Verdena Tag Archive

La Band Della Settimana: Nient’Altro Che Macerie

Written by Novità

I Nient’altro Che Macerie sono in tre e vengono dalla provincia di Milano, quella che ti opprime e ti fa venire voglia di andare da tutt’altra parte, o che forse non esiste più ed è solo uno stato mentale. Suonare per prendere aria; suonare e urlare sentimenti talmente personali da diventare quasi universali. Urlare per prendere coscienza delle condizioni casuali che accompagnano i fatti e ne determinano la natura. Circostanze.

I Nient’Altro Che Macerie sono Andrea Scardeoni, Simone Battistoni e Matteo Salvatori e suonano Emo Alternative Rock sotto l’influsso dei padrini The Van Pelt, Verdena, Mogwai, Sonic Youth

Puoi scaricare gratuitamente il loro disco direttamente dal sito dell’etichetta V4V Records.

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Il video della settimana: Mad Chickens – Gun in my Head

Written by Senza categoria

Chi sono le fantomatiche MAD CHICKENS?

Questa settimana potrete gustare sulla nostra home il loro video del brano “Gun in my Head” ma per chi volesse saperne di più ecco la loro Biografia.

Bella domanda, ce la siamo posta anche noi ma con scarsi risultati. Scherzi da nerd a parte, le Mad Chickens nascono nel 2004, con tanta voglia di suonare Punk, Noise e Grunge. I loro mentori sono gruppi che hanno tracciato le linee essenziali della storia del genere: Nirvana, Sonic Youth, Melvins, Marlene Kuntz e anche Verdena. Iniziano come cover band, ma ben presto si rendono conto che è ora di cacciare del proprio. Tocco femminile e voglia di misurarsi con le proprie capacità sono le parole chiave. I cambiamenti di line up sconvolgono il gruppo fra il 2005 e il 2006 (Noemi, sempre con noi, comunque) ma alla fine sembra esserci un momento di tregua e Leandro Partenza sembra gradire la loro follia e i pezzi che tirano fuori; dunque prende sotto contratto, nella sua Label Lady Music Records, le quattro ragazzacce. Nell’agosto 2007 presso l’Animal House Studio di Ferrara nasce il loro primo EP (masterizzato ad Aprile 2008 nella Red House Recordings di Ancona) di sei tracce, in memoria della bassista scomparsa, dal titolo Goodbye Butterfly. Viene distribuito dalla Jestrai Records e promosso da Lady Music Records. L’EP ha sonorità graffianti e arrabbiate, isteriche e rudi. L’estate del 2007 è però molto calda e non si ferma alla sola registrazione: partecipano infatti al MUSIC VILLAGE, l’evento che coinvolge ogni anno circa 500 musicisti emergenti. Le Mad non hanno vita facile e non amano annoiarsi. Ancora cambi di line up sconquassano gli equilibri della band: dopo varie peripezie arriva Nicola Santucci alla batteria. Si chiudono in sala prove per dar vita a Kill, Hermit!  Questa volta si tratta di un album di 12 tracce, caratterizzato da cura e passione. I pezzi variegati e di istinto sperimentale vengono registrati e missati da settembre 2011 presso lo Studio Wax di Roma, grazie al sapiente aiuto di due grandi fonici: Alessio Pindinelli e Fabio Galeone, che, con la loro passione e professionalità, hanno saputo aiutare e supportare la band da ogni punto di vista. Kill, Hermit! è la sintesi di un percorso irto di difficoltà e di gioie, di crescita musicale e personale. Molto diverso dall’EP, vede l’entrata in scena anche di altri strumenti (tastiera, clarinetto…).
Kill, Hermit! esce ufficialmente nel giugno 2012.
Maria Teresa lascia il gruppo e le Mad decidono di rimanere in tre.

Ecco quindi la formazione attuale:

Valeria Guagnozzi: Voce&Chitarra
Laura De Benedictis: Chitarra&Tastiere&Cori
Nicola Santucci: Batteria

Essere polli può sembrare da stupidi, ma è essere folli che fa la differenza.

