Hip Hop Tag Archive

Think About It || Intervista al collettivo Hip Hop barese

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Think About It: un nome dietro cui si celano sei musicisti che nel 2013 hanno unito le forze con l’intento di creare un sound inedito per la scena musicale italiana, che sapesse miscelare la tradizione Hip Hop dei campionatori e dei dj e la musica suonata dal vivo passando per generi diversi quali il Rap, il Nu Jazz, l’ R’n’B e il Soul.

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Fast Listening | Luglio 2016

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Le Larve – Non sono d’accordo (Cantautorato, Rap) 6,5/10
Ispirato, audace e incazzato: Non sono d’accordo de Le Larve, al secolo Jacopo Castagna, è proprio così. Il suo cantautorato in-opposition sa di rabbia verso la società e la falsità di certi rapporti umani. Un fiume in piena colmo di spunti interessanti ma che avrebbe bisogno di essere arginato quel tanto che basta per esprimere al meglio tutto il proprio potenziale.  Da non perdere “Fantasmi” e “Quello che sono”, con il prezioso feat. di Chiara dello Iacovo.

[ ascolta “Fantasmi” ]

The Great Saunites – Nero (Heavy Psych) 6/10
Più meditato dei suoi predecessori, Nero, suite di 35 minuti divisa in tre parti, conferma l’ossessione dei lodigiani per il tribalismo e per la circolarità del suono, andando però a perdere un po’ troppo in fisicità, soprattutto lungo i 19 minuti dell’iniziale title-track. Funzionano meglio i due successivi movimenti (“Lusitania” e “Il Quarto Occhio”) ma ci si trova in definitiva di fronte ad un lavoro che ad ascolto concluso non ci lascia dentro grandi tracce di sé, risultando meno scuro e misterioso di quanto probabilmente si sarebbe voluto. Insomma, un piccolo passo indietro per due musicisti che comunque non si discutono.

[ ascolta “Lusitania” ]

The Star Pillow – Above (Ambient, Drone) 7/10
Registrato al Btomic (storico locale spezzino chiuso ad inizio anno) davanti al solo Jacopo Benassi (tra i proprietari del locale),  questa nuova fatica del toscano Paolo Monti è una cosmica escursione chitarristica Ambient-Drone. Un intimo viaggio nel buio siderale dalla durata di 48 minuti suddivisi in 5 coinvolgenti tracce, morbide, sognanti, crepuscolari, abissali e cinematiche che rappresenta indubbiamente uno dei migliori dischi nel genere firmati da un artista italiano in questo 2016. Ad impreziosire il già pregevole lavoro, prodotto da Time Released Sound, troveremo nell’edizione limitata il CD inserito nel box di una pellicola Kodak del 1969 (anno dello sbarco sulla Luna di Neil Armstrong) ed all’interno della confezione foto originali della NASA scattate in quello stesso anno.

[ ascolta “Sleeping Dust” ]

Le Scimmie – Colostrum (Doom Metal) 6,5/10
Formazione nuova (ingresso di Simone D’Annunzio all’effettistica oltre che un cambio dietro le pelli dove ora siede Gianni Manariti) e nuova forza espressiva per la band di Vasto. Lontano dal poter dirsi originale, Colostrum è comunque un disco che libera una grande potenza e che, anche grazie ai nuovi componenti della band, riesce a fissare e descrivere meglio le atmosfere del trio guadagnando in densità e tensione, risultando indubbiamente superiore al precedente Dromomania. Un buon passo avanti ed un convincente lavoro per la band capitanata dal chitarrista Angelo Mirolli.

[ ascolta “Crotalus Horridus” ]

Mesarthim – Isolate (Atmospheric Black Metal, Doom, Elettronica) 6,5/10
I growl lontani e riverberati non sporcano più di tanto questo disco di Black Metal travestito da Post-Rock atmosferico (o è il contrario?). Sono ambienti distesi e armonie avvolgenti quelli attraversati dai Mesarthim con le loro chitarre ultra-distorte, i loro assoli retrò e le loro batterie col doppio pedale continuo, in un mistone di rilassatezza e tensione che pende forse più verso la prima che verso la seconda. Qua e là spuntano persino curiosi arpeggiatori, synth frizzanti e pianoforti lievi, in un crossover Metal-Ambient che ricorda qualcosa dei Junius e che incuriosisce più del previsto.

