Dee Lei – S/T

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E’ prodotto da Paolo Benvegnù, che partecipa anche in alcune partiture (e ne imprime il soffio vitale), l’esordio dei Dee Lei (ex Malaparte), band  di Prato che comincia da questo album senza titolo il proprio cammino discografico, e a ragion sentita il risultato non è male, un disco che poggia la sua forza sulle pieghe di un rock melodico, rivolto all’indentro, come a cercare il segno di una bella pacca sulla spalla da parte di  intimità, accenti e sguardi che negli oscuri taschini della vita spesso non si percepiscono, ma ci sono se si guarda bene fino in fondo, e quel fondo i Dee Lei lo stanno già riempiendo con pochi giri di stereo e  con un suono dolce, sofferto e liberatorio che dà loro ampiamente ragione.

L’introspezione, il calmo dolore, sono posti centro della scena, dove la musica è ascoltata dal suo interno, mentre si riproduce in un macramè di sensazioni delineate da un pathos caldo che sublima il contesto, il suo dintorno, in un crescente e costante emozionale; dieci pezzi mutevoli che hanno “materia” e soluzioni per farsi piacere in un battito di ciglia, tracce senza la minima divagazione che possa portare l’ascolto in derive o intoppi stilistici che di solito si sommano o perlomeno fanno tara alla fine del giro, nulla di tutto questo, un disco che è un ottimo rimedio per caricarsi di bella poesia amara dopo una giornata così cosi, di quelle senza capo né coda, magari con un amore da ricostruire nella sua interezza figurativa.

Una tracklist con pagine dense di emozioni e distanze intimiste da ricamare col senso della melodia, silenzi, respiri, rumore che i Dee Lei ricercano accuratamente come sintesi di ricordi e speranze da tramutare in canzoni, e questa ricerca confluisce in questo lavoro, dentro il magnetismo di un cerchio di plastica che riproduce suono, nella nebbiose e stupende ballate MolthenianeSogno di volare”, “E’ finita l’estate”, l’evanescenza mantrica e solitaria di “Mare blu”, le gentili distonie elettriche che impregnano “Nuvole dentro” o il calice amaro che disseta il pads de “Il testimone”, traccia a cerniera lampo che chiude il flusso incoraggiante di un disco e di una nuova band che da frescura  e aggira il pericolo dei  “confezionamenti ex novo” non con mera musica e poesia ad effetto, ma con vera poesia incastonata in brividi sonanti.

Della serie il buon giorno si vede e “sente” dal mattino.

Last modified: 19 Ottobre 2012

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