 Nota: L’album è stato registrato e mixato in analogico presso lo studio Wax di Roma, e masterizzato in analogico presso l’Alphadept di Bologna da Andrea Suriani.

 

 

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Nuovo album per i Verdena!

Written by Senza categoria

Con tanto entusiasmo e una semplicissima frase in homepage sul loro sito (“Stiamo iniziando a registrare…un nuovo album!”), i Verdena hanno oggi comunicato a i fans il loro ritorno in studio di registrazione. Al momento non ci sono ancora indiscrezioni, ma vi terremo aggiornati prossimamente.

 

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Marydolls – La Calma

Written by Recensioni

Dolcezza monolitica e giugulare espansa, una “fabbrica di membrane oscure” per una serie di incredibili attimi di elettrica santità. Tutto questo nel secondo album dei bresciani Marydolls che hanno poi la sfrontatezza di chiamarlo La Calma alla faccia della gradevole sensazione. Un disco che pesa sia di suono che di lirica, una condizione sonora che fa fuoco attraverso un profondo smarrimento di luce, disco che attraversa i Verdena come un raggio di laser e li infilza nelle provocazioni della sintomatologia malata del Grunge, undici tracce che tra pomposità amperiche e pugni riflessivi di “umanità semplice” scardinano e sconvolgono qualsiasi volontà a mettere in moto un minimo sindacale di pace interiore.

Il trio in questione mette in primo piano una buona dose di genialità nel non ricadere nei copia incolla che spesso il genere mette come tranello, usa  malinconie e scatti d’ira con gli stessi pesi dell’intensità emotiva, spinge su pedaliere e ritmi con l’urgenza di chi è padrone assoluto della naturalezze elettrica e s’innesta nelle impennate della propria personalità rock come una forza scura e impenetrabile; sfarzo micidiale nelle trombe che si sposano alla perfezione con le intemperie di chitarra elettrica “Non mi Passa”, tagliente nella speranza di sperare che monta piano piano “A Piedi Nudi”, sfacciati con i demoni Nirvanici che si agitano in “Animale”, “Tangenziale”, come affittuari del caos Pumpkinsiano “A Testa in Giu”, una tracklist perfetta, di gran gusto che regala anche gioielli acustico/elettrici tribali che raggelano il sangue sia per la strisciante tristezza di violoncello nella strepitosa “Luna” che nel  ricordo dei fantasmi erranti dei Ritmo Tribale che dondolano tra “Docce” e “La Calma”.

Disco assolutamente da non perdere, non solo perché tra le trame si muovono nomi come quello di Nicola Manzan, ma anche perché questa matassa  esplosiva presagisce con certezza, un di sicuro ed imminente capolavoro. Qua la mano!

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GO DAI FEST “I CINQUE GRANDI”. MANUEL AGNELLI (Afterhours) cura la serata finale della rassegna.

Written by Senza categoria

Domenica 12 Maggio 2013 presso l’Angelo Mai Altrove Occupato di Roma. Ospiti Rodrigo D’Erasmo, Angelo Maria Santisi, Alos, Xabier Iriondo, Bachi da Pietra e molti altri. Cinque serate. In cinque mesi. Con cinque direttori artistici speciali.

Fritz da Cat, Enrico Gabrielli (Calibro 35), Roberta Sammarelli (Verdena), Xabier Iriondo (Afterhours), Giulio Ragno Favero (Il Teatro degli Orrori). E il gran finale con Manuel Agnelli (Afterhours). 

 Angelo Mai Altrove Occupato, Roma. Da un‘idea di Daniele “ilmafio“ Tortora e Rodrigo D‘Erasmo.