[ ascolta “Declaration” ]

Dubioza Kolektiv – Happy Machine (Balkan, Ska-Punk, Dub, Hip-hop) 7/10
Gruppone bosniaco ribelle che mescola stralci di musica tradizionale e generi alternativi per cantare dai bordi d’europa la voglia di un mondo diverso, con pochissimo cinismo e tanta fame di cambiamento e festa. Il disco è divertente, ballabile e intenso: pur senza inventare granché, riesce a rimanere interessante mescolando suoni e culture in un marasma che, nel caos, coinvolge facilmente. Con partecipazioni di, tra gli altri, Manu Chao e Roy Paci.

[ ascolta “No Escape” ]

Fiumi – The Fat Sea Time (Indie Rock) 6/10
Dopo due EP e una  decennale esperienza sui palchi i Fiumi ci presentano il loro primo disco. E lo fanno molto bene, offrendo dieci tracce variegate e godibili. La matrice di partenza è un sound ispirato agli anni 90, ma che sa essere moderno, giocando sapientemente a volte con la psichedelia, a volte con sporcature di elettronica o lievi distorsioni.  Un disco che riesce trasmette con leggerezza un senso malinconico, che ti avvolge con piacevolezza ed equilibrio, mai eccessivo e mai carente nell’ispirazione.

[ ascolta “In The Noise” ]

Monaci del Surf – Vol. 3 (Surf Rock) 5/10
I Monaci del Surf sono degli ottimi musicisti e degli ottimi performer che fanno scatenare il pubblico a botte di surfer riff. Il loro terzo capitolo non si discosta dai precedenti lavori ed composto completamente da cover riadattate in chiave surfer. Ce n’è per tutti i gusti, dai Nirvana ai Depeche Mode, agli Offspring, senza dimenticare la madrepatria con Donatella Rettore e Nicola di Bari. Come tradizione vuole per i Monaci del Surf è vietato prendersi troppo sul serio quindi, tra la cover della sigla di Game Of Thrones a “Sognando la California”, mettete le cuffie e let’s surf.
[ ascolta “California dreamin’ “ ]

Alessandro Sipolo – Eresie (Cantautorato, Folk) 6,5/10
Sipolo è un cantastorie d’altri tempi, dalla voce suadente e dalla penna fine, e il suo Eresie un concentrato di atmosfere: Folk, soprattutto, ma anche Manouche, Blues, Rock e latine, impregnate sempre di una forza lirica e una coerenza ideale degne di ammirazione. Raffinato e multiforme, capace dell’intensità dolorosa di “Tra Respirare e Vivere” e dello sberleffo ironico di “Comunhão Liberação” con la stessa credibilità, soffre un po’ il cliché del Folk impegnato (Modena City Ramblers, Bandabardò) ma riesce spesso ad arginare il déjà vu grazie a uno sguardo che dimostra di possedere, qui e là, una sensibilità non comune.
[ ascolta “Comunhão Liberação” ]

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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #20.05.2016

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Il festival Jazz Re:Found sbarca a Torino (da questa sera!)

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Dopo sette edizioni a Vercelli, Jazz Re:Found, festival legato alla musica elettronica e alle contaminazione con il jazz, il soul e l’hiphop, si sposta a Torino proponendo un cartellone di altissimo livello artistico.

Giovedì 3 dicembre
Presso CAP10100
Pugile
Populous
Gold Panda
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Venerdì 4 dicembre 
Presso CAP10100
Soul Train Torino
Next One
Roy Ayers

Debruit
Presso AZIMUT CLUB
MDC
Nigro & Vietti
TurboJazz
Carl Craig
Gambo
Galdalf
Info & Ticket
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Sabato 5 dicembre
Presso ESPERIA
Rocco Pandiani
Soulful Torino
Afrobeat Torino
Thundercat
Presso Q35
DJ Fede
DJ Premiere

