De Rapage – Sberle

Written by Recensioni

Avviso i lettori che questa recensione è scritta di merda per rendere il livello accettabile dal classico pubblico dei De Rapage (del quale tu presto, diventerai parte infima).

È mattina presto, saranno le dodici/dodici e trenta, di un inutile venerdì del fantasmagorico mese di settembre. Mentre mi rilasso cercando di capire che cazzo vuole William Burroughs da me, staccandomi tarzanelli seduto sul bidet, continuo a struggermi nel mio dilemma. Vado alla festa del Pd al Porto Turistico, a vedere ancora una volta Appino e tutta la banda Zen fingere entusiasmo per una serata patetica, dove lardoni sudati s’ingozzano e vomitano il loro inferno sulla carcassa decomposta del comunismo italiano, oppure vado a sciacquarmi le palpebre, le cervella e i timpani con i De Rapage, in quella splendida piazzetta in cima a Chieti? Nonostante abbia correttamente valutato l’elevato rischio per la mia patente, l’ultima loffa del mattino mi fornisce la risposta giusta. Mi tuffo in una fossa di Campari e Pecorino e mi ritrovo nel sorprendente mondo del Bon Bon Café, tra pasticcini piccini piccini e birra grande, eleganza da Louis Vuitton nigeriana e rutto libero. Strano posto per una band che segue l’unico e trino Verbo Scureggiare, nelle sue diverse varianti, come un dogma divino.

Aspettiamo che arrivi un po’ di gente e il concerto avrà inizio. Appunto. Cinque strani tipi si presentano sul palco. Francesco El Fiku Fikurilli, il cantante. Vestito come uno studente di Bologna che si è perso in un labirinto di libri e fighette frigide con la Reflex e ritrovatosi in un festino un po’ sadomaso, strafatto di etere e cocaina. Maurizio Sreafea Skill Aces Schillaci, chitarra effetti e tastiere. Un vero idolo. Immaginate Rowan Atkinson appena uscito dal coma che vestito da barbone si mette a suonare la zappa come una Gibson in campagna, muovendo la lingua come un forsennato, al ritmo della sua chitarra con gli occhi al cielo, in una miriade di mistici assoli. Marco Zappagrunge Zappacoast, seconda chitarra. Una specie di Red Skin violento e pure abbastanza amante del bicchiere, sul punto di pestare chiunque rompa troppo i coglioni. Lu Nterteng, il bassista. Un tipo talmente sereno e gentile da sembrare, a occhi poco consumati, uno squilibrato, il classico serial killer della porta accanto. Jimmy, il batterista. Quello che fa sul serio o almeno cosi sembra, visto che piazzato là dietro può fare quel cazzo che vuole, chi cazzo lo sgamerà mai.

Inizia lo spettacolo. Uno spettacolo.

Derivativi come diarrea al primo appuntamento, come una sfuriata di Sgarbi a Domenica In, dimostrano tuttavia di non essere cinque cazzoni che, tanto per rovinarvi la serata, si sono messi a far casino sotto il balcone di vostra nonna morente che sorvegliate mentre la vostra stronza vi succhia le palle. Suonano alla grande invece, fluendo dal Crossover al Rock più leggero, dall’Hard Rock a passaggi di sperimentazione quasi Prog. Ma c’è qualcosa in più a rendere la serata pazzesca. Il loro live non è solo esecuzione ma puro teatro partecipato col pubblico. El Fiku regge il palco come una rockstar, manda tutti a cagare, offende e incita a offendere e il pubblico si sfoga, tra un “Fikurilli sei una merda” e un “tua sorella è una troia” e, sempre in tono estremamente sarcastico e boccaccesco, tra un pezzo e l’altro, si apre una sfida all’offesa più originale. I brani divertono e si fanno ascoltare anche da chi non ha voglia di scherzare. Sono eseguiti in maniera egregia e la voglia di fare buona musica si nota quando Schillaci s’incazza come una bestia e smette di suonare. Come a dire che si fa i coglioni, ma la musica è pur sempre musica. Gli altri lo prendono un po’ per il culo, anche perché indossa una t-shirt con su scritto con un pennarello “Odio Schillaci” e quindi, prenderlo sul serio, non è agevole, ma il risultato del concerto diventa qualcosa assolutamente da non perdere, compreso il poco pogo loco finale. Tutti si dimostrano ottimi musicisti, pur con qualche ovvia sbavatura, e anche Fikurilli, nonostante non abbia proprio la voce di Tim Buckley, riesce a sopperire con una presenza scenica sbalorditiva. La serata è finita ed io sono morto dal ridere, cosi come chi, con qualche titubanza, mi ha seguito fino a Chieti. I De Rapage, alla faccia del lucro, ci regalano i loro dischi. Dietro c’è scritto: “Il disco che avrete tra le mani è totalmente autoprodotto, auto registrato, auto distribuito, automatico, ed è totalmente vostro, masterizzatelo e regalatelo agli amici o condividetelo come più preferite. Il disco è completamente gratuito. Se qualcuno sta cercando di vendervelo è un figlio di puttana, uccidetelo.” Altro che Indie.

