Un post apparso stamattina fa presagire infauste nubi sul futuro del festival siciliano. Perderlo lascerebbe un enorme vuoto culturale.
Foto in copertina © Elisabetta Brian
Chi scrive queste parole è un siciliano dal rapporto molto controverso con la sua terra di origine e che, col tempo, con l’esperienza e con il distacco, ha messo da parte ogni bieco orgoglio lasciando spazio ad una lenta rassegnazione.
Nel mortificante deserto culturale di questa terra, è sempre stato necessario aggrapparsi a delle oasi per non sprofondare nel pessimismo cosmico e per mantenere vivo il lumicino della speranza. Una di queste, la più confortante, è stata sempre Ypsigrock.
Ypsigrock mi ha permesso di pensare che sia possibile non essere sempre e per sempre Isola; che sia possibile, nel concreto, costruire ponti culturali, musicali ed emotivi verso e per altri mondi, permettendo di accogliere e offrire allo stesso tempo.
Ypsigrock mi ha permesso di sognare un angolino di Sicilia non troppo distante dalle luci di Londra o dalle visioni di Barcellona, in cui l’amore per la scoperta, per la vita e per il progresso sono più forti del senso di arretratezza e dei pregiudizi
Ypsigrock mi ha ricordato l’amore dell’essere comunità aperta, che è ben diverso dal concetto di setta; è quel cerchio mai chiuso dove prima sei accolto e poi accogli, con la sola musica come comune denominatore. Non la lingua, non la nazionalità, non la religione, non il sesso, non la sessualità, non l’età, non il ruolo; la Musica.
Ho visto con i miei occhi un’intera famiglia irlandese tornare al festival appellandolo come una delle esperienze più “family friendly” possibile.
Ho visto con i miei occhi una coppia macedone integrarsi perfettamente in un gruppo di amici italiani.
Ho visto con i miei occhi ragazzi nati nella più rurale provincia sicula confrontarsi con altri nati nella City londinese, sullo stesso piano, nella stessa piazza.
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Il comunicato di stamattina è criptico e lascia spazio a diverse interpretazioni, più o meno agghiaccianti.
Non sappiamo chi sono gli “scaltri del quartiere”, ma abbiamo una certezza, ben chiara e fa malissimo: oggi è a rischio la stessa esistenza di Ypsigrock.
Eppure, qualcosa si era percepito: non sono state annunciate le date della prossima edizione, non è uscito nessun aftermovie della recente, nonostante l’ottima risposta del pubblico e i sold out.
Adesso il segnale è inequivocabile e posso solo immaginare con quale enorme sofferenza sono state scritte quelle parole.
Perdere Ypsigrock sarebbe la più amara delle sconfitte per questa dannata terra.
Una tomba culturale. L’ennesimo fottuto “tutto cambia per non cambiare mai”.
Uno scacco matto ai sogni di chi ha viaggiato per il mondo e ha desiderato intimamente che il suono e la bellezza del progresso possano essere associati anche all’idea di casa, per una santa volta; oltre al sole, al mare e la granita.
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Adesso il segnale è inequivocabile.
Mi metto nei panni di chi ha scritto il comunicato e posso solo pensare quanto sia stato un passo amaramente necessario.
Qui non c’è solo da salvare Ypsigrock.
Qui c’è da rendersi conto del suo Valore Sociale e Culturale, per questa Isola senza pace e per il Sud di questo Paese.
I destinatari del messaggio aprano gli occhi su quello, prima che sia troppo tardi.
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Last modified: 13 Settembre 2024