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Lykaion – Heavy Lullabies

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Quanti cambiamenti in casa Lykaion. Conosco questa band da quando esordirono, ebbi modo di ascoltarli live e d’intervistarli. In quegli anni alla voce c’era Tiziana Palmieri e i Lykaion erano un quintetto appena nato dedito ad un Gothic Rock simil HIM, Katatonia e Sentenced. Nell’ arco di dieci anni la band si è rivoluzionata, ha abbandonato le vecchie e decadenti sonorità per innescarsi in un roccioso Hard Rock capace di miscelare lo stile dei Crashdiet, dei Negative, degli Airbourn e dei Poisonblack. La vena triste e malinconica è rimasta, infatti, come già detto prima i Lykaion si accostano musicalmente ai Poisonblack, attuale band di Ville Laihiala (ex Sentenced). Parlando della cosiddetta “vena malinconica” troviamo un abissale differenza tra i Lykaion di dieci anni fa e quelli di adesso. Il disco che andremo a trattare si intitola Heavy Lullabies, già da qui dunque ci si può fare un idea su dove si andrà a finire, questo non vuol dire che bisogna essere banali e scontati perchè in un modo o nell’ altro il disco ha le sue chicche interessanti. Si tratta di un album che equilibra quasi tutto: melodia e aggressività, sound pulito con quello più distorto. La maggior parte delle tracce, anche per come ha fatto intendere il titolo del disco sono delle ballate studiate (non fraintendiamo il termine) nei minimi dettagli. “For Love” è il primo effettivo brano dopo un dolce intro, la titletrack appunto, e racchiude tutte le peculiarità di questo disco (è stato girato un video per questa canzone). La successiva “Anthem” gioca molto sul piano-forte e su dei cori che si faranno ricordare facilmente. “I Dont’ Love You Anymore” è la classica canzone strappalacrime, calma e con il ritornello che non si scolla più dalla mente. Altri pezzi forti di Heavy Lullabies sono ancora: “End Of Time” che vanta ancora una volta di un eccellente melodia e musicalità e “Accept Yourself” che almeno personalmente considero uno dei cavalli di battaglia del disco con i suoi assoli ed i suoi giri di chitarra. I Lykaion hanno subito una trasformazione evidente, già il cambio di voce dal maschile al femminile mescola in un certo senso le carte in regola, in più, metteteci il sound che parte Doom per poi sfociare in un massiccio Hard Rock. Con molta onestà apprezzo tantissimo i Lykaion di ora, chiaramente hanno ancora da dimostrare questa svolta è sostanzialmente un nuovo punto di partenza, ma parliamo di ragazzi che hanno la musica nell’ animo e che difficilmente steccheranno. Sono fiducioso.

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Witches of Doom – Obey

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Ogni tanto quella sensazione ritorna. Si, proprio quella che all’ascolto di un pezzo inizi a fantasticare: pensi ad un luogo, un colore, un paesaggio e addirittura ti riconduce ad un profumo. Non capita spesso come ben sapete, qualcuno dice che bisogna essere predisposti e forse un fondo di verità c’è, ma è anche vero che la band che riesce a farti emozionare in questa maniera deve saperla lunga. Parliamo dei Witches of Doom, una band capitolina nata nel Gennaio 2013 che unisce sonorità Gothic, Stoner e Doom. La loro musica ricorda in primis i Type O Negative e qualche piccola influenza la devono anche ai Katatonia. Obey è il disco d’esordio di questi grintosi ragazzi, si tratta di un pregiato lavoro elaborato nei minimi dettagli: ottime melodie, discreto sound e un eccellente lavoro di mixaggio. Obey è un coinvolgente disco, ispirato e sensuale. Insomma, basta sentire i primi giri di chitarra di “The Betrayal” per capire di cosa stiamo parlando e non solo, le melodie ed il pesante sound della successiva “Witches Of Doom” vi trasporteranno con la mente in cupi e nitidi luoghi. Stesso discorso per “To The Bone”, una traccia dai riff più taglienti e nervosi, probabilmente anche quella più pacchiana del platter. Si passa a “Needless Needle”, anche questa in puro stile Type O Negative con un interessante melodia ed una vena elettronica davvero interessante. “Crown Of Thorns” è la traccia più lenta, consideriamola come la quiete dopo la tempesta: parte con voce e tastiera e solo quasi alla fine c’è la partecipazione di tutti gli altri, ad ogni modo è un ottimo momento per riprendere fiato e ripartire alla grande con la successiva “Dance Of The Dead Files” (ricca di effetti del synth e con una chitarra pomposa). Ultima song da citare obbligatoriamente è la titletrack, che fa da chiusura. Quest’ultima della durata di ben quattordici minuti rappresenta la consacrazione dei Witches of Doom, ovvero quella di una band coordinata, variegata e incisiva. Questa traccia è un ottimo resoconto del gruppo, una chiusura col botto. Ci troviamo di fronte un gruppo di ottime qualità che ha le carte in regola per essere un caposaldo del genere nel nostro stivale. Speriamo continuino cosi.

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