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De Rapage – Si Sveglia la Mattina e ti Gode Davanti

Written by Recensioni

Quando qualcuno ha sollevato dubbi sulle capacità tecniche dei De Rapage o sul fatto che durante l’esibizione di Streetambula avessero sputato troppe parolacce, il mio primo pensiero è andato ai mostri sacri del Rock (Iggy, Johnny, Lou, Jim, Kurt, Giovanni Lindo, e tutta la compagnia dell’inferno). Quand’è che i giovani, soprattutto ma non solo, si sono dimenticati di che cosa significa questa parola, Rock, perdendosi nella mediocrità del tecnicismo puro e del politicamente corretto (o fintamente scorretto)?

Se c’è un motivo quasi oggettivo per cui valga la pena avere tra le mani una copia di ogni singolo lavoro targato De Rapage ma anche di fermarsi a guardare le locandine dei loro spettacoli, visitare le pagine web, facebook, i blog, vedere i video e le foto, questo è dato dalla maniacale cura con la quale gestiscono gli elementi visivi come, ad esempio, l’artwork sempre di pregevole fattura che contraddistingue le copertine, i booklet e tutto quanto riporti la firma dei suddetti. Saranno più che contenti e soddisfatti i fortunati presenti alle finali di Streetambula del 31 agosto dove i vincitori (appunto, i De Rapage) hanno regalato circa cinquanta copie di questo Si Sveglia la Mattina e ti Gode Davanti, realizzato in collaborazione con i Pastori Sardi in Licenza. Anche questa volta, Ficurilli e soci non hanno deluso le aspettative di chi si attendeva un lavoro degno di nota, in tal senso.

Poi c’è la musica, quello che più conta; ma andiamo con calma. Chi sono i Pastori Sardi in Licenza? Semplicemente il seme che ha fecondato la cittadina di Chieti che poi ha cagato i De Rapage. Nati idealmente nel 1995 dalla mente di Francesco Ficurilli, poi cantante dei De Rapage e Luigi Marrone, hanno visto la loro espansione con l’aggiunta di Fabio La Torre e infine Alfredo Iannone. Le caratteristiche della loro proposta sono semplici. Innanzitutto suonano rigorosamente chitarre classiche e acustiche e cantano a turno (“come il cazzo”, citando lo stesso Ficurilli). In fase di stesura e composizione il punto di forza è l’immediatezza; partendo da una frase, una situazione o un personaggio reale o inventato, compongono brani per lo più improvvisati. Ed è proprio questa estemporaneità che darà luogo a componimenti dalla demenzialità assolutamente fuori dal comune, proprio per la sua apparente totale irrazionalità. Non vi sono mai palesi riferimenti ideologici, politici o sociali dietro i testi ma solo la voglia irriverente di divertirsi senza farsi alcun problema a fare a pezzi ogni piedistallo che possa elevare chiunque, fosse anche il Papa, Cristo o loro stessi.

Il progetto Pastori Sardi in Licenza non ebbe un seguito diretto e la nascita dei De Rapage, con la succitata presenza di Ficurilli appare, in quest’ottica, come un segno divino della necessità di dare nuova vita alle deliranti proclamazioni di quei quattro folli. Come le emorroidi dopo uno stronzo particolarmente ostinato e tosto. I De Rapage attingono a piene mani dal repertorio dei loro “padri” e scelgono nove pezzi che ripropongono alla loro maniera. Rispetto al precedente Sberle, sono messe da parte le tante contaminazioni sonore e i pezzi sono proposti  attraverso le tecniche del più classico Alt Rock, comunque svariando da ritmiche più aggressive e Hard a passaggi più dolci, quasi giocosamente infantili. La follia dei Pastori viene dunque amplificata dalla potenza sonica dei De Rapage che ancora una volta si mostrano all’altezza della situazione.

Esclusi alcuni pezzi come “California Dream Gay” e “Siringhe Perforanti” tuttavia, proprio la spontaneità e il cazzeggio allo stato puro sono anche il limite di questi pezzi, stesso ostacolo riscontrato nei precedenti lavori dei De Rapage, nei testi molto simili a questi targati Pastori Sardi in Licenza. Non sempre e non a tutti riescono a strappare sorrisi proprio perché le parole suonano come casualmente e totalmente fuori dagli schemi e il nonsense di taluni passaggi spinge piuttosto seguire le linee melodiche fregandosene del significato dei vocaboli, nella consapevolezza che oltre a non nascondere grossi contenuti ci sia il rischio di non sfociare neanche verso il divertimento dato da qualche frase ad effetto. Le stesse melodie mancano di orecchiabilità facile ad attecchire sul pubblico meno esigente e la forma canzone più classica si contorce alla ricerca di una configurazione più appropriata, più volte senza risultati efficaci. Perché tanta attenzione allora, nei confronti di questa band? Perché, per prima cosa sanno come costruire fisicamente i loro prodotti, tanto per tornare all’iniziale discorso sull’artwork. Secondo perché sanno suonare insieme (ma anche in senso assoluto) e molto bene, nonostante non abbiano le possibilità di provare frequentemente con formazione al completo (quando lo fanno però lo fanno sul serio). Terzo perché aiutano a sciogliere quella patina di snobismo e spocchia che contraddistingue un certo tipo di musica e i suoi seguaci. Quarto perché il limite dato dai testi è parzialmente giustificato dal fatto che c’è una piccola differenza tra quelli presi in prestito dai Pastori e quelli originali degli album precedenti che vi consiglio vivamente di ascoltare per verificare voi stessi le differenze stilistiche. Infine perché la loro dimensione ottimale è quella del live. Frase abusata che qui diventa dogma. Non è possibile disgiungere i brani da quello che sono suonati dal vivo ed io ho avuto la fortuna di essere sia al concerto di presentazione di Sberle che di questo Si Sveglia la Mattina e ti Gode Davanti. “Progetto Cane Morto” non ha senso senza Ficurilli che “offende” gli animalisti, “California Dream Gay” perde valore se prima non è introdotto da un vaffanculo corale del pubblico pungolato dal palco. La loro irriverenza e demenzialità non ha lo stesso rilievo se non vi ritrovate nel complesso di voci di quelli che mandano a fare in culo Zappacosta e la sua t-shirt del cazzo (letteralmente) e Schillaci. O Jimmy e Pasquale.  Aggiungete una ricerca melodica più puntuale e testi magari meno variegati, ma più lineari e meno cazzoni e avrete una band clamorosa. Ma poi non avreste più i De Rapage.