Me ne torno a casa, senza non prima qualche altra birretta, e mi ritrovo in mano questo Sberle! La copertina è una figata Hardcore. In bianco e nero con sfumature e scritte tra il viola e il fucsia. La faccia del disco segue la stessa cromatura, con una mano che sorregge un teschio e da non perdere è l’avviso in fondo, Strong Language, Sexuality e l’invito “for violent reasons”, ad andare sul sito www.fanguloperfavore.com. Vi prego, non fatelo. La grafica all’interno del libretto, curata dallo stesso frontman, è da non perdere, cosi come il mini poster collage che nasconde un misto di psichedelia e follia. Faccio partire il disco. “Noi siamo i De Rapage e diciamo quello che cazzo ci pare”. Inizia cosi. “Il Disgusto” parte a mille in stile “Sheets Of Easter” degli Oneida, per poi trasformarsi in un pezzo Hard Rock carico e potente, che ci parla di merda e carta igienica finita, sangue, ciclo, vomito e sborra in un tripudio pulp. Il brano che dà il titolo al disco è una dissacrante rivisitazione del Rap e del Cross Over di Rage Against The Machine e Beastie Boys, che ci racconta dell’umiliazione di un idiota giustamente incompreso, che va in giro con le “mutande sui pantaloni”. Quindi “Il Grande Rock In Edicola”, il primo brano che presenti una melodia davvero interessante, (oltre al testo da lacrime) anche se l’evidente contaminazione del background musicale dei componenti (palesemente notevole) è ancora forte. “Cannone Assoluto” parte come un Garage Grunge Rock alla Nirvana che si trasforma dopo pochi secondi acquistando una veste tutta nuova che somiglia, soprattutto nella melodia vocale, ai primi lavori di Pelù/ Renzulli. Ok, anch’io sparo cazzate a profusione. Andiamo “Nel Bidet”, nel suo trascinante ritmo Funky, sexy quanto basta, se non fosse per il testo assurdo (…e per sicurezza ci puliamo con la carta vetrata…). Arriviamo al mio momento prediletto. “Ngul Freket Auà” tipica espressione pescarese che non voglio tradurvi. Musicalmente il pezzo ficca la testa in “Creep” dei Radiohead fino al culo ma il testo, anche se difficile per chi non vive la zona del pescarese, è tra i migliori in assoluto della loro proposta.  Si continua con “Cosplayer” dedicato a tutti gli amanti dei fumetti, sfigati e segaioli, “Condoglianze, Allegria!, come avrete intuito, dedicata alla salma di Mike Bongiorno, “Reverendo Terrore” e la sua martellante batteria un po’ Post Punk un po’ Exploited. Quindi “Inquilino Sexy”, un’altra delle perle del disco, e “Gabizze Prog”, il momento più punkettone a dispetto del nome, che ricorda tantissimo lo stile dei grandissimi Skiantos. La chiusura è composta dal duo “Abraham Kadabram” che riprende palesemente il Funky già sentito all’inizio e “Stornello Tarzanello” geniale filastrocca folk, gemella sfigata de “L’Inno Del Corpo Sciolto” di Roberto Benigni.

