Paoloparòn – Vinacce

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Il polistrumentista Paolo Paron miscela l’esperienza cantautorale nostrana che va da Capossela fino a Dimartino, passando per le volute incongruenze del Progressive Rock tanto italiano quanto britannico. L’esordio solista, dopo numerose esperienze tra cui quella al fianco dell’Orchestra Cortile, arriva nel 2012 con l’ep omonimo; da allora inizia la lavorazione che lo porterà a questo primo full length scritto sul tema della solitudine e che prende come metafora la lavorazione delle vinacce, paragonate dall’autore alle parole abusate e rimodellateper ridare loro nuova vita e vitalità.

Tanta ironia e disillusione nelle undici canzoni di Vinacce in cui l’artista si affianca alla batteria di Stefano Bragagnolo e al basso di Roberto Amadeo; brani che spaziano senza timore dal songwriting più sperimentale e sregolato (“La Domenica del Supermercato”, “Ai Tempi delle Chat”) al Pop, dalle ballad al Funky, dall’Art Pop al Rock, distinguendosi per coraggio stilistico ma non certo per brillantezza nella timbrica che sembra quasi solo provare a raggiungere le vette di un John De Leo senza mai avvicinarvisi troppo. Sicuramente interessanti le liriche che riescono a essere divertenti anche quando parlano di cose tutt’altro che divertenti e la presenza del trio d’archi degli Sconfinants in alcuni passaggi rende apprezzabili anche gli arrangiamenti, nonostante un’evidente e voluta magrezza nella parte strumentale. Non convince l’incursione nella lingua inglese con la conclusiva “Seasons” e nel complesso Vinacce lascia molti dubbi cosi’ come la certezza che non basteranno pochi ascolti per farsi un’idea precisa. Il ruolo centrale della voce lascia perplessi proprio perché è la prima cosa che non persuade, ma le idee attorno al disco girano e funzionano nonostante un po’ di confusione. Per ora godiamoci le canzoni migliori e aspettiamo quello che ci riserverà il futuro.

Last modified: 18 Febbraio 2019

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