Moodyman
Theo Parrish
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Domenica 6 dicembre
Presso ESPERIA
Rocco Pandiani
Soulful Torino
Painé
IMQF +++ Awards
Passenger
Katzuma
Luca Trevisi
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Lunedì 7 dicembre
Presso AZIMUT CLUB
The Sweetlife Society
Swindle
The Dreamers

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Klune, l’EP d’esordio uscirà il prossimo 20 novembre

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Klune, l’esordio: melodie Pop, ritmiche accattivanti, suoni profondi, nessun genere di riferimento, solo voglia di sperimentare e far combaciare stili e mood differenti. Ogni brano dell’EP ha una sua storia: “Cinnamon”, col featuring del rapper canadese Emay, lega la musica Hip Hop a quella Jazz; “Rainlow”, la più intima, regala quella sensazione tipica della leggera pioggia estiva come suggerisce il titolo; “Hope”, la traccia d’apertura, è un brano pieno di suggestioni che difficilmente si riesce a collocare all’interno di un unico e definito genere musicale; “Woman”, forse il brano più introspettivo del disco, si caratterizza per suoni molto sperimentali rispetto a tutte le altre tracce; “Saturdays”, invece, è un getto di penna, qualcosa di diretto che non ruota attorno a troppi espedienti, come se fossero dei pezzi di un puzzle che hanno trovato autonomamente il loro reciproco incastro. I Klune sono: Alberto Pagnin, Giovanni Solimeno e Giulio Abatangelo.

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Musica e Libri. Uno Sguardo sull’ Underground Italiano: Black Hole!

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“Nero” è il nuovo video dei Plunk Extend

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“Nero” è il secondo singolo dopo “Rosso” tratto da Prisma e uno dei cinque brani – ciascuno intitolato come un colore – che formano quello che, pur avendo la lunghezza di un ep, è per i Plunk Extend a tutti gli effetti un disco vero e proprio. Prisma è infatti un concept album dove i colori sono una metafora per raccontare storie dal carattere esistenziale, accomunate da un desiderio di fuga e di rifiuto della realtà così come è. I brani sono tutti contraddistinti da un suono art-rock multicolor che ha lo spirito dei Settanta ma si muove nel presente mescolando indie-rock, pop, psichedelia, hip hop, cantautorato, prog e molto altro. In concomitanza con l’uscita del nuovo video i Plunk Extend hanno iniziato un mini-tour partito lo scorso 25 marzo dal Barrio’s Cafè di Milano (dove “Nero” è stato proiettato in anteprima). Le prossime date saranno il 18 aprile al Factory Live di Cormano (MI) e il 23 maggio al Garbage Live Club di Pratola Peligna (AQ).

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Erotic Market – Blahblahrians

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Esordio carico per gli Erotic Market, duo d’oltralpe in cui convivono spensieratiil cantato Hip Hop di Marine Pellegrini e le sperimentazioni elettroniche di Lucas Garnier. Lei devota all’R’n’B, lui con vena Shoegaze: i presupposti per un pastiche dal dubbio esito ci sono tutti, e invece la miscela suona sorprendentemente inedita e ben dosata. Entrambi militanti in un precedente progetto, Marine e Lucas si rigenerano in questa two-piece band che grazie ad un sapiente uso di escamotage elettronici riesce a imporsi con la stessa energia di un collettivo. Blahblahrians veste male ogni tentativo di catalogarlo nel panorama musicale contemporaneo: arrangiamenti che evocano l’Hip Hop astratto e strumentale di Teebs, inclini a perdersi nei loop come certi Boards of Canada, ma il tutto è epurato da ogni componente melensa e sognante. Il collante è una energica vocazione alla sensualità esplicita da Dancehall, in un percorso tutto al femminile in cui il timbro di Marine connette la Dub di Santigold e l’Indietronica di Grimes. A fregiare questo esordio, un’immagine mutuata all’arte contemporanea campeggia sul front del booklet, tratta da una teladi “How the West Was Won”, l’apocalittico ciclo di Nicola Verlato. Comprendere quanto sia azzeccata la combo è più immediato di quanto possa sembrare. Il tratto plastico di Verlato e il sound di Blahblahrians hanno in comune non soltanto il detonante impatto iniziale ma anche la cura del dettaglio. Di questo aspetto del discoci si accorge solo dopo alcuni istanti, giusto il tempo di entrare in fase con i suoi ritmi capricciosi e ammiccanti. Pop-surreale è l’allure dei dipinti di Verlato, così come lo sono le atmosfere erotiche e nevrotiche di questo sound. “I Want to Be Some Booty”, singolo di debutto, è asciutto e ammaliante nel synth che conduce nel più estremo degli orienti del futuro. Il duo esplora con disinvoltura tutte le possibilità sonore del nuovo millennio. “Bitchy Muses”, distorsioni artificiali e una scarica marziale di percussioni che esplode in chiusura, risulta sofisticatatanto quanto frivola e spontanea.“Blah Blah” è piena e spasmodica, martellante e artificiale come Flying Lotus e simili avanguardie recenti figlie della digitalizzazione ma senza perdere di forma o risultare eccessivamente cerebrale. Anche gli interludi strumentali, diretti come “She-ass” o esotici e stranianti come “Clitacasm”, mantengono un tratto di fruibilità che lega tutto l’album.

