Meryl Streek – 796

Written by Recensioni

Estremamente riduttivo definirlo post-punk: un concept album dell’era moderna che narra dolorosamente le vicende di un’Irlanda con il cuore a pezzi in 12 tracce al vetriolo.
[ 04.11.2022 | Venn Records | punk, post-punk ]

Dietro lo pseudonimo di Meryl Streek si nasconde in realtà l’ambizioso progetto di un produttore 32enne irlandese, nato e cresciuto a Dublino. Come in una vecchia fotografia in bianco e nero, abbandonata in un cassetto impolverato, i racconti della sua infanzia evocano nostalgia e tenerezza: i ricordi legati a tempi felici e spensierati, il rapporto con la propria famiglia, umili lavoratori appartenenti alla classe operaia, l’indissolubile legame con la musica fin da quando era bambino – il padre era batterista nei Guernica, band militante nella scena alternativa dublinese nella seconda metà degli anni ’80.

Poi, ad un certo punto, qualcosa si spezza. Il naturale passaggio dall’innocenza della tenera età all’adolescenza, fino a giungere all’età adulta, determina un violento cambiamento nel mondo che lo circonda. Una famiglia che si sgretola, un pezzo alla volta, un clima politico sempre più austero, la recessione economica che bussa alla porta, la rassegnazione e il disappunto di un’intera società; Meryl Streek si trasferisce in Canada per 7 anni nell’angosciante tentativo di scorgere un barlume di speranza nel proprio futuro, ed è proprio lì che la sua maturità culturale ed artistica inizia, passo dopo passo, a prendere forma.

Con 15 anni di esperienza alle spalle come batterista per diverse band e una vita vissuta on the road, viaggiando in tour da una città all’altra, il giovane irlandese è finalmente pronto a dare una voce a tutto ciò che affligge la sua patria.

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Il risultato di tutto ciò è 796, uno strepitoso album di debutto, il cui titolo è un riferimento a un fatto di cronaca assai disturbante: la notizia diffusasi nel 2014 riguardo al ritrovamento dei resti di 796 bambini sepolti in una fossa comune nella contea di Galway, in una struttura gestita da suore.

Il disco può vantare un paio di ottime premesse: un produttore di tutto rispetto, Dan Doherty (il cui nome è già familiare per aver lavorato con gli ormai celeberrimi Fontaines D.C.), e alcune tracce registrate in uno studio di Vancouver noto per aver ospitato i Rage Against The Machine alle prese con il loro omonimo album.

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Ha senso, nel 2022, parlare ancora di concept album? In questo caso, assolutamente sì. “Crescendo in Irlanda”, spiega Meryl Streek, “si tende a trascorrere il proprio tempo nei pub, ascoltando gente che si lamenta dei problemi della società. Ho 32 anni ora e continuo a leggere di questi problemi, che non sono ancora stati risolti. Ho semplicemente sentito nel mio cuore che avrei dovuto sottoporre questi argomenti all’attenzione di tutti tramite una via differente e con un approccio molto più diretto, faccia a faccia”.

796 nasce quindi come un vero e proprio manifesto politico trasformato in musica, una voce rabbiosa che vuole emergere sopra le altre, una voce che ha qualcosa da dire, che merita di essere ascoltata. Le molteplici tematiche affrontate nei testi tracciano i contorni di un’Irlanda ferita, frustrata, trafitta: l’alcolismo, gli abusi della Chiesa Cattolica, i suicidi, la crisi degli affitti, una politica alla deriva, l’amara disillusione di chi ha cercato, fallendo, di riuscire a vivere al meglio la propria vita. Il punk in questo contesto è ancora vivo, lo è più che mai, ora che ha finalmente ritrovato una buona causa per alzarsi in piedi e ribellarsi.

La potenza delle parole rispecchia simmetricamente la violenza sonora dell’album; pur essendo principalmente orientato all’avantgarde post-punk, è un album votato ad abbattere e sfidare la concezione di genere musicale. Le influenze sono numerose e facilmente riconoscibili, eppure mai predominanti; l’impressione è davvero quella di aver “trovato qualcosa di nuovo”, non è semplice storia che si ripete, bensì una completa destrutturazione e ristrutturazione di tutto ciò che sta caratterizzando la scena alternative attuale.

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La prima traccia, appunto The Start, confonde e disorienta volutamente l’ascoltatore spingendosi nei meandri dell’hip-hop più cattivo, per poi introdurlo alla vera essenza del disco con Full Of Grace, un punk impetuoso in cui la violenza e la rabbia vengono a stento trattenute. La genialità del singolo Death to the Landlord spicca per il contrasto fra raffinati archi, ritmiche serrate e spoken word alla Mark E. Smith (uno dei principali punti di riferimento stilistici del giovane irlandese). L’intensità emotiva raggiunge nuovi inattesi picchi in Yesterday, cresce e infine culmina negli ultimi tre brani dell’album – Suicide, Educated Mates” e infine Dad, in un ultimo, tenero omaggio al padre.

Disperazione, urgenza ed autenticità: le parole chiave per descrivere un’opera che, pur essendo di una complessità estrema, riesce ad arrivare al cuore di chi ascolta in maniera diretta e cristallina.

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Last modified: 29 Novembre 2022