Insomma testi a volte intelligentissimi, a volte un po’ troppo dispersivi o limitativi, ottima musica ed esecuzioni. Forse eccessivi i rimandi a pezzi, famosi o meno, di altri grandi del Rock e poca originalità musicale ma del resto rientra tutto nello spirito dell’irriverente band chietina. Tanta qualità e soprattutto poca similitudine con tutte le altre proposte definite dalla critica Rock Demenziale. Un album squisito come trovare un pelo di cazzo nel letto della vostra ex tipa (considerando che tanto voi ci ridete su, non vi frega una minchia. Volevate solo scroccare un tetto e un materasso, visto che fuori piove e in giro ci sono solo un paio di puttane rumene generose d’herpes genitale). Mi raccomando, non comprate il disco, tanto una copia ve la regalerà qualcuno come la regala una vecchia zoccola in crisi d’astinenza di batocchio. Ma se capitate loro vicino, non potete assolutamente evitare di andare a sentirli e mandarli a cagare.

Se volete di più, questa è la loro biografia, per il resto, girate per il web, cercateli e divertitevi.

“I De Rapage vengono assemblati in diversi momenti degli anni ’70 da carrozzieri psicopatici e muratori stupidi. Già negli anni ’80 si fanno notare con il loro primo lavoro, quello del barbiere, ma siccome con le forbici proprio non ci sanno fare vengono espulsi con disonore dall’ordine mondiale degli acconciatori ed usati per alimentare autobus elettrici grazie ad una serie elettrodi agganciati alle palle. Licenziati in tronco per insufficienza celebrale, si ricoverano in massa in un centro di riparazione caldaie e ne riescono solo due anni dopo, completamente strafatti di metano. È proprio in quel periodo che i De Rapage compongono quello che diverrà solo dopo qualche mese il loro primo capolavoro, quel Mannaggia al Pudore che diventa campione d’incassi in Giappone, India e Mongolia. Rivalutati all’uscita dell’euro ai quattro viene chiesto di rappresentare l’Italia al G8 di Genova ma rimangono senza benzina all’altezza di Ancona perché se l’erano sniffata tutta. Dopo una breve apparizione al Cantagiro dove tirano sacchi di merda sulle prime file di un atterrito Teatro Elettrolux, i quattro fuggono in Norvegia dove affinano le loro tecniche nelle arti marziali. Tornati alla carica con “Uno Qualunque”, viaggio psichedelico nella tundra dei loro cervelli, i quattro inaugurano una serie di concerti che culminano con il famigerato Live @ Macellaio di Filippone, quartiere rock di Chieti, dove ottengono la consacrazione per mano di un drogatissimo Iggy Pop che li definisce “la feccia assoluta”. Scomparsi per anni dalle scene in seguito ad una forte diarrea, i De Rapage si dichiarano vinti e si ritirano in Grecia dove perfezionano il loro francese fino al 2009, anno in cui incontrano il ramingo Malou Reexio Squincaci, un fachiro girovago che aveva appena perduto la sua dolce scimmietta e che viene accolto dal gruppo a braccia aperte. Assieme a Squincaci i De Rapage tornano sulla scena ed incidono Vergine Da poco, loro terzo Lp, sacrificando il loro testosterone e inventando quella che gli appassionati di tutto il mondo ricorderanno come “musica emozionante suonata male”.”.

 

 

Last modified: 1 Ottobre 2012

7 Responses

  1. Tonino ha detto:

    È vero sono proprio così!

  2. GIANNI PALLE DI SUGHERO ha detto:

    porcazzozza li ho sentiti suonare …tosti e bravi eh, ma sono tutto ciò che mio figlio non dovrà mai essere, mio figlio farà il ragioniere, come suo nonno, mica come questi sfaticati

  3. De Rapage ha detto:

    grazie Silvio Bella Recensione
    siamo proprio noi i De Rapage e siamo fatti proprio così alla cazzo di cane.
    il nostro album, completo, irriverente e a gratisse, a vostra disposizione ovunque e per qualunque uso:
    Download, Listening, Sharing, Fucking and more!
    Qui: http://derapagemusic.blogspot.it/2012/09/de-rapage-new-album-sberle-for-free.html

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