L’erotica “Are You Cool” strizza l’occhio sinistro a mistiche nenie orientali e il destro ad ansiogeni motivetti da videogiochi anni 80. Ritmi spezzati si ricorrono tra sterzate imprevedibili e matasse di percussioni improprie e intossicanti. Nel marasma generato dall’elettronica che molto promette in quanto a innovazione ma molto meno sembra offrire alla resa dei conti, Blahblahrians percorre un tracciato che sembra condurre lontano dalla folla, ingegnoso ma senza mai apparire pretenzioso, puntuale nella ricerca del suono e al riparo dalla banalità ma restando accessibile e scanzonato. Gli Erotic Market sono tutto ciò che non vi sareste mai aspettati dall’Hip Hop. Ne’ tantomeno dalla Francia.

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Il Mercato Nero – Società Drastica

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Il Mercato Nero è il frutto di un ménage à trois collaudato, quello tra Manuel Fabbro, basso e voce, Matteo Dainese a completare la sezione ritmica ed Egle Sommacal, chitarrista storico dei Massimo Volume. Ex militanti negli Ulan Bator, intraprendono ora la via del Hip Hop. La scelta è apparentemente distante dalla prima esperienza insieme, ma al termine  dell’ascolto di Società Drastica non lo sembrerà più tanto. Il fatto che sia suonato è già di per sé una caratteristica insolita per un disco Rap. Un’esercitazioneche rivela che una convivenza tra la buona musica e l’mcing non solo è possibile ma è anche valida.

I tre si avvicinano al genere con aria reverenziale da neofiti, tanto quanto basta a far pensare che siano stati loro i primi scettici riguardo alla convivenza di cui sopra. Dj Gruff è diventato il mio analista, dice Fabbro in “Passo Falso”, brano di intro che è una sorta di prologo dell’intero progetto. In effetti le atmosfere acide evocano gli anni 90 dei Sangue Misto. La metrica però è più torbida e il linguaggio eccessivo, lontano dallo slang americanizzato, al massimo troverete slang veneto (lo scheo di cui si parla in “Tossico” confesso di averlo googlato, e al di là del significato la scoperta più emozionante è stata che di Wikipedia esiste anche la versione in lingua veneta). L’album dipinge così, senza troppi filtri,scenari sociali disturbanti ed attuali, frammenti sin troppo comuni di quella Società Drastica che non ho capito cosa mangia ma mastica (“Esche Vive”, il singolo che accompagna l’uscita del disco).

Hip Hop old school, per le tematiche e la disillusione con cui le affronta, ma figlio del nuovo millennio, con l’elettronica che sostituisce le manipolazioni analogiche della tradizione. L’elettronica è quella di Dainese, all’attivo con un progetto solista dai connotati Alt Pop in cui è noto come Il Cane. Il cantato di Fabbro ruba la metrica al Rap ma spesso si fa cupo, perde in ritmo e muta in un fluido spoken. Sommacal lega il tutto con la persuasione evocativa del Rock. In ogni traccia l’apparato strumentale è ricco e sperimentale (la tromba sul ritornello di “Saccopelista”, la marimba in “Automobile”). Da un certo punto in poi il ritmo serrato delle prime tracce lascia spazio a sonorità più morbide. “Nduja”, dispetto del titolo, ha un sapore tutt’altro che aggressivo, un cupo rimuginare sulle contraddizioni del Bel Paese, sull’atmosfera inquieta e onirica creata da un Fender Rhodes.