SPETTACOLO FINALE A CURA DI MANUEL AGNELLI

12 MAGGIO 2013

ANGELO MAI ALTROVE OCCUPATO

Viale delle Terme di Caracalla, 55 a, Roma www.angelomai.org

Inizio spettacoli: 21:00

Ingresso 8 euro

MANUEL AGNELLI (Afterhours)

Fosse stato “solo” il fondatore degli Afterhours non sarebbe oggi il direttore artistico dell‘evento conclusivo di Go Dai.
Voce e scrittura inconfondibili, quella manciata di canzoni che tutti conoscono a memoria, una collaborazione con Mina che in pochissimi possono vantare.
Lui ha inventato il “Tora! Tora! Festival” e negli ultimi anni ha dimostrato che può esserci una via nuova all‘essere indipendenti: quella del completo raggiungimento dell‘autonomia, non solamente artistica.
Leggi alla voce libertà. 

MUSICISTI / PERFORMER:

Manuel Agnelli + Rodrigo D’Erasmo + Angelo Maria Santisi [chamber trio in anteprima assoluta] Alos + Xabier Iriondo duo
Bachi da Pietra
Valentina Chiappini [installazioni] Cristiano Carotti [installazioni] Eleonora Di Vita [danza] Antonio Rezza e Flavia Mastrella [performance esclusiva] + interazioni e ospiti a sorpresa
dj set
Giulio Ragno Favero, Fritz da Cat, ilmafio

 READ MORE:

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Sinervia – Limit Of A Dream EP

Written by Recensioni

Nata poco meno di tre anni fa, la band di Gattinara (Vercelli) è lo strumento primario col quale Luca “Lupo” (voce, chitarra & synth) ha palesato le sue creazioni originali e inedite, sotto il nome Sinervia, band nella quale andranno di volta in volta a congiungersi quelli che sono i membri attuali della formazione, Fabio “Cippo” (batteria), Jonathan (chitarra) e Matteo (basso). La prima scelta del gruppo fu di provare, provare, arrangiare e provare i pezzi proposti dal fondatore, soffocando parzialmente l’ovvia voglia di live, caratteristica di ogni musicista a inizio carriera. Il risultato di tanto lavoro è questo Ep di quattro tracce, Limit Of A Dream, gonfio di tutta la vena creativa di Luca ma anche ricco delle diverse sfaccettature proposte dagli altri membri i quali hanno riversato nei brani la propria cultura e formazione musicale oltre che la loro voglia di esprimersi messa al servizio del nucleo originario dei pezzi oggetto di arrangiamento. Il risultato è un rock duro, con diversi agenti che richiamano il Metal (perlopiù Post e Nu) ma non solo. Si passa da accessi vigorosi stile Deftones, fino al Grunge molto fuori dalla norma degli Alice In Chains (“Black Rainbow”, “Broken Eyes”). Alcuni riff si riallacciano addirittura ai Tool (“Shadow Of Light”) senza mai pareggiarne la magniloquenza ma non mancano momenti meno aggressivi di puro Alt Rock (“Red Sea”), con melodie più morbide e armoniose (Incubus, Kings Of Leon) e rimandi ai nuovi grandi vecchi del Rock nostrano (Verdena, ad esempio). Anche il post-rock/metal è accarezzato, come si può notare con chiarezza ad esempio nei muri di chitarra di “Red Sea”. Questo è certamente il brano più complesso, più strutturato, con diverse variazioni e interessanti cambi di ritmo, che fanno altalenare le sensazioni tra inferno e paradiso. Ottimo il lavoro di Luca e Jonathan alle chitarre, puntuale la sezione ritmica e assolutamente convincenti gli inserti sintetici, che s’incastrano alla grande senza suonare forzati, cosi come la voce, sia come intonazione sia come timbrica (forse in alcuni momenti appare forzata la pronuncia inglese ma potrebbe anche essere un’impressione di un non anglofono di nascita). Non male neanche le melodie cosi come l’esecuzione tecnica. Limit Of A Dream è il classico Ep nel quale è trasparente il tanto lavoro fatto da chi suona. Ha un unico grosso neo. Le diverse influenze dei quattro confluiscono in una proposta troppo precisa e poco originale che rischia di trovare difficoltà a far breccia sia nell’anima di chi non ama questo tipo di sonorità, sia di chi si sente troppo legato alla ricerca del nuovo. E magari gli altri si chiederanno perché ascoltare i Sinervia quando ci sono i Deftones, gli Incubus e tutta una scuola di genere piena di talenti stranoti. Se questi ultimi rileggeranno dal principio, forse troveranno la risposta in un paio di semplici parole.