Cinque squilibrati che fanno i cazzoni ma sanno anche loro che potrebbero insegnare tanto ad una marea di ventenni se solo questi ricordassero cos’è il Rock!

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Intervista (video e non) ai De Rapage. Delirio Totale!

Written by Interviste

I nostri Silvio Don Pizzica (il cameraman) e Riccardo Merolli (l’intervistatore?!) sono andati a Chieti, nella sala prove dei De Rapage (https://www.rockambula.com/de-rapage-sberle/) per realizzare con loro una video intervista. Avrebbero potuto chiedere della loro musica demenziale, del nuovo disco in preparazione, delle loro influenze, dei loro live spettacolari ma se mettete insieme due pazzi come Riccardo e Don Pizzica con una band fuori di testa come i De Rapage, non poteva che succedere questo:

Qualche giorno dopo, Don Pizzica ha reincontrato i De Rapage e ci ha provato ancora. Secondo voi come è andata? Leggete voi stessi:

INTERVISTA AI DE RAPAGE (Francesco-voce, Pasquale-basso, Marco e Maurizio-chitarra)

Don
Ciao a tutti. Per prima cosa, come state? Vi siete ripresi dall’ultima volta che ci siamo incontrati?
M.Z.: perchè ci siamo incrociati? Oddio la testa….
F.: io ho avuto una leggera diarrea ma in fondo bene.
M.S.: mai più (naso di pinocchio)
F.: naso di Pinocchio?
M.S.: nel senso che mento.
M.Z.: vabbè francè..lassa sta! Mento o naso? deciditi cazzo!

Don
Diarrea anche io e un mal di testa da paura. Non vi chiedo perché il nome De Rapage (la risposta è nel video) ma chi cazzo sono i De Rapage potreste spiegarlo al pubblico.
M.Z.: i De Rapage sono un gruppo fregno!
F.: i De Rapage sono la summa dello scarto e del fai-da-te, che come obiettivo hanno quello di distrarre, offendere ed essere offesi.
M.S.: i De Rapage sono un gruppo musicale che hanno iniziato a suonare proprio per essere un gruppo musicale. all’inizio erano molto, molto diversi.
P.: secondo me è uno stato mentale che noi rappresentiamo in musica, una sgommata al posto del cervello, un modo di rendere un po più marrone il reale

Don
Perché avete scelto di fare musica ironica, a tratti demenziale e non provare a fare qualcosa di veramente nuovo?
F.: perché è uno sfogo, principalmente. Non si tratta di affrontare temi universali, ma di sviscerare tutto quello che hai di malato dentro, senza falsi pudori o inibizioni. E poi ce l’ha suggerito satana.
M.Z.: fare qualcosa di nuovo? tutti ci provano, a noi non interessa (forse non siamo capaci)
M.S.: qualcosa di nuovo? il qualcosa di nuovo che ho in mente io non si può suonare con strumenti musicali tradizionali. Si divertono tutti, ma il disco non è il medium primario per noi, noi siamo da concerto.

Don
Ho letto da qualche parte (inutile dirvi dove) che vi divertite più voi che non chi vi ascolta. Pensate sia vero? E pensate che manchi qualcosa alla vostra musica per colmare il divario?
F.: è vero. Noi siamo divertiti da noi stessi ma anche dalle reazioni degli altri: c’è chi si indigna ma anche chi ride a crepapelle. Nello scambio siamo noi i maggiori beneficiari e vogliamo resti così.
M.Z.: l’importante è che ci divertiamo noi, del pubblico non ce ne frega un cazzo! Alla nostra musica potrebbe mancare tutto o niente, ma ce l’ha detto satana di fare così!
P.: be i De Rapage che suonano tristi è cacofonico
M.S.: io mi divertivo da spettatore ai loro concerti, e dopo anni di corte mi hanno chiamato a suonare. dobbiamo essere spettatori di noi stessi sennò diventiamo autoreferenziali senza avere le capacità tecniche e l’ideologia per farlo.

Don
Schillaci, sempre ultimo.
M.S.: perché ci penso.

