Tra pause e melodie – Intervista a svegliaginevra

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L’artista ci parla di cambiamento, di canzoni che stravolgono la vita e dell’importanza di fermarsi.

(di Chiara Grauso)

Vi è mai capitato di riprodurre una canzone che non ascoltavate da tempo e rendervi conto in quel momento di quanto foste cambiati? La musica, come ogni forma d’arte, riflette i concetti legati all’evoluzione e alla trasformazione nelle persone: le canzoni di svegliaginevra sono un riflesso nello specchio di questo elemento. Così come nel suo ultimo singolo, Quello che volevi, uscito il 4 marzo per La Clinica Dischi, in cui l’artista campana su un ritmo coinvolgente ci parla di come le persone cambiano, allontanandosi, inevitabilmente, da quello che volevamo e ci aspettavamo.

«Ma se vale la pena può darsi / Se domani sera mi odiassi / Raccontami dove sei stato / Perché sei tornato come te la passi? / Proprio non voglio che tu mi odi / Magari mettiamola ai voti / Chi perde per tutte le volte / Che abbiamo sbagliato perché siamo fuori / Non sono più quello che volevi.»

Rispetto a Le tasche bucate di felicità, il suo primo album, svegliaginevra abbandona l’atmosfera acustica, legata ad uno stile più lo-fi, per abbracciare nuove sonorità, su una ritmica coinvolgente che comunque non si allontana dalla vena cantautoriale che più la caratterizza. Il timbro vocalico dell’artista, sicuramente suo tratto distintivo, continua ad accompagnare i suoi ascoltatori verso mondi onirici e pacati: anche nel suo ultimo brano, come nei precedenti, l’ordinata razionalità prende per mano l’elemento più emotivo.

Pensiamo che svegliaginevra sia un piccolo gioiello della musica pop – cantautoriale italiana del momento, e crediamo che con i suoi prossimi lavori non finirà di stupirci. Per questo motivo le abbiamo fatto qualche domanda subito dopo l’uscita di Quello che volevi. Scopri cosa ci ha raccontato!

Ciao Ginevra! Quello che volevi è il tuo nuovo singolo. Il brano si regge su un ritmo movimentato, che camuffa una riflessione sull’incomunicabilità causata dai cambiamenti. In che momento è stato scritto il brano e che rapporto hai con questo pezzo?

Ciao! Ho scritto Quello che volevi poco dopo l’uscita del primo disco. Avevo bisogno di scrivere, di sperimentare, di trovare un altro modo di comunicare, più intenso e fitto di parole. Questo singolo, così come Qualcosa!, introduce benissimo il concetto racchiuso nel secondo disco ovvero dire, tirar fuori tutto quello che non ho saputo dire finora senza filtri. Modalità più chiare e dirette, a volte brutali ma necessarie.

Il rapporto che ho con questa canzone è molto forte, sono grata a tutti i miei pezzi perché attraverso la scrittura riesco, spesso, a capire i miei sentimenti e vederli da un punto di vista più lontano a distanza di tempo. Non si tratta di incomunicabilità ma della difficoltà che tutti noi abbiamo nell’accettare un cambiamento, che sia una persona o un evento che avviene nelle nostre vite inaspettato perché fuori programma. Ci lasciamo disorientare dall’evoluzione di qualcuno e qualcosa per paura di lasciare un’abitudine in cui siamo stati bene, una routine di dinamiche che appunto conosciamo già, senza considerare che abbiamo bisogno continuamente di scoprire nuove parti di noi e del mondo proprio per rimanere sempre noi stessi.

Mi ha colpito il verso finale, carico di significato: non è più la soluzione cantare ogni volta la nostra canzone. In questo passaggio sottolinei il potere che hanno le canzoni nel farci capire quanto siamo cambiati rispetto al passato. Ti chiedo allora: quali sono i brani che hanno segnato un cambiamento nella tua vita, e perché?

Sono infiniti i brani che hanno cambiato, rivoluzionato e illuminato la mia vita, ma alcuni di questi hanno avuto un ruolo davvero importante nella formazione della cantautrice che sono oggi e sono Amarsi un po’ di Lucio Battisti, Una lunga storia d’amore di Gino Paoli, Eleanor Rigby dei Beatles, Five Years di David Bowie, Rock the Casbah dei Clash, Lover, you should’ve come over di Jeff Buckley, Perth di Bon Iver.

In qualcosa! ti sei fatta portavoce dei timori e dei desideri della tua generazione («Che io preferirei avere più tempo / Più tutto / Ma poi mi pentirei parlando con i miei / Amici, mi prendo un momento») raccontando come spesso riempirci di cose da fare ci libera dalla possibilità di poterci assillare con le preoccupazioni. Fino al momento in cui ci fermiamo: cosa fai tu quando ti prende male, e vuoi prenderti un momento?

Io di solito scrivo, ma a volte non basta neanche quello. Quando voglio prendermi un momento e posso, scappo a Benevento e trascorro qualche giorno con i miei. Anche se poi, in un mestiere come quello che voglio fare non riposi mai, sei 24h con la testa lì, alle canzoni, ai dischi, a quello che devi fare. Però fermarsi è importante se non fondamentale.

Una volta, a lezione di composizione e arrangiamento, il mio professore all’università ci spiegò il valore delle pause e quanto il concetto, metaforicamente, potesse essere riportato alla vita di tutti i giorni. Nella musica, le pause si utilizzano per far respirare la melodia e dare apparentemente più energia alla parte che sussegue. Matematicamente, una battuta con una pausa e una con delle note hanno lo stesso valore, durano egualmente una battuta, e l’una ha bisogno dell’altra per creare una melodia. La melodia, nel nostro caso, è la vita, e le pause di cui parlo, servono per ripartire più forti e riproduttivi di prima.

