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Il 2021 in 10 album italiani: la non classifica di Maria Pia Diodati

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Dieci consigli di fine anno, dieci dischi che scaleranno le vette dei vostri cuori.
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Od Fulmine – Od Fulmine

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I sogni alcune volte riescono a realizzarsi ma le delusioni sono sempre molto più frequenti, la musica d’autore riesce a farci camminare spensierati e pulsanti sopra la bellezza della vita. Perché poi non è necessario esternare le proprie emozioni, potrebbero essere male interpretate e di colpo tutto potrebbe finire. Scrivono canzoni irresistibili come faceva Tenco gli Od Fulmine al debutto discografico con questo omonimo disco. Indie Rock d’autore tanto cercato dai Non Voglio Che Clara e sponsorizzato dai Perturbazione, la tecnica è quella giusta dei bei testi in chiave Rock, la formula perfetta per modernizzare il cantautorato italiano di tanti anni fa. Gli Od Fulmine sono di Genova e provengono da diverse ma affermate realtà musicali (Meganoidi, Numero 6, Esmen), il loro legame con la cosiddetta “scuola genovese” è strettissimo perché oltre Luigi Tenco si percepisce qualcosa di Fabrizio De Andrè e Umberto Bindi. Insomma, hanno imparato dai grandi maestri cercando di mantenere alta la qualità del cantautorato italiano. Brani come “Altrove 2” e “Ma Ha” spiegano benissimo il concetto di fusione tra cantautore e Indie Rock, soprattutto se viene considerato un sound prevalentemente estero e poco italiano. Se poi volete far increspare la pelle avete bisogno di un brano semplice ed emozionale come “Nel Disastro”, un classica struttura compositiva con un ritornello bellissimo: Ma nel disastro mi vedrai sorridere/Sotto un diluvio ritornare in me/Di notte ho visto quello che mi manca e tu mi vieni incontro anche se non lo fai più.

Non è facile trovare il giusto equilibrio nella musica, il rischio di strafare è sempre dietro l’angolo, gli Od Fulmine percepiscono soltanto le parti buone dell’arte, parlano di amore con chitarre indurite, non hanno paura di mettere a vivo i propri sentimenti. L’ascoltatore è libero di interpretare le canzoni come meglio crede, ognuno può vivere il proprio film senza dover rendere conto a niente e nessuno. L’omonimo disco degli Od Fulmine riesce a caricare di passione, giocando con intrecci sostenuti a volte dalle lacrime a volte dai sorrisi, piove ed immediatamente esce il sole, “Fine dei Desideri” come pezzo immagine dell’intero concept. Le cose che portiamo dentro non sempre riusciamo ad esternarle con la giusta precisione, questo disco parla con il cuore in mano, questo disco è veramente carico di considerevoli aspettative. E noi siamo fieri di ascoltare una band come gli Od Fulmine.

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Bosio – L’abbrivio

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Mettersi in proprio, artisticamente e di sentimento, spesso giova, specialmente a chi magari si sente attanagliato da clichè e giacche strette, a chi “ lo scorrere leggero” è concetto inarrivabile se ancorato a parti secondarie e poco esposte; Pietro Bosio  – che con il fratello Enrico condivide passati con i Laghisecchi, Numero6 in qualità di bassista ed ora in simbiosi sotto il moniker  Bosio – finalmente mette in luce le sue canzoni, le sue espressioni personali in un disco di buona temperatura emotiva, “L’Abbrivio”, undici percorsi di originali climax indie-cantautorali, scanzonati e seriosi con un forte rimando alla verve Gaberiana Non so più bene da quando”, “No vatican no taleban”, “Modo e modo”, un tratto indiscutibile che fa la grammatura specifica di una tracklist perfettamente godibile e a suo modo  attraente.

Un notes sonoro che circoscrive attenzioni aggrappate alla disillusione, stanze che possono raccontare solitudini, ritratti d’intorno e di atmosfere che arrivano alla rinfusa e con incedere anarchico per tramutarsi in storie, racconti, dettagli come quegli omini di caolino che cambiano colore a seconda del tempo come volge, melodie che si accasano immediatamente nelle orecchie con fare stranito ma ispirate, storte il giusto ma dritte nella mira; un mondo obliquo quello di Bosio, ma semplice, diretto e di buon gusto e che ci fa scoprire in valore “naif” di un songwriting di carato, capace e fiero di prenderci per il cuore e portarci lontano senza nessuna resistenza.

Inesistenti i fugaci rivoli mielosi che si potrebbero incontrare in opere “fuori rotta”, tutto scivola via come una carica di saporite delizie casalinghe che conferiscono e sfoderano una simpatia unica, sospesa come un patchwork che scalda e protegge una contemporaneità che non si piega a tutor patinati, ma scorrazza libera e “intelligentemente” ingenua come in “Casa piccola (a F.B.)”, “Polvere 6” e “Verrà la pioggia”, dove il prosaicismo sghembo trova la via di mezzo, il passaggio – non obbligato – ma scelto,  per arrivare direttamente al cuore e delegare a lui, solo a lui, a prendere questo Abbrivio e innalzarlo a piccolo gioiello, uno di quei piccoli gioielli che finalmente sfuggono dalle mani e dalle regole dittatoriali dei loschi Komintern della discografia ufficiale.

Oltre che Pietro al basso, voce, chitarra e tastiere elettriche ed Enrico voce, chitarra e banjo, il  resto della ciurma: Tristan psichedelica e pianoforte, Mattia batteria e cori, Giorgios percussioni, Jacopo violoncello e Paola e Stefano ai cori.

Con Bosio, il cantautorato “altro” è in buone mani.         

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