può correre per strade diverse da quelle che avete sempre conosciuto.
[ 13.03.2020 | Rough Trade / Northern Spy | experimental rock ]

Non cadete nell’errore di credere che il concetto di rock sperimentale sia necessariamente legato al concetto di “mai sentito” e di innovazione; certo, questi ultimi spesso finiscono per combaciare ma non sono una peculiarità. Sperimentare, in quest’ambito, significa semplicemente uscire dagli schemi canonici del rock che siete abituati ad ascoltare, quello fatto di quattro quarti, chitarre distorte, canzoni, melodie, ritmi, ecc… Significa utilizzare la voce in maniera diversa dalla norma, mescolare stili musicali insoliti, cercare suoni e strumenti solitamente non consoni al rock e farlo con una decisa abilità e attenzione alla tecnica.

Con tale definizione ampliata, capite perché l’experimental rock non debba necessariamente legarsi ad un suono moderno, anzi, spesso finisce per richiamare alla mente le epoche d’oro dei Velvet Underground, dell’industrial e del krautrock, come appunto nel caso degli Horse Lords.

La loro idea di rock, che molto fa riferimento al math coi suoi cambi di ritmo e tempi dispari, nasce nel secondo decennio di questo secolo e si lega a doppio filo ad altre due correnti poco note. Da un lato il post minimalismo Settanta e Ottanta di Glenn Branca; dall’altro il totalismo, fratello gemello del precedente, caratterizzato dall’utilizzo simultaneo di due tempi e che vede ancora Branca tra i sui principali esponenti insieme a Rhys Chatham per citare nomi noti ai più, considerando appunto il legame strettissimo e le distinzioni minime che qui non andremo a chiarire per ovvi motivi.

Da questa lunga premessa, capirete che l’ascolto del nuovo album della band di Baltimora presuppone un approccio completamente diverso da quello che siete soliti avere al primo ascolto di un qualunque disco rock o pop che sia; inutile procedere oltre se non riuscite ad abbattere i pregiudizi rivolti all’apparente cacofonia; se il vostro orecchio finisce per ribellarsi ogni qualvolta ascolta una nota che non si aspetterebbe di ascoltare. Solo se riuscirete a superare questo muro, ad accettare di farvi andare in pappa il cervello per qualche minuto; solo se sarete pronti a sprofondare in un good trip di acidi senza il timore che si trasformi in un incubo potrete godere del climax crescendo dell’opera e dello sviluppo della stessa fino alla conclusione estatica. Solo se riuscirete a frantumare il muro potrete immergervi in questo apparente groviglio sonico/ritmico per assaporarne qualsiasi dettaglio e godere di ogni singolo elemento, delle innumerevoli sorprese inaspettate come i rimandi a Captain Beefheart o alle strutture etniche, alla scelta di armonie microtonali e quant’altro.

The Common Task è un piccolo grande gioiello a disposizione di quei pochi armati di muscoli e martelli; un capolavoro del genere consapevole di non poter far breccia nei cuori della moltitudine. È distruzione delle vostre certezze e creazione di un nuovo tipo di ascolto se mai vi siete approcciati a qualcosa di questo tipo; è uno di quei dischi che, se siete abbastanza giovani, potrebbe cambiarvi la vita per sempre come successe tanti anni fa a me con l’ascolto di Trout Mask Replica. Quel disco che potrebbe farvi rendere conto che la musica può correre per strade diverse da quelle che avete sempre conosciuto.

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Last modified: 23 Marzo 2020