Don
In pratica non vi frega se chi vi ascolta dà poco peso alla musica pensando piuttosto a divertirsi sulla base dei vostri testi. Non avete paura di essere presi poco sul serio come musicisti?
M.Z.: bhe..come musicisti siamo i primi che ci pigliamo poco sul serio! (a parte Schillaci)
P.: pure io mi divertivo ai concerti dei De Rapage; Jo di Tonno è musica seria?
F.: infatti io urlo, non canto. È questo forse il segreto del nostro divertimento e della nostra visione poco competitiva della musica in genere.
M.S.: il problema di essere preso poco sul serio come musicista non mi affligge nel momento in cui cerco di fare risaltare ciò che suono, su disco e live. abbiamo dato spazio a parti musicali molto più che in passato, se senti gli ultimi due dischi. Infatti l’idea di suonare in situazioni di volumi e sonorità differenti mi attira. il 23 febbraio suoneremo diversamente dall’ultima volta per volumi dinamiche e cazzi vari.
P.: essere preso sul serio facendo rock scostumato è sintomatico di una società alla frutta
M.Z.: poi ai concerti più che suonare mi diverte insultare Schillaci!!! Ahaah.

Don
Ottime esecuzioni e buona musica. Eppure i dischi vi tocca regalarli ai concerti. Chi ve lo fa fare?
M.Z.: credi che qualcuno veramente comprerebbe i nostri cd? Allora noi li freghiamo e glieli regaliamo!
M.S.: li comprerebbero pure, ma poi saremmo alla stregua di altri gruppi tipo i pr°°lax.
P.: bella marco! la musica non ha prezzo stavamo pensando di vendere i dischi a 2500€ a copia o gratis..abbiamo scelto la seconda non siamo attaccati al denaro
F.: Perché la musica è condivisione. Non me ne frega un cazzo di prendere la 5 euro dallo spettatore del concerto. Quello che facciamo è per la gente e non per noi stessi. Ci stiamo promuovendo ed il modo migliore di farlo è spargere più seme possibile. Il giorno in cui pagheranno per un nostro disco diverrà un lavoro. E satana si incazzerebbe.

Don
Perchè ce l’hai coi Prophilax?
M.Z.: perchè lui non può usarli!
M.S.: non ce l’ho con loro. non siamo così, punto.
P.: conosco gente che si fa le seghe con i profilattici
M.Z.: non fate incazzare satana
M.S.: dopo veramente la valigetta con le parolacce.

Don
Dunque l’unica via d’uscita per le band emergenti sembra essere l’esibizione live. Ma anche in questo, avete scelto la strada più difficile. Non solo vivete in una regione (Abruzzo) che sembra aver dimenticato l’esistenza della musica (salvo rare eccezioni) ma, visto che nei vostri testi siete spesso diretti, volutamente volgari, vi tocca pure prendervi le porte in faccia dai centri sociali che vi accusano di maschilismo o dai locali che non vi ritengono adatti ad un certo tipo di pubblico. Non vi va proprio di scendere a compromessi?
M.Z.: ricordati di Satana! A noi piace fare questo e questo facciamo!
M.S.: dei centri sociali ho altri ricordi di altre epoche. questi sono cresciuti con internet, mi sucano il cazzo loro e le loro teorie di complotto.
F.: mai. Che gusto ci sarebbe altrimenti? A quel punto meglio fare la tribute Band!
P.: sono i radical chic che non volano più in alto del loro nanismo
M.Z.: per quanto riguarda i centri sociali, sono fascisti! Come possono accusarci di maschilismo se io e Ficurilli un concerto si e uno no ci baciamo in bocca?
F.: Io bacio chi mi pare, ma tu…
M.S.: per quanto riguarda i locali, noi il pubblico ce lo sappiamo gestire abbastanza. il problema sono i gestori, finchè non contano i soldi in cassa sono (giustamente) diffidenti. ma non infanghiamoci con il discorso delle merdose coverband e di come abbiano rovinato il suonare live.
P.: sto fatto che vi baciate mi fa ribrezzo

Don
Meglio non esprimermi. Abbassiamo un po’ i toni. Che cosa ascoltavate dieci anni fa e cosa ascoltate oggi? Quali artisti vi hanno maggiormente influenzato? Nella mia recensione ho accostato la vostra musica a Oneida, Rage Against The Machine e Beastie Boys, Nirvana, Litfiba, Radiohead, Exploited, Skiantos e addirittura Benigni. Ditemi pure che cazzata ho detto?
M.Z.: aggiungi pure i SexPistols e stiamo a posto!
F. : nessuna. Personalmente aggiungo Sex Pistols e Massive Attack
M.S.: io sono cresciuto con il rock classico, tipo quello inglese. nel disco ci sono un sacco di citazioni al limite della caricatura: tutto voluto, eh…

Don
Massive Attack? Non l’avrei detto.
M.Z.: bhe… ascolta SEGEDOUT del primo album!
F.: e certo. Se ascolti bene al contrario il nostro primo disco scoprirai che suona esattamente come Mezzanine
P.: penso che per fare musica così bisogna aver ascoltato molto, sinceramente alcune volte sembra che si sia veramente un po di tutto, a parte Nilla Pizzi e Tiziano Ferro
F.: che comunque ascoltiamo da soli in macchina.