Ad uno sguardo complessivo, paradossalmente,la qualità del sound penalizza l’ascolto complessivo perchè ruba la scena ai testi, chein molti frangenti non reggono il confronto e finiscono per scorrere via inosservati. Lo ribadisce al termine del disco la ghost track strumentale, fatta di archi sapientemente attorcigliati su suoni sintetici. Nonostante questo divario, Società Drastica èuna singolare declinazione del Rap che ha le carte in regola per convincere anche i meno avvezzi al genere, a tutti gli effetti un riuscito esperimento Crossover.

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Retrospective for Love – Retrospective for Love

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Omonimo Ep per i siciliani Retrospective for Love, il suono armonioso del Dub masterizzato dall’ingegnere del suono Noel Summerville (The Clash, White Stripes, Sinead O’Connor). Musicisti siciliani come dicevo prima che fanno nascere la loro avventura artistica dei Retrospective for Love niente di meno che a Londra, dove certe sonorità d’avanguardia sono pane quotidiano e certamente più coccolate. Dove le mode esaltano lo stile e i musicisti narrano liberi le proprie gesta senza problemi di adattamento culturale. Ma che poi ogni mondo è paese ad essere onesti, o quasi. L’Ep parte subito mostrando la propria nervatura rilassata, “Kill Me” interamente retta da una voce Reggae trova infinite gradazioni di Soul, come non ricordare la parte Dubstep dei nostri Africa Unite. La verità sostanziale è che i Retrospective For Love sanno amalgamare precisamente i riff a disposizione mantenendo sempre un suono pulito e compatto, i bassi spingono forte pur essendo delicati. Una questione di stile.

Dell’Hip Hop innamorato si materializza in “Leave Me Alone”, dove sono i fiati a giocare un piacevole scherzo alla mia fantasia, la sensazione è quella di sentirsi portare via, non si capisce dove ma bisogna certamente andare via. Tocca essere sinceri ed ammettere l’internazionalità del prodotto, non una cosa quotidiana, molto di nicchia considerata la nostra nazione. E dove non parliamo di nicchia ci troviamo davanti a sciagurate imitazioni della realtà della parte buona del mondo. Nel nostro attuale caso si sperimenta tantissimo rendendo il prodotto non di facile ascolto, dobbiamo arrivarci preparati e spensierati. Sembrano adorabili come sottofondo. Poi la parte più violenta dell’Ep viene fuori in “Read Into You”, l’amore combattuto dalla rabbia, tutto diventa improvvisamente meno confortevole. Sensazioni lasciate andare senza controllo, il brano picchia sulla faccia con gentilezza. “Breathe” chiude il brevissimo episodio di sedici minuti senza esaltare troppo le mie papille gustative, preferisco di gran lunga quello ascoltato in precedenza ma non ne faccio una colpa imprescindibile. Quattro pezzi ben calibrati e strutturati, lasciano piacere, potrei ripartire ad ascoltarli nuovamente con lo stesso entusiasmo della prima volta, ad ogni ascolto si lasciano scoprire in maniera diversa. Un Ep però non esalta come il lungo viaggio di un intero disco, concentrare la bellezza è più facile, attendiamo i Retrospective For Love alla distanza, nel frattempo hanno vinto questa tappa meritatamente. Torneranno mai in Italia?