https://soundcloud.com/sinervia/broken-eyes-mp3

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The Washing Machine – Bigmuff Supersolo Ufo BOPS

Written by Novità

Disco d’esordio per The Washing Machine, un trio che mescola rock grungy ad un italo-alternative con attitudine pop, ma che non scade nella banalità.
Tra sporche ballate indie (“Big Youth”, trascinata da uno sfondo di piano e synth, che inizia come un brano dei Linkin Park di A thousand suns) e composizioni più spiccatamente rock (“Campionessa”, con un testo che grida Verdena a squarciagola, soprattutto nei lo sai, ormai, dirai a fine verso, e che in 5 minuti mescola limpidi riff di chitarra, angoli desolati, armonizzazioni vocali, progressioni à la Ministri e ritornelli super-orecchiabili) si trovano anche episodi più originali (“La filastrocca di Annaviola” vince tutto, un testo ironico e una base ritmica ossessiva a fare da controcanto), brani da sing-along (“Per il mio nome”) e cavalcate dal finale macchiato di post-rock (“Blackout radio”).
Insomma, Bigmuff Supersolo Ufo di certo non annoia, e ha persino qualche spunto originale (nel mischiare i generi, per cominciare, e nei testi, che sebbene ricordino – come già accennato – i Verdena, al contrario dei loro hanno un senso, e alcuni si fanno anche leggere piacevolmente). In più, è un disco suonato e prodotto come si deve: sintetico, impastato quanto basta, con inserti (la chitarra, alcuni passaggi di batteria) oculati e precisi.
Un ascolto senza dubbio consigliato se vi piacciono distorsioni grosse e  voci pulite, se avete consumato i dischi dei Nirvana e se siete innamorati dei fratelli Ferrari. Io, nel frattempo, mi riascolto la ghost track: “Vorrei comprare la lavatrice nuova / per sbagliare candeggio, lo sai”.

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Twiggy è Morta! – Credo Mi Citeranno Per Danni

Written by Recensioni

Prima di buttare totalmente testa e orecchie nelle nuove produzioni del nuovissimo anno duemilatredici, ho deciso di mettermi ancora a spulciare tra quanto è rimasto dell’anno vecchio, sperando di trovare qualche cosa che si faccia maledire per non essere spuntato fuori prima, fosse anche per colpa mia. Fidatevi, non è tempo perso. Solo ieri mi sono deciso, ad esempio, ad ascoltare seriamente l’omonimo esordio dei King Tears Bat Trip, band Avantgarde e Free Jazz di Seattle e cavolo, se l’avessi fatto prima… In realtà non sarebbe cambiato un cazzo. Forse avrei ascoltato solo un paio di dischi di merda in meno ma non è neanche detto e forse avrei inserito quell’album nella mia classifica di fine anno, cambiando radicalmente la vita di ogni essere umano. Avrete capito che, in realtà, l’unico motivo per cui si va alla ricerca di qualcosa di bello è semplicemente per udire qualcosa di bello (wow, che scoperta rivoluzionaria) e allora, come già detto, eccomi a rovistare tra le vecchie uscite sperando di essere colpito dal disco giusto.