Don
Vediamo se vi faccio incazzare. Questi continui passaggi da un genere all’altro non vi sembra possano impedirvi di dare un’impronta personale alla vostra musica? Forse c’è qualche citazione (voluta come dice Maurizio) di troppo? (parlo soprattutto a lui).
F.: è colpa di Maurizio
P.: si ostina a sentire i Litfiba, scusa Maurì ma Ghigo Renzulli fa cagare

Don:
Concordo. Su Renzulli.
M.Z.: infatti….è un casso con la chitarra!
F.: il peggiore
M.S.: le citazioni possono scomparire, non è un fatto involontario. ci penso spesso quando un brano sa già di già sentito.
F.: Maurizio è comunque meglio di Renzulli. Fisicamente

Don
Prendiamo Nkul Frekt Aua (l’ho scritto bene?). C’è tanto Creep dentro. Forse troppo?
F.: è veramente colpa di Maurizio e dei suoi arpeggi gay, ma ci piaceva così e chi se ne frega.
M.Z.: bhe, su Creep non sono d’accordo, ma l’idea era di fare qualcosa alla Radiohead
M.S.: non è che ci pensavamo più di tanto. gli accordi erano diversi all’inizio, ho modificato il sol e il la mettendoli in minore. c’è anche l’accordo indie per eccellenza, il do 7+!
P.: a parte gli scherzi nell’ultimo live, con il nuovo set, abbiamo migliorato di molto questo aspetto l’approccio ora è più denso e uniforme
F.: Pasqua ma a che domanda hai risposto?
M.Z.: Pasquale sta a fumà robba pesante!!
P.: ahh me che ci stanno le domande!?
M.S.: ngulo freket è stato scritto dal pubblico della lampara che assisteva ad un concerto indie di un gruppo indie. Erano tutti come nella canzone.
P.: sgamato

Don
Andiamo avanti e parliamo della situazione Live della penisola. Parlando con un ex musicista ora membro di una cover band (non tribute ma pur sempre parte del Male) mi ha detto che le difficoltà ad emergere delle nuove realtà è soprattutto conseguenza dei gestori dei locali e del pubblico, poco avvezzo alle cose nuove. Chi ama suonare, vuole suonare e per farlo, in alcune piccole cittadine, può solo fare cover. Peggio i gestori che della musica non gli frega un cazzo ma le tasse le pagano, peggio il pubblico, che della musica non gli frega un cazzo ma ha sgobbato una settimana e un rum lo paga 5 euro o peggio i musicisti che si riducono a fare cover ma della musica gli frega eccome ma non vogliono continuare a suonare in uno scantinato?
M.Z.: per me il problema è sopratutto dei gestori. Io credo che si può creare un bel giro di gruppi originali e comunque riuscire a lavorare. E’ una questione culturale. Se crei un bel giro la gente ti ci viene al locale. d’altronde negli ani novanta c’erano molte band originali e non mi pare che i localli chiudessero tutti. Naturalmente ci vuole anche un minimo di selezione! Anche perchè scusate, noi alla fine siamo anche un piccolo esempio, i locali li riempiamo più delle cover band!
P.: questa si che è una domanda…la risposta è difficile, è tutta una questione di background culturale…siamo in italia e qui il pdl ha governato per 20 anni e rischiamo che piglia più del 16% a febbraio. Vabbè l’ho buttata sul pesante però c’è gente li fuori con le hogan
F.: se al musicista gliene frega di suonare le situazioni le può anche creare, è inutile mordersi la coda, i problemi sono quelli che hai appena citato ed è innegabile che le cose, per ora, non cambino. Ma se non le cambia chi la musica la fa allora cosa dovremmo fare? Aspettare in silenzio l’apocalisse? Se ci fosse una rete di musicisti vera o una struttura che li collegasse si potrebbero scambiare, oltre alle idee ed si musicisti anche locali e pubblico, ad esempio, i cercare spazi adatti al live che non siano locali. O crearli. All’inizio, inoltre, noi non chiedevamo una lira per suonare: la voglia è quella che conta! Così ci di diverte.
M.S.: hai presente la depressione quando da una persona passa ad un’altra, poi un’altra, poi un’altra come una pianta infestante e rovina una famiglia intera? è così, non è peggio nessuno, siamo tutti peggio. così la penso io. dove c’è gente sana, anche in piccolo circuito di una piccola comunità, trovi ancora creatività, fantasia e senso degli… affari (brutta parola!)

Don
Non deprimiamoci pensando troppo a questo paese del cazzo e alla sua gente del cazzo. Parliamo del vostro ultimo disco. Sberle. Che roba è? Fatelo capire a chi non ha idea di che musica facciate.
F.: io neppure l’ho capito, non ancora.
P.: è un disco tipo calendario francescano
M.Z.: Sberle è un capolavoro!
P.: aiuta il raccolto, è un rito propiziatorio alla inseminazione naturale
F.: ma nessuno risponde seriamente? Dai Mauri!
M.S.: “quello che cazzo ci pare”, perchè andava detto. non lo dice nessuno, sono tutti a spompinare il pubblico. siamo partiti dai titoli e poi abbiamo costruito i pezzi sopra, abbiamo applicato in musica la cementificazione selvaggia. ad esempio “sberle” è uscito fuori perchè da una ripresa audio delle prove fatta con uno smartphone il suono del ride della batteria sembravano schiaffi dati belli forte.
M.S.: ecco, ho scritto una risposta mega sgrammaticata…
F.: bravo cazzo