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Aa. Vv. – Brescia C’è New Generation

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Prima di ascoltare un qualsiasi disco Punk (e derivati) italiano, soprattutto, bisognerebbe comprendere da che parte si sta. Non è cosa intelligente frazionare il mondo e ogni aspetto che lo contraddistingue, in categorie fatte di opposti eppure, in questo caso, dobbiamo captare se è e sarà nostra intenzione schierarci tra le fila dei nostalgici anni 70, convinti che il Punk sia morto ormai da anni e con esso le illusioni di ribellione e cambiamento oppure tra quelle di chi è convinto che in realtà il Punk, interpretato più come condizione mentale che come stile musicale, non sia mai morto e anzi sia impossibile da sopprimere, almeno finché ci saranno giovani ancora capaci di sognare e di opporsi. Una compilation come Brescia C’è New Generation può essere seguita senza pregiudizi solo da questi ultimi, cosa che non indica necessariamente dover essere ammaliati dalla musica che contiene. Del resto, il valore delle raccolte è circa lo stesso di quello che avevano tempo fa, quando erano allegate alle riviste, o ancor più in là negli anni, quando erano utili a mettere in mostra una marea di emergenti nel minor spazio fisico e uditivo possibile. Del resto, è più facile scoprire una qualsiasi nuova promessa attraverso queste trovate che non ascoltando intere discografie di band trovate a caso sul web, col problema anche di dover stanare, scrutare e sporcarsi le mani. Chi fa un lavoro come il nostro non ha complicazioni ma per un pubblico sempre più impigrito dalla “velocità” del web, scovare la next big thing rischia di diventare un’impresa inverosimile.

Ecco allora che Brescia C’è New Generation acquisisce un valore moderno per certi versi, anche se vecchio come la musica stessa nella realtà dei fatti. L’idea fondamentale è quella di mettere insieme ventidue band in ascesa o comunque non troppo note nel resto dello stivale, così da dare la possibilità a un pubblico più ampio possibile di farsi un’idea di quello che è lo stato di salute delle scene emergenti italiane, nel caso di uno specifico territorio e magari svestire qualche formazione degna di considerazione. A essere sinceri non c’è da aspettarsi molto a osservare l’estetica di artwork e libretto (comprensibilmente inesistente) ed anche la qualità non avvicina minimamente quella delle migliori uscite internazionali. Brescia C’è New Generation mette invece ancor più in evidenza un grattacapo che si fa sempre più critico e che ho avuto modo di rilevare anche durante diverse manifestazioni, contest, eventi nei quali ho potuto lavorare a stretto contatto con gli indipendenti e gli emergenti. Proprio il concetto d’indipendenza, tanto rivendicato a parole, mai si traduce concretamente in una proposta veramente originale, fuori dagli schemi, qualitativamente eccelsa e non solo sotto l’aspetto tecnico. Forse troppe sono le persone che decidono di provarci e il talento finisce per nascondersi. Non voglio con questo gettare fango sulle tante formazioni di tutto rispetto che compongono la compilation, su tutti i grandi punker Totale Apatia che in realtà poco avrebbero bisogno di farsi notare ancora ma non posso, per onesta intellettuale, negare che non siano molti i nomi veramente sopra la media, nel disco qui trattato. Non è il caso di scendere nei particolari perché la mole dell’opera e i tempi ristretti non coincidono, ma gli unici che forse sarebbe il caso di approfondire, oltre ai già citati Totale Apatia, paiono essere i Micro Touch Magics (Crossover), i French Wine Coca (Alternative Rock), i Coffee Explosion (Garage acerbo ma potenzialmente molto interessante, nella sua capacità di unire epoche lontane), La Cena dei Cannibali (assurdamente genialoidi e anche loro dal potenziale notevole), The Mugshots (evidentemente capaci anche, se il brano proposto non mi ha troppo entusiasmato). Non mancano inoltre band di tutto rispetto, come gli Under a Curse, gli Uprising o i DCP, che però seguono troppo i loro idoli e il loro stile, imitando senza scrupoli anche se non facilitati da generi difficili da rinnovare. Poi c’è chi si è proposto con registrazioni veramente improponibile e di scarsa qualità ma, in questo caso, il discorso sul “mettersi in mostra a tutti i costi” si farebbe troppo lungo e complesso. Meglio tornare ad ascoltare questi ventidue brani, alcuni bellissimi, altri grintosi, molti mediocri, pochi veramente difficili da digerire eppure certamente tutti onesti e fatti con cuore e anima, più di ogni altro brano che possiate aver ascoltato oggi sulla vostra Rds.

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