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Raggi Ultraviolenti – E’ tutto un Fake!

Written by Recensioni

I raggi ultraviolenti sono una punk band proveniente da Monferrato nata nel 2009 fortemente influenzata da Millencolin e Social Distortion.
Tuttavia il loro amore per il genere si estende anche al nostro belpaese con centinaia di affinità con Punkreas e Derozer (giusto per citarne un paio).
“E’ tutto un fake” al di là della brevità di durata imposta anche dai canoni cui siamo abituati da sempre (o almeno da quando i Sex Pistols sconvolsero il mondo con il loro epocale “Nevermind the bollocks”) è un lavoro davvero perfetto nei suoni e negli arrangiamenti.

Aperto da “Intro”, un concentrato di soli 27 secondi che vuol dare la definizione di falsità attraverso la voce di Michela Palladino, il disco prosegue in “Fake!” brano di denuncia che si scaglia contro tutto e tutti.
“Carriera da velina” invece prende in giro il sogno proibito delle ragazzine di oggi, ovvero calcare il palco di “Striscia la notizia” e vedersi spalancare le porte del successo nazionale.
“Rabbia chiusa” inizia invece con un riff di chitarra accattivante subito seguito da batteria e basso e citando alcuni versi  “si accende il momento” e “cerchi di controllare la rabbia chiusa dentro te”.
Come dice la successiva “Non vorrei” intanto “il tempo scorre, mi accorgo che tutto il passato resta qui com’è” perché mi tornano in mente i miei eroi di gioventù, i  Nofx di “Punk in drublic”.
“2012” parla invece della previsione dei Maya secondo la quale quest’anno avverrà la fine del mondo ma secondo i Raggi Ultraviolenti “la profezia è solo una facciata per nascondere una società malata corrotta da multinazionali”.
“Dentro il parlamento” al di là del testo bellissimo è forse l’unico anello debole del disco (il riff della chitarra ritmica mi ha ricordato quello della teen band Five in “Everybody get up”) nonostante le sue liriche molto aggressive e anti-politiche.

Per fortuna ci pensa “Fumo negli occhi”,  che considero una sorta di riassunto del lavoro, a risistemare il tutto a posto con il suo sound energico e compatto.
“Skandre” riporta alla memoria i magici riffs dei veterani punk Rancid di Tim Armstrong e Matt Freeman e lascia spazio alla conclusione con “La mia sbronza” e “Clitoride”, due brani suggeriti dall’adesivo sul cellophane del disco che erano già presenti in una versione differente nel precedente lavoro del gruppo.

 

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