Al suo ottavo album in studio, la band californiana accantona la psichedelia in luogo di un approccio più affine a sonorità synth e garage punk.
[06.06.2025 | Greenway, The Reverberation Appreciation Society | garage punk, synth punk, garage rock]
Hollywood, Venice Beach, Santa Monica, Malibu, Silicon Valley e potremmo andare avanti. La California è forse lo stato degli USA che più si presta a un immaginario fatto di luccicanti stereotipi. C’è però un lato nascosto e molto meno glamour che in pochi conoscono (fatto salvo chi magari segue la NBA e ha dimestichezza con i Kings, scalcagnata franchigia di stanza nella capitale Sacramento, un posto che non corrisponde esattamente all’idea primigenia dell’Eden) e che ha fatto da terreno di coltura per il nuovo album dei Frankie and the Witch Fingers.
Ottavo album in studio di una band inaspettatamente longeva, Trash Classic ha infatti visto la luce nella ridente – si fa per dire – Vernon, paesino a due passi da Los Angeles abitato da pochissime anime e caratterizzato da un paesaggio fatto di macchinari arrugginiti e camper sventrati. Un non luogo che fa molto Rust Belt da pieno Midwest, altro che luccichii hollywoodiani.
Se poi a tutto questo aggiungiamo che a fare da sottofondo alla registrazione dei pezzi – tenutasi nella più accomodante Oakland insieme a Maryam Qudus (spacemoth, La Luz), che ha dato il suo contributo anche al microfono e ai synth – è stata una incessante maratona di Looney Tunes, il quadro che ne viene fuori non poteva che solleticare ulteriormente la curiosità di chi scrive.

Tra allucinazioni e riff muscolari.
La formula sonora che aveva caratterizzato la band fino al precedente Data Doom viene qui parzialmente stravolta. La proverbiale commistione tra garage e psichedelia lascia infatti il passo a sonorità molto più afferenti a synth e proto-punk.
A cavallo tra Osees e Snapped Ankles, il riuscitissimo singolo Total Reset sembra intercettare alla perfezione la rinnovata anima artistica della band. Non da meno la tirata garage punk di Fucksake, forte di un giro di basso assolutamente irresistibile e che si diverte a mescolare i primissimi King Gizzard & The Lizard Wizard con i nostrani – e mai abbastanza incensati – Bee Bee Sea, e l’allucinogena e sintetica Economy, altra pietra angolare dell’album.
Solido e convincente per tutta la sua durata, il disco è immerso in un viscoso magma sonoro fatto di riff muscolari, synth avvolgenti, ritmi sostenuti e melodie accattivanti.
La chiusura con una title track a metà tra suite psicotropa e cavalcata psichedelica suggella come meglio non si potrebbe un disco di una costanza e una coerenza invidiabili per una band che nel giro di dodici anni ha sfornato la bellezza di otto album in studio.
Una invidiabile consapevolezza.
Sebbene non si prefigga (e direi quasi per fortuna) l’obiettivo di stravolgere l’universo musicale, Trash Classic è la celebrazione compiuta di un gruppo pienamente cosciente dei propri mezzi e che, pur non avendo mai avuto addosso i riflettori riservati ad altre realtà ad esso affini, ha sempre tirato dritto per la propria strada senza avere la smania e l’urgenza di dover necessariamente dimostrare qualcosa.
Anzi, forse è stata proprio la lontananza dai suddetti riflettori a far maturare con piena consapevolezza i Frankie and the Witch Fingers. Cento di questi album, e non è affatto retorica.
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Last modified: 5 Giugno 2025