Hit Bargain – A DOG A DEER A SEAL

Written by Recensioni

La band di Los Angeles torna a bussare prepotentemente alle nostre porte con un’attitudine sempre più hardcore.
[ 10.11.2023 | punk, post-punk, hardcore | Get Better Records ]

“My body is not my own! Endometriosis and the holy spirit!”. Il brano d’apertura riecheggia nella testa e pulsa nelle vene, così come l’urlo disperato e arrabbiato della cantante Nora Singh. E così gli Hit Bargain (un quartetto composto da ex ed attuali membri di Beach Fossils, Cold Beat e The Pains of Being Pure at Heart) tornano sulle scene dopo l’esordio del 2018 con Potential Maximizer, e lo fanno con tutto il peso del loro corpo che preme sul pedale dell’acceleratore sprigionando una potenza devastante.
La potenza di una rabbia che trova espressione in un punk agitato e irrequieto, ancor più di com’eravamo abituati ad ascoltare.

Gli Hit Bargain si formano nel lontano 2014 come risultato e risposta alla scena DIY di L.A., rinnovandone lo status e il modus operandi, tra intersezioni queer, musica da club, pelli dai colori diversi uno dall’altra che fanno punk, scuole d’arte che diventano spazi in cui suonare e laboratori in cui creare. In virtù di ciò, il quartetto si fa portavoce di una nuova generazione musicale chiamata da loro stessi come “queencore”, un gioco di parole tra “queer” e “hardcore”.

La frontwoman Nora Singh incendia i palchi tirandosi latte materno mentre canta, facendosi sollevare da uomini possenti denominati “powerlifter” in una serie infinita di squat riuscendo a non perdere neanche una nota, facendosi tatuare on stage e calpestando per diversi minuti il corpo di un uomo (forse preso a caso, forse no, forse offerto volontario, forse no?). Una voce, la sua, che, per carisma e presenza, potrebbe essere accostata a quella di Marissa Paternoster (leader della band statunitense Screaming Females).
Entrambe le nostre riot grrrl scelgono di scrivere di lotte. Lotte di classe, lotte di genere, lotte di potere. Istintive e animalesche, proprio come la storia del punk insegna (più o meno).

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A DOG A DEER A SEAL, urlato rigorosamente in capslock e senza punteggiatura alcuna, viene scritto appena prima della pandemia ma vedrà la luce tre lunghi anni dopo, per l’appunto il 10 novembre 2023. Non importa, perché le tematiche di cui avrebbero scritto in questo 2023 sono le stesse di qualche anno prima. L’album si mette a nudo di fronte alla società americana, proponendole un confronto che però non potrà mai reggere. Sistemi medici inadeguati, restrizioni all’aborto, violenza armata, sono solo alcune delle questioni affrontate nel disco, condite da persistenti scariche elettriche provenienti dagli accordi infernali dei quattro strumenti utilizzati.
Dieci brani, cruenti e diretti, volti a non farci restare indifferenti dopo il loro ascolto.

La già citata esplosione iniziale di Immaculate Vaxxer apre le travolgenti danze e la stessa cantante la definisce come “un body horror psichedelico che incontra l’allegoria religiosa”.
Come afferma la stessa Nora Singh: “Sono cresciuta cattolica. Mio padre era un cattolico in via di guarigione e mia madre era buddista. Per qualche ragione, sembrava davvero giusto che ci fosse quest’idea del corpo che ospita la malattia e che quindi soffre in modo sacro. Penso che ci sia più consapevolezza nei confronti delle persone che hanno disabilità e disturbi cronici e forse, si spera, anche più accettazione. Penso che sia qualcosa che la comunità queer ha sempre compreso e accettato. La pandemia ha messo a nudo le disparità che molte comunità hanno nel ricevere cure: il modo in cui le persone trans vengono trattate quando vanno dal medico è incredibilmente orribile. Lo conferma anche la mia esperienza personale, avendo avuto un figlio attraverso l’attuale sistema medico e non avendo avuto un’assicurazione in quanto persona adulta per quasi tutta la mia vita”.

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E i sentimenti di rabbia, nevrosi e caos proseguono nelle successive tracce, in un crescendo di potenza che raggiunge lo stato più puro del termine. Tocchiamo con mano territori garage e punk grazie all’energia sprigionata da Pressure, passando poi per le linee ossessive di Cloud Cover.
Ma non è ancora abbastanza, e riceviamo in maniera tutt’altro che cauta il lasciapassare per territori sempre più dissonanti alla ricerca di risposte, con la frenesia di Cheat Grass e con l’imponente chiusura affidata alla title track, caoticamente punk e rumorosa. Non oso immaginare cosa possa diventare un loro live chiudendo con una bomba del genere.

Gli Hit Bargain non si limitano a catturare l’ansia delirante della vita americana, come essi stessi sostengono, ma ne imprigionano l’essenza, quella nascosta e quella più visibile, tra malessere, non accettazione e denuncia. L’ira funesta di Los Angeles ha colpito in pieno.   

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Last modified: 20 Novembre 2023