Twiggy è Morta! Oddio chi era Twiggy? Quella modella inglese supermagra di qualche decennio fa, se non ricordo male. Deve essere proprio il suo, sulla copertina di Credo Mi Citeranno Per Danni, quel volto, tutto scarabocchiato, come vi capita di fare con la foto di Michele Cucuzza in prima pagina alla Settimana Enigmistica, quando seduti sul cesso, noia e stitichezza, avanzano tra le vostra budella.
Molto accattivante la cover. Ho scelto cosa ascoltare.
Sembrano fare le cose in grande questi romani, almeno all’apparenza. Hanno anche un manifesto:
“L’arte è citazione. L’artista copia, il genio ruba. Ridiamo l’arte agli artisti! Twiggy è Morta! Significa che l’arte è morta. La musica è morta, verso un decadimento apparentemente irreversibile. Twiggy è il simbolo, la musa, il feticcio utilizzato. Se prima nascevano i Modena City Ramblers, i Diaframma, i Verdena, gli Afterhours, Paolo Benvegnù o Moltheni, ora è il tempo de Lo Stato Sociale, I Cani, Dente: musica da quattro soldi fatta di slogan in un periodo in cui nessuno ha più niente da comunicare. È tempo di ridare all’arte la sua collocazione.”
Direi che chiamarlo “manifesto” è un po’ eccessivo, però spiega bene il senso di quello che vogliono o forse vorrebbero fare. E poi, cazzo, hanno le palle di dire quello che sembra impossibile da far dire a qualunque artista, soprattutto emergente, del mondo Indie italiano. Lasciando stare il mio giudizio, hanno il coraggio di proferire parole come… ora è il tempo de Lo Stato Sociale, I Cani, Dente: musica da quattro soldi fatta di slogan… Parole che mai, nel corso di un’intervista anche con veterani della scena, sono riuscito a cavare dai loro (dei musicisti) denti. Già solo per questo, Twiggy è Morta! mi fa simpatia. Mentre scorre il loro Ep, cerco di capire chi sia questa band. Come detto, si tratta di quattro ragazzi laziali, Paolo Amnesi (voce e chitarra), Andrea La Scala (chitarra), Valerio Cascone (basso) e Simone Macram (batteria) con già all’attivo un Ep autoprodotto e più di cinquanta esibizioni live e un bootleg, L’arte Marziale (lo trovate in download gratuito o anche su You Tube), tratto un loro live alla Festa De L’Unità. Come avrete capito, i Twiggies (pare che cosi si facciano chiamare) si sono dati un ruolo da supereroi nel mondo Indie, salvatori della musica contro il male rappresentato dalle canzonette nostrane. Assolutamente niente da dire. Anzi, magari ci fosse qualcuno a ridare linfa artistica alla nostra musica. L’unica cosa che mi viene da sostenere è: “Non è che state esagerando?”. Magari converrebbe prima scrivere, suonare, farsi sentire, costruire arte che non lo sia solo per chi la fa, ma anche per chi ascolta e poi, aspettare che qualcuno si renda conto, magari con qualche aiuto, che questa è Musica e non Lo Stato Sociale o I Cani. Non lo dico perché l’arroganza può essere antipatica ai più ma soprattutto perché si rischia di fare la figura dei coglioni.
Intanto che il primo album Le Parole Sono Un Muscolo Involontario, sempre per l’HitBit Records, sarà pronto, io continuo ad ascoltare questo Ep. Sentiamo che succede.
Succede che si parte con il Rock molto classico de “Il Parossismo Del Cuore”, brano che nella sua semplicità melodica e nelle sue esternazioni derivative è abbastanza apprezzabile anche se non proprio originale. Ma questa cosa dell’originalità, come avrete capito, non riguarda necessariamente l’arte o il genio, almeno a detta di tanti, tra cui i nostri Twiggies (vedi il manifesto). Se da un punto di vista musicale i possibili riferimenti sono tantissimi, sia italiani sia stranieri, in ambito vocale, si sfiora in maniera preoccupante non tanto la copia o il furto, ma la parodia involontaria di Giovanni Gulino (Marta Sui Tubi) e Pierpaolo Capovilla (Il Teatro Degli Orrori). Più distesa l’atmosfera di “Crepapelle”, che insegue, a differenza del brano precedente, linee soprattutto vocali più Pop, anche grazie ad armonie sonore languide e struggenti e un cantato a volte quasi solo sussurrato. Con “Legno”, la musica di Twiggy è Morta! sembra fare per un attimo un passo indietro, verso le sonorità del Rock alternativo anni ’90 stile Diaframma, fatto di riff puntuali e mai ridondanti. Il testo non si occupa più dell’amore ma guarda prima all’esterno, attraverso un pessimismo letterario che vi sfido a riconoscere e poi si fionda alla ricerca del genio presente dentro l’animo di ognuno di noi. L’ultimo brano, “A Bocca Aperta” è quello che più di tutti, specie nella sezione ritmica, richiama il sound delle nuove leve della No Wave, come Editors, Interpol, The National, ma anche dei Piano Magic ultimo periodo. Il testo invece sembra essere una specie di manifesto (anch’esso) di quello che significa Twiggy è Morta!, affrontando il tema della bulimia culturale e sociale in un metaforico parallelo con l’anoressia di una modella come Twiggy, appunto.

