SQÜRL – Silver Haze

Written by Recensioni

C’è chi a settant’anni decide di ritirarsi e chi coglie invece l’occasione per dedicarsi a fare musica. Jim Jarmusch, signore e signori, appartiene alla seconda categoria.
[ 05.05.2023 | post-rock, drone, experimental | Sacred Bones Records ]

Silver Haze, da maggio in catalogo sull’etichetta made in NY Sacred Bones Records, è il primo LP di Jim Jarmusch pubblicato insieme al suo collaboratore di produzione anche nel cinema, Carter Logan.
Fra i due c’è un’intesa di lungo corso nata tra varie musiche per film ed EP a partire dal 2009 fino ad oggi (Bad Rabbit è solo uno dei tanti progetti), poi rivelatasi l’insieme di tanti satelliti orbitanti intorno ad un definitivo approdo.
A proposito di SQÜRL, se vi torna in mente il nome della band del fidanzato musicista rock di Cate Blanchett – la mora fra le due Cate – nel laconico Coffee and Cigarettes girato nel 2003 da Jarmusch stesso, siete sui riferimenti giusti.

Il duo newyorkese entra in studio avvalendosi dei servizi di produzione del celebre Randall Dunn, già collaboratore di artisti come Zola Jesus, Earth e Sunn O))), con l’intento programmatico di concentrarsi sulla musica esclusivamente in quanto esperienza.
Del resto, “an enthusiastically marginal rock band from New York City who like big drums and distorted guitars” non può che essere il manifesto inequivocabile di chi ha ben fissato in mente il sound da cui vuole partire, ma soprattutto anche quel poco sano disinteresse sul punto di arrivo in cui risiede forse l’ingrediente segreto per far bene le cose.
Jarmusch e Logan non sono entrati in studio per fare marketing.

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Carter suona la batteria da quando è solo un ragazzino.
Jim parte dall’Ohio a diciassette anni per trasferirsi nella Grande Mela ed iscriversi alla Columbia University. Presto si dà alle tastiere per i no-waver Del Byzantees, approcciando Downtown Manhattan e l’iconica scena del CBGB. Sposa la filosofia repulisti del punk facendone un’ispirazione motrice, e sceglie di dedicarsi alla settima arte come prima attività intraprendendo il viaggio underground dei sogni in costante equilibrio fra musica e cinema, per oltre quarant’anni.

Jarmusch è un grandissimo appassionato di dischi.
E, a dirla tutta, ne ha fatto vero e proprio faro illuminante: ascolta la musica, la studia, non riesce a discostarsene in alcun modo. Sceglie di posizionarla al centro di ogni creazione. Gira documentari e video per diverse band (vedi The Racounters, Talking Heads, Tom Waits), omaggia i suoi artisti preferiti in moltissimi film, li fa addirittura recitare da attori.
E adesso che l’industria del cinema lo ha portato ad un’apparente – chi vivrà vedrà – saturazione, è proprio nel grembo della vecchia madre musica che fa ritorno.

Indipendente per vocazione e da sempre schivo verso la politica del mainstream, non risulta difficile immaginarlo in studio di registrazione concentrato solo ad alimentare l’identità stilistica che lo governa sul momento puntuale. In musica, esattamente come nei film, Jim Jarmusch serpeggia con devozione autentica fra i generi che apprezza, senza tuttavia ridurli ad appropriazione posticcia. Resiste alla seduzione del plagio e della citazione piatta, e  piuttosto si sforza di omaggiare con riverenza chi ha dato alla luce qualcosa di grande prima di lui, che si tratti di sound oppure di immagini.

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Questo LP di debutto a nome SQÜRL è composto da otto brani che scorrono in sottofondo per poco meno di 39 minuti. In linea col trend e con le scelte di produzione, sarà il drone distorto e sinuoso di Berlin ’87 ad alzare il sipario nero dell’album.
E questa stessa tendenza evocativa sarà rintracciata anche nella titletrack in chiusura del disco. Come per proseguire all’infinito sulle onde perpetue dei suoni, in quell’oscillare mai brusco fra una cresta psych e l’altra post-rock, l’irriducibile idea nella testa di Jarmusch rimane quella di bucare il silenzio col tramite di un fondo sonoro e passaggi spoken atoni. Per dirlo con parole sue, “just a soundscape for whatever else is happening”, mentre le immagini si susseguono e la vita scorre in automatico.

Ad arricchire le atmosfere ci pensano alcune preziose collaborazioni, fra cui annoveriamo la chitarra dell’apprezzato Marc Ribot nel lento omaggio psichedelico a Michelangelo Antonioni dal titolo Il Deserto Rosso e nel pezzo Garden of Glass Flower.
Altrettando degne di nota le collaborazioni femminili: da un lato la cantautrice inglese Annika (anche lei sotto Sacred Bones), con la quale Jarmusch danza fra i vocalizzi di She Don’t Wanna Talk About It, e dall’altro la multiforme Charlotte Gainsbourg – figlia d’arte, attrice e musa di Lars Von Trier, cantante – che si concede l’onore di recitare due poesie selezionate di John Ashbery, Premio Pulizter e massimo esponente della scuola dei New York City Poets.

Una buona dose di distorsioni, riff evocativi, la poesia di New York: troverete Jim Jarmusch tra le maglie di questa trama perfetta di decadenza e anarchia.
E, come dichiarato dalla band stessa nel sito ufficiale (“Here you will find streams of SQÜRL’s ongoing musical experiments that will occasionally vanish”), anche il banco della silver haze potrebbe levarsi presto dalla strada. Correte ad ascoltare.

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Last modified: 27 Giugno 2023