Il debutto del trio di Chicago parte da innumerevoli influenze per arrivare a trovare il proprio personale percorso sonoro.
[06.06.2025 | Matador | noise rock, post-punk, slacker rock]
Prima di bombardarvi con una sfilza di nomi, generi e influenze, ricapitoliamo dove eravamo rimasti con i Lifeguard (e, se dovesse servire un ulteriore riepilogo, vi invitiamo a recuperare l’articolo scritto un paio di anni fa, all’indomani dell’uscita dell’EP Dressed in Trenches). La giovanissima band di Chicago, fiera rappresentante della Youth Music Scene insieme a gente come Friko e Horsegirl, si era già presa lo scalpo della band più rumorosa in circolazione, legata a doppio nodo al post-hardcore di Fugazi e Unwound.
Sotto quella coltre di chitarre angolari si agitavano però prodromi antesignani che sono poi andati a costituire la spina dorsale dell’esordio Ripped and Torn, prodotto da Randy Randall dei No Age. Parliamo dell’art punk degli Wire ma soprattutto del chiasso disorganizzato dei Mission of Burma. In ogni caso, i Lifeguard sono una band in missione, alla ricerca della propria identità nella storia del garage e del punk.

Influenze pienamente assorbite e rielaborate.
Nei cori power pop di Under Your Reach, nella titletrack e nel riverbero acido di Like You’ll Lose incontriamo un garage/psych a metà tra The Kinks e The Velvet Underground ripassato a bassa fedeltà, così come le strutture, l’ossessione e le nevrosi di Television e Glenn Branca, con un sano e ricercato gusto per la successione di accordi.
Il primitivismo di The Pop Group e The Slits fa capolino insieme al dub dei Public Image Ltd. in How to Say Deisar, mentre A Tightwire rievoca i The Jam e (I Wanna) Break Out chiama in causa i Gang of Four.
L’ombra gotica e dark di Joy Division e Bauhaus, ma anche di The Sound e The Comsat Angels, è una presenza silente e costante. Tutte queste influenze appaiono e si immergono in un mare sonoro agitato ma al tempo stesso addomesticato.
Dopo avervi ubriacato – e io stesso sono stordito da una buona quantità di birra – cerchiamo di tirare le somme. A leggere la recensione, l’album sembra un polpettone fin troppo condito e speziato da influenze e generi, ma, fidatevi, vanno dette un paio di cose.
Primo: i ragazzi hanno fatto i compiti, hanno studiato e si vede; sono immersi in questi suoni torbidi, ne fanno parte e ne sono essenza. Le canzoni scivolano omogenee nonostante la loro complessità, e solo gli intermezzi – da citare il disagio industriale di Music for 3 Drums – spezzano davvero l’ascolto.
Secondo: le influenze non terminano di certo. C’è il lo-fi dal sapore sessantiano dei Guided By Voices e delle band della Elephant Six, quello più noise di Sebadoh e Pavement, lo shitgaze dei già citati No Age e il tropical punk – presente in T.L.C. – di Fair Ohs e Cold Pumas, finanche le inquietudini dei primi Sonic Youth.
Nessun tipo di espediente.
Con questo debutto, i Lifeguard raccolgono l’eredità di quelle band statunitensi come Ought, Protomartyr, Preoccupations che hanno pasticciato col post-punk, riuscendo a togliersi di dosso quel sentore di The Fall che ha imperversato nello scorso decennio e ormai ci ha anestetizzato.
Qui il grande insegnamento pop dei Mission of Burma non diventa né una scorciatoia per uscire dalle secche dell’hardcore punk (come per gli Hüsker Dü), né un espediente per trasformare il punk nel nuovo hard rock (come per i Pixies).
I Lifeguard puntano alla terza via: chiamatelo Post-Whatever o Orgcore senza barba, ma Ripped and Torn è un disco che prende sette decadi e le passa in rassegna con una naturalezza spiazzante.
LINK
SEGUICI
Web • Facebook • Instagram • Spotify • YouTube • Telegram • TikTok
album 2025 Chicago Lifeguard Matador Records noise rock Post-Punk slacker rock USA
Last modified: 10 Giugno 2025