Dance pop e non solo – Intervista ad Alice Robber

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Futura 1993 ha intervistato la giovane artista che si divide tra Roma e Londra.

(di Davide Vagnarelli)

Alice Robber, pseudonimo di Alice Pistoia, nata a Roma nel 1997, è una cantautrice che mescola l’indie al pop con marcate sfumature elettroniche. Alice canta in inglese e in ogni suo brano è impossibile non notare la sua cifra internazionale. Infatti, nel 2019 si trasferisce a Londra e il melting-pot della city, con il tanto amato brit pop, invadono ancor di più il suo gusto. Ne è la dimostrazione il suo ultimo singolo, Addiction. Alice si è già esibita in noti locali della capitale inglese, tra cui Half Moon e O2 Academy Islington. In Italia ha condiviso il palco con Fulminacci e Giovanni Truppi, per citarne alcuni. Quello che possiamo dirvi è di seguire Alice e la sua musica perché ne ascolterete delle belle, intanto godetevi la sua intervista!

Ciao! Addiction è il tuo quinto singolo a soli 24 anni, a questo punto è obbligatorio chiederti a quando il primo album? E come sarà?

Ciao! Uscirà molto presto e francamente non vedo l’ora, sarà molto intimo nei testi, ma allo stesso tempo perfetto per essere ballato.

Abbiamo letto che ti dividi tra Londra e Roma, Come mai?

Ad essere sincera ora è da un po’ che non torno a Londra e mi manca tantissimo. Londra è la città dove sento di appartenere e dove ho lasciato un pezzetto di me, è il posto perfetto per ricaricarmi di energie nuove e per scrivere. In generale mi piace molto viaggiare, è fondamentale per me.

Com’è l’ambiente musicale londinese? È migliore per giovani che scelgono di fare musica, rispetto all’Italia?

È difficile, c’è tanta competizione e spiccare non è facile, forse anche più dell’Italia. La differenza che ho notato è che lì ti prendono molto più sul serio, qui in Italia facciamo ancora tanta fatica a comprendere che fare musica è un lavoro a tutti gli effetti.

Quali sono i tuoi ascolti musicali? E le tue influenze?

Ascolto tantissima musica pop anglofona. Poi vario dall’elettronica, all’indie, alla dance, al soul. Sono cresciuta con i dischi di Kylie Minogue, Madonna, Tina Turner, Carole King, Nelly Furtado, donne con personalità forti e con una presenza scenica inconfondibile.

Come definiresti la tua musica, che genere è?

Al momento dance pop, ma in realtà ci sono tanti elementi nelle mie canzoni che rimandano a generi diversi.

Il tuo percorso di avvicinamento alla musica com’è stato? Raccontaci le tappe.

La musica è sempre stata presente nella mia vita, fin da quando sono piccola. Ho iniziato con la danza, poi con le lezioni di pianoforte e all’età di 12 anni con le lezioni di canto. Ben presto ho iniziato a scrivere cose mie, ma all’inizio erano soltanto parole, testi. Poi quando ho cominciato a prendere lezioni di armonia, solfeggio e composizione ho trasformato quelle parole in canzoni.

Non è stato facile capire quale fosse la strada da intraprendere all’inizio, che suono volessi avere, che genere volessi fare. L’unica cosa chiara per me era quella di voler scrivere cose vere, reali, raccontarmi. E infatti questo lato non è cambiato, anzi, più vado avanti e più sono minuziosa nei miei testi e ovviamente anche nella produzione delle canzoni.

Ed il tuo nome d’arte “Robber” da dove viene?

“Robber” viene dal titolo di una canzone di una delle mie band preferite.

In Italia molti emergenti negli ultimi anni hanno scelto i talent come luogo per trovare più visibilità, che rapporto hai con questi ultimi? Li consiglieresti a qualcuno che vuole lanciarsi in ambito musicale?

Credo che partecipare ad un talent sia una scelta molto personale, io non sono mai voluta entrare in quel mondo per scelta, non è una realtà che voglio vivere perché so bene che strada voglio intraprendere. Ma sicuramente può essere una buona vetrina per un’artista emergente.

Secondo te su cosa l’Italia dovrebbe prendere spunto dall’Inghilterra a livello musicale o anche di politiche governative rispetto ai live club e all’industria di settore in generale?

Dovrebbe dare più spazio all’arte in generale, scommettere di più sugli artisti emergenti, farli esprimere nel loro modo, credere nelle loro idee anche se magari al momento non è quello che va più di moda. Valorizzare l’autenticità di un’artista e aiutarlo dandogli gli strumenti per farlo crescere.

Qual è il pubblico a cui fai riferimento?

Vorrei arrivare a più persone possibili, in qualsiasi parte del mondo. Spero che l’Italia in futuro possa aprirsi sempre di più ad artisti italiani che cantano in inglese o in qualsiasi altra lingua.

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Last modified: 24 Dicembre 2021