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Da Hand in the Middle – L’Education Sentimentale Avec Le Temps et Les Mots

Written by Recensioni

I Da Hand in the Middle sono secondo definizione del loro agente e biografo “un mistico collettivo Jungle-Blues di Jonesboro, Arkansas, e attualmente operativo nella Valle Umbra Sud” che già dalle prime note del disco dimostrano il loro valore.
Rimarrete infatti stupiti ed incantati dalla opener “El Carcion Fumante” che alterna ritmi veloci ed impetuosi alla quiete più totale includendo anche un breve intermezzo cantato in vecchio stile anni venti.
“Hong Kong Stories” strizza invece l’occhio (ops l’orecchio!) al cantautorato americano che si fonde lievemente alla tradizione francese ed il cui videoclip (in cui compaiono anche Luca Benni e Matteo Schifanoia) è ad opera del regista Federico Sfascia il quale ha dichiarato a riguardo: “Hong Kong stories è stato per me l’occasione di esplorare i più profondi e nascosti meandri dell’animo umano, palesare le connessioni intangibili tra destino e autoconsapevolezza, due percorsi intimi i cui confini si confondono quasi sessualmente, in un pulsante scontro frontale con una realtà esteriore ostile e violenta, inconciliabile con il supremo atto di ribellione che è il peccato originale dell’affermazione della propria individualità invertita”.
“The cook” si rifà invece ad atmosfere anni ottanta stile Madness per far da apripista alla blueseggiante “Study Hall” che sembra esser uscita direttamente dalla penna di Robert Johnson.
La ballabile “Cain” riporta subito l’allegria ma è nulla al confronto di “55 Fire” che ricorda le colonne sonore dei mitici film di Bud Spencer e Terence Hill.
L’acustica “A Ballad of the Mulberry Road” dà un tocco di classe in più all’intero lavoro (che non appare mai sottotono) ma la suite “(Who’s gonna shave) The barber” (abilmente divisa in Pt.1 e Pt. 2) non è da meno.
“Vagner Love” cita nel titolo il famoso calciatore brasiliano del Cska Mosca ed è memorabile per i suoi riff di sax che incantano l’ascoltatore.
Il pianoforte è invece l’elemento portante di “You two look a lot alike” (che purtroppo dura poco più di due minuti) e ben si connette nei rumorismi di “In Tango” che si conclude con un applauso (autocelebrazione di un capolavoro?).
E poi arriva a malincuore la fine con “Cain va en France” ma la voglia di rimettere il cd dall’inizio verrà di sicuro a tutti…

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