Don
Mi rivolgo a chi legge. Difficile parlare serio con i De Rapage. Forse solo con Schillaci. Ascoltatevi il loro pezzo sotto se volete capire di che parliamo. A proposito,ora mi rivolgo a voi quattro. Come è nato quel pezzo, Inquilino Sexy?

https://soundcloud.com/derapageband/10-inquilino-sexy
F.: da un volantino!
 Don
Cioè?
P.: la storia del pelo di cazzo io la so

Don
Spara.
M.S.: c’era un flyer nella pizzeria vicino alla sala prove in cui si pubblicizzava un tipo del grande fratello che faceva una ospitata in una discoteca:”L’inquilino sexy della casa del grande fratello”. La storia del pelo di cazzo è mia. ho immaginato di trovare un pelo di cazzo altrui nel letto della mia ex, magri c’era davvero. “Magari”
P.: la prima strofa parla di un tipo che mendicando un letto si è fatto ospitare dalla ex, durante la notte ha trovato un pelo di cazzo sul cuscino.

Don
In pratica è “tratto da una storia vera”. Immagino la scena.
P.: aaa eri tu? Scusa Mauri
F.: Ahahahah
P.: tutti i pezzi sono storie vere
F.: tranne tarzanello
M.S.: cioè, dopo mesi che non ci dormivo in quel letto poteva essere accaduto qualcosa che non mi coinvolgesse. in realtà la storia diventa gay, oppure l’io narrante è femminile, ma questo la sa francesco.
P.:  faccio una domanda io: Francesco parlaci di Megawatt
F.: è femminile, certo. Perché?

Don
Oh mio Dio. Lasciamo perdere. Abbiamo capito che la dimensione live è quella nella quale vi sentite più a vostro agio. Grazie ad un pubblico di fedelissimi che vi segue ovunque, intavolate uno spettacolo fantastico. Il vostro live non è solo esecuzione ma puro teatro partecipato col pubblico. “Fikurilli sei una merda”, “tua sorella è una troia”, una sfida all’offesa più originale con chi vi ascolta. Ma se doveste suonare dove nessuno vi conosce? Nessuno!
M.Z.: sarebbe bello! Il pubblico capirebbe subito!
P.: pagheremmo qualcuno per la clack, sicuramente, 200 € di buono e sano investimento
M.S.: avremmo bisogno di più tempo per entrare in confidenza col pubblico. siamo capaci di fare più di due ore di concerto filate, mica come quei poveri scheletri chitarra e barba tipo Dente.
F.: Stai sicuro che sapremmo comunque come farci offendere di brutto. Inoltre il nostro pubblico cresce ad ogni concerto e gli sconosciuti che ci offendono si moltiplicano di volta in volta. Alcuni sono degli acrobati della parolaccia, insospettabili per giunta! Maurizio stai infangando questo mondo e quel l’altro, sei un hooligan!
M.Z.: maurì pure tu sei uno scheletro chiatarra e barba
P.: montgomery
M.S.: ma siamo anche musicisti, non mortifichiamoci da soli con la storia dei testi. Se suoniamo bene attiriamo l’attenzione a prescindere dai cazzi e dai culi.
F.: che c’entra? Tu sei davvero il cognato del diavolo

Don
Appunto…vedi domanda numero tre.
Un giorno si potrà tornare a vivere della propria arte? Oggi il conto in banca sembra inversamente proporzionale alla qualità proposta.
M.Z.: solo se usciamo dall’euro! ahahahahhaha
M.S.: ottima domanda, io la girerei ad Umberto Palazzo. mi scriveva che quasi tutti i musicisti in italia sono poveri. effettivamente fai, mettiamo, 100 serate all’anno, ma se non arrivi a fare tipo 1500 euro al mese ddò cazzo vai? la gente lascia, smette… orrore.
F.: altrove è possibile, anche per quelli che non propriamente c’è la fanno, ma la deriva culturale, perché di questo si tratta fondamentalmente, coinvolgerà tutti. E noi potremo dire “te l’avevo detto”. Speriamo che aprano una banca gestita da solo artisti. Forse allora…
M.S.: ma TUTTI i musicisti,anche gli orchestrali!

Don
Tutti gli artisti, non tutti i musicisti.
F.: mauri concentrati

Don
Siamo in dirittura d’arrivo. Quale è il vostro sogno di musicisti e la vostra paura più grande?
P.: secondo me si e pure molto presto, è rimasto troppo poco in giro e tutto stramaledettamente appiattito e simile per il semplice fatto che non può tornare un neomedioevo
M.Z.: il mio sogno e poter continuare a suonare il più allungo possibile.
F.:  da musicista vorrei fare l’astronauta. La paura più grande è quella di dover rinunciare per andare altrove. Ma anche un po’ quella di rimanere incinta.
M.S.: vorrei definirmi artista senza paura di usare questo termine per non usare “disoccupato”. ci sono tre categorie di artisti.
P.: il mio sogno è diventare ambidestro e l’incubo è perdere la mano destra
M.Z.: la mia più grande paura è suonare per sempre con schillaci
M.S.: quelli veri veri veri, quelli definiti tali solo perchè hanno l’enpals e i nullafacenti che non sanno come altro definirsi.
F.: Mauri stai due domande indietro
M.S.: la mia più grande paura siete voi

Don
Ahahahahhaha. Una brutta domanda, alla quale praticamente non mi ha mai risposto nessuno. Chi è la grande truffa dell’Indie italiano? E perché?
F.: l’indie è una truffa, perché non esiste. Cosa significa ancora nel 2013 indie?
M.S.: guarda, Rockit promuove certi campioni da sette spettatori a concerto… “il rock è cazzo, e il tuo è morto” (The Doors, il film)
M.Z.: continua la crociata di Schillaci contro Rockit
F.: Maurizio sei il peggio
M.S.: la truffa è il pubblico. non ne capiscono un cazzo di musica.
M.Z.: quindi quando sei tu pubblico, sei tu a non capire un cazzo! Maurì, smittil a di cazzate!

