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Teenage Gluesniffers – Chinese Demography

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Non voglio spendere troppe parole per Chinese Demography dei Teenage Gluesniffers. Non voglio e, comunque, non potrei neanche volendo. Perché questo breve lavoro del trio milanese scorre prevedibile e inutile dall’inizio alla fine, brano dopo brano dopo brano.

È il solito Punk liceale, quello che andava di moda tra i ’90 e gli anni ’00 del Duemila. Non sto neanche a descrivervelo, sapete già di cosa sto parlando. E sinceramente, per quanto possano essere tecnicamente ineccepibili (o forse proprio per questo), mi sorprende che ci sia ancora gente che fa questo genere senza mai aggiungere nulla, senza mai reinventare. Posso capire le band storiche, che portano avanti, con dignità e passione, un genere che hanno contribuito a definire (e dico anche in Italia, eh). Ma perché continuare a sbattere la testa su questo insieme di cliché sempre identici, sempre uguali, sempre noiosi allo stesso modo?

Sono bravi i Teenage Gluesniffers? Sì. È un bel disco Punk? Probabilmente sì. È un disco che vi consiglio? No. Non sprecateci del tempo, se volete pogare e bere birra con sotto una bella traccia di Punk popolare ed orecchiabile ascoltate Rancid, Blink-182, NOFX, (e non me ne vogliano i puristi per gli accostamenti azzardati…) e, dal Bel Paese, Duff, Punkreas, Pornoriviste. Ne sto tacendo probabilmente molti altri, ma perdonatemi, il tempo in cui mi ammazzavo di schiaffi sotto un palco è passato da anni, ormai… e sarebbe ora di guardare avanti e farsene una ragione.

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Duff – Ci sono gente che non stanno bene

Written by Recensioni

La nostrana  IndieBox  per il punk e tutte le sue affiliazioni è come una casa  madre ospitante e premurosa, un porto sicuro dove le band “professanti” questa ribelle religione anarchica hanno riparo e voce per poi imperversare – col loro ruggito più o meno antagonista – lungo tutto lo stivale ed oltre, e ciò non può che farci piacere tanto da poterci fanfaroneggiare come una seconda Inghilterra di spilloni da balia, creste e urla guerriere.

Anche grandi anfitrioni punk storici e “inquilini della casa” come i calabresi Duff  tornano a riempire la scena e forsennati live con un nuovo lavoro “Ci sono gente che non stanno bene”, quindici tracce che oltre ha fornire energia high-voltage continuano con quell’impulso primordiale che è ormai logo di  “instabile garanzia” e scuola per tantissimi apprendisti di settore, praticamente un disco Duff è contemplazione elettrica e non solo più – come un tempo –  schizofrenia ad alta velocità. Forti di una linguacciuta verità e ferrei nello stare fedeli ai ritmi convulsi “contro”, i Duff escono sempre “vivi e veri” dalle valanghe di mediocrità che arrivano da ogni dove, il loro è un sound punkyes che è tra i più potenti da sempre intercettati nell’underground stizzoso e deviato.

Con gli anni Novanta nelle piastrine e  i  Nofx nel dna, la formazione di Cosenza conferma una monumentale e visionaria passione a spaccare di brutto, non con la cattiveria che è sempre attribuita – come sfogo – al genere proposto, ma con la forza della melodia storta, quella che dice, ama e combatte con le intemperanze della poesia da cortocircuito, amplificata da woofer e jack impetuosi dal cuore “mammone”; riconoscibilissimi tra la scaletta i padri putativi sonici come Anti-flag, Rise Against, Propagandhi, Diesel Boy e Lagwagon, ma anche uno stainter formidabile che si intercetta  nelle tirate elettriche “Che state facendo”, “Solo”, “Cristianità”, nella bella stonatura che fa hook “La tua storia”, nella sterzata sludge che schizza in “Finzione” o nel rock’n’roll old style che furoreggia in “Domani”, una scaletta  a perdifiato che si da una calmata (si fa per dire) nell’alcolica e slogata “A luci spente” chiusura cabarettistica – con voci di sottofondo –  che fa da gioiellino di promesse e resoconti agroamari.

Buon ritorno per i calabresi Duff, autori di musiche e logos irrequieti come sempre tra i più eccitanti in circolazione

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