the world is still here and so are we: i mclusky vivono e lottano con noi

Written by Recensioni

A ventuno anni di distanza dall’ultimo album, la band nativa di Cardiff dimostra di essere ancora in piena forma e del tutto incline a continuare a non prendersi sul serio.
[09.05.2025 | Ipecac | noise rock, post-hardcore, noise punk]

Se è vero che stare sul pezzo – arguta perifrasi per indicare la terribile FOMO, vera piaga che avvelena ogni nostra interazione sociale – sembra essere oggigiorno un dovere morale e civile per chiunque, dall’altro lato la sensazione di sentirsi fuori tempo non può che rappresentare una sorta di esperienza pre-mortem, un incubo che non augureresti davvero a nessuno.

Qualunque reunion musicale si trascina dietro il fardello dell’idea stessa di essere fuori tempo, l’antitesi perfetta dell’attualmente imperante hic et nunc.
“Ma ancora stanno in giro?”. “Che sono tornati a fare?”. “Che senso ha l’esistenza di X band oggi?”. “Sono tornati solo per i soldi, eh?”. Ebbene, con il titolo dell’album che ne suggella il ritorno discografico, i mclusky sembrano proprio voler dare una risposta lapidaria a questa pedante sequela di domande.

The world is still here and so are we. Eccoli qua, nell’A.D. 2025, a ventuno anni di distanza dall’ultimo lavoro e in un universo musicale che niente ha a che vedere con quello di un paio di decenni fa.
Un incredibile azzardo, verrebbe da pensare. Eppure, se c’è una cosa che ha sempre contraddistinto la band nativa di Cardiff è l’immarcescibile capacità di fregarsene di tutto e tutti (del resto, chi mai avrebbe l’ardire di scegliere un film porno come ispirazione per il titolo di un proprio disco?), pertanto siamo al cospetto di un ritorno che nasconde in realtà una logica del tutto inappuntabile.

mclusky © Damien Sayell
Sonorità abrasive e aperture melodiche.

La formazione attuale del trio è quella che si è venuta a creare dal 2014 in poi, quando Damien Sayell si è unito a Jack Egglestone e all’insostituibile demiurgo della prima ora Andrew Falkous (compagni, gli ultimi due, anche nei Future of the Left, band che avrebbe visto la luce proprio all’indomani dello scioglimento dei mclusky). Un trio che ha avuto tutto il tempo di trovare una propria intesa e successivamente affinarla, segno tangibile che la decisione di tornare a comporre musica ha rappresentato il culmine di un percorso ben più lungo e articolato.

L’album si presenta esattamente come sarebbe lecito aspettarsi: lungo il giusto (siamo sui 34 minuti di durata), sguaiato, tagliente, dissacrante. Qualche benpensante potrebbe parlare di manierismo, ma in fin dei conti chi non si è mai macchiato di tale veniale peccato? Noialtri però titoli come kafka-esque novelist franz kafka e hate the polis non riusciremmo a partorirli neanche in pieno delirio da ayahuasca, pertanto il suggerimento è di prendere e portare a casa volentieri.

E, a dirla proprio tutta, quante band in bilico tra noise/punk/post-hardcore in giro per il globo terracqueo sarebbero in grado di mettere in piedi un attacco abrasivo e terremotante come quello dell’apripista unpopular parts of a pig? Davvero poche, le stesse che riuscirebbero a rendere maledettamente orecchiabile un pezzo penetrante e sagace come way of the exploding dickhead (forse, in coppia con people person, il vero singolone del disco), oppure ad inserire inaspettate aperture melodiche – altro marchio di fabbrica del gruppo – all’interno della spigolosa the digger you deep.

Our love is bigger than your love.

Tra i riffoni à la Melvins di autofocus on the prime directive, l’immancabile mazzata hardcore di juan party-system e la sorniona not all steeplejacks (forse l’episodio più affine al precedente the difference between me and you is that i’m not on fire), il disco si srotola davanti a noi adepti della musica storta in maniera solida, coerente e – cosa più importante in assoluto – divertente.

I fasti di mclusky Do Dallas sono in parte lontani, e del resto nessuno si aspettava il contrario. Quello che conta davvero è ritrovare una band che, nonostante i decenni e le varie vicissitudini alle spalle, dimostra di non aver minimamente smarrito la voglia di non prendersi sul serio e di sguazzare nel disagio, tenendosi sempre in bilico tra demenzialità e genialità.

Il ritorno dei mclusky è tutto tranne che una mera concessione alla nostalgia. La verità incontrovertibile è che la band britannica vive e lotta con noi. Anzi, probabilmente è anche più viva di tanti di noi, e potremo sperimentare la cosa con mano in una delle prossime date italiane recentemente annunciate.

Our love is bigger than your love. Anche nel 2025.

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Last modified: 10 Maggio 2025