Don
Giusto. Comunque, niente nomi. Come preferite.
P.: per me indie è una modalità alla musica, la truffa è attribuirgli un genere musicale specifico

Don
Invece c’è qualcuno che vi assomiglia? E qualche nome nuovo che pensate abbia tanto da dire? Sia italiano che straniero, ovviamente.
P.: i Bachi da Pietra
M.Z.: I Managment del Dolore Post Operatorio (solo perchè so abbruzzesi!!!)
M.S.: Pilar, MA.DE DO.P.O., Maria Antonietta, Paolo Benvegnù, e altri…

Don
Nessuno che vi somiglia però…
M.Z.: siamo unici!
P.: pensando a qualcuno che ci somiglia mi sta a venire l’emicrania, comunque inglesi gli Holyfuck ce garbano..ma io aspetto la risposta di Francesco
M.S.: ce ne sarebbe qualcuno ma è davvero borderline e il nome non ti direbbe nulla. il vincitore della coppa Rimetti del 2012, ad esempio, Francesco Niente.
F.: gli squallor. Escludendo che sono quasi tutti morti rappresentano indubbiamente il futuro. In questo momento sto seguendo molto anche gli Indian Jewelry, ma io non capisco un cazzo.
P.: Holyfuck so canadesi cafò…
F.: ah e aggiungo pure, dall’Italia, Gianfranco Marziano, nostro precursore sconosciuto a noi fino a qualche anno fa.
P.: lo sapevo che sbancavi bella Frangè
M.S.: ah, i Progetto Panico, grandissimi!

Don
Nomi non molto noti. Difficile diventarlo quando si fa musica come la vostra. Siamo in chiusura. Dove potremo ascoltarvi nei prossimi mesi, dal vivo?
F.: meno male. Avremo meno concorrenza.
M.S.: il 23 febbraio al Fictio di Chieti
P.: il 6 marzo a Berlino, in piazza vicino al bar che vende le birre alla spina
F.: il 23 febbraio al Fictio, a Chieti, dove giochiamo in casa e il 30 febbraio al macellaio di via cazzimma, a Caserta.

Don
E il prossimo album. Quando dovrebbe uscire? Che differenza ci sarà con “Sberle” ?
M.Z.: top secret
F.: il prossimo album sarà un ep in cui raccoglieremo delle cose che suoniamo in questo periodo è che ci piacciono in modo particolare. Ma prima ci sarà un DVD con il documentario sulle nostre origini e sulla nostra fine.
P.: forse qualche anticipazione potremmo farla..dai parlate. Ieri abbiamo finito le riprese..hehehe, manca il montaggio robba grossa.
F.: firmato dal nostro videomaker preferito Startakko.

Don
Ditemi quello che avrei dovuto chiedervi e non vi ho chiesto? Poi, se volete, rispondetemi.
F.: oggi hai fatto la cacca? – si, ma sono stato così tanto a leggere sulla tazza che mi si sono paralizzate le gambe e, quando mi sono alzato per aprire la porta di casa da dove qualcuno suonava insistentemente, sono caduto. Ho strisciato fino alla porta, erano dei testimoni di Geova, vi lascio immaginare il seguito.
M.S.: ci sto pensando ma mi vengono in mente domande assurde del tipo “perchè dovreste essere dei ventenni e invece ne avete più di 35?”
M.Z.: Maurì tu ne hai più di 40

Don
Ahahahah
P.: tipo jimmy dovè?
M.S.: più di 35, infatti. vado per i 43 e sto in giro con una fender a fare casino anziché stare in pantofole a subirmi le scoregge dei bambini e le ascelle di mia moglie.
P.: jimmy scopa … noi stiamo qui a sparare le cazzate
M.S.: onesto
P.: hahhahaha un frame del DVD!

Don
Non vi chiedo chi è Jimmy. Ciao a tutti, allora. A presto.
F.: a presto, cazzo!
M.Z.: buonanotte
M.S.: a presto , e grazie

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De Rapage – Sberle

Written by Recensioni

Avviso i lettori che questa recensione è scritta di merda per rendere il livello accettabile dal classico pubblico dei De Rapage (del quale tu presto, diventerai parte infima).

È mattina presto, saranno le dodici/dodici e trenta, di un inutile venerdì del fantasmagorico mese di settembre. Mentre mi rilasso cercando di capire che cazzo vuole William Burroughs da me, staccandomi tarzanelli seduto sul bidet, continuo a struggermi nel mio dilemma. Vado alla festa del Pd al Porto Turistico, a vedere ancora una volta Appino e tutta la banda Zen fingere entusiasmo per una serata patetica, dove lardoni sudati s’ingozzano e vomitano il loro inferno sulla carcassa decomposta del comunismo italiano, oppure vado a sciacquarmi le palpebre, le cervella e i timpani con i De Rapage, in quella splendida piazzetta in cima a Chieti? Nonostante abbia correttamente valutato l’elevato rischio per la mia patente, l’ultima loffa del mattino mi fornisce la risposta giusta. Mi tuffo in una fossa di Campari e Pecorino e mi ritrovo nel sorprendente mondo del Bon Bon Café, tra pasticcini piccini piccini e birra grande, eleganza da Louis Vuitton nigeriana e rutto libero. Strano posto per una band che segue l’unico e trino Verbo Scureggiare, nelle sue diverse varianti, come un dogma divino.

