Da Genova ma con gli occhi sul mondo – Intervista agli Eugenia Post Meridiem

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Gli Eugenia Post Meridiem ci raccontano il loro essere genovesi, l’idea dietro il meraviglioso video di LIFE SLEEPER SIDE-B e i loro pensieri sugli showcase festival.

Nel sabato di Brighton, stavolta estremamente soleggiato, è una lunga colazione ad accompagnare quella che in ordine temporale è l’ultima delle nostre interviste.
Gli Eugenia Post Meridiem sono stati protagonisti di due show all’interno del grande showcase inglese: il primo il venerdì sera al Three Wise Cats (Casablanca), il secondo il giorno dopo al Prince Albert, famoso locale nei pressi della stazione.

Due sono anche gli album pubblicati finora dalla band genovese: In Her Bones, risalente al 2019 ed uscito per Factory Flaws, e like I a need a tension del 2022, pubblicato invece da Bronson Recordings.
Al tavolo con noi ci sono Eugenia Fera (chitarra elettrica, voce), Giovanni Marini (chitarra elettrica, farfisa), Matteo Gherardi (batteria) e Stefano Pulcini (basso elettrico, synth bass).

Questa è una formazione nuova rispetto a quella presente nei credits dei dischi?

Giovanni: Esatto. Con noi c’era Matteo Traverso al basso che adesso però si è trasferito in Olanda. Un po’ per impossibilità logistiche, un po’ perché forse non era più interessato al progetto, ha deciso di lasciare. Abbiamo chiamato il buon Stefano, che ha dovuto imparare tutti i nostri pezzi in un mese per i concerti che avevamo in programma.

Stefano: Mi sono aggregato di recente, all’inizio del 2023, esattamente a partire dalla data di Bologna al Locomotiv.

Spesso vi chiedono che genere fate ma in realtà credo sia davvero difficile etichettarvi in qualche modo. Secondo voi sono più le band ad andare verso i generi musicali, o sono i generi musicali ad andare verso le band?

Matteo: Forse il secondo caso. Noi come approccio non abbiamo mai voluto identificarci in un qualcosa di esatto, quando facciamo musica non decidiamo mai di voler fare un brano con un particolare stile. Il fatto poi di essere tutti musicisti con gusti e ascolti diversi fa sì che ci influenziamo a vicenda.
Per come va il mercato, credo però che molte band preferiscano seguire il trend del momento. Ricordo come andò col new soul alcuni anni fa, o quando andavano di moda le chitarre alla Mac DeMarco o quel che accade adesso col post-punk.

G.: Al di là del discorso sul mercato, non credo sia nemmeno una cosa brutta in fondo. Ognuno può scegliere di identificarsi chiaramente in un genere e fare quello.

Eugenia: Appunto, credo esista anche la scelta del non voler essere originali, l’essere interessati a divertirsi ricreando solamente determinate sonorità che piacciono. Certo, c’è da dire che a volte l’estetica di certi gruppi, specie nel punk inglese, è spesso ripetuta continuamente.

Il vostro secondo album è uscito con Bronson Recordings: cosa è cambiato da quando avete cominciato a lavorare con questa etichetta?

M.: Quando pubblicammo il nostro primo album arrivammo da Factory Flaws col disco già fatto, quindi fu più un lavoro concentrato sull’uscita.
Invece con Chris Angiolini di Bronson c’è stato un supporto diverso. Ci ha permesso di partecipare a un bando e grazie a quello e a suoi investimenti siamo riusciti a fare un percorso stampa differente.

E.: C’è un sostegno importante a livello economico ma anche a livello manageriale e con l’editore.

Voi siete tutti genovesi. Cosa c’è dell’essere genovesi nel vostro essere artisti?

M.: La voglia di uscire, forse.

E.: Secondo me, una cosa dell’essere genovesi è l’essere in qualche modo provinciali e non essere travolti dalle wave che vanno di moda. Probabilmente se fossimo nati altrove saremmo stati molto più sensibili a certe mode.
Questo ci ha portato a guardare di più fuori dall’Italia, un isolamento che ha volto il nostro sguardo più altrove che in casa nostra. E aggiungerei, come ha detto Matteo, anche la voglia di evadere dal contesto prettamente cittadino entro il quale molti progetti musicali genovesi restano vincolati.

G.: Quel che dice Eugenia si rispecchia anche nella musica che facciamo. C’è una libertà artistica senza avere le pressioni di dover fare qualcosa forzatamente.

