Model/Actriz – Dogsbody

Written by Recensioni

Il debutto della band di Brooklyn è una discesa claustrofobica nei recessi più sordidi della scena musicale contemporanea.
[ 24.02.2023 | noise, industrial, experimental | True Panther ]

Ansia, urgenza, disagio, suspense: il ventaglio di emozioni e sensazioni che l’ascolto di Dogsbody infonde è riassumibile in termini effettivamente poco rassicuranti. Del resto, l’atteso debutto dei Model/Actriz è una discesa claustrofobica nei recessi più sordidi della scena musicale contemporanea.

Dai primi singoli pubblicati all’esordio su lunga distanza sono passati ben sette anni: un’enormità, per certi aspetti. Le probabilità che in quel lasso di tempo si venga accantonati, dimenticati o anche semplicemente non ritenuti all’altezza delle aspettative è incredibilmente alta, oggi più che mai.
Evidentemente però la band di Brooklyn la pensa diversamente. Ed è altrettanto evidente che sia stato un bene, a giudicare da come è riuscita a restituire alla perfezione tutta la propria urgenza artistica ed espressiva.

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Le atmosfere che caratterizzano l’album appaiono fin da subito opprimenti ed ansiogene, perfettamente inserite nello straniante contesto urbano di questo millennio.
In questo senso, già i primi minuti sono programmatici nel segnalare suoni e atmosfere che pervaderanno poi l’intero ascolto.
La frastornante, sinistra e decadente Donkey Show introduce magistralmente l’album, la cui drammaticità raggiunge poi l’acme con le ripetizioni ossessive e tormentate con cui si apre la successiva Mosquito. Un incedere straniante che ricorda quello di un automa, per una doppietta iniziale che dimostra come la band voglia mettersi a nudo fin da subito, senza alcun tipo di filtro o introduzione conciliante.

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Fin dai primi ascolti, l’impressione è che Dogsbody sia al tempo stesso un album coinvolgente e respingente, sordido e ballabile, oscuro e conturbante. Un lavoro complesso e stratificato che sa perfettamente come affascinare ma anche come irretire, provocando nell’ascoltatore una sorta di sindrome di Stoccolma in versione musicale.

Amaranth è un brano perfetto per comprendere appieno tale subdolo meccanismo: i suoni taglienti e metallici alternati a ritmiche dance e accattivanti sono la dimostrazione più lampante della natura multiforme e cangiante dei Model/Actriz. A rendere il tutto ancor più teatrale e drammatico è la voce nevrotica di Cole Haden, che si prende la scena in una sorta di limbo in cui il tempo sembra sospendersi in attesa di chissà quali sinistri eventi.

L’anima rumorosa della band si fonde alla perfezione con le sue contorte velleità danzerecce nell’incalzante “noise dance” di Crossing Guard, il pezzo perfetto su cui barcollare mentre il proprio mondo va in frantumi.

La doppietta finale affidata a Sleepless e all’acustica Sun In è perfetta per immaginare il silenzio assordante che segue una tremenda esplosione. Una coda post-apocalittica che fa da cornice ad una distesa infinita di edifici in rovina, evocando uno scenario desolato degno delle migliori scene di The Last of Us.

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Dissonanti ed efferati come i Daughters, eccentrici e decadenti come gli Xiu Xiu, ballabili e godibili come gli LCD Soundsystem, bizzarri e sperimentali come i Liars, i quattro da Brooklyn riescono nell’impresa di maneggiare magistralmente una miscela sonora a dir poco esplosiva.
Il risultato è un lavoro detonante, che si tiene in perfetto equilibrio tra suoni noise e industrial, post-punk e sperimentali. 

Immersi nel loro sabba sinistro ed inquietante, i Model/Actriz ballano sulle macerie del post-punk contemporaneo, e noi, ammaliati e tramortiti, non possiamo che bere avidamente dalla fonte di tanto urgente disagio.

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Last modified: 20 Marzo 2023