ĠENN – unum

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Il debutto del quartetto britannico è formato da una somma di parti variegate che rende il risultato ancor più caleidoscopico, colorato, sorprendente.
[ 06.10.2023 | post-punk, psychedelic rock, experimental rock | Liminal Collective ]

Chiudete gli occhi e pensate ad acque pure e cristalline in cui tuffarvi, piccoli e graziosi porti che si affacciano sul mare, città dal cuore antico con un fascino misterioso, tutte da scoprire. Ma anche a nevrotiche capitali, stazioni di metropolitane e incroci caotici, vetro, acciaio e cemento armato, assembramenti fitti e claustrofobici come nugoli di formiche. No, non siete finiti per errore sulla homepage del sito web di un’agenzia viaggi: queste sono solo alcune delle suggestive e allo stesso tempo contrastanti immagini che unum, album di debutto delle ĠENN, riuscirà ad evocare nella vostra mente.

unum, ovvero il termine latino che si traduce in “unità”, il senso di essere parte di un’unica cosa, di un intero: mai titolo più azzeccato per un’opera che, sebbene racchiuda molteplici anime ed influenze, suona estremamente compatta, ispirata, miscelata alla perfezione e, per l’appunto, unica.

Le ĠENN, eclettico quartetto di stanza a Brighton, hanno fatto delle proprie diverse origini e dei propri differenti background culturali un punto di partenza da cui elaborare un sound fresco e inedito che rifiuta ogni rigida classificazione. Già l’ottimo EP Liminal, pubblicato nel 2021, aveva posto in tal senso una base interessante, seppur ancora abbastanza immatura e frammentaria.

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Leona Farrugia, Janelle Borg e Leanne Zammit (rispettivamente, voce, chitarra e basso) sono di origini maltesi, mentre nelle vene di Sofia Rosa Cooper (batteria) scorre sangue giamaicano, portoghese e britannico: quattro elementi che affondano con fierezza le rispettive differenti radici nel proprio sound per renderlo inimitabile e inconfondibile, tramutando così il proprio sentimento di “outsider” in un punto di forza per distinguersi ed emergere.

Quattro elementi molto diversi fra loro, con una spiccata individualità da preservare e al tempo stesso un’innata capacità di miscelare le proprie peculiarità: uno stravagante calderone in cui ritroviamo la psichedelia più vintage ed evergreen dei Jefferson Airplane e i voli pindarici vocali di Grace Slick, ma anche l’energia ribelle delle Raincoats; e poi tanto folk, free jazz, post-punk, chitarre effervescenti e all’occorrenza imbizzarrite alternate a momenti più introspettivi.

Il tutto è impreziosito da liriche incisive e potenti, ispirate a Virginia Woolf e Jean-Paul Sartre. Ovviamente non mancano riferimenti alla già citata isola nativa di tre dei membri della formazione: il testo di Calypso è un sentito omaggio a Mario Azzopardi, sceneggiatore e poeta maltese, personaggio che ha inciso notevolmente sul processo di scrittura dei testi.

Rohmeresse, traccia d’apertura del disco, è forse il brano più rappresentativo delle sonorità originali e contaminate delle ĠENN: un campione che racchiude tutti gli elementi citati.
Fra ritmiche di stampo tipicamente post-punk, linee di basso libere e fluttuanti e chitarre ariose e psichedeliche che giocano con scale orientaleggianti, la voce di Leona Farrugia parte da uno spoken word tetro e sussurrato à la Dry Cleaning per arrivare sul finale ad una straordinaria performance solenne e teatrale.

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In Days And Nights è invece la chitarra di Janelle Borg a guadagnarsi il titolo di protagonista: l’intero brano poggia le proprie basi su un riff elettrizzante, nebuloso e crescente, in un’atmosfera densa e quasi cinematografica che non stonerebbe affatto nella colonna sonora di un thriller d’autore. 

È l’abilità di rompere ogni schema e rendere sempre più labile ogni confine fra generi musicali il vero cavallo di battaglia delle ĠENN: uno spaziare frenetico e incessante, che denota già un potenziale infinito per una band solo agli esordi.
A Muse (In Limbo) è una fugace incursione nel trip hop, mentre i riff di chitarra in La Saut Du Pigeon e il basso pulsante che spinge in Apparition No 7 vanno a braccetto con il funk. L’attitudine hard rock di A Reprise (That Girl) incanta e travolge come una tempesta, mentre Calypso, trainata da malinconiche note di un sax che avvolge e stringe come un cobra, immerge la propria anima nel jazz.

Un album piacevole, mai banale, che fa sognare luoghi esotici e abbatte barriere, in nome di una meravigliosa libertà di essere, esprimersi e creare; un intero formato da parti variegate, che rende ancor più caleidoscopico, colorato, sorprendente il risultato. E, considerato che siamo solo agli inizi, non è affatto poco.

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Last modified: 6 Novembre 2023