Uno dei brani che hanno accompagnato la mia scorsa estate è stato Barche (ft. APICE). Un pezzo in cui dipingi la sensazione di immobilità che ci trasmette il caldo, e di nuovo sottolinei il trascorrere del tempo: è una bella costante dei tuoi brani. Cosa ti spaventa e cosa invece apprezzi, nella vita come nella musica, del cambiamento?

Il cambiamento nella musica è conseguente al cambiamento della società. La musica rispecchia la società in cui viviamo, nel linguaggio, nella comunicazione, nella scelta stilistica, nell’immagine associata ad essa, nelle tematiche trattate e da trattare affinché il messaggio sia chiaro alla generazione che si vuole coinvolgere nell’ascolto. Io personalmente spero di poter cambiare sempre, di trovare costantemente la modalità di sperimentare, mettermi in gioco e scoprire nuovi volti da dare alla mia musica. Se così non fosse, mi fermerei al primo disco. Non avrebbe senso, per me, un copia e incolla di robe che ho già detto e scritto. Mi spaventa sicuramente, ma la paura è la parte più stimolante di ogni cosa. Ci spinge a fare sempre di più.

A proposito di questo brano, è l’unico featuring che compare nell’album. Com’è stato lavorare con APICE?

Posso considerare Manuel mio fratello. È tra i primi supporter della mia musica come io lo sono della sua. Lui è un poeta, nessun artista emergente oggi riesce più di lui a fare un utilizzo delle parole più bello e ad accompagnarle con quel tipo di estetica musicale, che forse oggi abbiamo un po’ perso. Manuel è vecchia scuola e anche io, a mio modo. Per questo, scrivere barche è stata apparentemente la cosa più complessa del mondo ma in realtà la più naturale. Abbiamo origini e dinamiche familiari simili, ci accomuna la stessa nostalgia del ricordo di quando eravamo piccoli e tutto ci sembrava più semplice. Barche è per noi, il poter rivivere per tre minuti il ricordo delle estati e di tutti i momenti spensierati che ci legano alla stagione del sole e dell’amore.

In un’opera prima, comunque, penso sia giusto focalizzarsi su sé stessi per potersi conoscere artisticamente e definire al meglio. Nei tuoi lavori futuri esplorerai di più il campo delle collaborazioni o resterai sull’onda del primo album?

Assolutamente sì. Da quest’anno, con BMG sto imparando a scrivere per altri, fare session di scrittura con autori ed artisti che mi stanno insegnando tanto. Vedo la collaborazione come un confronto, un imparare l’uno dall’altro. Ognuno di noi ha un mondo e un modo di esprimersi, di comunicare, e se nella collaborazione avviene l’incontro dei due mondi, può nascere davvero qualcosa di magico. Detto questo, nel mio secondo disco ci saranno alcune collaborazioni.

Come fanno le onde è stato inserito nella tracklist di “Summertime 2”. Come hai vissuto l’inserimento di un tuo brano in una serie tv? Musica e cinema si toccano nella tua vita?

Vedere e sentire una mia canzone fare da sfondo ad un momento della serie tv è stato emozionante. Di base, è quello che cerco di fare da sempre con le canzoni, creare sottofondi di immagini della mia vita e di quella degli altri. Assolutamente sì, il cinema è la rappresentazione visiva della realtà e la musica fa lo stesso, solo che non la vediamo, la immaginiamo e basta, la idealizziamo, la proiettiamo in quelle che sono le nostre realtà, i nostri pensieri più inconsci e i nostri desideri.

Sei stata invitata alla Milano Music Week per lo showcase New Attitude, insieme a Mara Sattei, Laila Al Habash e Mèsa: una bella fetta rappresentativa del panorama musicale italiano attuale. Cos’hai portato a casa da quella esperienza?

Sicuramente aver avuto la possibilità di partecipare ad un evento così importante mi ha fatto capire che il mio progetto sta crescendo sempre di più. Le ragazze sono fantastiche ed è stato veramente bello tirar fuori uno show così woman power, abbiamo suonato, chiacchierato, aperto dibattiti e tematiche importanti nel mondo della musica e dell’arte in generale, bisognerebbe fare più spesso questo tipo di line up al femminile. Porto con me un sacco di vestiti Adidas e il ricordo di un evento speciale insieme a tante amiche fighe.

Il tuo timbro richiama una dimensione onirica e pianeti lontani: anche nelle parole dei brani questo riferimento è ricorrente, così come, se ci pensiamo, avviene nel tuo stesso nome d’arte. Quanta ispirazione trai dai sogni e che legame c’è tra essi e Svegliaginevra?

Il mio modo di cantare definisce e spiega bene il mio modo di essere. Calmo, pacato, super razionale. Svegliaginevra è il nome del progetto ma anche il nome che voglio dare al mio bisogno di fare musica. Così, da sempre, come se la musica fosse la soluzione a tutto.

Ultima domanda: ci anticipi qualcosa sui tuoi prossimi mesi? Potremo sentirti live?

Ad aprile uscirà il secondo disco che, io e la mia band, porteremo in giro per l’Italia sia quest’estate nei festival che dopo l’estate nei club. Non vediamo l’ora davvero!

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Last modified: 11 Marzo 2022