James Blake – Playing Robots Into Heaven

Written by Recensioni

Il musicista e produttore inglese torna con uno dei lavori più riusciti ed ispirati della sua discografia.
[ 08.09.2023 | elettronica, future garage | Republic Records / Polydor Records ]

Una discoteca completamente vuota, buia. In lontananza, voci celestiali riecheggiano lievi librandosi su un tappeto di drum machine delicato, soffuso. Suoni e voci filtrate da effetti che distorcono, spezzettano, riassemblano la musica a loro piacimento. Questo è ciò che si percepisce ascoltando Playing Robots Into Heaven, il nuovo album di James Blake. Un disco che proietta nuova luce sulla discografia del producer londinese.

Se nei primi dischi il focus era puntato sul minimalismo, nei lavori successivi Blake aveva giocato e sperimentato con i generi, dall’hip hop alle ballate pop. Con questa nuova uscita si alza il ritmo, si torna a quei suoni da dancefloor che l’artista inglese aveva già toccato agli inizi, quando era uno sconosciuto ragazzino che giocherellava con la consolle. Una versatilità sonora che porta questo nuovo lavoro ad essere probabilmente il miglior album della sua discografia dai tempi dell’esordio del 2011. Suoni cerebrali e mai invasivi, decisamente improntati a far muovere piedi e testa.

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L’accoppiata LoadingTell Me è un perfetto esempio di come James Blake abbia unito le sue due anime: quella più malinconica e riflessiva nella prima, dove spicca la sua voce in falsetto e distorta da effetti quadrangolari, e quella da dancefloor nella seconda, sulle tracce dei Chemical Brothers dei primi anni ’00 e caratterizzata da synth psichedelici e bpm rapidi e stranianti.

E, a proposito di suoni stranianti, non si può fare a meno di citare il singolo Big Hammer, che quando uscì qualche mese fa mi lasciò interdetto. Un pezzo strumentale alienante, angolare, ipnotico, con un sample proto-jungle in loop. Mai prima d’ora Blake si era inoltrato in suoni così diversi e particolari, a dimostrazione di quanto stavolta si sia divertito tantissimo a creare la sua musica.

Se Fall Back ha i suoni minimal techno di Four Tet, la successiva He’s Been Wonderful richiama gli intenti sperimentali di Aphex Twin. E indubbiamente James Blake avrà ascoltato innumerevoli volte Untrue di Burial, perché nella meravigliosa e nerissima I Want You to Know si riscontra tutta l’influenza dub e garage del misterioso DJ britannico.

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Tra brani più lenti e ambient ed altri episodi più uptempo e vivaci, tutti i pezzi sono strutturalmente densi e si uniscono in un perfetto equilibrio con i sintetizzatori, l’uso delle percussioni e i ritmi diversificati, il taglio vocale, i campionamenti e l’atmosfera che fluttua sullo sfondo. Una perfetta convivenza che rende l’album eclettico, nuovo, fresco, per certi versi innovativo.
Anche il titolo dell’album si adatta perfettamente al suono. È robotico, selvaggiamente elettronico e in alcune parti inquietante, ma nel complesso è un lavoro che fa ascendere fino al paradiso. La produzione è ultraterrena, l’atmosfera meravigliosamente eterea, oscura e malinconica. 

If You Can Hear Me è una breve e splendida ballad che solo Blake poteva creare. Il piede si stacca dall’acceleratore e passa sul pedale del freno. Piano e voce diventano le protagoniste, riportandoci nel mondo etereo a cui il musicista londinese ci ha abituato in questi anni. Un microcosmo delicatissimo, struggente, capace di emozionare.
Suoni spaziali e distopici caratterizzano invece la titletrack conclusiva, che riporta le nostre sinapsi a quel minimalismo ambient di cui Brian Eno è maestro assoluto. Suoni quasi randomici che sembrano arrivare da un’altra galassia, tanto lontani quanto affascinanti.

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Sperimentale e appassionante, travolgente e malinconico, Playing Robots Into Heaven è un gran disco. James Blake mette la firma su uno dei suoi album più riusciti, ispiratissimo e senza passi falsi. Non c’è mai un calo, ogni minuto scorre rapido e ipnotizza, facendo librare nell’iperspazio anche l’ascoltatore più perfezionista. Un lavoro impreziosito da una produzione avvolgente e precisissima, da suoni calibrati e studiati minuziosamente che lasciano però anche ampio spazio alle emozioni.

Ascoltando il disco, la sensazione costante è quella di essere immersi in un mondo distopico e futuristico. Le canzoni sono accattivanti e coinvolgenti, e ognuna di esse ha una propria storia da raccontare. Un album che suona bene sia in altoparlante che in cuffia, e che sicuramente suonerà meravigliosamente anche su vinile.

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Last modified: 10 Ottobre 2023