Il nostro format social torna anche a settembre nella sua versione scritta con tre album – vecchi e nuovi – tutti da scoprire.
L’equinozio ha colpito e settembre si è chiuso sbattendo la porta accogliendo l’autunno. Per quanto ci riguarda, la stagione perfetta per tornare a rifugiarsi nel proprio salottino, mettere su un disco e scoprire o riscoprire nuove band. Com’è andato quindi questo mese nell’universo delle Hidden Jam? Devo dire che c’è stata abbondanza, come sempre, in un dialogo tra nuovo e vecchio da riesumare dalla cantina combattendo l’allergia agli acari della polvere.
Iniziamo.
1. Se siete alla ricerca di screamo interstellare…
Hundreds of AU – Life in Parallel
[2025 | Iodine | screamo, post-hardcore]
“Underneath these waves of piety, shielded from the sun, what will we become?”
Ho avuto occasione di vedere Tom Schlatter dal vivo a Barcellona lo scorso luglio quando è venuto a visitare l’Europa in veste di secondo chitarrista dei Saetia e il suo nome non è proprio quello di un nuovo ragazzino nella scena, un new kid. Sarebbe quindi quantomeno erroeo catalogare il suo progetto principale – Hundreds of AU – come una band della nuova leva, visto che le radici artistiche dei membri affondano nell’underground americano su scala decennale, su tutti gli you & i.
Nella bio di Bandcamp si autodefiniscono come un gruppo che suona “music by people in their late 30’s/early 40’s” ed è effettivamente quello che questo nuovo Life in Parallel ci trasmette. Dai sobborghi del New Jersey con furore, con l’aggiunta di una nuova voce, quella di Brian Burdzy e di un nuovo bassista, i Nostri si ripresentano irrobustiti, con comparsate di nomi ricchi di pregio come quelli di Geoff Rickly (dobbiamo mettervi le band tra parentesi, davvero?) e Ryann Slauson (Sonagi/Closer) tra gli altri.
Se le prime uscite pescavano da un immaginario interstellare – una galassia usata come metafora sociale, con il nome stesso preso da Revelation Space di Alastair Reynolds (“Earth is hundreds of AU -unità di misura che indica la distanza media tra Terra e Sole- away”) – qui il baricentro si sposta: niente più fughe nello spazio, ma la consapevolezza di un presente in cui, con l’età che avanza, ci si sente messi da parte in un mondo sempre più gelido.
E le raffiche che ci arrivano sono compatte, decise, con un riffing di matrice screamo, ma tenuto sotto controllo da briglia post-hardcore che rallentano o velocizzano la dissonanza a piacimento, regalandoci climax e violenza frontale affilatissima. Bloodthirsty e Axis sono le due tracce che mi hanno conquistato subito. È il gusto old school con le giuste grattugiate di chitarra e uno Schlatter ispiratissimo, con una band capace di sostenere anche strutture che scollinano i quattro minuti senza patemi.
In questo nuovo disco degli Hundreds of AU c’è in effetti ancora qualcosa di astronomico ed è il valore di un’uscita must listen per tutti gli amanti della nicchietta screamo.
2. Se siete alla ricerca di una catarsi interiore dall’Estremo Oriente…
49 Morphines – Partial Eclipse
[2008 | Dog Knights (ristampato nel 2022) | screamo, post-rock]
Nell’inverno del 2023 sono stato in Corea del Sud: un freddo tremendo, senza una nuvola in cielo, ma con ondate di vento siberiano, la neve cristallizzata e ghiacciata a riempire le vie di Seoul come quelle di Jeonju, con un sole alto, ma pallido e tiepido, che ti rapiva l’animo: uno dei migliori viaggi della mia vita.
Mi manca la Corea del Sud. Quindi, quando piuttosto randomicamente recupero dalla lista delle uscite della Dog Knights una ristampa del 2022 dei 49 Morphines, il mio cuore si scalda immediatamente. Signore e signori, con questa seconda Hidden Jam viaggiamo in Oriente e con Partial Eclipse del 2008 tocchiamo facilmente una delle vette più alte, se non la più alta, per una delle band pioniere del genere nel paese del calmo mattino insieme ai conterranei Hollow Jan.
49 Morphines, dicevamo. Un nome che evoca la morfina a ragion veduta, perché lo screamo viene vissuto dalla band come un analgesico al dolore per i traumi della vita quotidiana. I Nostri sono bravissimi a creare un’impalcatura densissima, dentro una coltre di screamo che lavora di atmosfere post-rock senza andare a toccare le corde poetiche dei giapponesi envy, se non in piccoli frammenti, bensì esasperandone tensione e catarsi, con una parte ritmica che ne appesantisce il wall of sound ed è capace di aprirsi in fulmini melodici che non possono che lasciare sbalorditi, come in Few Days Later, un brano che decolla in una malinconia atroce.
God’s Betrayal è il pezzo preferito di chi scrive, ma, dentro un lavoro monolitico che ama specchiarsi anche in tuonanti strumentalità come in Heart of Despair con le sue insospettabili cantilene notturne, nell’orchestralità di The Moonlight Dance (sopra i dieci minuti) o nel disastro sfracellante di On the Edge of Chaos, sono certo che troverete la sfumatura giusta per lasciarvi trascinare dentro un’intensità emotiva che ha superato di gran lunga la prova del tempo, anche diciassette anni dopo la sua uscita.
PS: e comunque si sono pure riuniti, olé.
3. Se la finestra vi dice pioggia, ma il vostro spirito vuole la pianura selvaggia americana…
Boys Life – Departures and Landfalls
[1996 | Headhunter, Cargo, Numero Group (2023) | Midwest emo, post-hardcore]
“Took a fall, down on memory lane, it’s always the same”
Dai, non posso non chiudere il mese di settembre senza menzionarvi una perla sepolta del Midwest Emo americano direttamente da uno degli stati più Midwest del suolo a stelle e strisce: il Missouri. Più precisamente voliamo con la terza Hidden Jam del mese a Kansas City. E la band in questione sono i Boys Life con il loro Departures and Landfalls del 1996.
La copertina per me meriterebbe già un ascolto obbligatorio. Ti trasmette appieno quella voglia di gustarti un tramonto bucolico con il tuo truck Ford, mentre passi su infinite statali che costeggiano granai e campi del Missouri. Alzi il volume del lettore e ti metti ad ascoltare la musicassetta di un disco che ha tutti i tratti iconici del genere: sferragliate grintose e malinconiche che parte a razzo con Fire Engine Red, prima che i vuoti e i pieni nevrotici di All of the Negatives strabocchino di dolcezza e nostalgia.
C’è un’influenza smaccatamente post-hardcore e una buona dose tecnica nel costruire gli umori intimi del disco, vedi Radio Towers, che sa contaminarsi di una spigolosità quasi lo-fi prima di gettarsi dentro le melodie raffinate di Sleeping of Summer, uno dei miei pezzi preferiti della band, in cui la voce di Brandon Butler sa essere tanto introspettiva quanto vulnerabile nel raccontarsi.
La bellezza dei Boys Life sta nella sintesi delle forme, senza disdegnare una texture strumentale variegata: se prima i Nostri accelerano (come in Calendar Year, con la parte ritmica che si intreccia a meraviglia), successivamente li troviamo impegnati in una suite di nove minuti e trentasei secondi – la conclusiva Piante Smiles, in cui un basso tentennante ci accoglie per poi regalarci una chiusura ipnotica, cadenzata e ambientale che sfuma proprio nell’immaginario della copertina, tra gli echi della natura e l’acqua di un ruscello che si dissolve nel silenzio.
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Last modified: 29 Settembre 2025




