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Vinicius Cantuaria – Indio de Apartamento

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Il grande Maestro di Manaus ma oramai Newyorkese a tutti gli effetti, Vinicius Cantuaria, a diciotto mesi dal bellissimo disco condiviso con un altro maestro indiscusso quale Bill Frisell, torna in punta di piedi con “Indio de Apartamento”, elegia e lusso di New-Bossa che non fa altro che ingigantire il passo felpato e latineggiante di un cantautore che nelle infinitesimali particelle dei suoni e dei dettagli immacolati dei timbri gioca come un architetto con la sue creature senza fili, che da sole si impennano verso l’alto per non scendere mai più.

Raffinato come un tramato di seta, il discorso musicale di Cantuaria questa volta si arricchisce di ulteriori personaggi e arie eteree, e di conseguenza il disco si accompagna a scambi umani e spirituali che nella tracklist sfumano, volano e si incantano come battiti d’ali di farfalle, come cercassero corolle colorate dove posarsi o steli dove arrampicarsi per prendere lo slancio; dieci trasfigurazioni melodiche minimali, sottovoce, quasi confidenziali in cui il chitarrista ricama e tesse momenti d’alto ascolto, quella spinta dal basso che tocca il plesso solare e ti commuove fino in fondo. Canzoni di poca lunghezza, una chitarra che sintetizza e tira fuori chiazze di anima quando incontra il cristallo di tasti di SakamotoMoça feia”, nella contaminazione col soul di Nora Jones nella passionevole “Quem sou eu” o tra la filigrana chitarristica elaborata di Bill FrisellPe na estrada” e “Chove la fora”, pezzi emozionali che senza nessun clamore tecnico o amplificato “urlano dal di dentro” tutta la forza magnetica di un artista che vive e si muove sempre e comunque nel sottocoperta della ribalta.

Stupende la concessione al pop-jazz intimista imbastito con la bella voce di Liminha con Frisell e Jesse HarrisThis time” e la parentesi evanescentemente etno “Purus” che vede un Cantuaria “virtualmente” avvicinarsi alla scuola genovese con un sofisticato Bruno Lauzi  che rivive per pochi minuti, per poche sensorialità; un disco per amatori, per gente non comune ad avvicinarsi ai bombardamenti elettrici, piuttosto disco tenerissimo per chiunque abbia confidenza con l’arte del quasi silenzio, del sospiro del grande eco. Onore a Cantuaria.

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