Domanda per Eugenia. Tu hai vissuto in Portogallo prima di iniziare il vostro progetto e lì ti dedicavi spesso al busking. Cosa ti sei portata di questa passione dentro la musica degli Eugenia Post Meridiem?

E.: Io ho fatto busking a Lisbona ma insieme a Giovanni lo abbiamo fatto anche in Liguria; coi soldi guadagnati abbiamo pagato le nostre quote del primo disco.
A Lisbona lavoravo in un ostello e poi andavo a suonare in strada; lì ho sviluppato molto la capacità di improvvisare, soprattutto di improvvisare nell’errore.
Poi, come detto, sono tornata in Italia e ho continuato in Liguria;  per me e Giovanni, che siamo quelli della band che hanno studiato meno, è stato importante per capire come suonare insieme.

G.: Anche il gestire il rapporto con un pubblico diverso.
Quando fai busking hai la gente faccia a faccia e ne vedi proprio le espressioni in viso, quindi senti la pressione anche quando ci sono tre persone ad assistere.

E.: Credo che Giovanni abbia sviluppato molto la sua abilità nel fare soli di chitarra, in quanto nel busking se la gente si diverte devi andare avanti, mantenere il flow e navigare su questa cosa. In strada però facevo cover.
Ho scritto il primo disco degli Eugenia Post Meridiem sempre in Portogallo e, quando sono tornata, lo abbiamo riarrangiato insieme ai ragazzi.

Personalmente vi ho scoperto con il singolo LIFE SLEEPER- SIDE B uscito per Bronson prima della realizzazione di like a I need a tension.
Mi ha colpito molto il video, in cui ci sono tre parti girate in tre contesti diversi: la piscina, il cinema e il prato.  Me lo raccontate un po’?

G.: Le tre parti le ha un po’ suggerite la stessa canzone: l’arpeggione all’inizio, la parte centrale un po’ psichedelica e infine l’apertura finale
Ci è venuto quindi in mente di creare questi tre mondi separati che avevano anche un aspetto cromatico differente: l’azzurro della piscina, il rosso delle luci del cinema e il verde del prato.

E.: L’idea era di sviluppare una narrazione basata sui concetti di premorte – morte – post morte. Mi piaceva molto l’idea di usare una piscina vuota con delle persone che cercavano qualcosa. Poi il momento del cinema è stato il più divertente, abbiamo accecato e spogliato il povero Giovanni ed eravamo tutti vestiti da film poliziesco; e c’era Matteo Traverso che sembrava il Pinguino di Batman!
È stato del tutto autoprodotto; lo abbiamo scritto e poi abbiamo trovato dei nostri amici videomaker che hanno contribuito alla realizzazione.
Una situazione molto informale e molto low budget; a volte avere una buona idea compensa il fatto di avere un budget limitato.
Si vede la differenza rispetto al secondo nostro video (willpower, ndr), che dovevamo pubblicare in fretta e in cui non c’è stata una ispirazione personale nostra, da autori del pezzo.

Ora siete qui a Brighton per uno showcase festival.
Che tipo di opportunità è per una band giovane suonare a questo tipo di eventi in mezzo a una miriade di altri artisti?

E.: A me gli showcase festival piacciono perché ho la possibilità anche io di vedere altre band e altri progetti. Ci sono a mio avviso delle criticità in questo tipo di eventi, ad esempio ci si scontra con una realtà in cui riceviamo un tipo di attenzione diversa dal mercato inglese o americano; sono mercati di per sé già molto ricchi e competitivi e da italiani abbiamo ancora addosso degli stereotipi.

Noi qui a Brighton abbiamo la fortuna di suonare insieme ad altri italiani nello showcase organizzato da Italia Music Export, ma anche in un contesto diverso condividendo il palco del Prince Albert con altre band straniere.
Personalmente ho forse una idea differente dagli altri ragazzi della band, che mette un po’ in discussione il concetto stesso di showcase festival, però so bene che ci sta e, se vuoi arrivare a certi risultati, bisogna fare anche questo.

***

Ringraziamo di cuore Eugenia, Giovanni, Matteo e Stefano per il loro tempo e per la loro bella sensibilità.
Ricordiamo che gli Eugenia Post Meridiem saranno presenti nella lineup del decimo anniversario del Beaches Brew. Il loro show è in programma il prossimo 5 Giugno all’Harbour Stage, Molo di Dalmazia, Marina di Ravenna.
E qualche altra sorpresa potrebbe essere presto annunciata.

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Last modified: 21 Giugno 2023