Aspettiamo che arrivi un po’ di gente e il concerto avrà inizio. Appunto. Cinque strani tipi si presentano sul palco. Francesco El Fiku Fikurilli, il cantante. Vestito come uno studente di Bologna che si è perso in un labirinto di libri e fighette frigide con la Reflex e ritrovatosi in un festino un po’ sadomaso, strafatto di etere e cocaina. Maurizio Sreafea Skill Aces Schillaci, chitarra effetti e tastiere. Un vero idolo. Immaginate Rowan Atkinson appena uscito dal coma che vestito da barbone si mette a suonare la zappa come una Gibson in campagna, muovendo la lingua come un forsennato, al ritmo della sua chitarra con gli occhi al cielo, in una miriade di mistici assoli. Marco Zappagrunge Zappacoast, seconda chitarra. Una specie di Red Skin violento e pure abbastanza amante del bicchiere, sul punto di pestare chiunque rompa troppo i coglioni. Lu Nterteng, il bassista. Un tipo talmente sereno e gentile da sembrare, a occhi poco consumati, uno squilibrato, il classico serial killer della porta accanto. Jimmy, il batterista. Quello che fa sul serio o almeno cosi sembra, visto che piazzato là dietro può fare quel cazzo che vuole, chi cazzo lo sgamerà mai.

Inizia lo spettacolo. Uno spettacolo.

Derivativi come diarrea al primo appuntamento, come una sfuriata di Sgarbi a Domenica In, dimostrano tuttavia di non essere cinque cazzoni che, tanto per rovinarvi la serata, si sono messi a far casino sotto il balcone di vostra nonna morente che sorvegliate mentre la vostra stronza vi succhia le palle. Suonano alla grande invece, fluendo dal Crossover al Rock più leggero, dall’Hard Rock a passaggi di sperimentazione quasi Prog. Ma c’è qualcosa in più a rendere la serata pazzesca. Il loro live non è solo esecuzione ma puro teatro partecipato col pubblico. El Fiku regge il palco come una rockstar, manda tutti a cagare, offende e incita a offendere e il pubblico si sfoga, tra un “Fikurilli sei una merda” e un “tua sorella è una troia” e, sempre in tono estremamente sarcastico e boccaccesco, tra un pezzo e l’altro, si apre una sfida all’offesa più originale. I brani divertono e si fanno ascoltare anche da chi non ha voglia di scherzare. Sono eseguiti in maniera egregia e la voglia di fare buona musica si nota quando Schillaci s’incazza come una bestia e smette di suonare. Come a dire che si fa i coglioni, ma la musica è pur sempre musica. Gli altri lo prendono un po’ per il culo, anche perché indossa una t-shirt con su scritto con un pennarello “Odio Schillaci” e quindi, prenderlo sul serio, non è agevole, ma il risultato del concerto diventa qualcosa assolutamente da non perdere, compreso il poco pogo loco finale. Tutti si dimostrano ottimi musicisti, pur con qualche ovvia sbavatura, e anche Fikurilli, nonostante non abbia proprio la voce di Tim Buckley, riesce a sopperire con una presenza scenica sbalorditiva. La serata è finita ed io sono morto dal ridere, cosi come chi, con qualche titubanza, mi ha seguito fino a Chieti. I De Rapage, alla faccia del lucro, ci regalano i loro dischi. Dietro c’è scritto: “Il disco che avrete tra le mani è totalmente autoprodotto, auto registrato, auto distribuito, automatico, ed è totalmente vostro, masterizzatelo e regalatelo agli amici o condividetelo come più preferite. Il disco è completamente gratuito. Se qualcuno sta cercando di vendervelo è un figlio di puttana, uccidetelo.” Altro che Indie.

