Night Beats – Rajan

Written by Recensioni

Il nuovo lavoro della band statunitense coniuga passato e presente affondando le radici nella storia familiare del suo leader.
[ 14.07.2023 | psychedelic rock, garage rock | Fuzz Club Records ]

Disponibile a partire da oggi 14 luglio nella lista delle succulente uscite discografiche in casa Fuzz Club e Suicide Squeeze, il sesto ed ultimo LP a nome Night Beats si intitola Rajan.
E, se c’è una parola perfetta in cui tutte le influenze di questo disco si coagulano, è proprio questa: Danny Lee Blackwell Rajan Billingsley ha firmato il proprio lavoro con un sigillo di famiglia.

Frutto dolce dell’innato tendere verso la più ampia libertà artistica cui il carismatico frontman corre incontro sin dagli esordi, questo album potrebbe essere la storia di un viaggio verso casa – e di ritorno, senz’altro: un grato omaggio alle origini di Danny Lee da parte di madre, ex danzatrice indiana di Bharatanatyam.
Il disco infatti è dedicato a lei, come dichiarato su credits e social media ufficiali, e riporta il segno delle derivazioni straordinarie che l’impatto con questa cultura fatta di Bollywood, ghee e Mohammed Rafi hanno avuto sul ragazzo che era in lui.

Nato come prosieguo naturale del precedente Outlaw R&B del 2021, in cui la band al seguito di Blackwell aveva già dato sfogo ad ispirazioni molteplici, il “fuorilegge” qui sceglie la via introspettiva e si concentra su di sé.
Rajan infatti è la porta che ci conduce dritti al cuore di Danny Lee – “Al cuore, Ramon…” cit. – dove ci si può orientare soltanto ad occhi chiusi, ascoltando voci e strumenti in polifonia.
Il ritmo incalza immediatamente, dal principio: una ipnotica Hot Ghee invita chi ascolta a fare ingresso nella cerimonia d’iniziazione, ardente come il prezioso ghee lasciato a sobbollire per le offerte sacre. Chris Keller firma il video omonimo, un tripudio di saturazione e colori caldi che i fan degli acidi senza dubbio apprezzeranno.

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Si prosegue nel viaggio in leggera battuta d’arresto con la calma di Blue, un quieto trip che ti culla in preparazione di altri pezzi come Nightmare, dove il tocco avvolgente di soul e groove la fa da padrone.
E come non citare anche la magnetica Osaka, che vede il contributo in “vocals, harp” dell’amico Ambrose Kenny Smith (King Gizzard & The Lizard Wizard, The Murlocs).

Come per gli stati d’animo degli ultimi anni in salita e in discesa, anche i sentimenti del disco oscillano. Le corde dei pezzi vibrano tra il fascino sempre incantatore del psych-garage, il gancio di funk, spaghetti western polveroso ed Anatolian rock a dare il tiro, e una vampata di Tropicália fine anni ’60.
A tal proposito: una interessante filosofia in relazione al movimento culturale tropicalista risiedeva nel concetto di “antropofagia”, una sorta di cannibalismo ideologico che si prefiggeva di creare un unicum fatto dell’assemblaggio di tutti i generi e le culture insieme; potremmo dire che non si discosta poi tanto dal modus operandi Night Beats.

La sinistra dolcezza letteralmente tremolante di 9 to 5 e Cautionary Tale ed i riff velvetiani in Motion Picture suonano di genere piacevolmente familiare.
E, a detta del web (ma le voci non sono state confermate), risulterebbe ben più che familiare anche la traccia Thank You, lanciata in rete unitamente al raffinato work of art di Vanessa Pla. Il protagonista del video sta vivendo il momento di un processo di trasformazione, con senso finale di gratitudine: le dodici maschere di paure e reconditi desideri lasciano Danny nudo al centro di un bersaglio, ma anche irradiato di luci, per così dire, nella seconda metà del video.
Da ammetterlo, come anticipato: il pezzo suona in maniera piuttosto simile ad una nota hit soul/R&B. Forse un inconsapevole rimando? Ai posteri la sentenza. 

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Sul finire del disco, in undicesima posizione, troviamo Morocco Blues: i quattro minuti di rock’n’roll lisergico volgono al termine del viaggio(ne) introdotti dal fluttuare di un sitar brillante. Il brano è piazzato ad ovest, proprio come l’autore, ma con l’orecchio rivolto sempre ad est.

Blackwell è al suo meglio nella scrittura ed in termini di vocalità e melodie. L’album ci viene consegnato al completamento di elaborazioni istintive e sentite, ed è ben curato nel sound. Il risultato di scelte precise in studio di registrazione in favore di un gusto vintage: l’inevitabile insieme delle esperienze apprese sui dischi di scuola e al fianco dei tanti headliner incontrati nei più apprezzati festival dell’underground, in giro per il mondo.
La nostra neo-psych band ha dunque fatto rientro sulle scene con stile: in odore di (texana) santità.

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Last modified: 14 Luglio 2023