Westside Gunn – Pray for Paris

Written by Recensioni

Dagli Stati Uniti Orientali, dritti al podio del meglio del rap targato 2020.
[ 17.04.2020 | Griselda | East Coast hip hop, gangsta rap ]

Nato a Buffalo nel 1982, Alvin Lamar Worthy è nome noto per i più appassionati del genere degli ultimissimi anni; fondatore dell’etichetta Griselda Records è anche autore di tre album degni di nota prima di questo Pray for Paris, eppure è nome meno considerato fuori dai confini nazionali rispetto ai suoi colleghi specie della costa ovest come Kendrick Lamar, Tyler, the Creator, Brockhampton.

Il suo nuovo LP diventa dunque un passaggio fondamentale per il percorso artistico del musicista di stanza ad Atlanta; un disco che punta a liriche delinquenziali con la dicitura EXPLICIT per ogni brano, in cui lo stile di Westside Gunn si fa tracotante senza infastidire per questo e ricco con quelle basi che sanno farsi crude e taglienti come rilassanti e impalpabili e profumano di metropoli e stupefacenti.

In alcun passaggi, Westside Gunn e soci rappano con l’intento di farci innervosire, ai limiti della cacofonia e il risultato è fantastico; o meglio, la voce ha quel timbro squillante ed è utilizzata in un modo tale che può essere affascinante ma può tranquillamente innervosirvi al punto di non procedere oltre. Anche in questo Pray for Paris è unico; omogeneo, lineare, compatto eppure in grado di suscitare reazioni agli estremi, opposte, e contrastanti, cosa che può sembrare scontata per ogni disco ma che, in realtà, è prerogativa solo dei talenti più coraggiosi.

Tra gli ospiti illustri, degni di nota, Freddie Gibbs in $500 Ounces e il già citato Tyler, the Creator in 327 mentre se volete saltare direttamente a brani che mettano in luce tutta la spavalderia di Westside Gunn andate dritti a LE Djoliba o Allah Sent Me. Le basi, apparentemente semplici e mai sovrastanti la voce, hanno quel sapore jazzy e boom bap che nel rap ci sta fottutamente bene regalando ai pezzi un’eleganza unica (No Vacancy, George Bondo) con i midtempo a offrire un’atmosfera distesa in piacevole contrasto con i testi e le tematiche gangsta in esemplare american style e gli intermezzi da prematch WWA.

Pray for Paris non è solo il disco con il quale la East Coast cerca la sua metaforica rivalsa; è uno di quegli album che potrebbe sfondare il muro del pregiudizio e farsi apprezzare anche da un pubblico meno avvezzo al rap come successo con Lamar. Certo, qui non ci sono molte variazioni sul tema come nel caso del succitato così come assente o quasi è quella ricerca di un suono pop più avvezzo alle masse come in un Kanye West. Questo è semplicemente hip hop; ma fatto coi controcazzi. Forse è ora che iniziate a dargli retta, prima che sia troppo tardi.

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Last modified: 3 Maggio 2020