Me ne torno a casa, senza non prima qualche altra birretta, e mi ritrovo in mano questo Sberle! La copertina è una figata Hardcore. In bianco e nero con sfumature e scritte tra il viola e il fucsia. La faccia del disco segue la stessa cromatura, con una mano che sorregge un teschio e da non perdere è l’avviso in fondo, Strong Language, Sexuality e l’invito “for violent reasons”, ad andare sul sito www.fanguloperfavore.com. Vi prego, non fatelo. La grafica all’interno del libretto, curata dallo stesso frontman, è da non perdere, cosi come il mini poster collage che nasconde un misto di psichedelia e follia. Faccio partire il disco. “Noi siamo i De Rapage e diciamo quello che cazzo ci pare”. Inizia cosi. “Il Disgusto” parte a mille in stile “Sheets Of Easter” degli Oneida, per poi trasformarsi in un pezzo Hard Rock carico e potente, che ci parla di merda e carta igienica finita, sangue, ciclo, vomito e sborra in un tripudio pulp. Il brano che dà il titolo al disco è una dissacrante rivisitazione del Rap e del Cross Over di Rage Against The Machine e Beastie Boys, che ci racconta dell’umiliazione di un idiota giustamente incompreso, che va in giro con le “mutande sui pantaloni”. Quindi “Il Grande Rock In Edicola”, il primo brano che presenti una melodia davvero interessante, (oltre al testo da lacrime) anche se l’evidente contaminazione del background musicale dei componenti (palesemente notevole) è ancora forte. “Cannone Assoluto” parte come un Garage Grunge Rock alla Nirvana che si trasforma dopo pochi secondi acquistando una veste tutta nuova che somiglia, soprattutto nella melodia vocale, ai primi lavori di Pelù/ Renzulli. Ok, anch’io sparo cazzate a profusione. Andiamo “Nel Bidet”, nel suo trascinante ritmo Funky, sexy quanto basta, se non fosse per il testo assurdo (…e per sicurezza ci puliamo con la carta vetrata…). Arriviamo al mio momento prediletto. “Ngul Freket Auà” tipica espressione pescarese che non voglio tradurvi. Musicalmente il pezzo ficca la testa in “Creep” dei Radiohead fino al culo ma il testo, anche se difficile per chi non vive la zona del pescarese, è tra i migliori in assoluto della loro proposta.  Si continua con “Cosplayer” dedicato a tutti gli amanti dei fumetti, sfigati e segaioli, “Condoglianze, Allegria!, come avrete intuito, dedicata alla salma di Mike Bongiorno, “Reverendo Terrore” e la sua martellante batteria un po’ Post Punk un po’ Exploited. Quindi “Inquilino Sexy”, un’altra delle perle del disco, e “Gabizze Prog”, il momento più punkettone a dispetto del nome, che ricorda tantissimo lo stile dei grandissimi Skiantos. La chiusura è composta dal duo “Abraham Kadabram” che riprende palesemente il Funky già sentito all’inizio e “Stornello Tarzanello” geniale filastrocca folk, gemella sfigata de “L’Inno Del Corpo Sciolto” di Roberto Benigni.

Insomma testi a volte intelligentissimi, a volte un po’ troppo dispersivi o limitativi, ottima musica ed esecuzioni. Forse eccessivi i rimandi a pezzi, famosi o meno, di altri grandi del Rock e poca originalità musicale ma del resto rientra tutto nello spirito dell’irriverente band chietina. Tanta qualità e soprattutto poca similitudine con tutte le altre proposte definite dalla critica Rock Demenziale. Un album squisito come trovare un pelo di cazzo nel letto della vostra ex tipa (considerando che tanto voi ci ridete su, non vi frega una minchia. Volevate solo scroccare un tetto e un materasso, visto che fuori piove e in giro ci sono solo un paio di puttane rumene generose d’herpes genitale). Mi raccomando, non comprate il disco, tanto una copia ve la regalerà qualcuno come la regala una vecchia zoccola in crisi d’astinenza di batocchio. Ma se capitate loro vicino, non potete assolutamente evitare di andare a sentirli e mandarli a cagare.

Se volete di più, questa è la loro biografia, per il resto, girate per il web, cercateli e divertitevi.

“I De Rapage vengono assemblati in diversi momenti degli anni ’70 da carrozzieri psicopatici e muratori stupidi. Già negli anni ’80 si fanno notare con il loro primo lavoro, quello del barbiere, ma siccome con le forbici proprio non ci sanno fare vengono espulsi con disonore dall’ordine mondiale degli acconciatori ed usati per alimentare autobus elettrici grazie ad una serie elettrodi agganciati alle palle. Licenziati in tronco per insufficienza celebrale, si ricoverano in massa in un centro di riparazione caldaie e ne riescono solo due anni dopo, completamente strafatti di metano. È proprio in quel periodo che i De Rapage compongono quello che diverrà solo dopo qualche mese il loro primo capolavoro, quel Mannaggia al Pudore che diventa campione d’incassi in Giappone, India e Mongolia. Rivalutati all’uscita dell’euro ai quattro viene chiesto di rappresentare l’Italia al G8 di Genova ma rimangono senza benzina all’altezza di Ancona perché se l’erano sniffata tutta. Dopo una breve apparizione al Cantagiro dove tirano sacchi di merda sulle prime file di un atterrito Teatro Elettrolux, i quattro fuggono in Norvegia dove affinano le loro tecniche nelle arti marziali. Tornati alla carica con “Uno Qualunque”, viaggio psichedelico nella tundra dei loro cervelli, i quattro inaugurano una serie di concerti che culminano con il famigerato Live @ Macellaio di Filippone, quartiere rock di Chieti, dove ottengono la consacrazione per mano di un drogatissimo Iggy Pop che li definisce “la feccia assoluta”. Scomparsi per anni dalle scene in seguito ad una forte diarrea, i De Rapage si dichiarano vinti e si ritirano in Grecia dove perfezionano il loro francese fino al 2009, anno in cui incontrano il ramingo Malou Reexio Squincaci, un fachiro girovago che aveva appena perduto la sua dolce scimmietta e che viene accolto dal gruppo a braccia aperte. Assieme a Squincaci i De Rapage tornano sulla scena ed incidono Vergine Da poco, loro terzo Lp, sacrificando il loro testosterone e inventando quella che gli appassionati di tutto il mondo ricorderanno come “musica emozionante suonata male”.”.

 

 

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