Nel complesso, quello che ho tra le orecchie è un buon Ep per una band in cerca del suo spazio che mostra ottime capacità esecutive ed anche una certa discreta voglia di essere diversi dalla massa, attraverso la riscoperta di una qualche forma di classicità Rock e soprattutto una scrittura lirica fortemente “arrogante” e concettualmente aggressiva. In realtà, preso come punto di riferimento quello che dovrebbe essere l’obiettivo della band palesato nel proprio manifesto, ci sono alcune cose che non vanno. Innanzitutto, in molti passaggi, non è chiaro quale sia il ruolo dell’ironia nelle loro esternazioni.  Inoltre, fermo restando e preso per buono il concetto che anche l’artista o il genio possono copiare o rubare, è anche vero che artista e genio, quando imitano, migliorano. Nel nostro caso, preso come punto di riferimento il Blues e il Rock Alternativo, la musica dei Twiggies, vi ruota attorno, schiantandosi di volta in volta contro Marlene Kuntz, Placebo, Afterhours, oltre ai già citati, senza mai riuscire, partendo dalla propria orbita, a seguire una strada diversa e comunque più efficace. In merito ai testi, certamente non possiamo negarne l’originalità e sicuramente, sotto questo punto di vista, la loro voglia di distinguersi dal gregge è ben rappresentata ma è anche vero che non ci sono molti spunti davvero poetici o affascinanti.
Credo Mi Citeranno Per Danni è quindi un Ep pieno di buona musica, stracolmo di buoni propositi ma anche una piccola delusione, visto l’obiettivo posto dai quattro laziali.
La speranza è che, con l’uscita del prossimo disco, alcuni limiti possano essere superati. Non vorrei minimamente che ridimensionassero la loro filosofia, anzi. Voglio solo che ce la mettano tutta per dimostrarci che la loro musica non è intrattenimento ma arte, voglio che ci facciano vedere che “se prima nascevano i Modena City Ramblers, i Diaframma, i Verdena, gli Afterhours, Paolo Benvegnù o Moltheni” ora non è solo il tempo de Lo Stato Sociale, I Cani, Dente ma anche di band ancora capaci di creare opere d’arte. Magari band dal nome Twiggy è Morta!.
Una cosa importante che dovrebbero comprendere i Twiggies è che la musica ha la forza di essere arte, a volte intrattenimento o anche tutte e due le cose. L’errore è di chi scambia l’una per l’altro più che di chi fa l’una o l’altro, sempre che non spacci i suoi cazzeggi per opere di valore assoluto. Non è colpa de Lo Stato Sociale, se il loro fare canzoni per divertire e divertirsi è stato scambiato da qualche idiota per il futuro della musica italiana. Prendersela con loro sarebbe come prendersela con chi fa i meme, incolpandoli di distruggere il valore artistico del fumetto. Se cercate dei nemici, cercateli tra chi si annoia a vedere Lars Von Trier e si fionda al cinema per Boldi a Natale, tra chi legge Fabio Vola e ne decanta le capacità filosofiche al bar, tra chi ascolta I Cani convinto della loro genialità e sparla del ritorno di “quel vecchiaccio” di David Bowie. Loro sono il Male. La gente è il Male. L’ignoranza è il Male.

http://www.youtube.com/watch?v=9qUIOo02COw

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